Daily Archives: 21 Giugno 2023

Antonio Camboni morto a Reggiolo tre giorni dopo l’incidente, lascia due bambini

È morto dopo 3 giorni di agonia Antonio Camboni. L’uomo era stato coinvolto in un incidente in moto a Reggiolo, in provincia di Reggio-Emilia, mentre si stava recando a Novellare per andare dai suoi genitori, Pietro e Francesca.

Antonio Camboni è morto a Reggiolo tre giorni dopo un brutto incidente, lascia due bambini soli con la madre.
Antonio Camboni (Facebook).

La morte di Antonio Camboni: le ferite erano troppo gravi per essere curate

Nel sinistro stradale di Reggiolo sia Camboni che l’automobilista coinvolto erano sembrati in condizioni disperate. Dopo l’incidente, i soccorsi si erano subito mobilitati per trasportare Antonio Camboni e l’automobilista all’ospedale più vicino, così fornire ad entrambi le migliori cure mediche. Gli elicotteri del 118 partiti da Parma e Pavullo avevano trasportato il 35enne e l’automobilista al Centro Grandi Ustioni di Parma. Le condizioni di Camboni erano fin da subito critiche, con ustioni di terzo grado sull’85% del corpo. Difatti, l’uomo è deceduto a causa delle ustioni causate nell’incendio creato dallo scontro tra la sua moto e un’auto. L’altra sera è stata diramata la notizia del decesso e i familiari sono stati avvertiti della morte del 35enne.

Antonio Camboni è morto a Reggiolo tre giorni dopo un brutto incidente, lascia due bambini soli con la madre.
Ambulanza (Pixabay).

Il ricordo di familiari, amici e colleghi della vittima: «Era un ragazzo d’oro»

Gli amici di Antonio Camboni hanno voluto ricordarlo con parole dolci e affettuose: «Era un ragazzo d’oro, solare, con tanta voglia di vivere, un padre esemplare, un bravo marito, lavoratore instancabile…». Dal settembre 2020 Antonio lavorava alla Simol di Luzzara e i colleghi lo apprezzavano come amico e collaboratore: «Era assegnato al reparto montaggio. Un bravo lavoratore, volenteroso, sempre disponibile con tutti». Ieri la moglie della vittima ha fatto visita all’azienda in cui lavorava Antonio: ha voluto vedere la sua postazione, ha ricevuto il cordoglio e l’affetto unanime di tutti i dirigenti e impiegati dell’azienda. Inoltre sono stati tantissimi i messaggi di cordoglio da parte di amici e conoscenti. Il 35enne ha lasciato la moglie Elisabetta, i figli Alessandro e Emma, di 9 e 7 anni, la sorella Marika e il fratello Giuseppe.

Serena Rossi, il matrimonio a sorpresa con Davide Devenuto

Nozze segretissime a Roma per la coppia di attori composta da Serena Rossi e Davide Devenuto: la proposta di matrimonio era stata ripresa in scena in diretta tv nel 2019 ma solo ora è stata resa ufficiale la loro unione.

Serena Rossi si è sposata a sorpresa e senza clamore con il compagno di una vita vale a dire l'attore Davide Devenuto.
Serena Rossi e Davide Devenuto (Getty Images).

Il matrimonio a sorpresa di Serena Rossi: il tutto organizzato senza clamore

Serena Rossi e Davide Devenuto si sono sposati. Correva l’anno 2019 quando l’attore aveva fatto la proposta in diretta tv, il sì è stato blindato e molto riservato, ma il settimanale Diva e Donna è stato capace di scattare qualche foto della coppia all’uscita dalla chiesa. Sono state nozze organizzate senza clamore quelle di Serena Rossi e Davide Devenuto. Si sono detti sì il 17 giugno in una chiesa di Roma. Gli invitati sono stati un piccolo gruppo che ha festeggiato con loro tra risate, abbracci e lanci di riso. La sposa era semplicissima con un abito bianco alla caviglia e senza spalline, mentre lo sposo aveva abbinato al completo blu una t-shirt e un paio di sneakers. All’evento era presente anche il piccolo Diego, figlio della coppia.

Serena Rossi si è sposata a sorpresa e senza clamore con il compagno di una vita vale a dire l'attore Davide Devenuto.
Serena Rossi (Getty Images).

Una lunga attesa prima delle nozze: i due erano in una relazione da 14 anni

Serena Rossi e Davide Devenuto hanno una relazione che va avanti da 14 anni e nel 2016 hanno avuto un figlio, Diego. Dopo una lunga attesa, anche la sposa sembrava aver perso le speranze. Infatti, la Rossi solo poco tempo fa parlava così delle sue nozze con Devenuto: «Non sono in programma e ho pure smesso di chiedermi se e quando ci saranno. Ma non mi lamento: Davide e io stiamo bene così, siamo felici». Il novello sposo aveva confermato questa versione: «Confesso che ci abbiamo davvero pensato, iniziando anche a organizzare qualcosa. Poi per una serie di vicissitudini abbiamo accantonato l’idea e non ne abbiamo più parlato». Ora, dopo tantissimo tempo, hanno trovato il momento giusto per diventare finalmente marito e moglie e ufficializzare la loro unione.

Cadavere nel Po, c’è la conferma: è di Aly Ndao, il 20enne che si era tuffato con gli amici

Purtroppo, è arrivata la triste conferma, il cadavere nel Po rinvenuto nelle scorse ore appartiene al giovane Aly Ndao. Il ragazzo, di soli 20 anni, era scomparso pochi giorni fa, il 17 giugno 2023 e le autorità erano sulle sue tracce.

Il cadavere nel Po è stato identificato, si tratta del giovane Aly Ndao, di soli 20 anni, scomparso pochi giorni prima.
Agente nelle vicinanze del Po (Twitter).

Il cadavere ritrovato nel fiume Po è di Aly Ndao

Questa mattina LaPresse ha riportato che i sommozzatori dei vigili del fuoco hanno trovato un cadavere nelle acque del fiume Po. Il corpo è stato scoperto presso il corso Moncalieri, a Torino. Il cadavere è stato identificato come Aly Ndao, il 20enne senegalese sparito sabato 17 giugno. Aly Ndao era scomparso nelle acque del Po sabato 17 giugno verso le 17:30. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo 20enne si trovava in riva al fiume insieme ad amici quando il gruppo ha deciso di tuffarsi per rinfrescarsi. Improvvisamente, Aly Ndao sarebbe stato sopraffatto dalla corrente e non è più riuscito a riemergere. Gli amici hanno subito allertato i vigili del fuoco che si sono precipitati sul luogo in cui è scomparso il 20enne. Durante le ricerche sono stati impiegati droni ed elicotteri per trovare indizi e tracce del ragazzo.

Il cadavere nel Po è stato identificato, si tratta del giovane Aly Ndao, di soli 20 anni, scomparso pochi giorni prima.
Polizia e Carabinieri (Imagoeconomica).

La scomparsa del ragazzo segue quella avvenuta nel fiume Secchia

Oltre al caso di Aly Ndao e del cadavere nel Po nelle scorse ore è avvenuta un’altra tragedia tra le acque del fiume Secchia. Difatti, il giorno 18 giugno nel fiume Secchia, nella località Marzaglia di Modena, è stato trovato il cadavere di Yahya Hkimi, un ragazzo di 18 anni sparito il 14 giugno dopo essersi tuffato in acqua di fronte a un amico. Stando al racconto di un testimone, Yahya voleva far finta di essere trascinato via dalla corrente per scherzare con gli amici, per questo aveva chiesto alla persona che era con lui di filmare lo scherzo col cellulare. Il tuffo mortale di Yahya è stato dunque ripreso ed è l’ultima immagine del 18enne prima che venisse trascinato sul fondo del fiume Secchia.

Parigi, esplosione in centro: vasto incendio e crollo di un palazzo

Un vasto incendio sta tenendo sotto scacco il 5/0 arrondissement di Parigi, proprio al centro della capitale francese e a poca distanza dal quartiere latino. Probabilmente è stata una fuga di gas a provocare l’esplosione che ha portato anche al crollo di un palazzo. Sul posto si sono immediatamente recati i soccorsi, vigili del fuoco e ambulanze, oltre alla sindaca Anne Hidalgo, che segue gli sviluppi in diretta. Secondo le prime notizie diffuse dalla tv Bfm, ci sarebbero diverse persone bloccate sotto le macerie e alcuni feriti gravi. La coltre di fumo nero è visibile da tutta la città e il quartiere è stato completamente isolato.

In pieno centro a Parigi le fiamme hanno avvolto un edificio, poi crollato, dopo un esplosione: forse la causa è una fuga di gas
Pompieri, polizia e ambulanze sul posto per domare le fiamme e soccorrere i feriti (Getty).

