L’Italia non vuole concedere alcun risarcimento alle famiglie delle vittime del naufragio di Cutro. Questo è quanto è emerso nell’aula del tribunale di Crotone, durante il processo contro i presunti scafisti. A spiegarlo è stata l’avvocata Giulia Bongiorno, che rappresenta che rappresenta la Consap, la concessionaria servizi assicurativi pubblici a cui fa capo il fondo di garanzia dello Stato per il risarcimento delle vittime di incidenti in strada o in mare.
Bongiorno: «Lasciateci fuori dal processo»
La legale ha spiegato che il governo non ritiene di dover risarcire nessuno. E questo perché la barca naufragata non può essere considerata «un’imbarcazione adibita al trasporto e dunque assoggettabile al codice delle assicurazioni». Bongiorno ha dichiarato: «Noi chiediamo di essere lasciati fuori da questo processo». Il tribunale di Crotone, nella precedente udienza, aveva accolto la richiesta dei rappresentanti dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime e per questo è stata chiamata in causa la Consap.
Gli avvocati: «Comportamento sbalorditivo»
L’avvocato Francesco Verri, uno dei legali delle famiglie, ha spiegato: «Eravamo riusciti ad ottenere dal tribunale il diritto di far intervenire nel processo la Consap perché risarcisca i danni in caso di condanna. E invece lo Stato dice “non contate su di me, non risarcisco nulla”. E dunque, non solo lo Stato quella notte si è lavato le mani, non solo ha lasciato morire le vittime di questo naufragio, non solo non ha neppure pensato di intervenire con un’operazione di polizia, non solo ha lasciato navigare un’imbarcazione non assicurata ma oggi dice “io non intendo prendermi cura neanche delle vittime ne risarcire loro i danni”. Dunque il comportamento dello Stato, appellandosi ad un cavillo, è sbalorditivo e non intende assumersi nessuna responsabilità neanche nei confronti dei superstiti e dei familiari delle vittime».
Da Londra piovono nuove accuse sull’ex patron del Chelsea, Roman Abramovich. Secondo quanto rivelato dal Guardian, l’inchiesta Cyprus Confidential coinvolge anche l’imprenditore russo, accusato di aver violato le regole del fair play finanziario con una serie di pagamenti segreti. A beneficiarne sarebbero stati alcuni agenti legati ad allenatori o calciatori. Tra questi, spiega quotidiano britannico, ci sarebbe anche Federico Pastorello, vicino al tecnico Antonio Conte, all’epoca dei fatti alla guida del Chelsea. E nell’inchiesta è spuntato anche un presunto accordo segreto con Vladimir Putin.
Il Guardian: «Pastorello ha firmato accordi con la Conibair»
I giornalisti del Guardian hanno parlato di un presunto accordo firmato da Pastorello nel luglio 2017 con una società di proprietà di Abramovich. Si tratterebbe della Conibair Holdings, che ha sede alle Isole Vergini britanniche. Nell’articolo il quotidiano inglese ha scritto: «L’italiano è stato descritto in più articoli come vicino ad Antonio Conte, l’ex allenatore del Chelsea, e ha sempre parlato delle trattative contrattuali dell’allenatore. Conibair ha accettato di pagare a Pastorello 10 milioni di sterline per una partecipazione del 75 per cento nell’Excellence Investment Fund (EIF), un’azienda con sede nello stato americano del Delaware. Lo stesso giorno, il Chelsea ha annunciato che Conte, che aveva appena guidato il club al titolo di Premier League, aveva firmato un nuovo contratto da 9,6 milioni di sterline all’anno».
L’accordo segreto con Putin
Abramovich, inoltre, avrebbe stretto nello stesso periodo un accordo economico con due figure vicine al presidente russo Vladimir Putin. In ballo 40 milioni di dollari, secondo quanto spiegato dalla Bbc. La tv britannica ha citato documenti riservati dell’inchiesta e fonti anonime legate al Consorzio internazionale di Giornalisti investigativi (Icij). I due personaggi sarebbero il musicista Sergei Roldugin e il biochimico e uomo d’affari Alexander Plekhov. Entrambi sono stati accusati nei mesi scorsi di gestire in segreto i beni di Putin. L’accordo con Abramovich risalirebbe al 2010 e prevedeva il passaggio di azioni di una società pubblicitaria russa da un fondo legato all’ex patron del Chelsea ai due uomini.
Gli attraversamenti irregolari rilevati alle frontiere esterne dell’Ue sono aumentati del 18 per cento nei primi dieci mesi del 2023 arrivando a quasi 331.600, il totale più alto dal 2015. Lo riportano i dati pubblicati dall’agenzia europea di frontiera, Frontex. La rotta dell’Africa occidentale ha registrato il maggiore aumento nel numero di attraversamenti irregolari, che nell’anno in corso sono quasi raddoppiati arrivando a oltre 27.700. Il Mediterraneo centrale è rimasta la rotta migratoria più trafficata verso l’Ue nel 2023, con oltre 143.600 rilevamenti segnalati dalle autorità nazionali nei primi tre trimestri dell’anno.
