Perché invocare l’arroganza del potere? L’ignavo ministro Francesco Lollobrigida in realtà è solo il pioniere di una tendenza che di qui ai prossimi anni, col progredire della tecnologia dei trasporti, verrà messa al servizio di tutti: la fermata a richiesta. Come nei tram, ogni posto a sedere disporrà di un pulsante premendo il quale il treno si fermerà nella stazione più vicina. D’accordo, così facendo la durata dei viaggi rischia di dilatarsi a dismisura. Però se vuoi il servizio personalizzato non puoi avere tutto. E comunque un treno che si ferma a pochi passi dalla porta di casa ti evita lunghe file in estenuante attesa del taxi che non c’è mai.
I giornali di destra subito a difesa del cognato d’Italia Lollobrigida
Ma non è di questo che ovviamente volevamo parlare. Piuttosto del giustificazionismo che la parte politica del ministro e i giornali vicini hanno subito messo in campo a sua difesa. Immaginiamo la scena: riunione di redazione (ognuno scelga a suo piacimento la testata), arriva la notizia che Lollobrigida, spazientito dei ritardi accumulati del Frecciarossa che lo deve portare a Napoli per poi da lì raggiungere Caivano dove era atteso, fa fermare il treno e scende a Ciampino dove un’auto blu lo raccoglie per farlo arrivare in tempo a destinazione. Unanimi i commenti dal caporedattore in giù: ma gli ha dato di volta il cervello, come si fa a fermare un treno solo per consentirti di fare i tuoi comodi? Perplessità, ironia, un pizzico di indignazione ma finisce lì, perché ora il problema è trovare un modo per giustificare con i lettori il colpo di testa del cognato ministro.
Tesi 1: l’alto senso di responsabilità istituzionale
Qualcuno propone di buttarla sull’alto senso di responsabilità istituzionale. Pur di non mancare a un impegno con la collettività e deludere chi lo stava aspettando Lollobrigida sarebbe sceso anche dal treno in corsa. Teoria che potremmo chiamare dell’ubi maior, dove l’ubi in questo è la necessità di essere a tutti i costi a Caivano, la cui disagiata situazione Giorgia Meloni ha sempre avuto a cuore. Teoria debole ad arginare il fuoco di fila delle opposizioni che stanno invocando le dimissioni del ministro.
Tesi 2: così fan tutti, guardate quelli di sinistra!
Decisamente meglio puntare sul così fan tutti. Ed ecco che parte una spasmodica ricerca per trovare qualche malcapitato di sinistra che abbia fatto la stessa cosa o peggio. Purtroppo però non si trova granché. Gli archivi riportano la voce di Maria Elena Boschi che avrebbe utilizzato una non prevista fermata ad Arezzo per salire sul Firenze-Milano. Non è vera, ma viene buono riesumarla perché Matteo Renzi è in prima linea nel coro dei fustigatori di Lollo. E poi quella di Graziano Delrio che quando era al governo aveva battezzato la una tratta Reggio Emilia (che è casa sua)-Roma. Ma a quel punto Google che non parteggia per nessuno fa emergere dal dimenticatoio anche la storia dell’aeroporto di Albenga, battezzato Riviera Airport, da cui l’allora ministro Claudio Scajola s’era ritrovato a sua insaputa un volo quotidiano per Roma che, lui che ha casa a Imperia, gli veniva come il cacio sui maccheroni.
Tesi 3: andiamo sul sicuro e buttiamola in caciara
Bocciato, arma a doppio taglio, sbotta a quel punto il vicedirettore del giornale giustificazionista. Meglio andare sul sicuro e buttarla in caciara. E allora via con l’aereo di Renzi che è costato un occhio dei contribuenti, con la Anna Finocchiaro che va a fare la spesa con la scorta che spinge il carrello, Claudio Burlando che per prendere una scorciatoia guidava contromano, auto blu e lampeggianti a gogo utilizzati magari per accompagnare la morosa dal parrucchiere. Eureka, questa sì che è una difesa convincente: la pagliuzza di Lollo che impedisce ai suoi fustigatori di vedere la trave che c’è nel loro sguardo. Approvato, si stampi.