Monthly Archives: Novembre 2023

Maltempo, allerta gialla in nove regioni: chiuse scuole, parchi e strade

La Protezione Civile ha diramato un bollettino di allerta gialla riguardante il centro sud Italia, che interessa in particolare nove regioni: Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo e Molise, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia. La nuova perturbazione di origine atlantica porterà in questi primi giorni della settimana tanta pioggia, ma anche venti forti, neve e mareggiate sulle coste, spingendo alcune località a chiudere le scuole, parchi e cimiteri.

Scuole chiuse all’isola d’Elba e a Cecina

Scuole chiuse martedì 28 novembre in cinque comuni su sette dell’Isola d’Elba a causa dell’allerta meteo di colore arancione per vento forte e mareggiate. I comuni interessati dal provvedimento sono quelli di Portoferraio, Porto Azzurro, Capoliveri, Marciana Marina e Marciana. Scuole aperte, invece, a Campo nell’Elba e Rio. Scuole chiuse anche a Cecina, in Toscana, dove è stata anche disposta la chiusura dei parchi pubblici all’aperto e il divieto di svolgere attività sportive all’aperto e all’interno di tensostrutture. Annullato anche il mercato settimanale di Cecina centro.

I parchi e le strade chiuse a Roma e Napoli

A Napoli e Benevento parchi cittadini e cimiteri chiusi. Dopo la terribile giornata di sabato con centinaia di alberi caduti e la morte di un’anziana a Monteverde, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri ha firmato un’ordinanza con la quale dispone la chiusura dei cimiteri fino a mezzanotte di 28 novembre, il divieto di attività ludiche nei parchi e ordinato la chiusura di cinque strade. Si tratta di via di Castelfusano, via dei Pescatori e via della Villa di Plinio nel X Municipio, via Federico Ozanam nel Municipio XII e via di Santa Cornelia nel XV. Si prevedono sul Lazio venti da forti a burrasca dai quadranti occidentali su tutta la regione, con rinforzi fino a burrasca forte sui rilievi e sui settori costieri. Previste forti mareggiate lungo le coste esposte.

Reggio Calabria, ubriaco picchia moglie davanti alle figlie minori, arrestato

Ubriaco, ha picchiato la moglie davanti alle tre figlie minori perché voleva impedirle di andare a lavorare. È accaduto a Reggio Calabria dove un 47enne è stato arrestato dalla Polizia di Stato per maltrattamenti in famiglia. Gli agenti, intervenuti a seguito a una richiesta di aiuto giunta alla sala operativa dalla stessa vittima, prima di giungere nell’appartamento sono stati richiamati dalle tre piccole – una delle quali mostrava un piccolo foglio bianco con la scritta in arancione “Help” – che urlavano: «Venite, venite siamo qui». Gli agenti in casa hanno individuato e identificato l’uomo, che ha già scontato una misura di divieto di avvicinamento alla moglie, in evidente stato di alterazione psicofisica e che pronunciava frasi senza senso davanti alla vittima e alle tre figlie, di 12, 10 e 8 anni. Proprio la più piccola, vedendo la mamma aggredita ancora una volta dal padre, ha composto sul cellulare della donna il 113. L’aggressione sarebbe avvenuta per futili motivi e sembrerebbe sia stata generata dalla richiesta di raccogliere la cenere della sigaretta buttata volutamente a terra dall’uomo. La moglie ha denunciato le violenze finora subite dal marito che la picchiava, le tirava i capelli e le dava pugni in testa non permettendole di frequentare la sua famiglia.

Un 38enne ha aggredito la compagna di 27 anni davanti ai figli, di 2 e 6 anni

Un secondo analogo arresto, ha riguardato un 38enne che ha aggredito la compagna di 27 anni davanti ai figli, di 2 e 6 anni. I poliziotti, in questo caso, sono intervenuti dopo avere ricevuto due richieste di aiuto, la prima da parte di una sconosciuta e l’altra dalla stessa vittima. La donna ha raccontato al personale delle volanti di essere stata aggredita poco prima dall’uomo che aveva suonato al portone per farsi aprire e, una volta davanti alla porta dell’appartamento, l’aveva spinta dentro afferrandola dal collo e, dopo aver chiuso la porta a chiave, l’aveva trascinata nella cameretta dei bambini, dove il figlio di 6 anni stava guardando la televisione continuando a percuoterla. Solo dopo che il figlio si è frapposto tra il padre e la mamma, per aiutare quest’ultima, lei è riuscita a divincolarsi ed a raggiungere la porta di casa per urlare aiuto sul pianerottolo dello stabile.

Acea, online i progetti idrici da realizzare con 227 milioni del Pnrr

È online sul sito di Acea una sezione speciale Pnrr dedicata alle infrastrutture idriche e ai grandi cantieri che saranno realizzati dal Gruppo grazie ai fondi del Piano di ripresa e resilienza. Acea Ato 2 ha ottenuto dal Pnrr finanziamenti per circa 227 milioni di euro, nel periodo 2021-2026, per la realizzazione di diversi interventi strategici che riguardano le reti di adduzione e distribuzione, il recupero della risorsa (perdite idriche) e i servizi di fognatura e depurazione. Tra gli interventi da realizzare anche diverse opere di ammodernamento ricadenti nel sistema acquedottistico del Peschiera.

L’elenco dei progetti suddiviso in tre aree

Nella nuova pagina web dedicata si potranno consultare tutte le informazioni sui progetti di Acea, una sorta di bussola per orientarsi tra i diversi interventi in programma e per capire come vengono impiegati i finanziamenti ottenuti grazie al Pnrr. La sezione dedicata ai progetti di Acea Ato 2 è divisa in tre aree. La prima riguarda acquedotti e grandi opere, che comprende quattro progetti finalizzati alla messa in sicurezza e ammodernamento del sistema acquedottistico Peschiera e dell’approvvigionamento idrico di Roma Capitale e dell’area metropolitana (Nuovo Acquedotto Marcio 1° lotto; Addutrice Ottavia-Trionfale; Raddoppio VIII sifone – tratto Casa Valeria uscita Galleria Ripoli; Condotta Monte Castellone–Colle Sant’Angelo-Valmontone).

Dalla digitalizzazione alla raccolta sostenibile delle acque reflue

La seconda è dedicata a digitalizzazione ed efficientamento delle reti di distribuzione idrica, progetto finalizzato alla riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua mediante la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti. La terza sezione è infine relativa alla depurazione, fognatura e gestione dei fanghi di depurazione. Si tratta dei progetti che hanno l’obiettivo di rendere sempre più efficace e sostenibile la raccolta e la depurazione delle acque reflue favorendo l’economia circolare anche attraverso il ricorso all’innovazione tecnologica (potenziamento dell’impianto di depurazione integrato di Ponte Lucano a Tivoli; collettore fognario afferente al depuratore Valle Giordano; prolungamento adduttrice della Crescenza – sistema fognario Tomba di Nerone; adeguamento dell’impianto di depurazione di Ciciliano; bonifica collettore e rete afferenti al depuratore di Ciciliano; collegamento a Roma est del depuratore di Borgonuovo). La sezione dedicata è disponibile al link https://www.gruppo.acea.it/innovazione/pnrr-grandi-opere-acea.

Daniela Santanchè non è più coordinatrice di Fratelli d’Italia in Lombardia

La ministra del Turismo Daniela Santanchè non è più la coordinatrice regionale in Lombardia di Fratelli d’Italia. Lo ha fatto sapere lei stessa in una nota, sottolineando che «al momento della mia nomina a ministro del Turismo avevo accettato, nonostante la complessità nel coniugare i due compiti di proseguire in via eccezionale il mio ruolo di portavoce regionale fino all’apertura della stagione dei congressi provinciali, che è ora arrivata».