I partiti d’opposizione hanno scritto al presidente della Camera Lorenzo Fontana per chiedergli di far esaminare all’Aula l’accordo stretto dal governo con l’Albania sul tema migranti. A quasi dieci giorni dall’annuncio della premier Giorgia Meloni e del primo ministro albanese Edi Rama, il testo del documento non è stato mai trasmesso ai parlamentari. A firmare la richiesta sono stati +Europa, Pd, Avs, Azione e Movimento 5 stelle. Poche ore dopo la stretta di mano tra i due Paesi, anche l’Unione Europea ha chiesto spiegazioni al governo sul protocollo d’intesa.
Le opposizioni: «Serve la ratifica del Parlamento»
I partiti hanno scritto a Fontana chiedendogli di «compiere tutti i passaggi necessari affinché l’accordo tra Italia e Albania sia trasmesso alle Camere». Hanno sottolineato inoltre che «le prerogative del Parlamento siano compiutamente rispettate». Nel documento si legge: «L’articolo 80 della Costituzione prescrive, infatti, che gli accordi internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari» siano «sottoposti alla ratifica del Parlamento» per un «doveroso controllo da parte della rappresentanza popolare». E ancora: «È inoltre necessario che tutti i membri del Parlamento siano messi in condizione di conoscere in modo completo il testo dell’accordo» per «verificare in che misura esso abbia le caratteristiche richieste dal citato articolo 80 per la sua sottoposizione all’iter legislativo di ratifica».
Il governo non considera l’accordo un trattato internazionale
In attesa della risposta di Fontana, il ministro dei Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani, ha spiegato lunedì che il governo non considera l’accordo con l’Albania un trattato internazionale. Come spiega Repubblica, secondo questa tesi non servirebbe alcuna ratifica. Palazzo Chigi ha aperto soltanto alla possibilità di un confronto con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in programma per martedì 21 novembre. Secondo il segretario di +Europa Riccardo Magi, invece, il protocollo necessita sia della ratifica delle Camere sia di una modifica alla legge sull’immigrazione per poter entrare in vigore.
Dopo mesi di attesa, le famiglie e le imprese dell’Emilia-Romagna potranno richiedere i rimborsi per i danni subiti dall’alluvione di maggio. La domanda per ottenerli potrà essere presentata dalle 15 di mercoledì 15 novembre sulla piattaforma Sfinge alluvione 2023. Ecco i dettagli e le modalità.
Come certificare il danno subito
La piattaforma informatica è la versione aggiornata di quella utilizzata per la richiesta dei danni dovuti al sisma in Emilia nel 2012. I danni che verranno riconosciuti sono indicati dettagliatamente nelle ordinanze commissariali, disponibili sul sito www.commissari.gov.it/alluvionecentronord2023. A breve saranno anche disponibili domande e risposte (Faq) illustrative, nelle quali si troveranno anche casi particolari e le risposte ai quesiti e dubbi più frequenti. La quantificazione del danno subito, ma soprattutto il nesso di causalità tra il danno e gli eventi calamitosi dovrà essere giustificato tramite perizia asseverata o, a seconda dei casi, tramite perizia giurata, utilizzando l’apposito modello riportato negli allegati delle ordinanze, e dovrà essere redatta da un tecnico abilitato, iscritto a un Ordine o a un Collegio, privo di interessi comuni con il committente.
Come presentare domanda
Per accedere a Sfinge alluvione 2023 occorre essere in possesso di Spid, Carta d’Identità Elettronica o Carta Nazionale Servizi, e possedere un indirizzo di posta certificata (Pec). La domanda per ottenere i rimborsi deve essere presentata dagli interessati o da un loro delegato, munito di procura speciale, solo tramite la piattaforma informatica dedicata. Alla domanda dovranno essere allegati obbligatoriamente i seguenti documenti: scheda di rilevazione dei danni, redatta da un professionista abilitato, secondo lo schema riportato negli allegati; perizia tecnica asseverata o giurata; progetto degli interventi proposti, con l’indicazione degli interventi di ricostruzione, di ripristino e di riparazione necessari, corredati da computo metrico estimativo, da cui risulti l’entità del contributo richiesto.
Sono saliti a 76 i casi di febbre Dengue autoctoni (ovvero trasmessi localmente) in Italia, in aumento rispetto ai 72 notificati la scorsa settimana. I nuovi casi sono riferiti a quattro episodi di trasmissione non collegati tra loro in provincia di Lodi (37 casi confermati), in provincia di Latina (due casi) e in provincia di Roma (36 casi con esposizioni in diverse parti della città metropolitana di Roma più un caso ad Anzio). Tutti i casi, di cui è noto l’esito, sono guariti o in via di miglioramento. Dall’inizio dell’anno sono stati notificati anche 241 casi di Dengue importati da altri Paesi, per un totale di 317. È quanto emerge dal bollettino della febbre Dengue aggiornato dall’Istituto Superiore di Sanità.