Una testimone: «C’era forte odore di gas»

I vigili del fuoco di Parigi hanno chiuso la rue Saint-Jacques, strada che parte della Sorbona, e impediscono l’accesso a chiunque in attesa di isolare le fiamme. L’edificio principale è crollato non appena le fiamme hanno avvolto l’intera facciata. Una giovane ha raccontato a Bfm Tv di aver avvertito, negli attimi che hanno preceduto l’incendio, «un forte odore di gas» in tutta la zona. Poi l’esplosione: «Non ho mai sentito niente di più forte». Il palazzo ospitava la sede della Paris American Academyuna scuola d’arte americana. Non è chiaro quante persone ci fossero al suo interno.

Il primo bilancio: 16 feriti, 7 molto gravi

La sindaca Anne Hidalgo ha parlato con i vertici della prefettura di Parigi, che ha poi diramato un primo bilancio dei feriti. Ci sono attualmente 16 persone coinvolte, sette delle quali hanno riportato ferite molto gravi e versano in condizioni critiche. Le autorità affermano che «al momento nessuna causa dell’esplosione è accertata», sebbene per i media quella della fuga di gas sia l’ipotesi più accreditata. A confermare quest’idea ci sono sia i racconti dei testimoni sia la conferma di alcuni lavori alla rete del gas effettuati in strada nei giorni scorsi.

In pieno centro a Parigi le fiamme hanno avvolto un edificio, poi crollato, dopo un esplosione: forse la causa è una fuga di gas
Anne Hidalgo, sindaco di Parigi (Getty).

Molestie e sessismo, We Are Social sotto accusa: «In una chat foto in bikini e voti alle donne»

L’agenzia di comunicazione We Are Social, un vero colosso del settore pubblicitario con oltre mille dipendenti e sedi in ogni parte del mondo, è finita al centro di una pioggia di accuse di sessismo, dopo un’intervista in cui si parla di una chat con decine di uomini che commentano le colleghe. Tutto è nato dalle parole di Massimo Guastini, un decano tra i creativi, che due settimane aveva dichiarato in un’intervista a Monica Rossi, pseudonimo dietro cui ci sarebbe un professionista del settore: «Potrei parlarti di una famosa chat in cui diversi uomini catalogavano e davano i voti chi al culo, chi alle tette, chi alle gambe di queste giovani stagiste che potevano essere le loro figlie». Il 21 giugno, poi, Corriere della Sera pubblica un’intervista a un ex dipendente di We Are Social che conferma.

Lo scandalo colpisce una grande agenzia di comunicazione: in una chat 80 uomini davano voti e si scambiavano foto delle colleghe con commenti sessisti
Due uomini scrivono e osservano i propri smartphone (Getty).

Guastini: «Chat di almeno 80 uomini»

Andando con ordine, Guastini racconta sul profilo Facebook di Monica Rossi di questa chat di un’agenzia «molto famosa, potente e importante» in cui diversi uomini davano i voti alle colleghe: «Comprende almeno 80 uomini. Quasi tutti quelli che lavorano nell’agenzia, dagli stagisti ai capi reparti. Decine e decine di messaggi ogni giorno. Un solo argomento: quanto sono scopabili, fighe, ribaltabili o cesse le colleghe». E Guastini va anche nello specifico, con frasi rivoltanti che sono state pronunciare, spiega, anche da alcuni capi di vari team. E conclude sottolineando: «Il tutto in una chat, vale la pena ricordarlo, lavorativa in cui i membri più attivi sono i capi dei vari team di lavoro. Arrivano a scoprire anche l’esistenza di foglio Excel che non contiene numeri e voti ma i nomi delle proprietarie dei più bei culi femminili in azienda».

L’ex dipendente: «Foto in bikini e nomi dei fidanzati»

Monica Rossi chiama poi in causa un ex dipendente che parla di «ambiente machista», conferma i commenti in tempo reale e parla del funzionamento della chat: «Tutti sapevano in anticipo i movimenti di una collega. Lo sapevamo perché c’era la sentinella di turno che avvisava letteralmente del passaggio indicandone l’outfit condito di commenti sessisti. Venivano usati acronimi per indicare le colleghe e ne ricordo diversi». Dettagli confermati anche sul Corriere della Sera da un altro intervistato: «Ancor prima che una nuova collega arrivasse, giravano i suoi contatti social, le foto in bikini, i nomi degli eventuali fidanzati. E poi commenti al fisico, classifiche. Cose che preferirei non ripetere. Anche io sono stato autore di alcuni messaggi».

Lo scandalo colpisce una grande agenzia di comunicazione: in una chat 80 uomini davano voti e si scambiavano foto delle colleghe con commenti sessisti
L’appello lanciato su Instagram dal profilo Taniume, di una delle donne che denuncia molestie sul posto di lavoro (Instagram).

We Are Social risponde: «Condanniamo forme di discriminazione»

E l’agenzia risponde. In una nota si legge: «In relazione alle notizie apparse a mezzo stampa – relative a fatti risalenti al periodo compreso tra il 2016-2017 – We Are Social condanna, da sempre, qualsiasi forma di discriminazione e atteggiamenti inappropriati. We Are Social è da sempre impegnata nel creare un ambiente di lavoro sano e inclusivo. La società, nel corso degli anni, ha messo in atto numerose iniziative con partner qualificati affinché il benessere e la tutela delle persone siano al primo posto». Anche la Federazione delle relazioni pubbliche italiana prende posizione: «Ferpi ribadisce ancora una volta che è giunta l’ora di voltare pagina una volta per tutte e mettere al bando qualsiasi tipo di comportamento sessista e discriminatorio a partire dal nostro mondo professionale. È giunta l’ora di ispirare e farsi portavoce, come Federazione, di un nuovo paradigma finalmente pensato da donne e uomini, insieme». Sui social, intanto, molte donne stanno denunciando di aver subito molestie.

Eichberg, il caldo al ministero e la bizzarra circolare sui vestiti

Che l’ambiente si fosse surriscaldato lo si capiva anche dal quadro politico, con la maggioranza in fibrillazione dopo essere andata sotto in Commissione Bilancio al Senato. Ma qui il clima sta per diventare irrespirabile anche a livello delle mere temperature stagionali, e così il capo di gabinetto del ministero delle Imprese e del Made in Italy Federico Eichberg, puntualissimo sull’inizio ufficiale dell’estate, ha pensato bene di mandare una circolare a tutti i colleghi per dare una sorta di (temerario) via libera sul modo di vestire: «Entriamo oggi nella stagione estiva, con il prevedibile aumento delle temperature ed il conseguente minore comfort della prestazione lavorativa resa in sede. Poiché abbiamo tutti a cuore la tematica del benessere organizzativo sul luogo di lavoro, ritengo che, nel periodo estivo (quindi da oggi fino alla seconda decade di settembre inclusa), anche noi che prestiamo servizio presso gli Uffici di diretta collaborazione del Ministro potremmo concederci – pur sempre nel rispetto del decoro delle Istituzioni che rappresentiamo e delle condivise regole di compostezza che si debbono all’appartenenza ad un pubblico ufficio – un abbigliamento meno formale e più adatto alle temperature».

Eichberg, il caldo al ministero e la bizzarra circolare sui vestiti
Federico Eichberg (Imagoeconomica).

Dopo Draghi, ancora i condizionatori nel mirino

Quindi niente più giacca? Camicia a maniche corte sì o no? E le donne possono far sparire i tailleur nell’armadio dei capi invernali? Non è dato sapere. Ma soprattutto: c’era bisogno di specificarlo? Di certo c’è che il capo di gabinetto di Adolfo Urso, invece di preoccuparsi dei dossier arenati al Mimit, sembra più attento alla calura incombente: «Ciò è funzionale anche alla tematica del risparmio energetico, che riguarda non solo il nostro Ministero ma tutta la Nazione. Infatti, in questo modo, sarà senz’altro più agevole fare un uso limitato dei condizionatori d’aria, che vi raccomando solo nelle ore più calde della giornata e con temperature moderate, e sfruttare al massimo, ove possibile, le risorse naturali, in primis l’areazione dei locali (anche creando “riscontro d’aria” ove ricorrano le condizioni, con le stanze prospicienti) nelle ore fresche». Cioè siamo persino oltre all’aut aut «preferite la pace o il condizionatore» pronunciato nella primavera del 2022 da Mario Draghi, visto che almeno in quel caso si trattava di una domanda provocatoria: qui il livello è consigli della nonna, “tieni aperte due finestre così fa corrente” (nell’afa romana, ciao core). Almeno però non si può non dire che il governo non faccia qualcosa contro il global warming: meno condizionatori, più indumenti sbottonati.