«Ho fatto del mio meglio per accompagnare Fdi dal 3,6 al 25,18 per cento»

Santanchè ha ringraziato la premier Giorgia Meloni «per la fiducia che mi ha accordato negli ultimi anni, affidandomi il ruolo di portavoce regionale» di Fdi in Lombardia, ruolo «che oggi rimetto nelle sue mani». In questi anni «ho fatto del mio meglio per accompagnare FdI dal 3,6 per cento delle regionali 2018 ad essere il primo partito in Lombardia alle regionali 2022 con il 25,18 per cento» ha proseguito Santanchè, certa che adesso «si continuerà a lavorare tutti insieme per far crescere ancora, sotto la guida di Meloni, il nostro movimento nella Regione che è traino di tutta l’economia nazionale». A sostituire la ministra come coordinatore dovrebbe arrivare il deputato Carlo Maccari.

Italia divisa in due, freddo al nord e autunno al centro-sud

Italia divisa in due: al nord continua la fase fredda del ciclone artico con temperature sotto la media del periodo per almeno 10 giorni; al centro-sud dominano le correnti molto umide provenienti dall’Atlantico e sono attese piogge abbondanti con il termometro anche sopra i 15 gradi tipici dell’autunno. È quanto annuncia Lorenzo Tedici, meteorologo del sito www.iLMeteo.it. «Al centro-sud sono attese piogge persistenti, in particolare sul versante tirrenico, ed un aumento significativo della quota neve che nei prossimi giorni imbiancherà solo le cime più alte degli Appennini», afferma. La brusca risalita delle temperature farà anche fondere rapidamente la neve caduta, provocando locali piene fluviali.

Mercoledì 29 novembre tregua metereologica, giovedì torna il brutto tempo

Al Nord l’aria fredda resterà intrappolata in Val Padana: insieme allo smog, il freddo sarà ancora protagonista per almeno 10 giorni con possibili deboli nevicate anche in pianura. Nelle prossime ore il settentrione sarà in prevalenza asciutto, mentre piogge e locali temporali si sposteranno dalla Toscana e dalla Sardegna ancora verso l’Umbria, il Lazio, la Campania e la Calabria tirrenica. Soprattutto tra Lazio e Basso Tirreno saranno possibili anche dei nubifragi. Previste burrasche di Maestrale e di Ponente al Centro-Sud. Mercoledì 29 novembre avremo una tregua meteorologica: da nord a sud il tempo sarà asciutto e meno ventoso. Giovedì 30, sarà di nuovo brutto, invernale al nord ed autunnale al centro-sud.

Mattarella e Meloni grandi assenti alla Prima della Scala

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni il 7 dicembre mancheranno alla prima del Don Carlo alla Scala di Milano, l’evento di apertura dalla Stagione del teatro meneghino che per tradizione prevede la presenza di una delle due cariche. Al loro posto, sul Palco Reale ci saranno il presidente del Senato Ignazio La Russa, il vicepremier Matteo Salvini, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, insieme al sindaco Giuseppe Sala e al governatore della Lombardia Attilio Fontana.

Non accadeva dal 2017

L’ultimo precedente in cui le due cariche istituzionali furono assenti contemporaneamente risale al 2017, quando Mattarella e l’allora premier Paolo Gentiloni non parteciparono alla prima dell’Andrea Chénier. Ma l’assenza di quest’anno si sta facendo notare anche per la differenza rispetto al 2022 quando, insieme a Mattarella e Meloni, il Palco Reale vide la partecipazione straordinaria della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, oltre a una folta rappresentanza di ministri e delle istituzioni compreso il presidente del Senato, Ignazio La Russa. Quell’anno il teatro fu criticato dalla comunità ucraina perché scelse di aprire la stagione con Boris Godunov del compositore russo Modest Musorgskij, e gli artisti russi non presero le distanze da Putin. La presenza di von der Layen aveva lo scopo di mettere al riparo la nuova premier Giorgia Meloni da eventuali incomprensioni con il vertice europeo.

Muore dopo cinque giorni di agonia, caccia a pirata della strada a Palermo

Gli agenti della polizia municipale sono a caccia del pirata della strada che ha investito a Palermo un giovane di 33 anni morto all’ospedale Civico dopo cinque giorni di agonia. Emanuele Magro, autotrasportatore di 33 anni, era stato soccorso la notte tra il 22 e il 23 novembre dai sanitari del 118 che lo avevano trasportato in codice rosso al Civico: a travolgerlo sarebbe stata una vettura.

Passate al setaccio le immagini dei sistemi di videosorveglianza

L’automobilista si sarebbe dato alla fuga, senza fermarsi a dare assistenza all’uomo ferito. Magro era stato trovato in via Ernesto Basile, nei pressi della cittadella universitaria. Non ricordava nulla ma aveva traumi ed era sanguinante. È stato ricoverato in terapia intensiva, ma le condizioni si sono aggravate fino al decesso. Adesso gli agenti dell’infortunistica stanno passando al setaccio tutte le immagini dei sistemi di videosorveglianza per risalire all’automobilista che rischia un’incriminazione per omicidio stradale.

Corea del Nord: «Un nostro satellite ha fotografato la Casa Bianca e Roma»

Un satellite da ricognizione nordcoreano ha scattato a partire dal 25 novembre foto della Casa Bianca, del Pentagono, e di Roma. Lo riferisce l’agenzia di stampa statale di Pyongyang, Kcna. Le immagini sono state già visionate dal leader Kim Jong-un nell’ambito «dei preparativi per l’operazione del satellite da ricognizione ‘Malligyong-1’, prima dell’inizio della sua missione ufficiale».

Acquisite immagine anche della base aerea Usa a Guam e dei cantieri in Virginia

Secondo l’agenzia, il satellite della Corea del Nord ha scattato foto anche della base aerea militare statunitense Anderson a Guam, nel Pacifico. Non solo, sono state fotografate anche la stazione navale Norfolk e il cantiere navale di Newport News in Virginia. A margine degli scatti, dall’agenzia fanno sapere che sono stati avvistate «quattro portaerei nucleari della Marina americana e una portaerei britannica». Il 21 novembre Pyongyang aveva lanciato un satellite da ricognizione. In risposta la Corea del Sud aveva annunciato una parziale sospensione dell’accordo militare con il Nord, che a sua volta ha affermato che non rispetterà più l’intero accordo e riprenderà le azioni vietate dal documento.

Sinner ci ricorda il nostro rapporto ambivalente con l’Alto Adige

Potremmo chiamarla, in modo un po’ grossolano, dissonanza etnico-competitiva. È la bizzarra sindrome che induce spettatori e tifosi a definire la nazionalità, l’origine o lo status di un atleta in base ai suoi risultati. Il caso più classico riguarda Alberto Tomba, che quando vinceva era «lo sciatore di Bologna» e quando perdeva «il carabiniere di Sestola». Esempi più recenti, il calciatore della nazionale tedesca Mesut Özil, tedesco di terza generazione, che si è visto rinfacciare i nonni turchi dopo il flop al Mondiali in Russia nel 2018, e Fabio Quartararo, motociclista del team Yamaha, francese figlio di siciliani, che per gli appassionati italiani è italiano quando vince e francese quando perde.