Dalla febbre alta ai rush cutanei, i sintomi della Dengue
Febbre alta e prolungata, associata a malessere diffuso, dolori osteoarticolari e rush cutanei. Sono questi sintomi iniziali della malattia. La Dengue è causata da quattro virus molto simili, trasmessi agli esseri umani dalle punture di zanzare che hanno, a loro volta, punto una persona infetta. Nell’emisfero occidentale il vettore principale è la zanzara Aedes aegypti, ma sono stati registrati anche casi trasmessi da Aedes albopictus. Per avere la certezza di avere la Dengue serve un esame del sangue specifico, un test diagnostico riservato a centri qualificati.
Vasche idromassaggio, camini e altri spazi in marmo, mobili di pregio. Vivevano nel lusso fuori le righe tipico dei boss di camorra i familiari di Giuseppe Setola, killer dei Casalesi, che hanno subìto il sequestropreventivo finalizzato alla confisca della villa da 400 metri quadrati, protetta da alte mura e situata in centro a Casal di Principe (Caserta). Per ora la moglie, i figli e i suoceri di Setola continueranno a risiedervi, ma se dovesse arrivare la confisca definitiva verranno probabilmente mandati via.
Sequestrata anche una seconda villa dei familiari del boss
Accanto all’immobile dove vivono i parenti del boss, c’è una seconda villa di 120 metri quadrati finita sotto sequestro perché sempre riconducibile a Setola, disabitata e risultata realizzata, sulla base anche di analisi di immagini satellitari, in nove mesi nel 2008, proprio l’anno in cui Setola e i suoi killer scatenarono il terrore nel Casertano uccidendo 18 persone tra parenti di collaboratori di giustizia, imprenditori che si erano rifiutati di pagare il pizzo e i sei immigrati ghanesi vittime della cosiddetta strage di San Gennaro. Il valore degli immobili “sfuggiti” alla confisca del 2004, che aveva interessato una buona parte del patrimonio di Setola, ammonta a circa 450 mila euro.
Sei anni di reclusione per aver screditato l’esercito di Mosca che combatte al fronte in Ucraina. Un tribunale di Togliatti, città della Russia centrale, ha condannato un uomo di 46 anni per aver vandalizzato e distrutto i manifesti cittadini che inneggiano all’eroismo dei militari del Cremlino. Nel 2022 il presidente Vladimir Putin aveva firmato una legge che proibisce le critiche alle forze armate e gli atti vandalici, per le cui violazioni si prevedono fino a 15 anni di carcere. Come ha sottolineato il tribunale, «il colpevole dovrà scontare la pena in una colonia correzionale a regime generale». Secondo il Moscow Times, la sentenza è arrivata a porte chiuse, senza testimoni né stampa.
Chi è il 46enne condannato in Russia per aver screditato l’esercito
Le autorità di Mosca non hanno divulgato il nome dell’autore del crimine, ma il gruppo per i diritti umani in Russia Memorial lo ha identificato come Alexei Arbuzenko. Attivo nei circoli culturali di Togliatti, il 46enne scrive poesie e opere in prosa, suona la chitarra e lavora come insegnante. Stando a ulteriori fonti riportate dal Moscow Times, sarebbe anche un logopedista e uno psicologo. Per il suo gesto ha coinvolto anche il figlio minorenne, come dimostrano alcuni video delle telecamere di sicurezza. Nei filmati infatti si vedono due persone di età differente mentre lanciano pietre e zolle di terra contro un grande cartellone pubblicitario posizionato lungo la strada principale della città. Un’azione che avrebbe ripetuto in altre cinque occasioni.
Arbuzenko non è tuttavia il primo a ricevere una condanna simile. Stando a quanto ha scritto Radio Free Europe, a ottobre un tribunale di Novosibirsk aveva multato una donna di nome Irina Bocharova di 15 mila rubli (circa 155 euro) per aver abbattuto un poster in cui si inneggiava al valore patriottico dell’esercito. La signora aveva motivato il gesto dicendo che non voleva permettere che suo figlio vedesse la propaganda. Durante lo stesso mese, il numero di condanne ai sensi della legge sulle fake news erano aumentate del 30 per cento, mentre i casi di alto tradimento erano cresciuti addirittura di quattro volte rispetto al 2022.
«Sono stanco, sono due giorni che non dormo». Walter Mazzarri si presenta così a Castel Volturno, nella tarda mattinata del 15 novembre. A poche ore dall’ufficialità del suo ritorno sulla panchina del Napoli, l’allenatore è già pronto a guidare la prima sessione di lavori. Ridendo ha risposto così ai cronisti e ai tifosi che l’hanno atteso fuori dall’hotel in cui ha soggiornato: «Tutto bello come al solito qui». Mazzarri ha detto sì al presidente Aurelio De Laurentiis che gli ha proposto un contratto da traghettatore, con scadenza il 30 giugno 2024 e un’eventuale opzione per il rinnovo. Guadagnerà poco più di un milione di euro.
