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Il Papa ‘virtuale’ ai tempi del coronavirus e i nuovi rapporti Chiesa-Stato
Un’udienza generale come non si era mai vista quella di mercoledì 11 febbraio: il papa collegato in streaming dalla biblioteca..
Un’udienza generale come non si era mai vista quella di mercoledì 11 febbraio: il papa collegato in streaming dalla biblioteca del Palazzo apostolico parla a una folla virtuale di fedeli; un’udienza-video insomma, con il vescovo di Roma lontano da piazza San Pietro, ossia dal simbolo mondiale della cattolicità e di Roma. E lontano dalla gente, da quella fisicità che caratterizza ormai la figura e il ruolo del pontefice in epoca moderna.
Lo stesso era già avvenuto per l’Angelus di domenica scorsa, in quell’ occasione Francesco aveva esordito così: «È un po’ strana questa preghiera dell’Angelus di oggi, con il papa ‘ingabbiato’ nella biblioteca, ma io vi vedo, vi sono vicino». La modalità degli appuntamenti pubblici a distanza diventerà, almeno per qualche tempo, un’abitudine, anche Oltretevere. Il Vaticano si è adattato alle indicazioni del governo italiano come già aveva fatto la conferenza episcopale.
Allo stesso tempo va sottolineato come l’interruzione per decreto governativo di tutte le celebrazioni religiose è un fatto senza precedenti che, pur motivato da una crisi sanitaria eccezionale come quella che stiamo attraversando, costituisce un inedito nei rapporti Chiesa-Stato; un fatto che riequilibra a favore del primato dello Stato le relazioni bilaterali dopo vari decenni in cui la Chiesa – con indubbia abilità politica – aveva guadagnato terreno rispetto all’ambito laico in vari settori: da quello fiscale a quello educativo-scolastico, da quello sanitario fino alla sfera dei provvedimenti bioetici.
CAMBIANO LE MODALITÀ DI PARTECIPARE ALLA VITA RELIGIOSA
L’evento coronavirus, autentico tsunami globale, influirà probabilmente in modo significativo su aspetti rilevanti della vita economica e sociale, dei rapporti fra gli Stati e quindi pure sulla relazione fra istituzioni e tradizioni religiose. La Conferenza episcopale ha aderito alle richieste provenienti dal governo senza esitare e con spirito di servizio; il divieto di celebrare messe, ha fatto sapere la Cei, «crea rammarico e disorientamento nei pastori, nei sacerdoti, nelle comunità religiose e nell’intero popolo di Dio» tuttavia «è stata accettata in forza della tutela della salute pubblica». Per questo le chiese restano aperte, ritrova spazio la preghiera, i momenti di raccoglimento, e il sacerdote si può dedicare all’ascolto dei fedeli. Sarà un tempo di rinnovamento spirituale? Si vedrà, intanto le modalità di partecipazione alla vita religiosa cambiano.
TANTE CRITICHE CONTRO IL DIVIETO DI CELEBRARE LA MESSA
Tuttavia ‘l’ordine’ del governo ha trovato anche voci dissenzienti. Per lo storico Alberto Melloni, con i provvedimenti presi dall’esecutivo sono entrate in gioco «la libertà religiosa e la liberà di culto», fatto che non va sottovalutato, mentre per un altro studioso cattolico di primo piano come Andrea Riccardi si è chiesto: «Non sono un epidemiologo, ma ci troviamo davvero di fronte a rischi così grandi da rinunciare alla nostra vita religiosa comunitaria?». Più o meno sulle stesse posizioni il priore di Bose Enzo Bianchi. E bisogna dire che in questo caso le preoccupazioni di esponenti progressisti come quelli appena citati, coincidono con alcuni allarmi del fronte tradizionalista. Si tratta di punti di vista che però non sono stati fatti propri, fon ad ora, dalla Santa Sede.
L’APPELLO A NON DIMENTICARE I PROFUGHI SIRIANI
Da parte sua Francesco, nel corso dell’udienza generale del mercoledì, ha avuto parole di forte incoraggiamento per medici e infermieri impegnati nel contrasto al coronavirus quindi ha aggiunto: «Non vorrei che questo dolore, questa epidemia tanto forte ci faccia dimenticare i poveri siriani, che stanno soffrendo al confine tra Grecia e Turchia: un popolo sofferente da anni». Gente in fuga – ha ricordato – dalla guerra, dalla fame, dalle malattie. Il papa, insomma, ha chiesto di non dimenticare quanto sta avvenendo ai confini d’Europa. Infine, attraverso il Dicastero per lo Sviluppo umano integrale, la Santa Sede ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché i Paesi più deboli economicamente e con le strutture sanitarie più fragili, vengano sostenuti nell’emergenza Covid-19; non solo: i governi – secondo il Vaticano – sono chiamati ora anche a fare fronte, in una logica di solidarietà e aiuto reciproco, alla nuova crisi economica che si sta delineando a causa della diffusione del virus.
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