Monthly Archives: Marzo 2020

F1, è ufficiale: la Fia cancella il Gp d’Australia

Salta la prima gara della stagione a causa della positività al coronavirus di un membro della McLaren. La scuderia ha deciso di ritirarsi.

Il Gran Premio di Formula 1 d’Australia non si correrà. La Fia ha ufficializzato la cancellazione della prima gara della stagione che si doveva correre domenica a Melbourne a causa della positività al coronavirus di un membro della McLaren. La squadra inglese ha deciso di ritirarsi.

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La Bce corregge il tiro sullo spread dopo lo scivolone di Lagarde

Il capo economista Lane: «Siamo pronti a fare di più». La frase della presidente aveva fatto precipitare le Borse e persino provocato la reazione del Quirinale.

Il 12 marzo Christine Lagarde, presidente della Bce, con una sola frase ha fatto precipitare le Borse europee: «Non siamo qui per ridurre gli spread». Oggi, dopo la reazione dei mercati e delle più alte istituzioni italiane, Quirinale compreso, corregge il tiro: «Siamo pronti a fare di più e ad adottare tutti i nostri strumenti, se necessario, per assicurare che gli alti spread che vediamo oggi, a causa dell’accelerazione del coronavirus, non mettano in pericolo la trasmissione della nostra politica monetaria in tutti i Paesi dell’Eurozona», ha scritto infatti il capo economista dell’Eurotower, l’irlandese Philip Lane, sul sito web della Bce.

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C’è Mattarella e gli anti-italiani: da Lagarde a Renzi-Salvini

Il delitto contro l’Europa che stanno consumando alcune élite di stupidi e stupide leader del Vecchio continente e del nostro Paese i è incalcolabile. Bisogna trattarli male. Il presidente della Repubblica è stato bravo, ma troppo educato.

Date una calmata a Matteo Salvini (non è difficile, basta un bicchierone di quella cosa estiva che gli ha fatto fare tante cazzate), non si può ogni giorno invocare misure sempre più estreme. Siamo al limite del coprifuoco e non escludo che possa arrivare il momento che dovrà essere dichiarato. Intanto sono state prese decisioni severe che la maggioranza della popolazione sta rispettando e abbiamo il dovere di attendere gli effetti.

Si è capito che il coronavirus non si abbatte dalla sera alla mattina né con una piccola pillola. Persino il farmaco proposto con successo dai valorosi medici di Napoli richiede il suo tempo per agire. Né serve che ci siano degli inguaribili presuntuosi che vadano in giro per il mondo a citare il proprio Paese come il luogo in cui si sono fatti solo errori. Bugiardi/o.

Alcuni errori sono stati fatti e condannati: comunicare per esempio è stato un limite del governo. Perdere troppo tempo con chi diceva che eravamo di fronte a una banale influenza e oggi, sempre di Salvini si tratta, immagina la guerra totale contro le mosche, pure.

I PESSIMI ESEMPI DI RENZI E SALVINI

Tuttavia questo Paese, ditelo a Matteo Renzi, sta dando esempio di serietà, di avere un nerbo fondato su una classe medico-infermieristica di primo ordine, su ospedali smantellati da coglioni liberisti, su una burocrazia che fa il suo dovere, su una classe politica che, a parte i soliti chiacchieroni, si è messa in disparte e non infastidisce il guidatore. L’impressione che quasi tutti sentono che è arrivato il momento del dovere fa venire con più nettezza allo scoperto quelli che non lo hanno capito o i vanesi. Che cosa ha da insegnare Teresa Bellanova al professor Roberto Burioni o Luigi Marattin al medico Raffaele Bruno. Siete miracolati della politica, state zitti.

Se Salvini fosse stato al governo, dato una prova pessima di sé e sarebbe stato una rovina per il Paese

L’opposizione sembra essere tornata distinta. La focosa Giorgia Meloni ogni tanto ritrova la via del dialogo. Salvini è perso per sempre. D’altra parte un uomo che ha trascorso metà della sua vita a insultare i meridionali e poi con la faccia come quella parte del corpo lì si presenta al Sud, è capace di tutto. Io detesto i meridionali che lo votano. Non vorrei mai veder tornare Salvini al governo perché ho in mente le sue frasi e i suoi cori contro di noi. Poi è uno inaffidabile che avrebbe, se fosse stato al governo, dato una prova pessima di sé e sarebbe stato una rovina per il Paese.

IL DANNO DI MOLTI LEADER EUROPEI È INCALCOLABILE

Meglio Giuseppe Conte, meglio Roberto Gualtieri, meglio Roberto Speranza e altri/e. Persino Luigi Di Maio sembra aver trovato la sua strada. Personaggi che sanno anche assumere decisioni serie e difficili. Meglio su tutti Sergio Mattarella a cui spetta il compito quasi impossibile di giustificare il nostro europeismo che dopo le ultime settimane e le dichiarazioni della Christine Lagarde sento in pericolo. Il delitto contro l’Europa che stanno consumando alcune élite di stupidi e stupide leader europee è incalcolabile. Bisogna trattarli male. Mattarella è stato bravo ma troppo educato. Se vogliamo che non riparta il solito antieuropeismo sovranista il “vaffa” presidenziale deve essere a tutto tondo.

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Arrestato il latitante di ‘ndrangheta Cesare Antonio Cordì

L'uomo si nascondeva in provincia di Reggio Calabria ed è stato individuato perché ha violato le norme sul contenimento del coronavirus.

Arrestato a Bruzzano Zeffirio, in provincia di Reggio Calabria, il latitante Cesare Antonio Cordì, 42enne esponente di spicco della ‘ndrangheta di Locri, in un’operazione messa a segno dai carabinieri e dallo squadrone dei Cacciatori d’Aspromonte. Il boss si nascondeva nel centro del Reggino ed è stato individuato grazie alla violazione delle norme emergenziali per il contenimento del contagio da coronavirus.

LATITANTE DA AGOSTO 2019

Cordì si era reso irreperibile ad agosto 2019. A suo carico era stato emesso un provvedimento di custodia cautelare in carcere, in quanto indagato per trasferimento fraudolento di valori aggravato dal fine di agevolare l’associazione mafiosa.

INDAGINI IN CORSO SULLE COPERTURE

Per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, il boss aveva attribuito alla moglie la titolarità formale di un esercizio commerciale. Sono in corso le indagini per ricostruire la rete che di persone che ha favorito la sua latitanza.