Dopo l’accordo e l’esonero di Rudi Garcia, si è creata grande attesa anche sullo staff che affiancherà Mazzarri. Il tecnico ha deciso di riportare a Napoli il vice Nicolò Frustalupi, già in azzurro con lui durante la prima esperienza partenopea, chiusa nell’estate 2013 dopo quattro stagioni. Dovrebbe seguirlo, però, anche Claudio Bellucci, che a Cagliari ha ricoperto il ruolo di secondo di Mazzarri e attualmente allena l’Under 18 del club sardo. Avrà un altro ruolo non ancora specificato. Infine ad affiancare il tecnico ci saranno anche l’ex difensore Salvatore Aronica e il preparatore atletico Giuseppe Pondrelli.
Mazzarri debutta con un calendario difficile
Intanto da oggi il Napoli, privo dei calciatori impegnati con le rispettive nazionali, tornerà al lavoro per preparare un mini ciclo di fuoco. Il debutto di Mazzarri in panchina è previsto per il 25 novembre, quando gli azzurri giocheranno sull’insidioso campo dell’Atalanta, a Bergamo. Poi, il 29, altra trasferta difficile, in Champions League contro il Real Madrid. Il 3 dicembre il Napoli tornerà in casa per ospitare l’Inter, prima di dirigersi verso l’Allianz Stadium di Torino e sfidare la Juventus, l’8 dicembre. E infine un nuovo impegno europeo: allo stadio Maradona il 12 dicembre arriverà lo Sporting Braga.
La guerra in Medio Oriente sta spaccando la società tedesca e a Berlino il governo dovrà prepararsi ad affrontare nuovi problemi, interni e internazionali. Arrivato ormai al giro di boa di metà legislatura, dopo essere entrato in carica nel dicembre del 2021, il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz con i suoi alleati Verdi e Liberali è al minimo della popolarità e sembra non averne azzeccata una, tra mala gestione della seconda parte della pandemia, riforme interne confuse o mancate, posizione sul conflitto ucraino appiattita sulle posizione statunitensi, con tanto di assordante silenzio di fronte al sabotaggio di Nord Stream compiuto dall’Ucraina: ora è stata la reazione davanti al nuovo fronte israelo-palestinese a mettere in luce l’estrema difficoltà con cui il governo tedesco, come del resto tutti quelli precedenti, affronta i riflessi della nuova guerra, inevitabilmente calati nella cornice del passato che non passa.
In Germania su quasi 85 milioni di abitanti circa 5,5 sono musulmani
Che dopo l’Olocausto e la sconfitta nella Seconda guerra mondiale la Germania sia sia collocata senza se e senza ma a fianco di Israele è cosa persino ovvia e il debito storico di Berlino non potrà essere mai definitivamente saldato. La questione mediorientale però irrisolta, con il riaccendersi del conflitto che ha allargato la frattura tra l’Occidente e il mondo musulmano che sostiene la causa palestinese, ha evidenziato ora quanto la posizione a favore di Israele possa condurre a prevedibili turbolenze interne. Solo per il fatto che nella Germania odierna su quasi 85 milioni di abitanti circa 5,5 sono musulmani, quasi di metà con origini turche, un terzo arabe, tra Medio Oriente e Nordafrica, e un decimo europee e afghane. I profughi palestinesi sono poco meno di 8 mila. In generale gli stranieri, di ogni confessione, sono in totale quasi 13 milioni. La comunità ebraica tedesca conta circa 95 mila persone.
Un tedesco su tre pensa che Scholz stia troppo dalla parte di Israele
I numeri aiutano a comprendere perché nelle ultime settimane, parallelamente all’azione di forza dell’esercito di Israele nella striscia di Gaza scattata dopo il massacro del 7 ottobre a opera di Hamas e che ha causato un’emergenza umanitaria con oltre 10 mila morti, circa un tedesco su tre ritenga che il governo stia troppo dalla parte di Israele, due su tre abbiano timore di attentati terroristici nel Paese, uno su sei sia preoccupato dell’aumento dell’antisemitismo. Questo dice un sondaggio pubblicato di recente, mentre secondo un altro di inizio novembre due tedeschi su tre pensano che la reazione israeliana non sia giustificata se viene coinvolta la popolazione civile, e quasi la metà dei tedeschi pensa che comunque non sia misurata.
I musulmani si sentono discriminati e flirtano con la radicalizzazione
In ogni caso le cifre che gli istituti di ricerca sciorinano in questi giorni dipingono un quadro che si scosta largamente dalla posizione di Scholz e illustra come l’ampiezza della forbice tra governo ed elettorato stia aumentando, insieme con le tensioni a livello sociale. In primo luogo per quel riguarda la variegata comunità musulmana, con la stragrande maggioranza che si sente discriminata e i gruppi estremisti pronti ad approfittare della radicalizzazione. E se poi c’è qualcuno che butta benzina sul fuoco, allora la situazione non può che peggiorare: il riferimento è al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, molto popolare tra i suoi connazionali tedeschi, che è diventato un alfiere pro Palestina, anche lui senza se e senza ma, giustificando le azioni terroristiche di Hamas.