Stretta anche sul consumo di carta e toner

Eichberg ha infine concluso: «II tema dell’uso oculato delle risorse che utilizziamo al Ministero (messeci a disposizione dai cittadini italiani per servire al meglio il Bene Comune) è – ovviamente – indipendente dalle stagioni e chiedo, con l’occasione, una specifica attenzione da parte di tutte e di tutti (me in primis) al consumo di carta e toner, anche a beneficio dell’ambiente e di una maggiore salubrità dei luoghi di lavoro. Insomma si tratta di aspetti molto rilevanti la cui cura, da parte di tutte e tutti noi, può contribuire alla nostra missione di servire al meglio le istituzioni ed il bene Comune. Vi ringrazio per la collaborazione e vi auguro buon lavoro per gli impegni che ci attendono prima di godere di qualche giorno di meritato riposo». Per le mise eleganti arrivederci in autunno.

Bossi poeta e l’involuzione della Lega

Se è vero che nulla avviene per caso, dev’esserci un senso se la sorprendente riscoperta delle poesie di Umberto Bossi, fondatore della Lega Lombarda, poi Lega Nord, avviene proprio in questo momento. Quello più immediato e ovvio è evidenziare quanto è caduta in basso la leadership del Carroccio in due sole generazioni: dal profeta-poeta-visionario al tiktoker compulsivo specializzato in liste. Ma in questo inatteso ripescaggio si può leggere un monito apparentemente controintuitivo: la poesia, anche non eccelsa, è meno effimera della fortuna politica. Bossi è ancora vivo, ma politicamente defunto a causa dell’età e delle malattie. La sua eredità è stata in parte snaturata dall’ambizione e dalla pochezza dei suoi successori, che a malapena citano il suo nome, se non nella kermesse annuale di Pontida (da lui inventata, peraltro). Eppure a rinverdire la sua figura oggi non sono le sue gesta da leader di partito o da ministro, ma, a sorpresa, la misconosciuta opera giovanile di poeta e chansonnier, che gli avversari gli avevano sempre rinfacciato con disprezzo. Ed è internet, cui Bossi fu sempre estraneo, per ragioni anagrafiche e caratteriali, a ripescare un piccolo corpus bossiano di carmi composti fra gli Anni 60 e 70 (l’era della riscoperta del folk, da sinistra, area in cui all’epoca militava l’imberbe Umberto) e raccolti qualche anno fa nel blog della giornalista Nicoletta Maggi.

Bossi poeta e l'involuzione della Lega
Bossi nel 1992 (Imagoeconomica).

Bossi poeta, ribellismo ma con il coeur in man

Com’è il Bossi poeta? Con un po’ di cattiveria si potrebbe dire che è un ragazzo della via Gluck che non ha superato lo shock e continua a domandarsi «perché continuano a costruire case e non lasciano l’erba», però in dialetto lombardo.  I suoi temi sono il ripudio dell’industrializzazione e del consumismo, il rimpianto per la semplicità della vita agreste, l’invettiva contro i «padròn», la tenerezza verso i deboli, lasciati sul ciglio della strada dall’irresistibile avanzata del progresso. Ribellismo, ma con il coeur in man, insomma. La scelta del dialetto, in quegli anni, non aveva connotazioni campanilistiche o etniche, ma sociopolitiche: esprimeva il rifiuto per dell’omologazione imposta dallo sviluppo prepotente e dall’onnipotenza delle fabbriche che divoravano terre, acque e persone, così come l’italiano della televisione, della pubblicità e della scuola (istituzione con cui il giovane Bossi non era mai andato molto d’accordo) soppiantava le parlate locali, che per le classi popolari erano ancora la lingua madre, quella con cui si era imparato a parlare e a ragionare in un’Italia ancora prevalentemente contadina. È il dialetto a dare alle poesie del futuro Senatùr un’efficacia che non ti aspetti: il lombardo stacca le parole dalla carta, dà loro uno spessore che in italiano si perde, non solo perché è in lombardo che sono state scritte, ma anche perché obbligano il lettore non lombardòfono a cambiare il proprio punto di vista (o di udito), a fare più attenzione a quei termini un po’ stranieri e un po’ no. E la poesia è sempre l’incontro di due attenzioni, quella del poeta e quella del fruitore.

Bossi poeta e l'involuzione della Lega
Il Senatùr a una manifestazione della Lega (Imagoeconomica).

Dall’urlo ginsberghiano al celodurismo in canottiera

Ecco, in traduzione, l’urlo ginsberghiano dell’angry young Bossi: «Ho visto gli intestini della mia terra/seccarsi al sole/come cent’anni di pane raffermo,/ di ciotoline che hanno picchiato per niente./Io canto il muggire della carne in scatola/canto il fetore della cultura/Canto il domani/come un calcio nella pancia». Ehi, ma è lo stesso tizio che 10 anni dopo fonderà la Lega che «ce l’ha duro», sdoganerà le canottiere a vista, evocherà i «100 mila bergamaschi armati» e darà del «terrone» a due presidenti della Repubblica? Eh, sì. Proprio lui. E leggendo una poesia come Dü Fioeu (Due ragazzi), «von di nostra e un teron, butej den na bozza coi tulitt di tumatis voeuj» («uno dei nostri e un terrone, buttateli in un buca, con i barattoli dei pomodori vuoti», entrambi vittime di padroni che li abbattono come giovani pioppi) viene da chiedersi che cosa è andato storto. O che cosa si è raddrizzato, a seconda di come la si pensi, visto che invece di finire fra i matti o fra i clochard, destino abbastanza frequente fra gli artisti scioperati e incompresi, l’Umberto è approdato prima in parlamento e poi al governo.

Bossi poeta e l'involuzione della Lega
Umberto Bossi al Senato (Imagoeconomica).

Quel verso inconsapevolmente profetico: «Perché d’un rivoluzionari/n’han fai un lecapè?»

Il paragone con il pittore mancato che divenne Führer è inevitabile, e ci vorrebbero critici più esperti di me per valutare se il successo letterario di Bossi avrebbe danneggiato la poesia tanto quanto la fortuna di Adolf Hitler come pittore di paesaggi avrebbe degradato le arti figurative. Quel che è certo è che sarebbe stato meglio per tutti se qualcuno avesse incoraggiato entrambi a inseguire i loro sogni giovanili invece che trasformare la personale frustrazione in carburante per carriere di arruffapopoli (nel caso di Hitler, anche distruggipopoli). Oggi i dipinti dell’uomo di Braunau rimangono invenduti alle aste, non solo perché sono croste imbarazzanti o perché è imbarazzante alzare la mano in pubblico per fare un’offerta, ma perché girano un sacco di falsi praticamente indistinguibili da quelli veri (dipingere un paesaggio alpino alla Hitler è impresa alla portata di qualunque imbrattatele). Ed è difficile che le poesie di Umberto da Giussano, ancorché dignitose, finiscano nelle antologie. A storcere il naso non sarebbe il ministro dell’Istruzione Valditara, affezionato fin da ragazzo alle poesie milanesi di Carlo Porta, cui dedicò il suo tema di maturità, ma lo stato maggiore del Carroccio. Un verso bossiano inconsapevolmente profetico, «perché d’un rivoluzionari/n’han fai un lecapè?» (perché di un rivoluzionario ne han fatto un leccapiedi?) costringerebbe ogni dirigente leghista a un doloroso esame di coscienza.

Christian De Sica, venduta la villa da sogno a Capri

Christian De Sica ha deciso di vendere la sua villa storica a Capri. L’attore ha ceduto una residenza faraonica che aveva anche una storia importante, visto che era il luogo dove l’autore Lawrence scrisse l’opera L’amante di lady Chatterley.

Christian De Sica ha venduto la sua villa da sogno a Capri, si tratta di una residenza incredibile con numerosi comfort.
Christian De Sica (Getty Images)

Le caratteristiche della villa a Capri di Christian De Sica: due piani e giardino immenso

La villa di Christian De Sica e della moglie Silvia Verdone è stata venduta: a comunicarlo è stata la stessa Lionard Luxury Real Estate, la società di intermediazioni immobiliari di lusso. La villa esalta lo stile tipico dell’isola e si sviluppa su 250 metri quadrati di interni su due piani. Inoltre comprende un giardino che circonda l’immobile. La struttura offre una magnifica vista sull’isola e contemporaneamente sulla baia di Napoli e sul golfo di Salerno. Tale residenza fa parte della dimora storica I Quattro Venti, tra quelle che hanno contribuito al mito di Capri. Fu progettata e fatta costruire dal pittore e poeta simbolista statunitense Elihu Vedder, tra il 1900 e il 1903.