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Quali sono i rischi che corrono gli Usa per il coronavirus

La pandemia si allarga anche negli Stati Uniti. Ma il sistema sanitario davanti a un incremento dei contagi rischia di implodere. Dai milioni di cittadini non assicurati alla carenza di posti letto: una radiografia che spaventa.

Alla fine anche negli Stati Uniti è stata superata la soglia psicologica dei mille contagiati. Secondo gli ultimi aggiornamenti i casi positivi al coronavirus sono 1.312, con focolai in California, a New York e Seattle. L’approdo del Covid-19 in America ha aperto nuove questioni sulla tenuta del sistema sanitario a stelle e strisce.

Il 10 marzo, arrivando a Capitol Hill per un incontro coi senatori repubblicani, Donald Trump ha continuato a minimizzare: «State calmi, il coronavirus se ne andrà», salvo poi disporre il blocco dei voli dall’Europa. Il riferimento del tycoon è ai milioni di americani preoccupati per la diffusione del contagio. Preoccupazione non del tutto infondata.

Mentre l’Italia, con Cina, Iran e Corea del Sud si trovano al centro della pandemia, gli Usa temono l’aumento repentino dei casi e dei decessi, arrivati già a 38, 30 dei quali nello stato di Washington. Il rischio è che il sistema sanitario Usa, vista la sua stessa struttura e l’organizzazione del lavoro, non riesca a reggere la pressione di una diffusione massiccia del Sars-CoV-2.

  • La mappa dei contagi aggiornata all’11 marzo (Fonte: Johns Hopkins university)

IL COMPLICATO RAPPORTO TRA AMERICANI E SISTEMA SANITARIO

Nel 2018 l’Università di Chicago e il West Health Institute hanno realizzato uno studio sul rapporto tra i cittadini americani e la salute. Fra le varie cose nel sondaggio emerse che nel corso dell’anno circa il 40% degli americani normalmente aveva saltato esami o trattamenti medici raccomandati e che il 44% non era mai andato dal medico se malato. La motivazione principale data dagli interpellati è stata sempre la stessa: paura dei costi. David Blumenthal, presidente del think tank Commonwealth Fund, ha spiegato al Guardian che le persone con malattie gravi di ogni tipo rimandano le cure se non hanno l’assicurazione o hanno franchigie elevate.

OGGI QUASI 28 MLN DI CITTADINI NON HANNO L’ASSICURAZIONE

Attualmente 27,9 milioni di americani sono sprovvisti di assicurazione, circa il 10,4% della popolazione sotto i 65 anni. Questo aspetto rappresenta uno dei primi fattori di rischio nel caso di un allargamento dell’epidemia. I cittadini senza assicurazione hanno maggiori possibilità di appoggiarsi al Pronto soccorso di fatto creando le condizioni per aumentare le infezioni. Ma il sistema delle assicurazioni non è il solo a mettere a rischio la tenuta complessiva. Uno studio del Commonwealth Fund del 2017 ha mostrato come gli Usa siano uno dei Paesi più inefficienti nella capacità di fornire assistenza primaria. Da un lato, si legge nel dossier del think tank, gli Stati Uniti sono ai primi posti per le misure che coinvolgono il rapporto medico-paziente sul piano della prevenzione e dei comportamenti, ma molto carenti quando si parla di coordinamento e gestione dei flussi di informazioni tra chi si occupa di fornire le cure, gli specialisti e gli operatori dei servizi sociali. Non solo. Gli Usa sono anche uno dei Paesi con il più alto tasso di ricoveri ospedalieri evitabili.

IL RISCHIO DI LAVORATORI MALATI

C’è però un altro aspetto molto importante da tenere presente. Secondo il Bureau of Labor Statistics circa un quarto degli americani non ha forme di congedo pagato per malattia. Una cifra che sale al 41% in alcuni settori come l’edilizia, l’agricoltura e la pesca. Secondo un rapporto dell‘Istitute for Women’s Policy Research, nel 2009 almeno tre lavoratori su 10 hanno continuato a lavorare pur avendo contratto l’influenza suina H1N1. Un fenomeno che potrebbe essere stato alla base di oltre 7 milioni di infezioni. Una situazione che potrebbe ripresentarsi con il Covid-19.

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Per tutti i lavoratori con il salario minimo a 10 dollari l’ora restare a casa per arginare il contagio non è un opzione praticabile. Secondo un rapporto del Center for American Progress del 2012 il 38% dei lavoratori nel settore privato non aveva giorni pagati di malattia, percentuale che supera il 70% per chi ha lavori part-time.

  • Impieghi nel settore privato senza giorni di malattia pagati.

A rendere tutto ancora più ingarbugliato è il fatto che questa massa di lavoratori include molte categorie a contatto con il pubblico: autisti, camerieri, persone che assistono gli anziani o impiegati nella gig economy. Tutti lavori scoperti dal telelavoro. Un dato su tutti: nel 2014 il Centers for Disease Control and Prevention ha rilevato che un lavoratore su cinque nel settore della ristorazione si è presentato a lavoro malato con sintomi che andavano dalla diarrea al vomito, spiegando di averlo fatto per paura di perdere il lavoro.

Non va però meglio per chi ha i permessi malattia. Secondo l’ufficio di statistica statunitense nel settore privato i giorni massimi che un lavoratore può chiedere per malattia, indipendentemente dall’anzianità, sono sette e salgono a otto per chi lavora in azienda da almeno 20 anni. Numeri ridottissimi che rappresentano solo la metà del tempo previsto per una quarantena.

LE FRAGILITÀ DEL SISTEMA OSPEDALIERO

Il mix tra sistema delle assicurazioni e cultura del lavoro si abbatte su un sistema ospedaliero che soffre di alcune carenze. In particolare per quanto riguarda la capacità di avere forze e posti di riserva in caso di crisi. Secondo i dati dell’Ocse nel 2016 il numero di ospedali ogni milione di abitanti era di 17,1, in calo di tre punti e mezzo dal 2000. In 16 anni sono state chiuse 276 strutture.

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Per l’Italia invece il tonfo è stato più forte: nel 2000 gli ospedali per milione di abitanti erano 23,2, oggi sono 17,56.