Incontro col presidente turco, che sul Medio Oriente sta dalla parte opposta
Scholz ed Erdogan si incontreranno, o scontreranno, venerdì 17 novembre a Berlino, in un momento in cui la Turchia, pur sempre membro della Nato, ha ormai acquisito sulla scacchiera internazionale una certa autonomia, e nel contesto mediorientale si trova dalla parte opposta alla Germania. Erdogan ha attaccato Israele, praticamente definendolo uno Stato fascista, e non è mai stato tenero nei confronti della Germania, tanto che non dimentica di rammentare i roghi neonazisti degli Anni 90 a Mölln e Solingen, dove morirono intere famiglie turche, e gli omicidi razzisti dei terroristi di estrema destra della Nsu, negli Anni 2000, dove furono presi di mira anche immigrati turchi. Per il cancelliere tedesco sarà il solito esercizio di equilibrismo, con la difesa d’ufficio di Israele e il tentativo di placare gli animi. Il problema è che in queste settimane le piazze tedesche si stanno scaldando. E non è per nulla chiaro se e quando qualcosa possa esplodere.
Il rialzo delle temperature e le forti piogge nella zona occidentale della Valle d’Aosta hanno provocato nella notte tra martedì 14 e mercoledì 15 novembre 2023 la piena di alcuni torrenti e anche del primo tratto della Dora Baltea. La strada regionale della Valgrisenche è stata chiusa per l’esondazione di alcuni piccoli corsi d’acqua e poi riaperta la mattina del 15 novembre. La via è tornata pienamente percorribile dopo che nelle ore notturne l’accesso era stato limitato vista la caduta, nella giornata di martedì 14, di una slavina e di un masso. «Questa mattina, dopo il sorvolo dei geologi, abbiamo avuto il via libera per ripristinare la viabilità», ha spiegato il sindaco Roger Georgy.
Ratto (Centro funzionale regionale): «Problemi sui torrenti laterali»
«Ci sono state problematiche sui torrenti laterali di La Thuile, di Valgrisenche e di Courmayeur, con la Dora di Veny che ha creato problemi di erosione in alcuni punti ma anche di piena con forte trasporto solido, che però non ha creato particolari danni, almeno per quanto segnalato fino a ora. Sono in corso sopralluoghi del Corpo forestale», ha spiegato Sara Ratto, dirigente del Centro funzionale regionale. Che ha proseguito: «La piena è poi transitata sulla Dora Baltea, arrivando ai limiti delle arginature, nei pressi di Villeneuve, rimanendo sostanzialmente contenuta in alveo, se non qualche piccolo sbordamento ma senza rilievo. Poi il picco di piena è transitato verso le 23 nella zona di Aymavilles e quindi è defluito senza più problemi in bassa Valle, dove le precipitazioni sono state molto inferiori». Nella parte occidentale della regione sono caduti in tre giorni circa 90 millimetri di pioggia, con punte nella zona dell’alta Val Veny, di La Thuile e dell’alta Valgrisenche anche di circa 200 millimetri in 72 ore. Tra i 2.800 e i 2.200 metri sono andati persi circa 40-50 centimetri di neve.
Il segretario di Azione Carlo Calenda da mercoledì 15 novembre interromperà per circa 10 giorni la sua attività politico-parlamentare per sottoporsi a un intervento chirurgico. Ne ha dato notizia l’Ufficio stampa di Azione, precisando che l’operazione è fissata da alcuni mesi.
I Metallica sono pronti a tornare con un concerto in Italia, a Milano per l’esattezza, che ospiterà una data del loro M72 Tour. L’annuncio è arrivato direttamente dalla band composta da James Hetfield, Lars Ulrich, Kirk Hammett e Robert Trujillo che, sui social, ha informato i fan che il 29 maggio 2024 sarà agli I-Days organizzati all’Ippodromo Snai La Maura. Si tratta di una delle pochissime date in Europa della band americana, uscita ad aprile scorso con il suo dodicesimo album, 72 Seasons.
Italy! We’re coming to @IDaysMilano on May 29, 2024. Tickets go on sale on Monday, November 20.
Biglietti e date per il concerto dei Metallica a Milano
Il concerto a Milano dei Metallica è fissato, come detto, mercoledì 29 maggio 2024, mentre i biglietti saranno disponibili in prevendita su My Live Nation a partire dalle ore 12. 00 di venerdì17 novembre 2023. Per la vendita generale, invece, sarà necessario aspettare le ore 12.00 di lunedì 20 novembre, con l’acquisto che potrà avvenire sui circuiti Ticketmaster, TicketOne e Vivaticket.