C’è ancora chi crede che Sinner sia straniero anche se è nato a San Candido ed è italiano fin dalla sala parto

Jannik Sinner, il golden boy del tennis che ha riportato in Italia la Coppa Davis dopo quasi mezzo secolo, è vittima di due dissonanze etnico-competitive incrociate e sovrapposte. Per gli austriaci è italiano quando perde e sudtirolese quando vince, mentre alcuni italiani sembrano più propensi a vederlo come un connazionale nelle sconfitte e come uno straniero naturalizzato di fresco nelle vittorie. Come ha fatto Giancarlo Dotto sulla Gazzetta dello Sport dopo la vittoria di Sinner su Djokovic a Torino: «Jannik ha scoperto la bellezza di essere nostro e di ritrovarsi italiano. Sentirsi italiani per adozione conclamata e plebiscitaria. Cosa c’è di più bello?». Bè, ritrovarsi italiani senza tante pippe burocratiche dopo essere cresciuti in Italia e frequentato le nostre scuole fin dall’asilo, risponderebbero Alessia Korotkov, Sirine Chaarabi e tanti altri giovani campioni che non possono indossare la maglia azzurra perché non hanno ancora la cittadinanza. L’ultimo dei problemi per Sinner, che essendo nato a San Candido, Italia (per soli sei chilometri, d’accordo) è italiano fin dalla sala parto, anche se quelli come Dotto, cui non è ancora arrivata la notizia degli accordi De Gasperi-Gruber, non se ne capacitano, sviati forse anche dall’aspetto fisico e dall’aplomb del tennista. Vabbè, il look di Sinner non sarà tipicamente mediterraneo, ma nemmeno crucco come ce lo immaginiamo di solito, cioè non evoca né Mino Reitano né Walter Reder, e fa pensare piuttosto a latitudini scozzesi o scandinave. Buffo che ci lamentiamo degli stereotipi sugli italiani («non siamo tutti bassi, bruni, baffuti e chiassosi»), e poi siamo i primi ad applicarli quando la genetica si dimostra più fantasiosa di noi.

Sinner ci ricorda il nostro rapporto ambivalente con l'Alto Adige
Jannik Sinner dopo la vittoria contro Alex De Minaur (Getty Images).

Quel rapporto ambivalente tra Italia e Alto Adige: dagli attentati ai tralicci all’arrivo di Lilli Gruber

Va detto che il nostro rapporto con l’Alto Adige è sempre stato ambivalente. Dovremmo essere fieri di ospitare nel nostro territorio uno dei pochi esperimenti riusciti al mondo di convivenza fra culture diverse e di tutela delle minoranze, recentemente additato come modello anche dall’Onu: non “due popoli, due Stati” ma uno Stato e due popoli che, pur non adorandosi, hanno portato la Provincia autonoma di Bolzano al top della classifica sulla qualità della vita. Okay, fino agli Anni 90 girare da quelle parti con una targa italiana da TN in giù comportava un serio rischio di ritrovarsi le gomme tagliate, e l’ultima condanna per vilipendio alla bandiera italiana per Eva Klotz, la leader degli autonomisti sudtirolesi, è solo del 2018, ma non si sente più parlare di attentati alle stazioni dei carabinieri o di bombe sotto i tralicci. Eppure gli altoatesini, tedeschi eppure italiani, italiani eppure inossidabilmente germanici, sono rimasti un enigma, un ossimoro affascinante e respingente al tempo stesso. Poco invadenti, fino a qualche decennio fa si palesavano traumaticamente all’opinione pubblica peninsulare solo nella stagione degli sport invernali, quando in tivù vedevamo gareggiare gente con acrobatici cognomi tedeschi (Kerchbaumer, Runggaldier, Untergassmair, Tschurtschenthaler) e il pettorale tricolore («ah già, è di Bolzano»), oppure in fondo alle tabelle dei risultati elettorali dove appariva un partito dal nome tedesco («ah già, la Südtiroler Volkspartei») che inspiegabilmente era anche quello che apriva le consultazioni al Quirinale per la formazione di ogni nuovo governo. Poi è arrivata Lilli Gruber, che con larghissimo anticipo su Sinner è stata la prima altoatesina a conquistare la fama in un’attività praticabile anche sotto i 600 metri sul livello del mare. Il suo atteggiamento a Otto e mezzo è la perfetta rappresentazione del rapporto fra Bolzano e le altre province italiane: Lilli condivide lo studio con il peggio e con il meglio del giornalismo e della politica italiota, ma si vede benissimo che pensa (in tedesco): «Meno male che non sono come questi qua». E così si becca dai simpaticoni del Giornale nomignoli tipo “radical speck” o l’accusa di voler annettere La7 all’Alto Adige.

Sinner ci ricorda il nostro rapporto ambivalente con l'Alto Adige
Eva Klotz (Getty Images).

Daremo un sacco di soldi all’Alto Adige ma almeno li sanno spendere bene: un’impresa più pazzesca che vincere la Coppa Davis

Del resto noi per primi fatichiamo a credere di essere ancora in Italia (e forse nemmeno nel 2023) quando ci aggiriamo fra casette linde dai balconi fioriti, pittoresche insegne in caratteri gotici e strade pulite come piatti, e ci rivolgiamo ai negozianti scandendo “Buongiorno” per paura che ci apostrofino per primi in tedesco suscitandoci reazioni alla Alberto Sordi nel finale de La grande guerra. Ma non andiamo così volentieri in vacanza in Alto Adige proprio perché sembra di non essere in Italia? D’accordo, gli avremo dato un sacco di soldi, ma almeno gli altoatesini li hanno spesi bene, a differenza di altre regioni autonome. E con buona pace di Jannik Sinner, spendere bene i soldi pubblici in Italia è un’impresa più pazzesca che vincere la Coppa Davis.

Gaza, tregua prolungata per liberare altri 20 ostaggi. Israele: poi attaccheremo ovunque

È il 53esimo giorno di guerra: oltre 14.800 palestinesi morti, di cui 5.600 bambini, secondo Hamas. In Israele 1.200 morti nell’attacco del 7 ottobre. Altri due giorni di tregua a Gaza. Grazie alla mediazione di Qatar, Egitto e Usa, Israele e Hamas hanno raggiunto l’intesa che consentirà il rilascio di altri 20 ostaggi israeliani (10 per ogni giorno aggiuntivo di cessate il fuoco) in cambio di 60 detenuti palestinesi nel solito rapporto di 1 a 3. La proroga della tregua, altrimenti scaduta nella mattinata, ha trascinato con sé anche lo sblocco della trattativa sulla quarta tranche di ostaggi che si era complicata. Ma se i civili e gli sfollati di Gaza potranno contare ancora su qualche giorno di quiete, non vuol dire che la guerra non riprenderà. Il ministro della Difesa Yoav Gallant è stato chiaro: «I combattimenti saranno ancora più grandi e si svolgeranno in tutta la Striscia di Gaza. Non ci fermeremo finché non avremo finito».

«Gli 11 israeliani rilasciati ieri sono in condizioni stabili»

Sono in condizioni stabili gli 11 israeliani – nove bambini e due donne – rilasciati ieri da Hamas. Lo hanno riferito il ministero della Sanità e fonti dell’ospedale Ichlov, dove sono stati ricoverati lunedì 27 novembre subito dopo la liberazione. «È stata una notte emozionante e complessa allo stesso tempo», ha detto il dottor Ram Sagi, del ministero della Sanità, precisando che gli ostaggi «hanno incontrato lì le loro famiglie per la prima volta» dal 7 ottobre, e in ospedale «riceveranno cure mediche e psicologiche».