LA CARENZA DI POSTI LETTO

Il vero problema per gli americani è dato però dal numero dei posti letto. Secondo gli ultimi dati disponibili nel 2016 erano solo 2,77 ogni mille abitanti, mentre nel nostro Paese sono leggermente più alti a 3,18. Non solo. Gli ospedali americani hanno un altro problema che riguarda il tasso di occupazione dei letti disponibili. Secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention nel 2017 almeno il 65,9% dei posti era occupato. Questo significa che dei circa 894 mila posti letto quelli liberi sono poco meno di 305 mila. Ora tutto dipende da quanto l’epidemia si possa allargare. Secondo un report del Johns Hopkins University Center for Health Security pubblicato verso la fine di febbraio i dati non sono incoraggianti.

Gli scenari delineati sono due: uno basato sull’epidemia di influenza del 1968, e l’altro sulla spagnola che colpì milioni di persone in tutto il mondo nel 1918. Nel primo caso almeno 38 milioni di americani avrebbero bisogno di cure mediche, 1 milione di essere ricoverati e 200 mila di andare in terapia intensiva. Nello scenario peggiore gli americani da ricoverare sarebbero 9,6 milioni mentre 2,9 potrebbero finire in terapia intensiva. Entrambe le evenienze rischiano però di mandare ko il sistema dato che i posti letto in terapia intensiva sono a malapena 46.500, numero che in caso di emergenza potrebbe al massimo raddoppiare.

Liz Specht, giornalista della rivista specializzata Stat News, ha provato a fare un calcolo dei tempi di saturazione degli ospedali tenendo conto, ad esempio, della differenza di età tra la popolazione americana e quella italiana. Con un tasso di ricovero intorno al 20% gli ospedali sarebbero pieni intorno al 4 maggio. Dimezzandolo, la saturazione si avrebbe intorno al 10 del mese. Se solo il 5% dei pazienti richiedesse l’ospedalizzazione il calendario scivolerebbe al 16 mentre con il 2,5% dei casi si arriverebbe al 22 maggio. La valutazione, ha però ribadito Specht, presuppone che non vi sia una domanda di letti per altre patologie, scenario molto difficile da prevedere.

  • Possibile proiezione di una saturazione degli ospedali a maggio 2020

LA CARENZA DI MEDICI E MASCHERINE

A preoccupare non sono solo le strutture ma anche il personale medico. Sempre secondo i dati dell’Ocse, nel 2017 il numero di medici disponibili per ogni paziente non superava i 2,6, anche se negli ultimi 15 anni i numeri sono andati aumentando. In Italia sono quasi il doppio: 3,99. Unico dato in controtendenza è l’età. Negli Usa il 17,2% dei medici ha meno di 35 anni, mentre in Italia la soglia non supera l’8,6%. L’altro grande problema che potrebbe presentarsi riguarda le mascherine. Attualmente le riserve sono di 12 milioni di maschere N95 e 30 milioni di maschere chirurgiche che servono a una forza lavoro sanitaria complessiva di 18 milioni di unità. Se, ha scritto ancora Specht, solo 6 milioni di medici e infermieri lavorassero un giorno e usassero una sola mascherina usa e getta, finirebbero per consumare le scorte in circa due giorni.

LA CORSA SU CINA E RUSSIA

Restando al piano medico e degli ospedali il confronto con gli altri Paesi lascia un po’ di amaro in bocca ai pazienti americani. Prendiamo ad esempio il numero di letti. Se in Usa siamo intorno i 2,77 ogni mille abitanti, in Cina quasi raddoppiano a 4,3, la media europea invece si attesta intorno a 4,9 (tra il picco della Germania a 8, e la Svezia a 2,2). Peggio ancora il confronto con la Russia che si attesta a circa 8 posti ogni mille abitanti.

Qualche segnale arriva invece dai medici. In Cina sono a malapena due ogni mille, mentre in Europa sono circa 3,5. Ancora avanti invece la la Russia a 4,04.

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Deficit e Patto di stabilità, come cambiano le norme Ue causa coronavirus

Non verranno contate le spese per sanità, imprese, regioni e lavoratori. Stop alle raccomandazioni. Pronto l'ultilizzo di una clausola anti-crisi. Così Bruxelles vuole allentare la morsa sui Paesi colpiti dal Covid-19.

L’Unione europea è pronta a chiudere un occhio. Dopo la crisi sanitaria, per riemergere dalla crisi economica che avrà portato il coronavirus servono meno paletti. E così da Bruxelles arrivano aperture: come l’esclusione dal calcolo del deficit di tutte le misure per contenere e contrastare la pandemia di Covid-19, per il sistema sanitario, per sostenere imprese, regioni e lavoratori.

LINEE GUIDA CHE L’UE PRESENTERÀ

E in caso di crescita negativa o crollo delle attività, gli sforzi di bilancio richiesti ai Paesi si adatteranno alla situazione specifica dell’economia che si è creata in conseguenza del coronavirus. Queste, salvo modifiche, sono le principali linee guida del Patto di stabilità che l’Ue ha deciso di presentare venerdì 13 marzo, secondo quanto anticipato dall’Ansa.

SOSPESI GLI AGGIUSTAMENTI DI BILANCIO

La Commissione Ue, tra l’altro, è pronta a utilizzare la clausola anti-crisi del Regolamento 1466/97 sulla sorveglianza dei bilanci, che di fatto sospende gli aggiustamenti di bilancio in caso contrazione severa dell’economia.

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Il Viminale ha ribadito che sono consentite le attività all’aperto

Nuova circolare: si può uscire per esigenze non rinviabili come fare la spesa, portare fuori il cane, svolgere attività motoria e sportiva.

Il grande caos sulle passeggiate è uno dei punti più oscuri per gli italiani chiusi in casa per limitare la diffusione del coronavirus. Si può uscire all’aperto oppure no?

FUORI PER «ESIGENZE PRIMARIE NON RINVIABILI»

Ha provato a fare chiarezza la nuova circolare del Viminale firmata dal capo di gabinetto Matteo Piantedosi, che fornisce l’interpretazione dell’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri firmato da Giuseppe Conte. Gli spostamenti sono consentiti per «comprovate esigenze primarie non rinviabili» tra le quali: «approvvigionamento alimentare, gestione quotidiana degli animali domestici» e «per svolgere attività motoria e sportiva all’aperto, rispettando la distanza interpersonale di almeno un metro».