Il calendario degli I-Days è sempre più ricco
Con l’annuncio della presenza dei Metallica, il calendario degli I-Days di Milano si arricchisce sempre di più. Solo nelle scorse settimane gli organizzatori avevano confermato la presenza dei Green Day, di Avril Lavigne, dei SUM 41, dei Simple Plan e di Tedua. Per i Metallica, inoltre, si tratta di una promessa mantenuta con i fan italiani. Il batterista del gruppo Lars Ulrich aveva infatti detto a microfoni di Radiofreccia che sarebbero presto tornati in Italia: «Torneremo di sicuro. Cominciamo con le date annunciate ma il tour non è finito e verremo a trovare tutti i nostri amici italiani».
Rimangono dispersi Giulia Cecchettin e l’ex fidanzato Filippo Turetta, scomparsi da Marghera sabato 11 novembre. Mentre continuano le ricerche dei due ragazzi, il Corriere del Veneto fa sapere che il fratello, la sorella e il padre della giovane di 22 anni sono stati convocati nella mattinata di mercoledì nella caserma dei carabinieri di Vigonovo, a Venezia.
Al lavoro anche sommozzatori ed elicotteri
Potrebbe essere il segnale di una svolta nelle ricerche dei due giovani, che da giorni sono state estese al Veneto e al confinante Friuli. I carabinieri hanno fatto sapere che c’è stato un unico rilevamento di targa, in provincia di Pordenone, nella zona di Caneva, in orario notturno pochissime ore dopo la scomparsa di sabato. Le segnalazioni di avvistamenti dell’auto ricevute in seguito non hanno invece avuto riscontro. Al lavoro anche i sommozzatori che hanno perlustrato il fiume Brenta e gli elicotteri che stanno sorvolando la zona tra Trento e Bolzano e tra Trento e Riva del Garda, alla ricerca di tracce del passaggio della Fiat Grande Punto nera a bordo della quale presumibilmente i due si starebbero spostando.
Dal suo lancio nel Natale 2021, il telescopio James Webb ha consentito di scoprire incredibili dettagli sulla formazione e la struttura del cosmo. In appena due anni di attività, ha fornito informazioni sull’evoluzione delle stelle e dei pianeti nonché sullo sviluppo di condizioni adatte alla vita. Le nuove immagini fornite dalla Nasa hanno permesso di osservare la galassia simile alla nostra Via Lattea più lontana di sempre. Si tratta di Ceers-2112, sistema stellare a spirale barrata risalente a 11,7 miliardi di anni fa. «Ci permette di guardare l’Universo primordiale, creatosi poco dopo il Big Bang», ha spiegato alla CnnLuca Costantin, ricercatore del Centro di Astrobiologia di Madrid e autore dello studio. «La sua struttura esisteva appena 2,1 miliardi dopo la formazione dell’intero cosmo». La ricerca, che promette di aggiornare sensibilmente le conoscenze, è disponibile integralmente sulla rivista scientifica Nature.
Nature research paper: A Milky Way-like barred spiral galaxy at a redshift of 3 https://t.co/fQcliLmvT6
L’evoluzione delle galassie primordiali e la presenza della materia oscura
Per ottenere le immagini, il telescopio James Webb ha fatto ricorso alla NIRCam, sua principale fotocamera che consente di coprire lunghezze d’onda vicine agli infrarossi. Lo strumento della Nasa riesce così a vedere dettagli prima d’ora impossibili, nonostante le già ampie potenzialità di Hubble, lanciato in orbita bassa nel 1990. Le ultime foto che ha inviato sulla Terra hanno inquadrato una galassia a spirale barrata, ossia dotata di un bulbo centrale da cui si ramificano due prolungamenti di stelle che ricordano, appunto, una barra. Un fenomeno che gli scienziati non credevano possibile agli albori del cosmo. «Nell’Universo primordiale il caos regnava incontrastato e pochissime strutture ricordavano la Via Lattea», ha sottolineato il dottor Alexander De La Vega, ricercatore in California. «Non credevamo potesse esserci una stabilità tale da consentire una formazione delle barre e persino il loro mantenimento ordinato».
La scoperta di Ceers-2112 ha suggerito però che l’evoluzione delle galassie a spirale barrata abbia richiesto appena 1 miliardo di anni, forse anche meno. «Sono maturate molto più velocemente di quanto credevamo finora», ha proseguito De La Vega. «Alcune teorie sulla formazione del cosmo richiedono una revisione». Gli astronomi potranno concentrare i prossimi studi anche sulla materia oscura. Sebbene nessuno sia riuscito a rilevarla, si ritiene che costituisca l’85 per cento dell’Universo e che potrebbe aver giocato un ruolo cruciale anche nella nascita delle galassie. In aiuto arriveranno anche le scoperte del telescopio Euclid dell’Agenzia spaziale europea, realizzato con il contributo di 200 scienziati italiani e progettato proprio per mappare la materia oscura nello spazio.