Israele ha ricevuto la nuova lista con i nomi degli ostaggi che saranno rilasciati 

Israele ha ricevuto una nuova lista di ostaggi nella Striscia di Gaza che saranno rilasciati martedì 28 novembre, nell’ambito dell’accordo sull’estensione della tregua per altri due giorni. Lo ha riferito il Times of Israel, che cita l’ufficio del premier Benjamin Netanyahu, secondo cui i parenti degli ostaggi sono già stati informati del rilascio imminente. Il giornale sottolinea che non è chiaro quante persone verranno rilasciate, mentre altri media palano di dieci ostaggi.

Liberi 33 detenuti palestinesi, donne e minori

In cambio degli 11 ostaggi rilasciati da Hamas nell’ambito dell’accordo sulla tregua, Israele ha liberato altri 33 detenuti palestinesi, donne e minori. Lo ha riferito l’Autorità carceraria israeliana, secondo cui i 33 erano detenuti in diversi penitenziari. Il più giovane dei detenuti ha 14 anni. Arriva così a 150 il numero dei prigionieri palestinesi rilasciati dallo Stato ebraico, in cambio dei 51 ostaggi israeliani liberati finora.

Blinken visiterà Israele e Cisgiordania

Antony Blinken si recherà in Israele e Cisgiordania questa settimana dopo aver partecipato al summit della Nato in Belgio e a quello dell’Osce in Macedonia del Nord. «In Israele e in Cisgiordania Blinken discuterà del diritto di Israele a difendersi in linea con il diritto umanitario internazionale, nonché dei continui sforzi per garantire il rilascio degli ostaggi, proteggere i civili durante le operazioni israeliane a Gaza e accelerare gli aiuti umanitari», si legge in una nota del portavoce del dipartimento Usa.

Le quotazioni di Borsa italiana e spread oggi 28 novembre 2023

Dopo un lunedì non semplice, c’è grande attesa per l’apertura delle Borse europee e per lo spread tra Btp e Bund tedeschi. Nella giornata di ieri, 27 novembre, Milano ha chiuso in calo dello 0,31%, con l’ultimo indice Ftse Mib a 29.342 punti. Il differenziale riparte da 174 punti base, con il rendimento del decennale italiano al 4,29%.

Le quotazioni delle Borse e l’andamento dello spread in tempo reale

1.48 – Tokyo, apertura in lieve rialzo (+0,26%)

La Borsa di Tokyo inizia la seduta col segno più malgrado la battuta d’arresto degli indici statunitensi, con gli investitori che guardano alle nuove indicazioni macroeconomiche e agli spunti dalle prossime riunioni delle principali banche centrali. In apertura l’indice di riferimento Nikkei segna un progresso dello 0,26% a quota 33.535,55, con un aumento di 87 punti. Sul mercato valutario lo yen guadagna nuovamente terreno sul dollaro a 148,40 e sull’euro a 162,60.

 

La chiusura di Avanti Popolo di De Girolamo accelera il ritorno di Giletti in Rai intanto scoppia il caso Coppa Davis

Doveva durare fino a giugno. Invece chiuderà a Natale. Parliamo di Avanti popolo, il programma condotto da Nunzia De Girolamo che ha rappresentato uno dei maggiori flop di questo inizio di stagione di mamma Rai, insieme al Mercante in Fiera di Pino Insegno, che seguirà la stessa sorte. E al suo posto, nella serata del martedì, arriverà Massimo Giletti, con un suo programma di approfondimento e talk, sullo stile di Non è l’arena, chiuso a brutto muso da Urbano Cairo su La7. Al settimo piano di Viale Mazzini la tentazione di spegnere in anticipo Avanti popolo è via via andata crescendo col perdurare dei bassi ascolti: il talk ha mai superato il 3 per cento di share. Nelle ultime due puntate, per esempio, ha fatto il 2,1 per cento (martedì 14 novembre) e il 2,9 per cento (martedì 21).

La chiusura di Avanti Popolo di De Girolamo accelera il ritorno di Giletti in Rai intanto scoppia il caso Coppa Davis
Nunzia De Girolamo (dal profilo Fb).

La crisi di ascolti del martedì sera ha impresso una accelerata al ritorno di Giletti in Rai

Al contempo la tv pubblica aveva avviato una trattativa per il ritorno di Giletti: sarebbe arrivato a gennaio con una serata-evento, e poi a febbraio con una trasmissione tutta sua. Ma la crisi di ascolti del martedì sera ha impresso un’accelerazione al rientro del giornalista torinese. Vale a poco, così, la smentita (si far per dire) dell’amministratore delegato, Roberto Sergio. «Ancora una volta alcuni organi di stampa riportano notizie completamente diverse dalla realtà, frutto di una libera interpretazione. Parlare di ‘chiusure anticipate’ di alcuni programmi è fuorviante. È chiaro che dovremo fare una valutazione anche in riferimento all’andamento dei risultati approfittando della pausa natalizia. Come detto alla presentazione lo scorso luglio, i palinsesti autunnali terminano nel mese di dicembre. Quindi, nessuna chiusura anticipata, come qualcuno ha voluto strumentalmente rimarcare», ha dichiarato il capo azienda. Come a dire: Avanti popolo era solo nel palinsesto autunnale, poi per quello invernale si sarebbero tirate le somme. Ma non è così. Il nuovo talk, come spiegato proprio alla presentazione dei palinsesti a Napoli, era in programma per tutta la stagione: 30 puntate, con un budget di 200 mila euro a serata, per un totale di circa 6 milioni, con la produzione esterna della Fremantle di Lorenzo Mieli e la consulenza di Lucio Presta, manager di De Girolamo. Ma è proprio l’elevato costo a fronte dei bassi ascolti ad aver indotto il vertice Rai a un ragionamento diverso, fino alla decisione di chiudere il programma. La riflessione, dunque, c’è già stata, con una sentenza di condanna.

La chiusura di Avanti Popolo di De Girolamo accelera il ritorno di Giletti in Rai intanto scoppia il caso Coppa Davis
Massimo Giletti (Imagoeconomica).

Il conduttore, dopo la fine burrascosa con La7, avrebbe promesso ai vertici Rai maggior cautela

«Un programma in prima serata di Giletti è l’unico modo per risollevare lo share del martedì sera e competere con Giovanni Floris, Bianca Berlinguer e le Iene. Se si azzecca il programma, Giletti potrebbe addirittura superarli», racconta a Lettera43 una fonte di Viale Mazzini. Giletti, tra l’altro, non essendo di sinistra, gode di un certo sostegno nel centrodestra, soprattutto dalle parti della Lega di Matteo Salvini. L’unico suo difetto, agli occhi dei dirigenti della tv di Stato, è quello di essere ritenuto «incontrollabile». Insomma – erano le perplessità di qualcuno – se inizierà con inchieste che tireranno in ballo leader politici come la nota vicenda di Baiardo-fratelli Graviano-Silvio Berlusconi, sarebbero ulteriori dolori per la Rai meloniana. Ma alla fine s’è deciso di rischiare, anche perché Giletti, memore anche della passata vicenda, avrebbe promesso ai vertici di andarci più cauto. «Su La7 per farsi notare e macinare ascolti ogni domenica doveva spararla sempre più grossa, in Rai ha meno bisogno di tirare la corda», è il ragionamento che si è fatto. Fallisce, dunque, il tentativo di trasformare De Girolamo, ex ministra forzista e parlamentare riciclatasi in tv, come conduttrice di punta dell’informazione Rai, con un programma che, dando voce al “popolo” in studio, avrebbe dovuto mescolare il format dei moderni talk con quello di lontano programma di successo di Gianfranco Funari: A bocca aperta. Ma l’errore, forse, è stato proprio quello di pensare che De Girolamo potesse andar bene per tutto: dalla conduzione leggera di Ciao Maschio (che continuerà, il sabato sera) all’approfondimento politico.