IL MINISTRO BOCCIA: «PIÙ STIAMO A CASA MEGLIO È»

Il ministro Francesco Boccia a La vita in diretta sulla Rai ha però precisato: «Faccio un appello, in questi 15 giorni diamo una spinta forte al contenimento del contagio. Più stiamo in casa e meglio è. Non si poteva fare una norma che vietasse di uscire per un giro del palazzo, per la spesa, per portare fuori il cane, ma andare a cena da amici è assolutamente sconsigliabile. La passeggiata al parco si può fare, ma già a correre si mettono in difficoltà gli altri. Meglio se restiamo in casa».

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Coronavirus: in un giorno denunciate 2.162 persone

Di questi, 35 hanno indicato motivi non veri per gli spostamenti. Solo l'11 marzo controllate 106.659 persone.

Sono 2.162 le persone che sono state denunciate fino ad ora per violazione delle restrizioni disposte dai provvedimenti per l’emergenza coronavirus. Il bilancio è stato pubblicato dal Viminale sul sito del ministero. Le persone complessivamente controllate sono state 106.659 mentre le verifiche negli esercizi commerciali sono state 18.994. Tra i denunciati ci sono anche 113 titolari di esercizi commerciali mentre 35 sono le persone denunciate per aver indicato nell’autocertificazione motivi non veri per gli spostamenti.

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I dati sui contagi da coronavirus in Italia del 12 marzo

Secondo la protezione civile, i casi totali di Covid-19 nel nostro Paese sono 15.113, di cui 12.839 "attivi", 1.016 le vittime e 1.258 le persone guarite.

Sono 12.839 i malati di coronavirus in Italia, 2.249 in più di ieri, mentre il numero complessivo dei contagiati – comprese le vittime e i guariti – ha raggiunto i 15.113. Il dato è stato fornito dal commissario per l’emergenza Angelo Borrelli in conferenza stampa alla Protezione Civile. Le persone guarite, invece, sono 1.258, 213 in più di ieri. Superate le mille vittime per il Covid-19. A oggi, secondo i dati ufficiali, sono 1.016 le vittime, 189 in più rispetto a ieri.

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IL BOLLETTINO DELLA LOMBARDIA

In Lombardia i positivi al coronavirus sono 8.725, 1.445 più di ieri, e i decessi sono in totale 744, 127 in più. Lo ha detto l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera, aggiungendo che le persone dimesse sono 1.085. «C’è un numero crescente di ospedali in difficoltà estrema», ha detto Gallera, spiegando che «ogni giorno ci sono 400 ricoveri che si continuano a sommare» alle persone già ospedalizzate.

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Col terzo giro di purghe, Mbs vuole chiudere la partita per Riad

Il principe saudita Mohammed bin Salman ha arrestato il potentissimo cugino bin Nayef e altri due membri della famiglia reale. L'obiettivo è garantirsi la successione al più presto. E i suoi avversari non sono in grado di contrastarlo.

Mohammed bin Salman è riuscito ancora una volta a stupire la platea internazionale: non solo ha arrestato il suo ex potentissimo cugino Mohammed bin Nayef (ex ministro degli Interni, ex pretendente al trono ed ex uomo di Washington a Riad), suo fratello Nawaf bin Nayef e il proprio zio, Ahmed bin Abdulaziz (ultimo figlio del fondatore del regno che può aspirare al trono), ma li ha soprattutto accusati di «tentare un colpo di Stato». Accusa che può portare alla pena di morte

LA TERZA PURGA IN TRE ANNI

È la terza volta che Mohammed bin Salman (Mbs) mena la scimitarra nelle stanze del palazzo reale di Riad. La prima volta ha eliminato appunto Mohammed bin Nayef dalla linea di successione e dal Ministero dell’Interno e ha arrestato alcuni principi (uno dei quali è  misteriosamente morto in volo mentre fuggiva dal Paese). La seconda volta, nel dicembre del 2017, ha “arrestato” (in realtà ha rinchiuso in alberghi di lusso), 20 principi suoi parenti, compreso il tycoon famosissimo in Occidente Waleed bin Talal, accusati di corruzione e si è fatto pagare decine di miliardi di dollari per liberarli. Oggi, vuole chiudere il cerchio delle epurazioni nella casa reale con un obiettivo chiaro: garantirsi definitivamente, a soli 34 anni, la successione al padre, il re Salman di 84 anni e semi demente per varie malattie.

GLI AVVERSARI NON RIESCONO A FARE BLOCCO CONTRO MBS

È dunque chiarissimo il suo disegno. Meno chiara è la debolezza dei suoi avversari incapaci di opporsi a questa sua spregiudicata e violenta corsa al trono. Mohammed bin Salman nei fatti è favorito dalla incredibile assenza in Arabia Saudita di una regola scritta e chiara che regolamenti la successione al trono. Alla morte di un re, per tradizione orale, si riunisce  il Consiglio della Corona che delibera, sulla base di misteriosi rapporti di forza tra le varie “cordate”, il nome del successore. Dalla morte del fondatore del regno Abdulaziz al Saud nel 1953, sino al 2015, la successione è stata orizzontale ed è passata ai vari suoi figli. Il regno dunque è passato da fratello a fratello.

Mbs approfitta dell’incapacità dei suoi avversari di contrastarlo

Ma ora è rimasto in vita – oltre a re Salman –  solo l’ultimo figlio di Abdulaziz al Saud, appunto quell’Ahmed bin Abdulaziz che Mbs ha arrestato, eliminandolo dalla possibile linea ereditaria del trono. Dunque, la successione deve iniziare ad essere verticale, di padre in figlio, formando per la prima volta nella storia del regno una dinastia. In questo contesto, Mbs sta riuscendo a profittare della incapacità dei suoi avversari a corte nel formare un blocco di potere unico che lo contrasti, divisi come sono in cordate disomogenee. Da qui la sua spregiudicata e violenta strategia che gli ha permesso sinora di eliminare uno a uno i suoi avversari. Altrettanto evidentemente, i principi arrestati l’8 marzo scorso, stavano tentando di precostituire nel Consiglio della Corona una maggioranza a lui avversa. Ma i loro disegni sono stati scompaginati.