James Webb e Hubble creano l’immagine più sgargiante dell’Universo
Pur lavorando distintamente, i due telescopi James Webb e Hubble hanno dato anche vita a scatti condivisi davvero spettacolari. Il 10 novembre la Nasa ha svelato infatti un ammasso di stelle situato a 4,3 miliardi di anni luce dalla Terra e composto da due galassie in rotta di collisione. L’immagine combina la vista a infrarossi del Webb e i dati nello spettro di luce visibile di Hubble, tramite cui distinguere le varie lunghezze d’onda e dunque la distanza delle galassie. Le più lontane assumono, anche per l’abbondanza di polvere cosmica, un colore rosso, mentre quelle blu sono relativamente vicine e ospitano processi di formazione stellare.
La Corte suprema del Regno Unito ha dichiarato illegale il controverso piano Ruanda voluto dal governo Tory, all’interno della sua draconiana stretta sull’immigrazione irregolare: prevedeva il trasferimento di quote di richiedenti asilo in Africa a scopo dissuasivo. Si tratta di un duro colpo d’arresto per l’esecutivo conservatore del premier Rishi Sunak e per la sua promessa di fermare gli sbarchi sulle coste britanniche.
L’accordo con il Ruanda è stato stipulato nel 2022, ma non è mai entrato in vigore
In base a un accordo iniziale di 140 milioni di sterline (oltre 160 milioni di euro) stipulato nel 2022, il Regno Unito prevedeva di inviare decine di migliaia di richiedenti asilo verso il Ruanda, a una distanza di oltre 6.400 chilometri. Il primo volo per il trasferimento dei migranti era stato bloccato già a giugno del 2022 da una sentenza in extremis della Corte europea dei diritti dell’uomo, che aveva ritenuto illegale questo tipo di deportazione.
L’accoglienza dei richiedenti asilo costa al Regno Unito tre miliardi di sterline all’anno
Alla fine di giugno 2023 era stata poi la Corte d’appello a giudicare illegale il piano di Sunak: il premier aveva così annunciato che il governo si sarebbe appellato alla Corte Suprema. L’accoglienza dei richiedenti asilo costa tre miliardi di sterline all’anno al Regno Unito.
Venerdì 17 novembre 2023 ci sarà lo sciopero generale, indetto da Cgil e Uil, del settore pubblico e privato con l’esclusione dei trasporti del settore aereo. La mobilitazione di 24 ore è stata precettata lunedì 13 novembre dal ministro Matteo Salvini, che ne ha ridotto l’orario dalle 9 alle 13. A rischio in quella fascia oraria ci saranno dunque i treni, autostrade, settore marittimo e mezzi urbani come metro, tram e bus. A Milano, però, il trasporto pubblico locale (tpl) non si fermerà e i mezzi Atm circoleranno regolarmente.
L’Atm aveva già aderito a uno sciopero il 10 novembre
I lavoratori del gruppo Atm non potranno scioperare perché venerdì 10 novembre avevano aderito a un’altra agitazione di settore, rappresentati da Al Cobas. La commissione di Garanzia prevede che prima di poter partecipare a un altro sciopero, con incidenze sul medesimo bacino di utenza, debbano trascorrere almeno 20 giorni. La stessa società dei trasporti milanesi ha ritenuto necessario sottolineare che venerdì 17 lo sciopero non riguarda i servizi Atm: «Tutte le linee metropolitane e di superficie funzioneranno regolarmente».
Precettazione. Matteo Salvini l’ha ufficializzata martedì sera vergando una nota del Mit. Lo sciopero del trasporto pubblico del 17 novembre sarà consentito dalle 9 alle 13. «In caso di violazione», ha aggiunto Precetto La Qualunque (copyright il manifesto), «scatteranno le sanzioni previste dalla legge. La mobilità di almeno 20 milioni di lavoratori compete a me e al ministero che presiedo. Penso al bene di chi verrebbe privato della sua libertà di lavorare e circolare. Se questo comporta una presa di posizione forte non mi spaventa essere il primo a farlo. Credo sia una decisione di buonsenso nell’interesse della maggioranza dei cittadini».
Cgil ed «ecovandali»: Salvini prende due piccioni con una fava
Il benessere e la mobilità degli italiani vengono prima, per il leader della Lega, del diritto allo sciopero previsto dalla Costituzione. Del resto dopo essersi visto scippare il tema migranti dall’alleata Giorgia Meloni, l’occasione era troppo ghiotta per non mostrare i muscoli. E già che c’era ha infilato nel pentolone pure gli «ecoimbecilli e gli ecovandali che un giorno sì e un giorno no bloccano strade, autostrade, porti, bloccano la possibilità di lavorare. E inquinano». Insomma una faccia una razza. «Si dicono amici dell’ambiente e creano casini, traffico e ingorghi come la Cgil vorrebbe fare venerdì», ha sparato il vicepremier su Facebook, definendo la protesta un «capriccio». L’ennesima semplificazione a uso social tipica della comunicazione usa e getta salviniana.