La chiusura di Avanti Popolo di De Girolamo accelera il ritorno di Giletti in Rai intanto scoppia il caso Coppa Davis
Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1 (Imagoeconomica).

Al via Far West, l’anti Report di Salvo Sottile, mentre monta il caso Coppa Davis e il mancato spostamento su Rai1

Intanto lunedì sera parte il nuovo programma d’inchieste Far West, su Rai3, condotto da Salvo Sottile, nello spazio che prima era di Report. «Non ci occuperemo di politica. Da noi la politica entrerà solo se sarà funzionale al racconto, altrimenti resterà fuori», ha spiegato lo stesso Sottile venerdì durante la presentazione, insieme al direttore dell’approfondimento Paolo Corsini. Staremo a vedere. Nel frattempo a Viale Mazzini scoppia il caso Coppa Davis. Domenica, infatti, da parte di Rai1, e del Tg1 in particolare, era arrivata al settimo piano la richiesta di spostare la finale della Davis dal secondo canale alla rete ammiraglia. Su Rai2 Jannik Sinner ha raggiunto il 23,4 per cento di share, ma su Rai1, secondo alcuni, avrebbe potuto anche superare il 35 per cento. Il vertice, però, non ha voluto: la Davis è rimasta su Rai2. E a rimetterci è stato proprio il Tg1, superato dal Tg5: 14,3 per cento per l’edizione serale del tg di Gian Marco Chiocci contro il 14,7 per cento del tg del Biscione. Il no al cambio di canale è arrivato dalla direttrice del marketing, Roberta Lucca, ma si sospetta che dietro ci sia la longa manus del dg Giampaolo Rossi, in pessimi rapporti con Chiocci: tra i due è in corso da tempo una guerriglia interna.

Cosa c’è dietro l’ennesimo scontro fra Binaghi e Malagò dopo la vittoria della Coppa Davis

Il luccichio dell’insalatiera non riesce a nascondere tutte le ruggini. I cinque giovani moschettieri che sono stati capaci di riportare la Coppa Davis in Italia hanno fatto esplodere di gioia tutto il Paese, ma il momento d’oro delle nostre racchette non cancella i veleni e i dissapori in seno ai vertici dello sport italiano. Il presidente della Federazione tennis e padel (Fitp) Angelo Binaghi, ancora a caldo dopo l’ultima impresa di Jannick Sinner in finale contro gli australiani, si è tolto un sasso mica piccolo dalla scarpa e a Sky Sport ha detto: «Io credo che questa Davis la dobbiamo anche dedicare un po’ all’attuale presidente del Coni, Giovanni Malagò, che in tutti questi mesi nonostante i successi sportivi e organizzativi non ha trovato la forza di fare una volta i complimenti al movimento e alla federazione. Una grande caduta di stile. Io credo che questi ragazzi gli faranno trovare il coraggio per farlo nei prossimi giorni». Un missile che peraltro ha fatto da contraltare alla lestissima uscita dello stesso Malagò, il quale si era subito complimentato con la squadra e con lo stesso Binaghi attraverso un post su X.

Sulla gestione dei grandi eventi tennistici non sono mai andati d’accordo

L’acredine tra i due è profonda e viene da lontano. Innanzitutto pesa un dato quasi antropologico: il numero uno della Fitp è un sardo dal carattere aspro, diretto e poco incline agli arzigogoli, mentre il gran patron del Coni è la quintessenza della romanità suadente, molle e salottiera. Tuttavia è sul potere nello sport, sui rapporti con la politica e in particolare sulla gestione dei grandi eventi tennistici che i due non sono mai andati d’accordo, senza far nulla per nasconderlo. Basta tornare indietro di qualche anno, al 2018 e ai tempi del governo Movimento 5 stelleLega, per individuare il terreno di scontro forse più grave: Malagò al tempo si schierò apertamente contro l’esecutivo gialloverde e la riforma voluta dall’allora sottosegretario alla presidenza, Giancarlo Giorgetti, che tra le altre cose strappava via dalle mani del Coni la cassaforte dei fondi statali, poco meno di 300 milioni di euro, destinati alle federazioni sportive e la assegnava alla neonata Sport e Salute Spa.

Cosa c'è dietro l'ennesimo scontro fra Binaghi e Malagò dopo la vittoria della Coppa Davis
Angelo Binaghi e Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica).

Abodi e lo sdoppiamento di cariche dentro Sport e Salute

Malagò ha attaccato ripetutamente la nuova società, ha cercato ogni sponda, ha utilizzato ogni occasione e ogni campione dello sport a lui vicino per provare a minare il mutato assetto e ricostruire il suo antico dominio (governa il Comitato olimpico nazionale dal 2013). Un’azione in qualche modo culminata con il cambio di impostazione voluto nell’estate del 2023 dal ministro per lo Sport, Andrea Abodi, che ha definito indirizzi e confini più chiari per la società in house del Mef, sdoppiando la carica di presidente e amministratore delegato, con la prima assegnata all’imprenditore Marco Mezzaroma, cognato di Claudio Lotito e considerato molto vicino ad Arianna Meloni, la sorella di Giorgia.

Cosa c'è dietro l'ennesimo scontro fra Binaghi e Malagò dopo la vittoria della Coppa Davis
Il ministro dello Sport Andrea Abodi (Imagoeconomica).

Scontro sui paramenti per i finanziamenti alle federazioni

Binaghi, invece, aveva sempre elogiato l’avvento di Sport e Salute, dicendo per esempio già nel 2019 che «finalmente i criteri dei finanziamenti alle federazioni saranno oggettivi, meritocratici e definiti». Un dito nell’occhio al numero uno dei Coni che aveva risposto per le rime: «Non capisco quali potrebbero essere criteri più oggettivi di quelli portati avanti dal Coni, visto che i parametri sono stati sempre voluti sia dalla commissione alla quale lui ha sempre fatto parte sia dal consiglio nazionale», per cui «ho trovato assolutamente fuori luogo le parole di Binaghi».

Il nervo scoperto sul limite dei tre mandati

Dopo la vittoria della Davis il presidente Fitp ha addirittura accusato indirettamente Malagò di non essere presente a Malaga per rendere omaggio alle imprese azzurre, mentre «la dedica va al ministro dello Sport, che ha preso un aereo ed è venuto a rappresentare il governo qui». Una chiosa a caldo e al vetriolo arrivata dopo le frasi del numero uno dello sport italiano di appena un mese fa: «Negli ultimi tempi Binaghi si è contraddistinto per uno stile di aggressione verbale poco educato. Non lo dico per me, ma per quello che rappresento. Ma in questo caso ha detto una falsità che non potrebbe provare». Il riferimento era anche alle dure posizioni dell’uomo che guida il tennis italiano (addirittura dal 2001) e che si era schierato contro il limite dei tre mandati per i presidenti di federazione, poi abolito giusto l’estate del 2023 (con il conforto di una sentenza della Consulta giunta a settembre).

Cosa c'è dietro l'ennesimo scontro fra Binaghi e Malagò dopo la vittoria della Coppa Davis
Giovanni Malagò con Angelo Binaghi (Imagoeconomica).