LA STRATEGIA DEL PRINCIPE

Dalla sua parte, Mbs, ha non solo il controllo delle forze armate, della potente Guardia Nazionale, e delle forze di sicurezza, ma soprattutto una strategia a suo modo rivoluzionaria che convince buona parte delle classi dirigenti saudite, che ha chiamato Saudi Vision 2030. Nella sostanza, Mbs sta varando un mastodontico piano di investimenti per centinaia di miliardi di dollari che punta in un decennio a far sì che l’Arabia Saudita non si regga più sulla monocoltura delle entrate petrolifere, ma si doti di un forte apparato produttivo industriale, agricolo, turistico e di infrastrutture che la trasformi in un grande Paese con una economia basata sulla produzione di beni, non più solo sui petrodollari. Per la sola nuova città industriale di Neom, cuore del nuovo apparato produttivo saudita, sono previsti in 10 anni investimenti per 500 miliardi di dollari.

LA MODERNIZZAZIONE A COLPI DI SCIMITARRA

Da qui la privatizzazione parziale, in cantiere, della Saudi Aramco, la più grande holding energetica del pianeta (commercializza l’11% del greggio mondiale) e una accorta politica gestita da Mbs per attrarre investimenti internazionali. Dunque, un colossale progetto di modernizzazione e di investimenti, che però deve fare ancora i conti con un contesto politico saudita, di gestione e di trasmissione del potere di marca prettamente feudale e medievale, con marcatissime dinamiche tribali. Una contraddizione stridente. Un contesto che Mohammed bin Salman sta governando in modo classico: menando la scimitarra sul collo dei suoi avversari di corte.

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Le quotazioni di Borsa e spread del 12 marzo

Forti ribassi in arrivo su Europa, crollo future: Euro Stoxx 50 -5,4%, Francoforte -5,5%, Londra -5,3%. Spread in rialzo a 205 punti I listini asiatici sprofondano. I mercati in diretta.

Si prospetta una nuova seduta di forti ribassi per le Borse europee quella del 12 marzo dopo la decisione del presidente Usa, Donald Trump, di fermare i viaggi in Europa e l’avanzata dell’epidemia di coronavirus, ormai diventata pandemia. I future sull’Euro Stoxx 50 crollano del 5,4%, dopo essere arrivati a perdere fino all’8,3% a ridosso dell’annuncio di Trump. In attesa di conoscere le misure che mettera’ in campo oggi la Bce, i future su Francoforte cedono il 5,5%, quelli su Londra il 5,3% mentre quelli sul Dj di Wall Street il 4,6%.

LO SPREAD BTP BUND IN RIALZO A 205 PUNTI

Apertura in netto rialzo per lo spread fra Btp e Bund. Il differenziale segna 205 punti contro i 191 della chiusura di ieri. Il rendimento del titolo decennale è pari all’1,27%.

BORSE ASIATICHE

Sprofondano le Borse asiatiche dopo la decisione del presidente americano Donald Trump di sospendere i viaggi per l’Europa e l’ennesima seduta disastrosa di Wall Street, generata dalla paura per l’epidemia di coronavirus, ormai diventata pandemia, e dai dubbi sull’efficacia delle misure di sostegno all’economia fino a qui dispiegate. Tokyo ha perso il 4,4%, Sydney il 7,4%, Seul il 3,9% nonostante i nuovi casi di Covid-19 siano ai minimi da due settimane. Hong Kong, ancora aperta, cede il 3,6%, Shanghai l’1,4% e Shenzhen l’1,8%. Gli investitori si sono rifugiati verso asset meno rischiosi come lo yen, in rialzo su tutte le valute, e i bond governativi, i cui rendimenti sono in ribasso generalizzato. Fanno eccezione i Btp italiani, i cui decennali salgono di 10 punti base all’1,27%, dopo la decisione del governo di dare un’ulteriore stretta alle misure per contrastare l’epidemia di coronavirus con la chiusura degli esercizi commerciali. Affonda il petrolio con il wti che cede il 5% a 31,33 dollari e il brent in calo del 5,1% a 33,9 dollari. Non si salva dalle vendite neppure l’oro, in calo dell’1,7% a 1,636 dollari all’oncia mentre le materie prime scontano i timori di una gelata sull’economia, messa a dura prova dal virus. Non hanno risollevato gli umori del mercato neppure le misure annunciate ieri dal presidente Donald Trump che ha promesso aiuti alle pmi, sotto forma di prestiti e liquidità, e chiesto al Congresso un rinvio sul pagamento delle tasse per persone e imprese in difficoltà per l’epidemia. “Il rischio di recessione sta salendo e non siamo per niente vicini a inglobarlo nei prezzi”, ha commentato Sue Trinh, global macro strategist di Manulife Investment Management all’agenzia Bloomberg.

LA DIRETTA DELLA BORSE E DELLO SPREAD BTP BUND

08.40 – NUOVO TONFO PER LA BORSA DI MOSCA

Per la seconda volta questa settimana, il mercato azionario russo ha aperto con una significativa diminuzione degli indici chiave a seguito della decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di riconoscere lo scoppio del coronavirus come una pandemia e delle dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulle misure contro la diffusione del coronavirus. L’indice MOEX, denominato in rubli, è sceso del 4,6% a 2.378,15 punti mentre, l’RTS denominato in dollari, ha perso il 6,8% e ha raggiunto 1.1011,98 punti. Lo riporta la Tass.

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L’Oms ha ufficialmente dichiarato il coronavirus una pandemia

L'Organizzazione mondiale della sanità ha cambiato la denominazione di quella che fino ad ora era un'epidemia: «I casi e i morti aumenteranno, ma siamo insieme in questa situazione. Dobbiamo agire con calma».

L’Oms ha ufficialmente dichiarato la pandemia di coronavirus. «La parola pandemia», ha aggiunto, «non può essere usata con leggerezza perché può causare paure non necessarie e il sentimento che la lotta è finita. Ma non è così. Descrivere la situazione come pandemia non cambia cosa fa l’Oms e cosa i Paesi devono fare». Ghebreyesus ha sottolineato che si tratta della «prima pandemia causata da un coronavirus». Nei prossimi mesi, ha aggiunto il direttore generale dell’Oms, «ci aspettiamo di vedere i numeri di casi, di morti e il numero di Paesi affetti salire ancora di più».

«Siamo in questa situazione assieme e abbiamo bisogno di agire con calma per fare la cosa più giusta», ha concluso. Il direttore generale ha ringraziato l’Italia, la Corea del Sud e l’Iran per le misure adottate.