Christian De Sica ha venduto la sua villa da sogno a Capri, si tratta di una residenza incredibile con numerosi comfort.
L’attore cinematografico (Getty Images)

La storia di questa magnifica residenza, in passato abitazione dell’autore D.H. Lawrence

La villa è stata costruita sulla base dello studio d’artista di Vedder. In seguito fu venduta al conte Earl Brewster e fu il luogo in cui lo scrittore D.H. Lawrence si dedicò alla stesura di L’amante di Lady Chatterley. Anche altri artisti hanno vissuto in questa residenza tra cui Joseph Beuys e Cy Twombly. L’affare della villa di Christian De Sica a Capri è stato commentato anche da Jennifer Giraldi, senior partner di Lionard e direttrice nazionale delle vendite: «Capri è una delle destinazioni più richieste da clienti che cercano straordinaria bellezza. Lo conferma l’incremento di richieste di acquisto cui abbiamo assistito in questo primo periodo dell’anno rispetto al precedente, pari all’+87 per cento». Il prezzo di vendita è severamente riservato ma, prendendo in considerazione che il valore di mercato degli immobili a Capri è di circa 9 mila euro al metro quadrato, è facile calcolare che il valore della villa possa raggiungere cifre intorno ai 3 o 4 milioni di euro.

Twitter, nuovi guai per Elon Musk: i dipendenti fanno causa per i bonus 2022

Mentre gira per l’Italia tra incontri con i vertici della politica nostrana e interviste televisive su temi come la natalità (con tanto di consigli non richiesti), in America arrivano i guai per Elon Musk. L’amministratore delegato di Tesla, SpaceX e Twitter è costretto a incassare l’ennesima azione legale e ancora una volta è proprio il social network a creargli problemi. O meglio, è la piattaforma ad aver provocato più di un grattacapo ai propri dipendenti, che si sono riuniti per un’azione collettiva intentata da Mark Schobinger. I lavoratori, ex e attuali, accusano di non aver ricevuto una parte dei bonus del 2022. Lo rivela il portale Insider, che cita alcuni documenti presentati in tribunale secondo cui ai dipendenti era stato promesso dai dirigenti il 50 per cento del bonus del 2022, sia prima sia dopo l’arrivo di Musk nell’ottobre di quell’anno.

Alcuni ex e attuali lavoratori hanno fatto causa a Twitter perché non avrebbero ricevuto metà di un bonus promesso nel 2022
Il Ceo di Tesla e Twitter, Elon Musk (Getty).

Twitter, bonus non pagati nel primo trimestre 2023

Schobinger è il nome forte della causa. Fino ai primi mesi del 2023, infatti, è stato un alto dirigente di Twitter e si occupava proprio dei compensi. Adesso afferma che del bonus promesso non c’è stata traccia. Per le norme fiscali vigenti, avrebbero dovuto essere distribuiti nel primo trimestre del 2023, ma non è stato elargito nemmeno un dollaro della cifra complessiva e sta per scadere anche il secondo trimestre. E si parlerebbe di «decine di milioni di dollari», ha spiegato a Insider uno degli avvocati dei querelanti, Shannon Liss-Riordan: «Stimiamo che circa un paio di migliaia di dipendenti avrebbero potuto beneficiare dei bonus». Contattati dal quotidiano, i vertici di Twitter non hanno però replicato né smentito.

Musk avvistato anche con Draghi

Intanto Elon Musk si è goduto il proprio tour tra le istituzioni in Italia. Ha incontrato prima la premier Giorgia Meloni e poi il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Poi è stato intervistato in esclusiva da Nicola Porro per Quarta Repubblica. Ma secondo il settimanale Chi, ci sarebbe stato anche un incontro «molto riservato» tra il patron di Tesla e l’ex premier Mario Draghi. Si legge che i due «si sono incontrati in maniera molto riservata nel corso della giornata romana in cui il miliardario texano ha avuto due colloqui importanti», proprio quelli con Giorgia Meloni e Antonio Tajani.

Oliviero Toscani «felicissimo» per la morte di Berlusconi: «Ha rovinato l’Italia»

L’eco della morte di Silvio Berlusconi non si spegne e con esso non lo fanno nemmeno le polemiche. Le ultime in ordine temporale le ha scatenate Oliviero Toscani. Il fotografo si è reso protagonista di dichiarazioni che hanno stupito durante la presentazione del festival sociale Tutt’ egual song’ e criature, nell’aula magna del polo di Scampia dell’Università Federico II di Napoli, nel pomeriggio del 20 giugno. Parlando della scomparsa del leader di Forza Italia ha dichiarato: «Per fortuna è morto Berlusconi. Ci rendiamo conto della dignità sociale che ci ha rubato? Eravamo un paese dignitoso, con lui c’è stata una grande rovina, un bombardamento culturale e una grande deviazione dell’Italia negli ultimi tempi». Un concetto espresso anche 24 ore dopo sulle pagine di Adnkronos: «Sì, sono felice che non ci sia più».

Il fotografo Oliviero Toscani ha spiegato di essere felice per la scomparsa di Berlusconi, accusato di aver rovinato l'Italia
Oliviero Toscani durante un evento del 2019 (Getty).

Toscani: «In Italia sono eroi i gangster e Berlusconi»

Il fotografo è intervenuto nell’aula magna dell’ateneo dopo aver realizzato a Scampia una istallazione con i ritratti di circa un centinaio tra ragazze e ragazzi su un grande telone per un cantiere. Durante il suo discorso, si è soffermato sul mondo del lavoro, ma anche sulla società odierna e sul ruolo della stessa Scampia: «Famosa al mondo per il gangsterismo? È ridicolo accettare questa condizione, anche se a qualcuno fa comodo. Ma è disumano perché i gangster qui sono una minoranza. Ma purtroppo, in Italia gli eroi sono i gangster e i Berlusconi». Ed è allora che ha parlato di un’Italia «rovinata» dall’ex premier, morto il 12 giugno 2023.

Toscani insiste: «Berlusconi la rovina dell’Italia»

E non è finita, perché a distanza di 24 ore non c’è stato alcun dietrofront, anzi Toscani ha confermato quanto detto, intervistato telefonicamente dall’Adnkronos. «Sì, sono uno di quelli che pensa che Berlusconi sia stato la rovina dell’Italia. Sono felice che non ci sia più, felicissimo», conferma il celebre fotografo. E lo fa nonostante la presa di posizione del consorzio Smean Energy, promotore dell’evento a Scampia, che si è dissociato dalle dichiarazioni con una nota.

Il fotografo Oliviero Toscani ha spiegato di essere felice per la scomparsa di Berlusconi, accusato di aver rovinato l'Italia
Il fotografo Oliviero Toscani (Imagoeconomica).

Toscani, invece, spiega: «Penso che la morte di Berlusconi sia stata una fortuna per questo paese non sono l’unico a pensarlo. Berlusconi è stato la rovina dell’Italia, in tutto: la sua etica, la sua educazione, il modo di trattare le donne. Ha avuto la possibilità di avere una maggioranza schiacciante in Parlamento e non è riuscito a fare niente, quindi non è neanche un grande statista. Ha fatto interessi privati in atto d’ufficio, ha messo le mani dappertutto ma non ha migliorato niente. Se parliamo di Berlusconi all’estero ci prendono in giro, mentre in Italia quando qualcuno muore diventa santo. Ma il tempo mi darà ragione».

Tonali, Barella, Osimhen: i club stranieri fanno la spesa in Serie A

La Serie A è tornata agli antichi fasti o è soltanto un contraccolpo dell’arrivo di tre club italiani in altrettante finali (poi perse) delle diverse coppe europee? Se lo chiedono i tanti tifosi delle squadre che rischiano, durante il prossimo mercato estivo, di perdere i propri gioielli. E sono soprattutto i supporter di Milan, Inter e Napoli a tremare quotidianamente all’apertura dei giornali, leggendo di sirene estere per i pezzi pregiati delle rispettive squadre. Sui social le trattative vengono commentate quasi in tempo reale e l’ultima a tenere banco è quella che il Newcastle starebbe imbastendo, con decine di milioni sul piatto, per portare in Inghilterra il centrocampista rossonero Sandro Tonali.