Le insinuazioni sul legame politico tra Binaghi e il M5s

Binaghi aveva definito Malagò «non credibile» nel dibattito per «un interesse personale». E quest’ultimo aveva replicato: «Anche nella vicenda della norma sui tre mandati non avevo interesse. Può chiedere a Franco Chimenti o Gianni Petrucci, i presidenti di golf e basket, come la pensavo. A proposito: Binaghi dice di non avere interferenze politiche. Ma la sua vicepresidente è l’ex sindaco di Torino, Chiara Appendino, e l’ex sottosegretario Simone Valente è il responsabile della federtennis per i rapporti istituzionali…». Quasi ad adombrare un legame politico tra Binaghi e il M5s, fiorito attorno all’evento delle Atp Finals di Torino.

Cosa c'è dietro l'ennesimo scontro fra Binaghi e Malagò dopo la vittoria della Coppa Davis
Chiara Appendino (Imagoeconomica).

La contestata presenza di Djokovic agli Internazionali d’Italia

E che dire dello scontro sugli Internazionali d’Italia di tennis del 2022? Binaghi gonfiò il petto dopo gli ottimi risultati economici e di pubblico dell’evento, ma attaccò a testa bassa Malagò: «Ha cercato di non far giocare a Roma prima Novak Djokovic, poi i russi». Il campione serbo, infatti, era stato accusato di aver assunto posizioni no vax in epoca Covid, mentre i secondi avrebbero dovuto subire un embargo in ragione della guerra in Ucraina. L’input secondo Malagò veniva dal Comitato olimpico internazionale (Cio), cui il Coni fa capo, ma Binaghi aveva smentito il diktat, aveva rivendicato l’autonomia dell’Atp, così come di altre federazioni internazionali, si era appellato agli impegni contrattuali e alla fine aveva tenuto il punto sull’apertura a tutti del torneo in nome della qualità e dello spettacolo (peraltro Djokovic risultò vincitore).

Cosa c'è dietro l'ennesimo scontro fra Binaghi e Malagò dopo la vittoria della Coppa Davis
Novak Djokovic e Jannik Sinner (Getty).

Malagò non mancò di replicare: «Ho sempre detto che era un invito e non c’era nessun obbligo», ma d’altronde «quello di Binaghi negli ultimi anni è un percorso sui rapporti con la politica su cui non devo aggiungere altro». Quindi «se lui una volta nella vita si rendesse conto che stavolta ha veramente detto delle cose del tutto sbagliate sia nel contesto che nella sostanza, secondo me verrebbe apprezzato moltissimo».

Dalla gestione di Coni servizi fino alla copertura del Centrale del Foro Italico

Sarebbero molti altri gli episodi di frizioni da ricordare, dalle accuse del numero uno del tennis italiano alla gestione di Coni servizi (vero oggetto delle ruggini più antiche) sulla copertura del Centrale del Foro Italico fino alle stilettate, due anni fa, a proposito delle finali Atp di Torino, quando Malagò tentò la giocata in cui è insuperabile, ossia prendersi meriti e mettersi in vetrina: «L’idea di Torino fu mia, Appendino non sapeva cosa fossero». Il capo delle racchette azzurre rispose per le rime: «Le parole di Malagò contro Appendino? Ha attaccato la padrona di casa, è stata una caduta di stile. Io non ho mai sentito di una sua idea quando il risultato è negativo. Per definizione il presidente del Coni ha sempre idee splendide». E nel momento in cui qualcuno ha iniziato a far girare la voce che Binaghi, al sesto mandato in Fitp, volesse candidarsi alla successione di Malagò al Coni, lui ha stroncato: «Non ci penso nemmeno, mi sarebbe piaciuto contribuire a riformarlo, ma mi sono quasi arreso. Da decenni non cambia nulla e alcune regole sono assurde». Chissà cosa si nasconde dietro quel “quasi”.

Israele-Hamas, tregua prorogata per altri due giorni

La tregua tra Israele e Hamas è stata prorogata di altri due giorni. Ad annunciarlo è stato Majed al Ansari, il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar. Su X ha infatti scritto: «Lo Stato del Qatar annuncia, nell’ambito della mediazione in corso, che è stato raggiunto un accordo per prolungare di altri due giorni la tregua umanitaria nella Striscia di Gaza».

https://twitter.com/majedalansari/status/1729171016642166998

Dall’Egitto: «Ostaggi rilasciati in entrambi i giorni»

Secondo quanto riportato dal Times of Israel, inoltre, dall’Egitto è stato Diaa Rashwan, capo ufficio stampa del governo egiziano, ad anticipare l’accordo. Secondo l’alto collaboratore del presidente Abdel Fattah al-Sisi, saranno rilasciati 10 ostaggi di Hamas contro 30 prigionieri palestinesi, in entrambi i giorni. Così facendo si manterrebbe il rapporto di 1 israeliano per 3 palestinesi. Intanto fonti israeliane hanno fatto sapere che l’accordo sul quarto rilascio di ostaggi di oggi, 27 novembre, è stato chiuso positivamente. Secondo le stesse fonti, citate da Ynet, due madri saranno liberate assieme a 9 bambini.

Poste Italiane al primo posto tra le aziende del settore assicurativo nella classifica di S&P

Le politiche di sostenibilità di Poste Italiane si affermano sul piano mondiale e per la prima volta conquistano la vetta del Corporate Sustainability Assessment di Standard&Poor’s Global nel settore Insurance con il punteggio complessivo di 85/100. La classifica ha assegnato a Poste Italiane il punteggio di 96/100 nella sezione Social per le proprie politiche e pratiche di attrazione e sviluppo di talenti, di tutela dei diritti umani e di inclusione finanziaria. Inoltre, con riferimento alla dimensione di Governance, il Gruppo è stato premiato per la conduzione etica e trasparente del business, per le pratiche legate alla gestione dei rischi e della sicurezza informatica, mentre si è distinto nella dimensione Environmental per la solidità della propria strategia climatica.

Il rating si aggiunge ai numerosi riconoscimenti ottenuti dal Gruppo in ambito ESG

Standard & Poor’s Global confronta le aziende di 61 settori giudicando le loro performance di sostenibilità in maniera complessiva. Il rating assegnato da S&P Global funge da base preliminare di valutazione per stabilire l’ingresso delle imprese negli indici Dow Jones Sustainability World Index e Dow Jones Sustainability Europe Index. Il primo posto nella classifica globale del settore assicurativo si aggiunge ai numerosi riconoscimenti ricevuti dal Gruppo Poste Italiane per le sue pratiche di sostenibilità. Tra questi la medaglia di platino ricevuta da EcoVadis, la conferma della valutazione di AA nel rating MSC, il miglioramento del punteggio ottenuto da parte di Moody’s e l’inclusione tra i più prestigiosi indici di sostenibilità internazionali (come Euronext Vigeo-Eiris Indices, Integrated Governance Index, Euronext Equileap Gender Equality Eurozone 100, FTSE4Good, Bloomberg Gender-Equality Index e Stoxx Global ESG Leaders).

Del Fante: «Motivo di orgoglio»

La presidente di Poste Italiane, Silvia Rovere, ha così commentato il traguardo raggiunto: «Questo straordinario risultato conferma il percorso del Gruppo che fa della sostenibilità il cardine della propria missione industriale. Vorrei cogliere l’occasione di questo traguardo mondiale per ringraziare le donne e gli uomini di Poste per la propria dedizione nel servizio verso tutte le comunità, le imprese e le istituzioni in ogni angolo del Paese».

Poste Italiane al primo posto tra le aziende del settore assicurativo nella classifica di S&P
Silvia Maria Rovere (Imagoeconomica).