Le pandemie, come spiega il National Geographic, sono epidemie che attraversano confini internazionali e contagiano un ampio numero di persone in tutto il mondo. Il coronavirus sembra già da tempo rientrare in questa dichiarazione. Perché cambiarne il nome proprio ora?

«La dichiarazione di pandemia ha un valore: significa che le autorità non credono di poter contenere la diffusione del virus e devono passare a strategie mitigative, come ad esempio chiudere le scuole e annullare i raduni di massa», spiega il National Geographic, «come è avvenuto in Italia la sera del 9 Marzo quando il Presidente del Consiglio Conte ha deciso di dichiarare tutto il Paese zona rossa con le dovute restrizioni». 

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Il Papa ‘virtuale’ ai tempi del coronavirus e i nuovi rapporti Chiesa-Stato

Un’udienza generale come non si era mai vista quella di mercoledì 11 febbraio: il papa collegato in streaming dalla biblioteca..

Un’udienza generale come non si era mai vista quella di mercoledì 11 febbraio: il papa collegato in streaming dalla biblioteca del Palazzo apostolico parla a una folla virtuale di fedeli; un’udienza-video insomma, con il vescovo di Roma lontano da piazza San Pietro, ossia dal simbolo mondiale della cattolicità e di Roma. E lontano dalla gente, da quella fisicità che caratterizza ormai la figura e il ruolo del pontefice in epoca moderna.

Lo stesso era già avvenuto per l’Angelus di domenica scorsa, in quell’ occasione Francesco aveva esordito così: «È un po’ strana questa preghiera dell’Angelus di oggi, con il papa ‘ingabbiato’ nella biblioteca, ma io vi vedo, vi sono vicino». La modalità degli appuntamenti pubblici a distanza diventerà, almeno per qualche tempo, un’abitudine, anche Oltretevere. Il Vaticano si è adattato alle indicazioni del governo italiano come già aveva fatto la conferenza episcopale.

Allo stesso tempo va sottolineato come l’interruzione per decreto governativo di tutte le celebrazioni religiose è un fatto senza precedenti che, pur motivato da una crisi sanitaria eccezionale come quella che stiamo attraversando, costituisce un inedito nei rapporti Chiesa-Stato; un fatto che riequilibra a favore del primato dello Stato le relazioni bilaterali dopo vari decenni in cui la Chiesa – con indubbia abilità politica – aveva guadagnato terreno rispetto all’ambito laico in vari settori: da quello fiscale a quello educativo-scolastico, da quello sanitario fino alla sfera dei provvedimenti bioetici.

CAMBIANO LE MODALITÀ DI PARTECIPARE ALLA VITA RELIGIOSA

L’evento coronavirus, autentico tsunami globale, influirà probabilmente in modo significativo su aspetti rilevanti della vita economica e sociale, dei rapporti fra gli Stati e quindi pure sulla relazione fra istituzioni e tradizioni religiose. La Conferenza episcopale ha aderito alle richieste provenienti dal governo senza esitare e con spirito di servizio; il divieto di celebrare messe, ha fatto sapere la Cei, «crea rammarico e disorientamento nei pastori, nei sacerdoti, nelle comunità religiose e nell’intero popolo di Dio» tuttavia «è stata accettata in forza della tutela della salute pubblica». Per questo le chiese restano aperte, ritrova spazio la preghiera, i momenti di raccoglimento, e il sacerdote si può dedicare all’ascolto dei fedeli. Sarà un tempo di rinnovamento spirituale? Si vedrà, intanto le modalità di partecipazione alla vita religiosa cambiano.

TANTE CRITICHE CONTRO IL DIVIETO DI CELEBRARE LA MESSA

Tuttavia ‘l’ordine’ del governo ha trovato anche voci dissenzienti. Per lo storico Alberto Melloni, con i provvedimenti presi dall’esecutivo sono entrate in gioco «la libertà religiosa e la liberà di culto», fatto che non va sottovalutato, mentre per un altro studioso cattolico di primo piano come Andrea Riccardi si è chiesto: «Non sono un epidemiologo, ma ci troviamo davvero di fronte a rischi così grandi da rinunciare alla nostra vita religiosa comunitaria?». Più o meno sulle stesse posizioni il priore di Bose Enzo Bianchi. E bisogna dire che in questo caso le preoccupazioni di esponenti progressisti come quelli appena citati, coincidono con alcuni allarmi del fronte tradizionalista. Si tratta di punti di vista che però non sono stati fatti propri, fon ad ora, dalla Santa Sede.

L’APPELLO A NON DIMENTICARE I PROFUGHI SIRIANI

Da parte sua Francesco, nel corso dell’udienza generale del mercoledì, ha avuto parole di forte incoraggiamento per medici e infermieri impegnati nel contrasto al coronavirus  quindi ha aggiunto: «Non vorrei che questo dolore, questa epidemia tanto forte ci faccia dimenticare i poveri siriani, che stanno soffrendo al confine tra Grecia e Turchia: un popolo sofferente da anni». Gente in fuga – ha ricordato – dalla guerra, dalla fame, dalle malattie. Il papa, insomma, ha chiesto di non dimenticare quanto sta avvenendo ai confini d’Europa. Infine, attraverso il Dicastero per lo Sviluppo umano integrale, la Santa Sede ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché i Paesi più deboli economicamente e con le strutture sanitarie più fragili, vengano sostenuti nell’emergenza Covid-19; non solo: i governi – secondo il Vaticano – sono chiamati ora  anche a fare fronte, in una logica di solidarietà e aiuto reciproco,  alla nuova crisi economica che si sta delineando a causa della diffusione del virus.

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I sondaggi politici elettorali dell’11 marzo 2020

Il Pd sale al 22,5%. Mentre la Lega scende al 27%. Lieve calo anche per M5s, Italia viva e Forza Italia. Stabile Fratelli d'Italia al 13,4%.

Nei giorni caratterizzati dall’acuirsi dell’emergenza coronavirus, i sondaggi politici continuano a evidenziare un rafforzamento del Pd. Dopo una settimana di tregua, la Lega torna a scendere nelle intenzioni di voto degli italiani, calando al 27% dal 27,2%. Mentre i dem passano al 22,5% dal 22%.