Milan, non solo Tonali: occhi su Maignan e Theo

Il caso di Sandro Tonali è quasi emblematico. Su di lui sono piombati sia il Newcastle sia il Chelsea. Entrambe le società fanno sul serio e i bianconeri hanno messo in crisi la dirigenza del Milan con un’offerta da circa 70 milioni. I blues, invece, restano a guardare mentre puntano un altro gioiello rossonero: il portiere Mike Maignan. Servono 100 milioni ma per i club di Premier League le risorse economiche sembrano l’ultimo dei problemi e l’estremo difensore, che ha frenato sul possibile rinnovo del contratto, ha lanciato un segnale di apertura. Dal Regno Unito, intanto, risuonano anche altre sirene. Stavolta da Manchester, sponda United: i Red Devils vogliono sia Maignan sia il terzino francese Theo Henandez. Su quest’ultimo, per il quale il Milan chiede almeno 70 milioni, ci sono anche il Manchester City, il Real Madrid e l’Atletico.

L’Inter prepara gli addii di Brozovic e Onana 

Intanto a pochi chilometri da Casa Milan, l’Inter fa i conti con due addii eccellenti. Uno è ormai quasi certo. Si tratta di Marcelo Brozovic, colonna del centrocampo nerazzurro, a Milano dal 2015. Il croato ha detto sì all’offerta faraonica dell’Al-Nassr, dove guadagnerà 15 milioni netti a stagione. Un cambio di vita importante per il 31enne, che però attende anche il placet della dirigenza. Si tratta: l’Inter chiede 25 milioni, il club arabo ne ha offerti 18. Ma è ancora una volta dal Regno Unito che arriva un club pronto a pescare dallo spogliatoio interista. Qualora il Manchester United dovesse abbandonare la pista Maignan, scatterebbe l’assalto al portiere camerunense André Onana, protagonista della cavalcata dell’Inter fino alla finale di Champions League. I tifosi tremano. E si parla di sirene estere anche per Federico Dimarco, osservato dal Real Madrid. E Nicolò Barella? Su di lui, uno dei preferiti dei tifosi, c’è il pressing del Liverpool.

Le squadre straniere puntano i gioielli della Serie A
Il centrocampista dell’Inter e della nazionale italiana, Nicolò Barella (Getty).

Il “nuovo” Napoli può perdere Kim e Osimhen

E poi c’è il Napoli neo-scudettato. La formazione ora guidata da Rudi Garcia, nuovo allenatore azzurro dopo il campionato vinto da Luciano Spalletti, potrebbe presentarsi ai nastri di partenza senza due calciatori chiave. Uno è Kim Min-jae, 26enne difensore sudcoreano. United e Bayern Monaco sono pronti a pagare i 60 milioni della clausola rescissoria che lo porterebbero via dalla Campania, con buona pace del Napoli. L’altro è Victor Osimhen. Il bomber nigeriano, mentre la trattativa per il prolungamento del contratto è in stand by, viene corteggiato da mezza Europa: su di lui c’è il Paris Saint Germain, oltre a Bayern Monaco e, ancora una volta, a Manchester United e Chelsea, pronte a una rivoluzione. De Laurentis chiede 150 milioni, ma viste le risorse dei club stranieri il prezzo rischia di non essere un ostacolo.

Le squadre straniere puntano i gioielli della Serie A
L’attaccante Victor Osimhen esulta dopo un gol (Getty).

Banca Generali propone la nuova BG Collection: portafoglio ottimizzato e soluzioni sartoriali

Ottimizzazione del portafoglio e soluzioni sartoriali cucite su misura del singolo cliente. Sono due delle caratteristiche principali della BG Collection Investments, un’evoluzione rinnovata nell’offerta e nelle sue dinamiche competitive della storica Sicav di fondi gestita dalla fabbrica prodotti BG Fund Management Luxembourg. Tratti che vanno a braccetto con libertà di investimento e diversificazione, altri due tasselli chiave dello strumento.

Le caratteristiche di BG Collection Investments

La soluzione, lanciata sul mercato a inizio 2023, sta già mostrando risultati soddisfacenti e ha lo scopo di offrire alla clientela un’esperienza di investimento composta da diversi comparti che investono in un’ampia selezione di fondi tra i migliori presenti sul mercato e in grado di racchiudere la professionalità e la specializzazione dei migliori partner di Banca Generali.

D’altronde, il contesto di mercato impone a risparmiatori e investitori una cautela sempre maggiore. I fattori che hanno caratterizzato il 2022 – la pandemia, la guerra, lo shock energetico, la penuria di componenti e chip che ha messo in ginocchio la supply chain – e in parte anche i primi mesi del 2023 – con l’inflazione che resta elevata e i recenti fallimenti bancari – hanno disorientato gli investitori. Molte certezze che sembravano scritte nella pietra sono cadute, basti pensare che da inizio millennio sono già quattro le correzioni dai massimi superiori al 20 per cento registrate nel mercato azionario Usa. Nell’ultimo caso da ottobre 2022, il mercato ha attraversato una lunga fase orso da cui è uscito solo a giugno 2023. Lo scenario pone insomma non poche sfide a chi gestisce i risparmi dei clienti ed è anche per rispondere a questo nuovo panorama che è stato creato questo prodotto.

Le ultime novità introdotte

Dopo i primi mesi dal lancio, lo strumento è pronto ad aprirsi ad ulteriori novità in arrivo nelle prossime settimane, dopo le soluzioni tattiche lanciate a gennaio con la delega di Jp Morgan e a marzo con la delega di Ubs. Quest’ultima prevede due soluzioni target date con finestra di collocamento limitata: BG Collection Ubs Bond Europe 2026, strategia investita in singoli titoli obbligazionari corporate investment grade con approccio Buy&Hold e caratterizzata da un’ampia diversificazione degli emittenti, e BG Collection Smart Target, strategia che mira a conservare il capitale su un orizzonte temporale di 10 anni partecipando attivamente alla performance dei mercati globali con un investimento progressivo smart implementato tatticamente dal gestore al fine di ottimizzare il market timing sia nella componente obbligazionaria che azionaria.

Le dichiarazioni di Gianluca Vallosio, responsabile prodotti BG

Gianluca Vallosio, responsabile dei prodotti di Banca Generali, ha così descritto l’offerta: «La BG Collection va nella direzione di offrire ai clienti un servizio di gestione attiva all’interno di una strategia multiasset e multimanager che permette ai clienti di diversificare il portafoglio investendo in un unico prodotto. Il valore aggiunto risiede nell’affidare il patrimonio a un gestore esperto che sta sui mercati tutti i giorni con un team che segue le diverse asset class e muove il portafoglio nei vari contesti di mercato per averlo sempre ottimizzato. Questo è il concetto che guida il posizionamento della collection che si propone come uno strumento molto efficace nella diversificazione per cogliere i diversi trend di mercato».

Il top manager ha così continuato: «Stiamo inserendo soluzioni tattiche, abbiamo infatti deciso di posizionare all’interno di questo contenitore strategie valide nei diversi contesti finanziari. Un esempio? Con la finestra data dall’allargamento degli spread e dall’innalzamento dei tassi di interesse, vediamo opportunità sull’obbligazionario e di conseguenza facciamo proposte specifiche ai clienti con collocamenti a finestre mensili (aperti in realtà per sei settimane) per sfruttare specifici momenti e opportunità di mercato. Qui si può trovare una soluzione personalizzata cucita sulle esigenze del singolo cliente grazie all’esperienza di multimanager e gestori diversi. Si tratta di una soluzione versatile aperta a diversi tipi di size, comprese quelle più contenute».

 

 

 

 

 

Sardegna, maxi corteo a difesa della sanità pubblica

Si terrà sabato 24 giugno a Cagliari la manifestazione organizzata dal coordinamento di tutti i comitati regionali in difesa della sanità pubblica. Obiettivi principali: «La sanità come diritto universale, prima condizione della dignità umana, la salvaguardia del diritto dei sardi alle cure e il no allo smantellamento degli ospedali esistenti». Tra le motivazioni riportate nel comunicato del coordinamento vi sono «la chiusura dei reparti ospedalieri, la riduzione dei posti letto, la diminuzione del numero dei medici, degli infermieri e degli OSS, le lunghe liste per le visite specialistiche, la prevenzione inesistente e la mancanza di medici di medicina generale e di pediatri sul territorio». La partenza è prevista alle 9.30 da piazza dei Centomila con termine del corteo in piazza Vittime del Moby Prince.

Sabato 24 giugno si terrà a Cagliari un maxi corteo a difesa della sanità pubblica, organizzato dal coordinamento dei comitati regionali.
Sanità, proteste Sardegna (foto Facebook).

