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Col terzo giro di purghe, Mbs vuole chiudere la partita per Riad
Il principe saudita Mohammed bin Salman ha arrestato il potentissimo cugino bin Nayef e altri due membri della famiglia reale. L'obiettivo è garantirsi la successione al più presto. E i suoi avversari non sono in grado di contrastarlo.
Mohammed bin Salman è riuscito ancora una volta a stupire la platea internazionale: non solo ha arrestato il suo ex potentissimo cugino Mohammed bin Nayef (ex ministro degli Interni, ex pretendente al trono ed ex uomo di Washington a Riad), suo fratello Nawaf bin Nayef e il proprio zio, Ahmed bin Abdulaziz (ultimo figlio del fondatore del regno che può aspirare al trono), ma li ha soprattutto accusati di «tentare un colpo di Stato». Accusa che può portare alla pena di morte.
LA TERZA PURGA IN TRE ANNI
È la terza volta che Mohammed bin Salman (Mbs) mena la scimitarra nelle stanze del palazzo reale di Riad. La prima volta ha eliminato appunto Mohammed bin Nayef dalla linea di successione e dal Ministero dell’Interno e ha arrestato alcuni principi (uno dei quali è misteriosamente morto in volo mentre fuggiva dal Paese). La seconda volta, nel dicembre del 2017, ha “arrestato” (in realtà ha rinchiuso in alberghi di lusso), 20 principi suoi parenti, compreso il tycoon famosissimo in Occidente Waleed bin Talal, accusati di corruzione e si è fatto pagare decine di miliardi di dollari per liberarli. Oggi, vuole chiudere il cerchio delle epurazioni nella casa reale con un obiettivo chiaro: garantirsi definitivamente, a soli 34 anni, la successione al padre, il re Salman di 84 anni e semi demente per varie malattie.
GLI AVVERSARI NON RIESCONO A FARE BLOCCO CONTRO MBS
È dunque chiarissimo il suo disegno. Meno chiara è la debolezza dei suoi avversari incapaci di opporsi a questa sua spregiudicata e violenta corsa al trono. Mohammed bin Salman nei fatti è favorito dalla incredibile assenza in Arabia Saudita di una regola scritta e chiara che regolamenti la successione al trono. Alla morte di un re, per tradizione orale, si riunisce il Consiglio della Corona che delibera, sulla base di misteriosi rapporti di forza tra le varie “cordate”, il nome del successore. Dalla morte del fondatore del regno Abdulaziz al Saud nel 1953, sino al 2015, la successione è stata orizzontale ed è passata ai vari suoi figli. Il regno dunque è passato da fratello a fratello.
Mbs approfitta dell’incapacità dei suoi avversari di contrastarlo
Ma ora è rimasto in vita – oltre a re Salman – solo l’ultimo figlio di Abdulaziz al Saud, appunto quell’Ahmed bin Abdulaziz che Mbs ha arrestato, eliminandolo dalla possibile linea ereditaria del trono. Dunque, la successione deve iniziare ad essere verticale, di padre in figlio, formando per la prima volta nella storia del regno una dinastia. In questo contesto, Mbs sta riuscendo a profittare della incapacità dei suoi avversari a corte nel formare un blocco di potere unico che lo contrasti, divisi come sono in cordate disomogenee. Da qui la sua spregiudicata e violenta strategia che gli ha permesso sinora di eliminare uno a uno i suoi avversari. Altrettanto evidentemente, i principi arrestati l’8 marzo scorso, stavano tentando di precostituire nel Consiglio della Corona una maggioranza a lui avversa. Ma i loro disegni sono stati scompaginati.
LA STRATEGIA DEL PRINCIPE
Dalla sua parte, Mbs, ha non solo il controllo delle forze armate, della potente Guardia Nazionale, e delle forze di sicurezza, ma soprattutto una strategia a suo modo rivoluzionaria che convince buona parte delle classi dirigenti saudite, che ha chiamato Saudi Vision 2030. Nella sostanza, Mbs sta varando un mastodontico piano di investimenti per centinaia di miliardi di dollari che punta in un decennio a far sì che l’Arabia Saudita non si regga più sulla monocoltura delle entrate petrolifere, ma si doti di un forte apparato produttivo industriale, agricolo, turistico e di infrastrutture che la trasformi in un grande Paese con una economia basata sulla produzione di beni, non più solo sui petrodollari. Per la sola nuova città industriale di Neom, cuore del nuovo apparato produttivo saudita, sono previsti in 10 anni investimenti per 500 miliardi di dollari.
LA MODERNIZZAZIONE A COLPI DI SCIMITARRA
Da qui la privatizzazione parziale, in cantiere, della Saudi Aramco, la più grande holding energetica del pianeta (commercializza l’11% del greggio mondiale) e una accorta politica gestita da Mbs per attrarre investimenti internazionali. Dunque, un colossale progetto di modernizzazione e di investimenti, che però deve fare ancora i conti con un contesto politico saudita, di gestione e di trasmissione del potere di marca prettamente feudale e medievale, con marcatissime dinamiche tribali. Una contraddizione stridente. Un contesto che Mohammed bin Salman sta governando in modo classico: menando la scimitarra sul collo dei suoi avversari di corte.
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