Le ha fatto eco l’amministratore delegato Matteo Del Fante: «La vetta nella classifica mondiale di S&P Global è motivo di orgoglio e prova ancora una volta l’efficacia della nostra strategia di integrazione della gestione dei rischi e delle opportunità ESG nella strategia di business, che ci mette nelle condizioni migliori per affrontare al meglio le sfide proposte dal contesto economico. Il primo posto premia il nostro impegno orientato alla creazione di valore condiviso per gli stakeholder e alla crescita socio-economica del Paese, aumentando in modo significativo la reputazione di Poste Italiane in ambito mondiale».

Lasco: «Frutto di una strategia con chiari obiettivi a breve, medio e lungo termine»

Queste infine le dichiarazioni del condirettore generale di Poste Giuseppe Lasco: «Sono estremamente orgoglioso per il punteggio raggiunto nella valutazione di S&P Global nella sezione Social. Naturalmente, ogni persona di Poste Italiane ha contribuito al prestigioso risultato nel Corporate sustainability assessment con il proprio lavoro e il proprio impegno quotidiano profuso negli anni. Il risultato è frutto di una strategia ESG di Gruppo con chiari obiettivi a breve, medio e lungo termine. Crescere responsabilmente grazie al decisivo contributo di chi lavora in azienda per il successo sostenibile, l’innovazione, la digitalizzazione e la coesione sociale del Paese è l’obiettivo del Gruppo Poste Italiane».

Crosetto sarà ascoltato in commissione Antimafia

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, sarà ascoltato in commissione Antimafia, dopo il caso delle dichiarazioni sulla «opposizione giudiziaria» che «ha sempre affossato i governi di centrodestra», rilasciate al Corriere della Sera. Nel pomeriggio del 27 novembre, infatti, il Partito democratico ha inoltrato la richiesta di calendarizzazione dell’audizione presso l’ufficio della presidente Chiara Colosimo. La data sarà scelta il 28 novembre. Lo stesso ministro ha dichiarato, già prima della richiesta, di essere disponibile a spiegare le sue parole sui magistrati davanti al Parlamento.

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Il Regno Unito ha registrato il primo caso di influenza suina A\H1N2 nel Paese

L’Agenzia per la sicurezza sanitaria (Uksha) del Regno Unito ha confermato di aver rilevato il primo caso di ceppo influenzale suino A/H1N2 in un essere umano nel Paese. La persona trovata positiva è stata testata dal proprio medico di famiglia, dopo aver manifestato sintomi respiratori e aver avuto una lieve malattia. La fonte del contagio non è stata ancora accertata e resta oggetto di indagine, hanno detto gli esperti. 

L’influenza suina A di rado infetta gli esseri umani

Dal 2005, ha ricordato l’agenzia dando notizia del caso, «sono stati segnalati in tutto il mondo 50 casi umani di influenza A/H1N2» ma nessuno di questi risulta correlato geneticamente a questo ceppo. Sulla base delle prime informazioni, l’infezione è simile ai virus riscontrati nei suini del Regno Unito. Le infezioni umane da virus dell’influenza suina si verificano sporadicamente, spiega l’agenzia britannica: «H1N1, H1N2 e H3N2 sono i principali sottotipi di virus dell’influenza suina A nei suini, infettano di rado l’essere umano, di solito dopo esposizione diretta o indiretta a maiali o ambienti contaminati». In merito alla pandemia del 2009, causata proprio da un virus dell’influenza A/H1N1, gli scienziati dell’Uksha hanno spiegato che «l’infezione fu allora comunemente denominata “influenza suina”, ma quel virus conteneva materiale genetico proveniente da patogeni che circolavano nei maiali, negli uccelli e negli esseri umani negli Anni 90 e 2000». L’Ukhsa «sta lavorando a stretto contatto con i partner per determinare le caratteristiche dell’agente patogeno e valutare il rischio per la salute umana». Il caso è stato rilevato grazie alla «sorveglianza nazionale di routine sull’influenza intrapresa dall’Ukhsa e dal Royal College of General Practitioners», ha specificato l’agenzia.

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Perché è importante che Papa Francesco partecipi alla Cop28

Si fa sempre più difficile e incerto il procedere di Papa Francesco che il prossimo 17 dicembre compirà 87 anni, fra acciacchi dovuti all’età e malanni di stagione. Bergoglio ha invece un’agenda internazionale ancora fitta di impegni già programmati, mentre le crisi e i conflitti che attraversano il mondo non smettono di chiamare in causa la Chiesa di Roma. Il primo dicembre sarà a Dubai negli Emirati Arabi Uniti, dove rimarrà fino al 3; nell’Emirato, infatti, si terrà il prossimo vertice mondiale sul riscaldamento globale, la Cop28. Appuntamento, quest’ultimo, particolarmente sentito dal Papa che ha fatto della salvaguardia del Creato per le future generazioni uno dei fattori portanti del suo pontificato.

Il Vaticano conferma la trasferta del Papa alla Cop28 nonostante i problemi di salute

Tuttavia Francesco, per riuscire a raggiungere il summit, dovrà provare ad aggirare il peggioramento delle condizioni di salute avvenuto, improvvisamente, negli ultimi giorni; Francesco ha effettuato esami di controllo al Policlinico Gemelli di Roma; la conferma è arrivata dalla stessa Sala stampa della Santa Sede la quale ha diffuso un comunicato nel quale si spiegava che la tac, cui era stato sottoposto il papa nei giorni scorsi, «ha escluso una polmonite, ma mostrava una infiammazione polmonare che causava alcune difficoltà respiratorie. Per una maggiore efficacia della terapia si è proceduto a posizionare un ago cannula per infusione di terapia antibiotica per via endovenosa». Quindi si precisava: «Le condizioni del Papa sono buone e stazionarie, non presenta febbre e la situazione respiratoria è in netto miglioramento». Tuttavia, «per facilitare il recupero del Papa, alcuni importanti impegni previsti per questi giorni sono stati rimandati perché possa dedicarvi il tempo e le energie desiderate. Altri, di carattere istituzionale o più facili da sostenere date le attuali condizioni di salute, sono stati mantenuti». Sta di fatto che l’ultimo Angelus, quello di domenica 26 novembre, non è stato trasmesso come di consueto da piazza San Pietro, ma dall’appartamento di Santa Marta dove il testo del discorso del pontefice era stato letto da mons. Paolo Braida, uno dei ghostwriter del pontefice, mentre Francesco al suo fianco è apparso pallido e leggermente affaticato. E però, è stato proprio in questa occasione, che il Papa ha confermato, attraverso le parole pronunciate da mons. Braida, la trasferta a Dubai. «Oltre che dalla guerra il nostro mondo è minacciato da un altro grande pericolo, quello climatico», recitava il messaggio letto dal suo collaboratore, «che mette a rischio la vita sulla terra, specialmente le future generazioni. E questo è contrario al progetto di Dio, che ha creato ogni cosa per la vita». Per tale ragione, ha fatto sapere Francesco, «nel prossimo fine settimana mi recherò negli Emirati Arabi Uniti per intervenire sabato alla Cop28 di Dubai. Ringrazio tutti coloro che accompagneranno questo viaggio con la preghiera e con l’impegno di prendere a cuore la salvaguardia della casa comune».

Perché è importante che Papa Francesco partecipi alla Cop28
Papa Francesco all’udienza generale del 22 novembre 2023 (Getty Images).