Il corteo a difesa della sanità in Sardegna si veste di giallo

Alessandro Rosas, uno dei portavoce del coordinamento ha dichiarato all’Ansa: «Sabato è la prima uscita a livello isolano organizzata dal coordinamento dei comitati in difesa della sanità pubblica regionale, stiamo lavorando da diversi anni per cercare di unire tutte le forze impegnate in Sardegna, per poter avere un’unica voce».  Il corteo vestirà di giallo, il colore, prosegue Rosas, che «abbiamo fatto nostro dalle battaglie dell’Ogliastra. […] Abbiamo invitato i sindaci: a gennaio abbiamo inviato una proposta a tutti e 377 comuni della Sardegna per l’approvazione di un ordine del giorno in consiglio comunale in difesa della sanità pubblica, ci sono state tante amministrazioni che hanno portato all’attenzione del proprio consiglio comunale questa proposta e sabato interverranno cinque sindaci in rappresentanza di tutti».

No alla privatizzazione della sanità

Un altro portavoce del coordianamento organizzatore della manifestazione, Francesco Carta, ha aggiunto: «Rispetto alle richieste iniziali del nostro comitato è intervenuto un fatto nuovo, abbiamo appreso della delibera della giunta del primo giugno sui nuovi ospedali e della decisione di bloccare e sospendere i lavori di ristrutturazione negli ospedali pubblici della città di Cagliari. Bloccare questa ristrutturazione è un atto estremamente grave, estremamente sbagliato, che noi contestiamo». Secondo il coordinamento dei comitati «nell’Isola c’è la tendenza all’ulteriore privatizzazione del settore della sanità, che noi contestiamo e riteniamo sia la causa principale della crisi della sanità in Sardegna e in Italia».

«Giù le mani dall’Ogliastra» non parteciperà al corteo

Mentre si diffonde la notizia della manifestazione prevista per sabato, il comitato Giù le mani dall’Ogliastra, uno dei primi nell’isola a protestare per la crisi della sanità pubblica, ha annunciato di non aderire alla manifestazione sottolineando di non condividere la scelta di aprire il corteo anche ai politici e motivando le proprie posizioni in un comunicato postato sulla pagina Facebook: «Alla manifestazione del 24 giugno sono state invitate a intervenire proprio le forze politiche regionali e questo, duole dirlo, contrasta fortemente col modus operandi che ci ha sempre contraddistinto. Giù le mani dall’Ogliastra non può scendere in piazza al fianco di coloro che, il 25 ottobre 2017, hanno votato o contribuito alla scellerata riforma Arru, né tantomeno può essere attorniata da mille simboli che nulla hanno a che vedere con le proteste dei cittadini».

Dl Lavoro, la maggioranza senza FI va sotto in commissione: Pd e M5s all’attacco

Il centrodestra è scivolato sul dl Lavoro. I partiti di maggioranza non sono riusciti a far votare positivamente il pacchetto di emendamenti presentato in mattinata in commissione Bilancio al Senato. Tutta colpa dell’assenza degli esponenti di Forza Italia, che hanno fatto scendere quindi a 10 il numero di senatori dell’area di centrodestra, contro altri 10 di opposizione. E così il voto si è concluso con una parità che di fatto blocca i lavori: seduta sospesa e polemiche da parte di Pd e M5s, che ne hanno subito approfittato per attaccare gli avversari politici. Ora bisognerà decidere come proseguire in conferenza dei capigruppo, per sbloccare l’iter e portare il dl Lavoro all’esame in Aula al Senato.

Patuanelli all’attacco: «Lo stato comatoso continua»

Tra i primi ad attaccare la maggioranza c’è stato il capogruppo del Movimento 5 stelle, Stefano Patuanelli. Su Twitter scrive: «Sul loro provvedimento simbolo, il decreto Precariato, che chiamano decreto Lavoro, la maggioranza va sotto in commissione Bilancio. Lo stato comatoso continua…». Dal canto suo, Fratelli d’Italia risponde con la relatrice del dl Lavoro, Paola Mancini: «È stato un incidente che non doveva accadere, ma rimediamo pure a questo». Adesso sarà richiesto un nuovo parere al Mef, da porre in votazione in commissione nei prossimi giorni.

Il voto sugli emendamenti al Dl Lavoro non passa a causa dell'assenza di Forza Italia
Il capogruppo del M5s Stefano Patuanelli (Imagoeconomica).

Il Pd: «Maggioranza schiantata al muro»

Critiche anche dal Pd. Il capogruppo dem a Palazzo Madama, Francesco Boccia, parla di centrodestra «nel caos. Non si può fare finta di niente. Non esiste il voto pari, un emendamento è respinto se non c’è voto in più e quindi oggi la Commissione ha bocciato gli emendanti». E insiste: «Il risultato è sotto gli occhi di tutti: oggi sono stati bocciati tutti gli emendamenti presentati dalla maggioranza, non è possibile riproporli e non è più possibile tollerare il regolamento à la carte». Il responsabile economico Antonio Misiani parla invece di «maggioranza divisa e schiantata contro un muro. Decisiva l’assenza dei senatori di Forza Italia. Aula bloccata. Dilettanti allo sbaraglio».

Il voto sugli emendamenti al Dl Lavoro non passa a causa dell'assenza di Forza Italia
Francesco Boccia, capogruppo del Pd a Palazzo Madama (Imagoeconomica).

Global Gender Gap, al ritmo attuale ci vorranno 132 anni per la parità

Il 2022 ha segnato una battuta d’arresto a livello globale nella parità di genere. A segnalarlo è il report del Global Gender Gap stilato dal World Economic Forum in 146 Paesi: l’anno passato si è chiuso con un gap complessivo del 68,1 per cento, il che significa che al ritmo attuale serviranno 132 anni per raggiungere la parità totale. «La battuta d’arresto verso la parità è una catastrofe per il futuro delle nostre economie, società e comunità. L’accelerazione della parità deve essere una parte fondamentale dell’agenda pubblica e privata», ha dichiarato Saadia Zahidi, manager del Global Report.

In Italia il divario di genere è particolarmente marcato nella partecipazione politica 

Il Global Gender Gap Report, introdotto dal Forum economico mondiale nel 2006, fornisce un quadro che mostra l’ampiezza e la portata della divario di genere in tutto il mondo. La battuta d’arresto del 2022 ha avuto diversi fattori: crisi multiple e complesse, aumento del costo della vita, strascichi della pandemia, emergenza climatica, conflitti su vasta scala, esodi migratori. Il rischio di inversione dei progressi è evidente nel caso dell’Italia che, dal 63esimo posto in classifica nel 2021, si è ritrovata al 79esimo. Il divario di genere in Italia è particolarmente marcato nella partecipazione delle donne in politica, in cui il Paese è scivolato dal 40esimo al 64esimo posto. Un passo indietro anche nell’accesso all’educazione, dove l’Italia è passata dal 59esimo al 60esimo posto del ranking mondiale.

Global Gender Gap, al ritmo attuale ci vorranno 132 anni per la parità. Il 2022 ha segnato una battuta d'arresto a livello mondiale.
Donne afghane a Kabul (Getty Images).

Sul podio Islanda, Norvegia e Finlandia, chiudono la classifica Algeria, Chad e Afghanistan

Un lievissimo miglioramento si registra invece nel sotto indice relativo alla partecipazione economica e opportunità di lavoro, dove il Belpaese è passato dalla posizione 110 alla 104, sempre sul totale di 146 Paesi. Bene anche nel sub-indice relativo alla salute e alle prospettive di vita, con un balzo in avanti dalla posizione 108 alla 95. Sul podio del Global Gender Gap Report ci sono, nell’ordine, Islanda, Norvegia e Finlandia, mentre i tre ultimi piazzamenti sono occupati da Algeria, Chad e Afghanistan come fanalino di coda.

Global Gender Gap, al ritmo attuale ci vorranno 132 anni per la parità. Il 2022 ha segnato una battuta d'arresto a livello mondiale.
Reykjavik, capitale dell’Islanda (Getty Images).

A Cesena un educatore di un centro estivo allontanato perché gay: la parrocchia annulla tutto

A Cesena, in Emilia-Romagna, i cittadini fanno i conti con la storia di un centro estivo parrocchiale annullato, dopo che il sacerdote ha deciso che l’unico organizzatore maggiorenne non era adatto poiché gay. La vicenda risale ai giorni scorsi e ha generato non poche polemiche, dopo l’articolo del Corriere Romagna che l’ha raccontata. Tutto è partito da una semplice foto pubblicata dal giovane sul proprio profilo Instagram, mentre baciava un altro ragazzo. E il protagonista del post è stato poi richiamato dal parroco che lo ha definito «inadatto». Al ragazzo è stato detto che avrebbe potuto organizzare le attività, senza però poter fare l’educatore. Lui ha risposto ritirandosi del tutto e, essendo lui l’unico con più di 18 anni, è saltato l’intero centro estivo.

Il giovane è stato definito inadatto dal parroco dopo una foto su Instagram in cui bacia un altro ragazzo
Alcuni bambini giocano in un campetto (Getty).