La rilevazione è stata fatta dell’istituto Ixè per Rai – Cartabianca tra il 9 e il 10 marzo. Scendono lievemente, nell’area di governo, il M5s (al 15,5% dal 15,7%) e Italia viva (al 2,6% dal 2,8%). Tra le opposizioni, invece, stabile Fratelli d’Italia al 13,4%. Mentre Forza Italia scende al 6,1% dal 6,2%.

Metodologia: indagine quantitativa campionaria metodo di raccolta dati: telefono fisso (cati), mobile (cami) e via web (cawi); universo: popolazione italiana maggiorenne; campione intervistato: rappresentativo (quote campionarie e ponderazione) in base a: genere, età, zona di residenza, ampiezza comune, votato 2018/2019; dimensione campionaria: 1.000 casi (margine d’errore massimo ±3,10%); periodo di rilevazione: dal 9 al 10 marzo 2020.

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Harvey Weinstein condannato a 23 anni

Il produttore che ha fatto esplodere il movimento #MeToo colpevole in primo grado per l'aggressione sessuale dell'assistente Miriam Hailey e per il rapporto non consensuale con l'aspirante attrice Jessica Mann.

Harvey Weinstein è stato condannato a 23 anni di prigione. Il giudice James Burke avrebbe potuto condannare Weinstein da un minimo di cinque anni a un massimo di 29. Ha deciso per l’ex produttore 20 anni di reclusione per l’aggressione sessuale dell’assistente Miriam Hailey e tre anni per il rapporto sessuale non consensuale con l’aspirante attrice Jessica Mann. Le due pene dovranno essere scontate consecutivamente. Sia Weinstein che le sue accusatrici hanno parlato nel corso dell’udienza.

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Quattro frati del convento di Lendinara sono positivi al coronavirus

Ora tutta la comunità di 20 religiosi è in isolamento fiduciario. Subito è partito un appello ai fedeli che avevano fatto la confessione nella chiesa di Sant'Agata il 7 marzo.

Quattro frati del convento francescano di Lendinara (Rovigo) sono risultati positivi al tampone per il coronavirus, e ora tutta la comunità di 20 religiosi è in isolamento fiduciario. Lo conferma all’Ansa il padre guardiano. Appreso l’esito del test, i frati hanno subito lanciato un appello ai fedeli che avevano fatto la confessione nella chiesa di Sant’Agata il giorno 7 marzo – prima i religiosi erano altrove – perché contattino velocemente autorità sanitarie.

Si tratta in tutto, spiegano dal convento, di una decina di persone, di Lendinara e altri paesi vicini, che sono già state individuate, e i cui recapiti sono stati comunicati dai frati all’Ulss 5 polesana. Dei quattro frati, solo uno, un 40enne, è ricoverato nel reparto malattie infettive di Rovigo. Gli altri tre, tutti asintomatici, sono in isolamento fiduciario in convento, al pari degli altri componenti la comunità. Prima di scoprire d’essere stati contagiati dal SarsCov2 i francescani di Lendinara si era recati in trasferta per una settimana a Camposampiero, nel padovano, per prendere parte alla riunione capitolare chiamata a votare per il rinnovo del ministro provinciale.

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Caos Roma e Inter: l’Uefa paga il silenzio sul coronavirus

Rischiano di saltare entrambi i match che vedevano impegnate le italiane nella seconda competizione europea. I giallorossi non partono per Siviglia e il Getafe non vuole venire a Milano. Mentre la LIga valuta lo stop.

L’immobilismo dell’Uefa nel fronteggiare il coronavirus rischia di compromettere definitivamente il regolare andamento delle competizioni europee. Alla vigilia degli ottavi di Europa League, infatti, la Roma ha comunicato che non partirà per Siviglia, sede del match col club andaluso. Il club giallorosso lo ha comunicato via Twitter, spiegando che lo stop è arrivato «dopo che l’aereo dall’Italia non è stato autorizzato ad atterrare in Spagna da parte delle autorità locali».

IL GETAFE NON VUOLE VENIRE IN ITALIA

Un colpo di scena che segue di poche ora l’irremovibile decisione presa dal Getafe, che ha comunicato come per nessuna ragione partirà alla volta di Milano, dove avrebbe dovuto incontrare l’Inter nell’altro incontro che vede coinvolta una squadra italiana. Il tutto a sole 24 ore dalla trasferta dell’Atalanta a Valencia per gli ottavi di Champions League, incontro disputato a porte chiuse, ma coi tifosi spagnoli assiepati davanti allo stadio lungo tutto l’arco dei 90 minuti.

LA LIGA VERSO LO STOP

Ora, invece, proprio la Spagna valuta l’ipotesi di fermare il campionato. Dopo che la federazione iberica ha decretato lo stop completo a tutti i campionati, esclusi Primera e Segunda, per l’esplosione di casi di coronavirus, una riunione urgente è attesa nel pomeriggio per valutare se fermare anche le due serie principali. Alla riunione sono attesi federazione, lega e assocalciatori, in attesa delle indicazioni delle autorità sanitarie. Ieri la Lega aveva decretato le porte chiuse per la Liga, e i giocatori avevano rivolto un appello all’Uefa per non giocare le partite delle coppe.

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Perché non è vero che il coronavirus colpisce più gli uomini delle donne

Da settimane lo abbiamo sentito ripetere. Ma il prof Pregliasco spiega a L43 che «oggi c'è un'equidistribuzione dei casi». E le gravidanze? «Solo qualche intoppo». Mentre non esistono prove di trasmissione madre-feto.

Ma è vero che il coronavirus colpisce molto più gli uomini che le donne? I dati di un’analisi dell’Istituto superiore di sanità dicono che l’età media dei pazienti deceduti dopo aver contratto il Covid-19 è 81 anni: sono in maggioranza uomini e in più di due terzi dei casi hanno tre o più patologie preesistenti.

IL MOMENTO DI SFATARE QUALCHE FALSO MITO

L’Italia ormai in quarantena al 20esimo giorno dell’era del virus ha superato la quota simbolo di 10 mila contagiati, 1.004 dei quali guariti. Ed è il momento si sfatare qualche falso mito: anche le donne e i giovani si possono ammalare facilmente. Secondo i dati aggiornati al 9 marzo «ci sono circa il 5-7%» di persone che si sono infettate e hanno «meno di 30 anni». Il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro ha sottolineato che «che queste fasce di età sono meno suscettibili, ma significa anche che il loro comportamento è fondamentale per evitare contagio».