L’impegno di Bergoglio per la tutela dell’ambiente: dal Laudato si’ al Laudate deum

L’ottimismo della volontà, aiutato da una massiccia dose di terapia antibiotica, avrà la meglio sull’infiammazione ai polmoni? D’altro canto, Francesco, il 2 dicembre, a Dubai dovrebbe pronunciare un intervento particolarmente atteso, tutto sta a vedere se ce la farà. Di recente (il 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi), il papa ha pubblicato un’esortazione apostolica, Laudate deum, che rappresenta una sorta di seguito, di continuazione, dell’enciclica Laudato si’ (2015), la prima dedicata alla cura della casa comune e alla tutela dell’ambiente. Se Laudato si’ uscì a ridosso della Cop21 di Parigi (il vertice che raggiunse poi nell’accordo finale importanti risultati, disattesi successivamente, dalle scelte dei governi), Laudate deum rappresenta la presa d’atto angosciosa che, se non si interviene con decisione ora, i danni per l’ambiente rischiano di diventare irreversibili. «Sono passati ormai otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’», si legge nelle prime righe dell’esortazione apostolica, «quando ho voluto condividere con tutti voi, sorelle e fratelli del nostro Pianeta sofferente, le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune. Ma, con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti».

Il summit di Dubai sarà un banco di prova per verificare l’influenza della Santa Sede a livello globale

A Dubai non ci saranno invece presidenti di Usa e Cina (Joe Biden e Xi Jinping), i due Paesi maggiormente responsabili dell’inquinamento globale, che però hanno sottoscritto un impegno comune in favore dell’ambiente a metà novembre, un accordo che lascia ben sperare per l’esito finale della Cop28. L’impegno pubblico del Papa fu determinante nel 2015 per mobilitare i governi di diversi Paesi in favore di una strategia comune per arginare l’immissione di gas inquinanti nell’atmosfera; vedremo se stavolta, con la partecipazione diretta di Francesco, sia pure non al top della condizione fisica, accadrà lo stesso. Dubai, in tal senso, sarà un buon banco di prova per verificare l’influenza globale che la Santa Sede è in grado di esercitare.

Social housing, accordo BEI-Investire SGR: 34 milioni per realizzare oltre 200 alloggi a Milano

Sostenere la costruzione di nuove unità di social housing nel cuore di Milano, promuovendo l’accesso ad alloggi di qualità e sostenibili per le famiglie a reddito medio-basso. Questi gli obiettivi del finanziamento da 34 milioni di euro concesso dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) al Fondo Ca’ Granda, gestito da Investire Sgr (Gruppo Banca Finnat) e partecipato da Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, da Cdp Real Asset Sgr attraverso il FIA – Fondo Investimenti per l’Abitare e da Fondazione Cariplo.

Verranno demolite e ricostruite 200 unità abitative nel quartiere Sarpi 

L’accordo è stato annunciato e sottoscritto lunedì 27 novembre 2023 presso l’Archivio Storico del Policlinico di Milano in Via Francesco Sforza 28, durante l’evento Il partenariato acceleratore di rigenerazione urbana e sociale. Grazie alle risorse della BEI, verranno riqualificati oltre 200 appartamenti nel centro di Milano, nel quartiere Sarpi. Le unità abitative verranno demolite e ricostruite seguendo i più alti standard di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale e saranno poi assegnate alla fascia intermedia della popolazione che non è in grado di accedere né al libero mercato né all’edilizia residenziale pubblica. Si tratta della prima operazione finanziaria della Bei in Italia realizzata direttamente con un fondo immobiliare a favore dell’edilizia sociale, resa possibile anche grazie alle finalità etiche e al forte impegno del Policlinico di Milano a favore della sostenibilità ambientale con il Fondo Cà Granda. Negli ultimi cinque anni, la Bei ha finanziato progetti di edilizia sociale e a prezzi calmierati per oltre 6,5 miliardi di euro in 11 Paesi europei sostenendo nuove costruzioni, ristrutturazioni e riqualificazioni del patrimonio abitativo esistente.

Badot (BEI): «Dimostriamo il nostro impegno per l’edilizia sociale»

Gilles Badot, direttore per le operazioni BEI in Italia, ha commentato: «Con questa operazione, la BEI dimostra il proprio impegno a favore dell’edilizia sociale. Questo progetto non solo migliorerà la qualità della vita dei residenti, ma contribuirà anche a migliorare l’efficienza energetica e quindi la sostenibilità ambientale a Milano».

Social housing, da BEI e Investire SGR 34 milioni per realizzare oltre 200 alloggi a Milano
Gilles Badot (Imagoeconomica).

Gli ha fatto eco Giancarlo Scotti, amministratore delegato di CDP Real Asset SGR: «Salutiamo con particolare favore il finanziamento della BEI al Fondo Ca’ Granda, di cui siamo partner finanziario con il nostro fondo FIA. Il sostegno delle risorse europee, al fianco di quelle di investitori istituzionali nazionali, conferma l’esistenza di un impegno comune su progetti capaci di ridurre il disagio abitativo nelle nostre città, anche attraverso la rigenerazione urbana e l’inclusione sociale».

«Lui ha preso due donne belle e aitanti, a lui danno catorci»: critiche su un sindaco del Modenese

«Lui ha preso due donne belle, giovani e aitanti. Mentre a lui danno solo dei catorci». Il sindaco del Comune di San Prospero, Sauro Borghi, è stato criticato per aver parlato così, durante un evento pubblico, delle future assunzioni nell’ospedale di Mirandola, interrompendo il direttore di chirurgia. Una frase che non è passata inosservata e che ha generato molte critiche nei confronti del primo cittadino, in quota Pd.

Le donne del Pd di Modena: «Taccia»

Tra le prime ad attaccare il sindaco ci sono state proprio le sue colleghe del Pd di Modena. Come spiega Repubblica, hanno dichiarato: «Caro sindaco Borghi, le facciamo questo appello: quando e se le torna la fregola irrefrenabile di esternare una battuta sessista mentre riveste il ruolo affidatole dalle cittadine e dai cittadini, per favore, si taccia. Davvero abbiamo bisogno, nel 2023, di un sindaco che sottolinei l’aspetto fisico del personale medico di un reparto, paragonandolo a quello di un altro, con termini quali ‘donne belle, giovani e aitanti’ rispetto a ‘catorci’? Davvero pensa che si tratti di motti di spirito particolarmente intelligenti? O anche soltanto divertenti? Ma non si rende conto che, al massimo, a ridere è soltanto lei? Quelle che per lei sono, volendo almeno sperare nella sua buonafede, uscite simpatiche, contribuiscono invece a rafforzare un modo di vedere le donne e una cultura che proprio in questi giorni abbiamo definito patriarcale e maschilista».

Borghi accusato di maschilismo 

E le accuse non si sono fermate, perché le appartenenti al Pd modenese hanno parlato anche di «cultura che come partito democratico dobbiamo combattere, poiché non solo le parole danno forma ai pensieri ma radicano una idea del femminile subalterna, che viene definita attraverso il corpo». Poi le altre accuse contro il sindaco: «Come mai non ha definito come più o meno aitanti i primari uomini dei reparti ai quali si è riferito? Non ci metta in imbarazzo e chieda scusa prima ancora che siamo noi a chiederle di farlo. Sarebbe un bel gesto non crede? Il Pd non può essere rappresentato da queste “battute” nei confronti delle quali non si può più accondiscendere né tacere».

Il sindaco: «Non volevo mancare di rispetto»

Dal canto suo, Borghi ha replicato: «Ho già risposto chiedendo scusa a chi si può essere sentito offeso. Per me la storia è chiusa lì. Di sicuro non c’era nessuna intenzione di mancare di rispetto a nessuno e vista la strumentalizzazione in corso, per me è un discorso chiuso».

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