Il sindaco di Cesena: «Pensavo che il Medioevo fosse alle spalle»

Si tratta di una vicenda grave che è stata commentata anche dal sindaco di Cesena, Enzo Lattuca. Su Facebook il primo cittadino ha scritto: «Pensavo che il Medioevo fosse ormai alle nostre spalle e che episodi di discriminazione come questo, inaccettabili, fossero estranei alla nostra città. Evidentemente mi sbagliavo». Repubblica riporta le parole del sindaco che parla di «un pregiudizio vomitevole e intollerabile il pensiero che un educatore non sia adatto a stare vicino ai bambini perché omosessuale, una cosa forse di 50 anni fa». Lattuca insiste: «Questo ragazzo mi è stato descritto come una vera colonna portante della parrocchia, un persona conosciuta e impegnata, non un esterno di cui si sapeva poco. Tra l’altro ci sono educatori dichiaratamente omosessuali che lavorano nelle scuole paritarie di Cesena, quindi la decisione presa da questo punto di vista davvero non si capisce, perché non è un orientamento generale della Chiesa».

L’amarezza di Lattuca: «Rammarica che ancora oggi succeda una cosa simile»

Lattuca poi conclude: «Il fatto che sia stato annullato il centro estivo non è un problema dal punto di vista organizzativo delle famiglie. Le proposte nel nostro Comune sono tantissime, sia pubbliche che legate alle parrocchie, trovare un’alternativa per i bambini non è un problema in nessun modo. Ma quello che deve rammaricare i cittadini di Cesena è che ancora oggi, nella nostra città che credevamo tutti evoluta e accogliente, possa succedere una cosa simile. Questo pregiudizio fuori dalla realtà non può in nessun caso essere accettato dalla nostra comunità».

Il giovane è stato definito inadatto dal parroco dopo una foto su Instagram in cui bacia un altro ragazzo
Il sindaco con alcuni bambini (Facebook)

Carmen Lasorella, chi è: biografia e carriera della giornalista e conduttrice

Carmen Lasorella è una giornalista e conduttrice televisiva nata il 28 febbraio 1955. Era diventata nota negli anni 90 per la sua conduzione del Tg2 delle 13, edizione che registrava numerosi ascolti.

Carmen Lasorella, carriera e biografia

La giornalista si è laureata in Giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma con una tesi che verteva sul diritto all’informazione e la diffusione Radio-Tv in Italia e all’estero. Ha iniziato la sua carriera a Il Globo, un quotidiano di politica, economia e cultura, poi è passata alle agenzie Radiocor ed infine all’ANSA.

Nel 1987 è stata assunta in Rai e da lì la sua carriera è decollata. Ha iniziato a condurre il Tg2 delle 13 e ha lavorato 10 anni come inviata di guerra, sopravvivendo anche a un tragico agguato in Somalia nel 1995 nel quale rimase ucciso Marcello Palmisano. Negli anni ha realizzato diversi reportage sulle crisi internazionali in Africa, Medio e Vicino Oriente, Asia e America Latina.

Nel 1996 è diventata responsabile delle relazioni esterne della Rai e assistente del consiglio di amministrazione e del presidente. Autrice e conduttrice di programmi tv su Rai 1 e Rai 2, tra cui la Politistrojka, Tg2 Dossier Notte, Contro l’Aids, Per l’Europa e Cliché ecc, dall’agosto 1999 al luglio 2003 è stata responsabile e corrispondente della sede Rai di Berlino con competenza sui paesi dell’Europa dell’est. Da maggio 2008 a ottobre 2012 è stata direttrice generale ed editoriale di San Marino RTV. Nel 2015 è stata narratrice della quinta puntata di Techetechete’.

Chi è Carmen Lasorella, giornalista
Carmen Lasorella (Facebook).

Carmen Lasorella, la vita privata

Lasorella è sposata con Giuseppe Falegnami, conduttore televisivo e giornalista. I due sono convolati a nozze a Sabaudia nel 2012 e non hanno figli. Tra le curiosità che la riguardano un’iniziale candidatura come presidente alle elezioni regionali in Basilicata del 2019, sostenuta da una lista civica. Un mese prima del voto, però, scelse di ritirarsi.

Russia, come i fratelli Rotenberg hanno protetto i loro beni dalle sanzioni

Tra i fedelissimi che hanno sostenuto Putin fin dalla sua ascesa ci sono sicuramente i fratelli Boris e Arkady Rotenberg, partner chiave del Cremlino: alle loro società sono stati affidati nel corso degli anni i progetti più ambiziosi, tra cui i lavori per i Giochi Olimpici invernali di Sochi. Oggetto di sanzioni occidentali dal 2014, i Rotenberg sono riusciti però a “salvare” yacht, palazzi, aerei e altri beni di lusso e oggi, a distanza di quasi un decennio, hanno un patrimonio stimato intorno ai 5 miliardi di dollari. Come hanno fatto? Lo rivelano i Rotenberg Files, un’inchiesta dell’Organized Crime and Corruption Reporting Project (Occrp) organizzazione giornalistica non-profit, basata sulla fuga di oltre 50 mila email e documenti dalla società russa Evocorp.

Russia, come i fratelli Rotenberg hanno protetto i loro beni dalle sanzioni occidentali e aiutato la figlia di Putin.
Vladimir Putin (Imagoeconomica).

Maxim Viktorov, la figura chiave che ha aiutato i fratelli Rotenberg

Figura chiave dello schema che ha permesso ai due oligarchi di occultare i loro beni è l’uomo d’affari moscovita Maxim Viktorov, il quale tramite il suo studio legale li ha aiutati a dribblare le sanzioni. Grazie a Viktorov, per esempio, i due hanno mantenuto a lungo la loro partecipazione nella Helsinki Halli, arena polivalente finlandese che ospita concerti, partite di hockey e altri eventi sportivi, tramite il trasferimento delle quote al figlio di Boris, Roman. Il bene è stato congelato solo nel 2022, quando anche Roman è stato raggiunto dalle sanzioni occidentali. Nel 2016, riporta il dossier, Viktorov aveva aiutato i Rotenberg quando una parte del loro impero finanziario era finito sotto la lente d’ingrandimento delle autorità di regolamentazione delle Isole Vergini Britanniche. Ma chi è Maxim Viktorov? Oggi 50enne, poco prima del collasso dell’Urss lavorò  come impiegato del dipartimento investigativo dell’ufficio del procuratore generale per passare poi al Kgb. In seguito ha iniziato a fornire servizi legali a imprenditori e funzionari. Nel 2012, è diventato consigliere dell’ex ministro della Difesa Anatoly Serdyukov. Successivamente assieme al medico Mikhail Kovalchuk, fratello del “banchiere di Putin” Yury, ha fondato l’Associazione russa per il progresso della scienza, a cui si è poi unita Maria Vorontsova, figlia maggiore del presidente. Collezionista di violini, nel 2005 Viktorov a un’asta di Sotheby’s, ne ha acquistato uno realizzato dal maestro italiano Carlo Bergonzi, precedentemente appartenuto a Niccolò Paganini, per 1,1 milioni di dollari.

LEGGI ANCHE: Un’inchiesta svela Le vere ricchezze di Putin

Lo chalet in Austria comprato dalla figlia di Putin con un prestito segreto

Studiando i file del dossier, i giornalisti dell’Occrp hanno scoperto poi che, grazie a un prestito segreto da parte dei Rotenberg (Arkady in particolare), Vorontsova sarebbe entrata in possesso di un lussuoso chalet a Kitzbühel, località sciistica austriaca. Come hanno spiegato i residenti, la primogenita dello zar è stata avvistata più volte in città assieme all’ex marito, l’olandese Jorrit Faassen. Sulla carta, a detenere la proprietà dell’immobile è la società cipriota Wayblue Investments, che l’ha acquistata nel 2013 per 10,8 milioni di euro. La Wayblue dal 2015 appartiene a Velidom Ltd. Purtroppo non è dato sapere, spiegano i giornalisti, a chi faccia riferimento quest’ultima società.

Russia, come i fratelli Rotenberg hanno protetto i loro beni dalle sanzioni occidentali e aiutato la figlia di Putin.
Il centro di Kitzbuhel, in Austria (Getty Images).

Tuttavia, è emerso che la cipriota Olpon Investments, controllata da Arkady Rotenberg, all’inizio del 2013 ha accettato di affidare 11,5 milioni di euro alla banca lettone SMP – all’epoca di proprietà dei Rotenberg che ha investito il denaro nella neonata Wayblue. A metà del 2014, i Rotenberg hanno venduto la banca che, ribattezzata Meridian Trade Bank, due anni dopo ha trasferito il prestito all’estone Cresco Securities. Wayblue non ha rimborsato il capitale del prestito. Secondo Tom Keating, direttore del Centre for Financial Crime and Security Studies con sede a Londra, il piano contorto per l’acquisto dello chalet in Austria è «tipico» degli affari che coinvolgono le persone vicine alla famiglia di Putin.

