I casi El Ghazi e Mazraoui e il divieto ai calciatori in Bundesliga di stare con la Palestina

Nella tragedia c’è spazio anche per la pantomima. La questione israelo-palestinese tocca il massimo livello di tensione, ma intanto in Germania il mondo del calcio si trova a vivere una situazione grottesca. Succede a Magonza, città carica di storia dove Anwar El Ghazi,  attaccante olandese classe 1995 di origine marocchina e fede musulmana è stato licenziato dal Mainz 05 a causa di dichiarazioni social pro-Palestina. La stagione sportiva del club, che in Bundesliga staziona in fondo alla classifica con soli 3 punti guadagnati in 9 partite, fin qui è stata un pianto. E ha toccato il punto più basso con l’eliminazione dalla Coppa di Germania per mano dell’Hertha Berlino, squadra di seconda divisione che ha strapazzato il Mainz 05 (3-0) e provocato l’esonero dell’allenatore danese Bo Svensson, sostituito momentaneamente da Jan Siewert, tecnico dell’Under 23. Ma il poverissimo rendimento agonistico è passato in secondo piano perché a occupare la scena c’è stato il caso delle esternazioni di El Ghazi e del balletto di smentite e contro-smentite che hanno esposto il Mainz 05 a una figuraccia mondiale. E al di là del caso specifico si impone un interrogativo di più ampio raggio: per un calciatore del massimo campionato calcistico tedesco è possibile in questi giorni esprimersi liberamente sulla questione israelo-palestinese? La risposta, vista la risoluzione del contratto, è no.

Minaccia di provvedimento disciplinare, ma nessun pentimento

Tutto è nato da un post su Instagram in cui El Ghazi si è schierato in favore della Palestina: «Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera». Una chiara presa di posizione politica in favore del popolo palestinese, ma senza che vi sia il minimo cenno di antisemitismo, o anche di antisionismo. Ma evidentemente per i dirigenti del Mainz 05 il messaggio era stato sufficiente per ritenere che il calciatore avesse oltrepassato un segno e fosse passibile di provvedimento disciplinare. Che successivamente era stato scongiurato perché, come la stessa società ha comunicato, il calciatore si era pentito della sua esternazione. Il caso pareva finito lì e invece ha avuto una seconda puntata, persino più movimentata della prima.

I casi El Ghazi e Mazraoui e il divieto dei calciatori in Bundesliga di stare con la Palestina
El Ghazi, in primo piano (Getty).

El Ghazi ha esternato di nuovo per far sapere che non si era pentito o scusato proprio di nulla, e anzi ha rilanciato dicendo che sosterrà sempre la causa palestinese. E giusto per rendere chiaro che non lo si potesse accusare di antisemitismo, ha specificato di essere «contro la guerra e la violenza, così come l’uccisione di tutti i civili innocenti, ogni forma di discriminazione, islamofobia, antisemitismo, genocidio, apartheid, occupazione e oppressione. Dobbiamo chiedere che cessino le uccisioni a Gaza».

Dopo essersi espresso in questi termini, El Ghazi non si è presentato alla prima sessione di allenamento. Ha fatto recapitare alla società un certificato medico per far sapere di non essere nelle giuste condizioni di salute. Insomma, vi sono tutte le premesse per una rottura, come del resto viene confermato dal Mainz 05, che ha manifestato sorpresa verso questa nuova esternazione del suo calciatore e adesso starebbe «valutando legalmente la questione». Nella serata del 3 novembre, ponendo fine alla telenovela, il Mainz 05 «ha licenziato il giocatore con effetto immediato», misura adottata «in risposta alle dichiarazioni e ai post del giocatore sui social media». Questa la risposta dell’attaccante, sempre affidata a Instagram: «La perdita del mio lavoro non è nulla rispetto all’inferno che sta venendo scatenato sugli innocenti a Gaza».

La Cdu chiede addirittura l’espulsione di Mazraoui dal Paese

In realtà l’interrogativo da porsi sarebbe un altro: ma cosa El Ghazi avrebbe detto di così fuori luogo? Si tratta di un interrogativo che per il momento l’ambiente del calcio tedesco nemmeno prende in considerazione. Anche perché il caso che coinvolge El-Ghazi non è isolato. Pochi giorno prima di lui ce n’era stato un altro, quello che ha coinvolto Noussair Mazraoui, difensore marocchino del Bayern Monaco. Che si è schierato pubblicamente in favore «della vittoria della Palestina» e poi ha condiviso messaggi del medesimo tenore postati dai colleghi Abdelhamid Sabiri (Siegen), Hakym Ziyech (Galatasaray) e Zakaria Aboukhlal (Tolosa). La polemica è stata cavalcata immediatamente, con tanto di richiesta di espulsione dalla Germania avanzata da Johannes Steiniger, giovane deputato della Cdu che per di più è in possesso di un patentino da allenatore.

El Ghazi e Mazraoui e il divieto dei calciatori in Bundesliga di stare con la Palestina
Mazraoui, giocatore del Bayern Monaco (Getty).

Denunciato per «approvazione di crimini contro l’umanità»

Il Bayern ha dovuto gestire un momento imbarazzante e per Mazraoui c’è stata anche una settimana di confino, prima di essere riammesso a allenarsi col resto della squadra. Il difensore è sceso quindi in campo per l’intera gara di campionato vinta 8-0 contro il Darmstadt 98, servendo pure due assist. Ma per lui la questione non è ancora risolta, dopo la notizia di una denuncia sporta nei suoi confronti. Ad annunciarla è stato il leader della comunità tedesco-isrealita Volker Beck, secondo cui «l’approvazione dei crimini contro l’umanità è penalmente punibile». Beck ha anche stigmatizzato l’atteggiamento troppo morbido del Bayern Monaco verso il suo tesserato. La storia è tutt’altro che chiusa.

E adesso chi si schiererà pubblicamente sul conflitto?

La si potrebbe chiudere dicendo che si tratta di due casi e che due casi non fanno sistema. Ma c’è il rischio che il problema sia più complesso. Perché c’è da chiedersi chi mai, fra i calciatori tedeschi, possa avere adesso intenzione di schierarsi pubblicamente sulla questione israelo-palestinese assumendo una posizione differente dal pieno appoggio all’operazione militare israeliana. Se farlo significa andare incontro al trattamento subito da Mazraoui e soprattutto El Ghazi, chi se la sentirà di esporsi? Intorno a questo interrogativo non si sta riflettendo abbastanza. Ma quando l’emergenza sarà conclusa, bisognerà pur riprenderlo in esame.

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