Quando Salvini proponeva il blocco del Paese per tre giorni contro il governo Renzi
Se oggi Salvini si fa paladino del diritto al lavoro, quello di milioni di italiani che non possono rimanere fermi o bloccati nel traffico e negli ingorghi, qualche anno fa però che il Paese si fermasse – e non solo i trasporti, ma proprio tutta l’Italia, e non per un giorno ma per tre giorni interi – non rappresentava un problema. Anzi. Era l’agosto del 2015 quando dalla Festa di Ponte di Legno intervistato dal suo amico Paolo Del Debbio Salvini lanciava l’ennesima bordata contro il governo Renzi. «La prima settimana di novembre fermiamo l’Italia per mandare a casa il governo. Tre giorni di blocco totale, di spallata in cui tutta la gente per bene si ferma, da Nord a Sud, isole comprese. Segnatevi le date: il 6, il 7 e l’8 novembre». «Tre giorni di spallata», ribadiva convinto, «di blocco totale durante i quali fermiamo l’Italia per mandare a casa questo governo e far ripartire il Paese». In quel caso il lavoro e il diritto al lavoro potevano benissimo essere accantonati per un obiettivo più alto: cacciare Renzi e imporsi sulla scena. Finì con la manifestazione della Lega a Bologna l’8 novembre con la partecipazione del Cavaliere e della stessa Meloni.
Il fascino dei Gilet gialli durante il governo gialloverde
Il fascino del blocco non ha abbandonato il leader della Lega nemmeno una volta arrivato al governo. Nel gennaio 2019 infatti il già vicepremier seguendo a ruota gli alleati pentastellati diede la sua benedizione, in chiave anti-Macron ovviamente, ai Gilet gialli che stavano mettendo in ginocchio la Francia. Salvini espresse il suo «sostegno ai cittadini perbene che protestano contro un presidente che governa contro il suo popolo», ribadendo la solita «ferma e totale condanna di ogni episodio di violenza che non serve a nessuno».
Lo sciopero fiscale lanciato nel luglio 2014
Ma c’è un altro sciopero particolarmente caro a Salvini: quello fiscale. Sui social e dal congresso federale di Padova del luglio 2014 il leader della Lega era stato chiaro: «Noi parliamo a un popolo che ha perso la fiducia, dovremmo essere l’alternativa alla sfiducia. Abbiamo il tempo per preparare qualcosa di cui tutto il mondo parli. Pensate cosa accadrebbe se un venerdì di novembre, facciamo il 14, da Nord a Sud tutte le persone che producono e lavoro e sono strangolate da Equitalia, da Stato ladro, da studi di settore dicessero basta: io oggi non pago, vi affamo, non apro il negozio e se apro non rilascio lo scontrino, faccio una corsa gratis del taxi, faccio straordinari gratis». Pur avendo abbandonato la dicitura sciopero fiscale, su una cosa Salvini si è dimostrato coerente: tra condoni e paci fiscali la sua benevolenza verso chi non è e non ce la fa a essere in regola è rimasta immutata.
È scontro tra il Partito democratico e la Lega sulla precettazione dello sciopero del 17 novembre decisa martedì sera dal ministro Matteo Salvini. «Siamo insoddisfatti e allarmati dalla relazione del Garante che non ha risposto stamattina a nessuna delle domande dell’opposizione. In particolare a una: quando uno sciopero si può definire effettivamente generale?», hanno dichiarato Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd, e Arturo Scotto, capogruppo in commissione Lavoro alla Camera del Pd.
Pd: «Continuino audizioni nelle commissioni con Cgil e Uil»
«In Italia non c’è mai stato uno sciopero che investisse, come nell’odierna interpretazione della Commissione di garanzia, tutte le categorie del lavoro pubblico e privato contemporaneamente. Ad esempio, il lavoro domestico. Eppure nella storia del nostro Paese abbiamo avuto tanti scioperi considerati generali e non multisettoriali come è stato sostenuto oggi dalla Garante Bellocchi», hanno proseguito i dem. «Aver definito lo sciopero del 17 novembre come multisettoriale è legato al fatto che ha vincoli di durata più stringente. Una scelta che rischia di creare un precedente gravissimo. Ci troviamo dunque davanti a una decisione che temiamo sia squisitamente politica. Chiediamo che le audizioni nelle commissioni Lavoro e Trasporti continuino con i sindacati Cgil e Uil che hanno subito dal ministro Salvini la precettazione», hanno concluso.
A ottobre rallentano ulteriormente in termini tendenziali i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona. Si è passati da +8,1 per cento a +6,1 per cento, mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto sono scesi da +6,6 per cento a +5,6 per cento.
Istat: «Calo dell’inflazione anche grazie alla dinamica dei prezzi dei beni alimentari»
Lo ha rilevato l’Istat spiegando che «un contributo al ridimensionamento dell’inflazione (scesa ad ottobre all’1,7 per cento tendenziale, ndr) si deve inoltre alla dinamica dei prezzi dei beni alimentari, il cui tasso tendenziale è sceso al +6,3 per cento, esercitando un freno alla crescita su base annua dei prezzi del carrello della spesa (+6,1 per cento)».