L’acquisto di un terreno nei Paesi Bassi ha invece lasciato una traccia cartacea 

Se l’acquisizione dello chalet è stata nascosta, un’altra operazione nei Paesi Bassi ha lasciato una traccia cartacea che ha condotto a Faassen. Sempre nel 2013 la società cipriota Gietrin Investments fondò la società olandese Molenkade Ontwikkeling e acquistò un terreno nella periferia di Amsterdam. I veri proprietari della Gietrin Investments sono sconosciuti, ma sono emersi legami con Wayblue Investments a cui ha prestato 750 mila euro, così come con SMP Bank. Il direttore di Molenkade era il marito della cugina di Faassen che poi ha assunto in prima persona la guida della società nel 2019. A settembre di quell’anno, dopo la fine del matrimonio con Vorontsova, l’uomo d’affari ha venduto a sé stesso il terreno, per poi chiudere l’azienda. A maggio 2023, l’ufficio del procuratore olandese ha confiscato l’appezzamento di terra.

Russia, come i fratelli Rotenberg hanno protetto i loro beni dalle sanzioni occidentali e aiutato la figlia di Putin.
Boris Rotenberg (Getty Images).

Il ruolo di Marina e Karina, le compagne dei Rotenberg

Nei documenti trapelati, i giornalisti hanno trovato numerosi altri beni di valore di proprietà di società o persone associate ai Rotenberg, a lungo nascosti grazie alle “magie” di Viktorov e soci. Oltre alla villa in Austria, ci sono due appartamenti nel centro di Riga, una villa in un resort spagnolo alla periferia di Valencia (acquistata per quasi 9 milioni di euro), un aereo Bombardier (valore 42 milioni), una villa sulla Costa Azzurra (4,25 milioni), un appartamento a Monte Carlo, un club ippico e altre residenze sparse per la Francia per un valore di quasi 16 milioni di euro. Molte di queste proprietà appartengono a una cittadina lettone di 36 anni, Maria Borodunova, che in alcuni documenti appare come Maria Rotenberg: si tratta della compagna di Arkady. Altre sono intestate a Karina, consorte di Boris, presidente della Federazione equestre di Mosca. Dai documenti trapelati è emerso che Karina, così come almeno due dei suoi tre figli, ha la cittadinanza statunitense e che questo, in diversi casi, ha permesso al marito di eludere le sanzioni.

Plusvalenze, per gli ex dirigenti della Juventus cade l’accusa di false fatturazioni

Novità sul fronte plusvalenze. È stato infatti archiviato il reato di false fatturazioni contestato agli ex vertici della Juventus che facevano parte del Cda: Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Fabio Paratici, Marco Re, Stefano Bertola e Stefano Cerrato. Come riportano i quotidiani torinesi, l’ipotesi era legata alle plusvalenze derivanti da cessioni scambi di calciatori. La motivazione della procura è relativa alla «finalità prevalentemente bilancistica e non fiscale delle operazioni di scambio contestate. Queste operazioni risultano neutre, “a somma zero”, sotto il profilo finanziario, tese solo a consentire di registrare un ricavo immediato, spalmando i costi negli anni successivi. Anche ritenendo artificiali i valori contrattuali, la Juventus non ha avuto alcun concreto vantaggio fiscale da queste operazioni».

Plusvalenze, per gli ex dirigenti della Juventus cade l’accusa di false fatturazioni
Andrea Agnelli (Imagoeconomica).

Viene meno uno dei quattro capi d’imputazione di cui era stato accusato il club

A cadere è l’accusa di «emissione di fatture per operazioni inesistenti» con riguardo alle «operazioni foriere di plusvalenze fittizie». Questo significa che, pur volendo ritenere gonfiati artificialmente i valori dei cartellini dei giocatori inseriti nelle trattative (cosa praticamente impossibile da dimostrare), viene meno uno dei quattro capi d’imputazione di cui era stata accusata la Juventus, ovvero false fatturazioni: rimangono false comunicazioni sociali di società quotata in borsa (per i bilanci del triennio che va dal 2019 al 2021), ostacolo agli organi di vigilanza e manipolazione del mercato.

Plusvalenze, per gli ex dirigenti della Juventus cade l’accusa di false fatturazioni
Pavel Nedved (Imagoeconomica).

Arrivata l’archiviazione per i tre ex componenti del collegio sindacale

È inoltre arrivata l’archiviazione per i tre ex componenti del collegio sindacale del club bianconero, Paolo Piccatti, Nicoletta Paracchini e Silvia Lirici. La richiesta di archiviazione era dovuta al fatto che, «né dai documenti in sequestro, come le mail, né dalle intercettazioni, è emerso il minimo coinvolgimento dei sindaci nelle condotte illecite descritte. Con riguardo alla seconda manovra stipendi è emersa chiaramente la volontà dei dirigenti juventini di non rendere pubblico alcunché in ordine alle trattative con i giocatori». Dopo gli accertamenti, spiega la procura, «non è stato evidenziato un loro coinvolgimento nell’ambito della manovra stipendi, delle side letter, così come della carta Ronaldo».

Los Locos: membri, canzoni e storia del duo musicale

I Los Locos sono un duo musicale composto da Roberto Boribello, nato a Vicenza il 22 dicembre 1961, e Paolo Franchetto, nato a Vicenza il 6 aprile 1965. Tra i loro brani più famosi due hit del secolo scorso come Macarena e Mueve la colita.

Los Locos, la storia del duo musicale

L’incontro tra i due membri del gruppo è avvenuto nel 1982 attraverso Cocco Mariano, un musicista cugino di Boribello che suonava con entrambi in due gruppi diversi. Nel 1986, una loro cassetta con dei brani musicali è arrivata casualmente sulla scrivania del patron del Festivalbar Vittorio Salvetti, che li ha inseriti tra i giovani esordienti. In quell’anno, col nome Public Relation, esordirono nelle puntate della kermesse a Trieste. Il loro primo brano ufficiale Say, è in seguito diventato la sigla del programma televisivo Help! in onda su Canale 5.

Nel 1987 Franchetto partì per la leva militare, mentre Boribello continuò la carriera solista di cantante, dj e speaker radiofonico. Quando Paolo tornò dal militare, Roberto lo invitò ad incidere alcuni pezzi dance nella loro nuova casa di produzione ed è così che è nato il brano Porompompero, che i due proposero al discografico Pippo Landro della New Music di Milano. Quest’ultimo intravide il potenziale e suggerì il nome di Los Locos.

Los Locos, tra i successi degli anni '90 e la carriera
Los Locos (Facebook).

Il loro primo album si intitola Mambo Mix ed è uscito nel 1992, arrivando al quarto posto degli album più venduti in italia e venendo distribuito anche all’estero nei paesi dell’America Latina. Nel 1994 è uscito il secondo album, El Menaito, mentre l’anno seguente il terzo, Greatest Hits. Nel 1996, il loro discografico ha proposto al duo una cover brasiliana, il Tic Tic Tac, che diverrà uno dei loro più grandi successi portandoli in concerto in 30 paesi del mondo.

Il quinto e sesto album sono usciti nel 1997 e nel 1998 e, sempre nel 1998, i Los Locos sono stati autori e compositori della sigla della celebre fiction Un medico in famiglia, ossia Ai ai ai un giorno ti innamorerai. Nel 2001 hanno realizzato un singolo dal titolo La Mamba il cui lato b Mueve la colita si è rivelato un vero tormentone.

Los Locos, tra successi e tour
Los Locos (Facebook).

Los Locos, le canzoni di successo

Il pezzo più famoso del duo rimane Tic Tic Tac, ma i Los Locos sono entrati di diritto nelle classifiche con il singolo originale Ai ai ai. Oltre ai già citati singoli, il gruppo ha reinterpretato canzoni del calibro di Macarena. Tra le più famose sicuramente ci sono anche la già citata Muove la colitaeEl Meneaito. Alla fine del 2015 La Fiesta Viva è scelta dal regista Neri Parenti come colonna sonora del cinepanettone Vacanze ai Caraibi. Nel 2017 è uscito il nuovo singolo dal titolo Dale que sube, un groove dance, mentre nel 2019 hanno realizzato un nuovo tormentone, Fica tudo bem. Nel 2021 il nuovo singolo, That Boy, insieme a Kid Creole. I Los Locos continuano a fare spettacoli live in tutto il mondo, anche se alcune volte divisi.

Powered by WordPress and MasterTemplate