MASCHI ADULTI “SESSO DEBOLE”? NON È COSÌ

E sulla questione di genere Lettera43.it ha interpellato il professore Fabrizio Pregliasco, ricercatore in Igiene generale e applicata all’Università degli Studi di Milano. Da settimane ci viene detto che il coronavirus colpisce soprattutto i maschi adulti, che sono loro il “sesso debole“, quello preferito dal contagio. Ma non è proprio così. O almeno, non più.

Fabrizio Pregliasco. (Ansa)

DOMANDA. Professor Pregliasco, è vero oppure no che le donne sono meno colpite degli uomini dal Covid-19?
RISPOSTA. La casistica secondo la quale il coronavirus contagiava prevalentemente i maschi è nata all’inizio dell’epidemia, in quel famoso mercato del pesce a Wuhan, l’elemento facilitante del virus, la nostra Lodi. Lì avevamo constatato che i maschi erano i più colpiti, ora la situazione evidenzia invece un’equidistribuzione.

Quindi il contagio non fa differenze di genere?
Presumibilmente in alcune situazioni sono più colpiti percentualmente gli uomini rispetto a un’esposizione e un tipo di rischio professionale. Però non c’è più questa distinzione di sesso, così come adesso che aumentano i casi stiamo vedendo anche i giovani ammalarsi, alcuni purtroppo anche gravi.

Il dato che riportava il tasso di mortalità degli uomini al 2,8% contro quello delle donne all’1,7% non è più attendibile?
Va detto che è una variabilità su una casistica piccola. Oltretutto noi abbiamo sempre un problema di denominatore sulla letalità in generale, perché la mortalità si calcola con il numero di morti su numero di casi. E il numero dei casi è impreciso perché c’è sempre una sottonotifica. Di certo non possiamo dire che il virus colpisce di più gli uomini adulti, anche se la quota di comorbidità è percentualmente un po’ più alta nei maschi.

Con la Sars il tasso di mortalità fu il 50% più alto negli uomini che nelle donne. C’entravano anche fattori come il fumo?
Certamente sì.

Parliamo di gravidanza e Covid-19?
La casistica per fortuna non è ampia, abbiamo il caso della moglie del paziente 1 che, incinta, ha fatto un decorso tranquillo, è guarita ed è tornata a casa. Quello che si può vedere rispetto alle esperienze di altri virus, salvo Zika, un virus carogna, è che normalmente l’influenza nella donna gravida è un po’ più pesante, i parti possono diventare più impegnativi. Probabilmente sarà una una gravidanza che subisce qualche intoppo, questo sì.

Domenica a Massa Carrara è nata una bimba. La madre è risultata positiva dopo il parto, la neonata è per ora negativa e in isolamento. Ci sono prove di trasmissione madre-feto?
No, non ne abbiamo, la casistica è piccolissima. Attualmente non ci sono alterazioni dimostrate rispetto al feto.

Lei ha affermato che il picco di Covid-19 in Lombardia arriverà a fine aprile.
Sì, diciamo che se non facciamo nulla per evitarlo sarà un picco enorme. È probabile che serva ancora un bel po’ di tempo prima di arrivare a un calo della diffusione.

Cosa ne pensa delle misure forti prese dal governo?
È l’unica possibilità che abbiamo.

Sono provvedimenti sufficienti?
Beh, dal punto di vista medico più stringenti sono meglio è, si tratta di una scelta politica di realizzabilità, fattibilità e anche di mantenimento nel tempo. Perché l’importante è che l’azione sia prolungata.

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La polemica su Gori e i «pazienti lasciati morire»

Il sindaco di Bergamo su Twitter: «Chi non può essere trattato viene lasciato morire». Il primo cittadino ha rilanciato l'intervista a un rianimatore che spiega come avvengono le scelte in ospedale. Ma poi si è scusato per aver usato toni poco «delicati».

«Sembra che la crescita stia solo rallentando e invece è solo perché non ci sono più posti (se ne aggiungono pochi con grande fatica). I pazienti che non possono essere trattati vengono lasciati morire», ha scritto il sindaco di Bergamo Giorgio Gori su Twitter facendo esplodere la polemica.

Gori fa riferimento a un articolo del Corriere della Sera in cui il dottor Salaroli, anestesista rianimatore a Bergamo, ha spiegato come avvengono le scelte su chi accogliere in ospedale e quali pazienti trattare e quali no.

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Il farmaco anti-artrite usato contro il coronavirus sembra dare buoni risultati

L'oncologo Paolo Ascierto, del "Pascale" di Napoli chiede protocollo nazionale per estendere l'impiego del Tocilizumab. Sarà estubato uno dei primi due pazienti trattati in Italia.

Subito un protocollo nazionale per estendere l’impiego di Tocilizumab, farmaco anti-artrite, nei pazienti contagiati da coronavirus e in condizioni critiche. Lo chiede l’oncologo Paolo Ascierto, del Pascale di Napoli: «Il farmaco ha dimostrato di essere efficace contro la polmonite da Covid-19». A Napoli, spiega, «sono stati trattati i primi due pazienti in Italia, in 24 ore la terapia ha evidenziato ottimi risultati e domani sarà estubato uno dei due pazienti perché le sue condizioni sono migliorate. Ieri è iniziato il trattamento per altre due persone e oggi ne tratteremo altre due».

TERAPIE ANCHE NEI CENTRI DI BERGAMO, FANO E MILANO

Altri malati, precisa Ascierto, presidente Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, «hanno già ricevuto la terapia anche nei centri di Bergamo, Fano e Milano. Ma è molto importante che il suo utilizzo venga esteso quanto prima, così potremo salvare più vite. La nostra struttura insieme all’Azienda Ospedaliera dei Colli è stata la prima, in Italia, a utilizzare questa terapia nei pazienti con coronavirus».

COLLABORAZIONE CON I COLLEGHI CINESI

«Abbiamo stabilito un vero e proprio ponte della ricerca con i colleghi cinesi, che avevano già osservato un miglioramento nei malati trattati in questo modo» – spiega inoltre Gerardo Botti, Direttore Scientifico del Pascale -. «Solo la collaborazione internazionale consentirà di mettere a punto armi efficaci contro il Covid-19 e il Pascale da sempre si distingue per la capacità di siglare collaborazioni a livello globale. I risultati positivi di Tocilizumab devono essere validati, per questo serve uno studio multicentrico nazionale».

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