Category Archives: Musica

Tommaso Paradiso, un tramonto in solitaria

Chi ha ucciso Tommaso Paradiso? È estate, fa molto caldo, e l’idea di trovarci di colpo in un paesaggio autunnale, piovigginoso, fresco seppur inquietante come Twin Peaks non dovrebbe essere altro che di conforto. Per questo la citazione davidlynchiana posta in esergo potrebbe starci tutta, visto che non di omicidio, non scherziamo, ma di sparizione totale dalle scene andremo a parlare. In realtà, però, a parte l’idea horrorifica di vedere il barbuto cantante di Roma Nord al posto della bionda Sheryl Lee nei panni di Laura Palmer – una partenza del genere indurrebbe un lettore distratto a immaginarsi un qualche intrigo, volendo anche di taglio esoterico – si parlerà solo della storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani (e a ogni piano ripete «fino a qui tutto bene», sì, anche questa è una citazione cinematografica, anche questa fuoriluogo, fa caldo, lasciateci cazzeggiare un po’). Meglio quindi partire direttamente da lui, Tommaso Paradiso, e dalle sue parole.

Tommaso Paradiso, un tramonto in solitaria
Tommaso Paradiso con Carolina Sansoni a Venezia nel 2017 (Getty Images).

Le hit ruffiane e l’addio a TheGiornalisti dopo la firma con la Universal

«Ti lascio un vocale di dieci minuti soltanto per dirti che sono felice». Alzi la mano chi, almeno una volta, non si è giustificato, nel mezzo di un vocale un po’ troppo lungo, citando i versi del sommo poeta. Il fatto è che ci sono canzoni, e so che nell’azzardare il paragone che sto per azzardare mi condannerò alla perdizione eterna, che sono destinate a entrare nel nostro immaginario ben più di quanto una canzone non potrebbe di suo fare. Pensate a, che so, «inseguendo una libellula in un prato», che come l’intro della Nona di Beethoven chiama a sé la chiusa perfetta, «un giorno che avevo rotto col passato/quando già credevo d’esserci riuscito/ son caduto». O a «Quella sua maglietta fina», a «Felicità/ è un bicchiere di vino con un panino», tanto per non dare l’impressione che si stia facendo un inchino passivo verso il cantautorato, quello serio. Ecco, Felicità puttana dei TheGiornalisti è una di quelle canzoni lì, quelle che hanno creato uno slogan capace di entrare nel nostro immaginario per rimanerci a lungo. A dirla tutta ben più a lungo di chi quegli immortali versi ha scritto, perché i TheGiornalisti, band romana capitanata da Tommaso Paradiso, di lì a breve – la canzone è stata un tormentone, vero, del 2018, uscita giusto in giugno, tanto per ricalcare il successo precedente di brani come Riccione, uscito esattamente un anno prima, e Pamplona, in realtà nel repertorio di Fabri Fibra ma che aveva Paradiso a cantare il ritornello – nel settembre 2019, Paradiso è uscito dal gruppo, come un novello Jack Frusciante. Sancendo non solo la fine della band, ma anche la sua fine artistica. Felicità puttana, ruffiana già dal titolo, era la seconda traccia incaricata di anticipare l’uscita del primo album per una major, la Universal, album che sarebbe uscito in settembre e dall’altrettanto ruffiano titolo Love. Vera e propria voragine nelle casse della major francese, se è vera la voce secondo cui la band firmà un contratto milionario giusto un anno prima di mandarsi allegramente a quel paese, e giusto un secondo dopo aver riempito, parzialmente e coi soliti trucchetti dei promoter italiani, il Circo Massimo di Roma.

Film, album solisti e canzoni imbarazzanti ci hanno restituito un Tommaso Paradiso imbolsito (artisticamente)

Da quel momento, dopo le prime giornate passate a cercare di capire quel che era ben più che palese, cioè che chi aveva scritto tutte le tracce volesse da un certo momento in poi capitalizzare in solitaria un successo comunque ottenuto in gruppo, è cominciato una sorta di circo (non Massimo) di ipotesi su quello che il futuro avrebbe riservato a Tommaso Paradiso. Perché era indubbio che da un lato il nostro avesse una certa facilità nel tirare fuori motivetti ruffiani, siamo sempre lì, capaci di diventare hit, ma dall’altro, vedi tu la sfiga, la pandemia prima, e un cambio di mode musicali poi, sembravano mettere in dubbio quella deflagrazione tipo Ground Zero che in molti, specie chi aveva posto il contratto milionario sotto il naso dei TheGiornalisti, sembrava dare per certo. Così ecco alcuni singoli, il primo, Non avere paura è uscito praticamente mentre ancora la faccenda della sua fuoriuscita dai TheGiornalisti non era manco chiarissima, e considerando che per caricare le canzoni su Spotify, specie allora, ci voleva ben più di qualche giorno, in molti hanno pensato che fosse tutto stato organizzato per tempo, con buona pace di coloro che sin da subito sono stati “gli altri due dei TheGiornalisti”. Brani quali I nostri anni, Ma lo vuoi capire, Ricordami, accompagnati da pezzi altrettanto imbarazzanti quali La luna e la gatta, in compagnia di Calcutta e Jovanotti, tutti ospiti di Takagi & Ketra per i quali Paradiso aveva già scritto L’esercito dei selfie, cantata da Arisa e Lorenzo Fragola, e con cui aveva collaborato in Da sola/In the night, in compagnia di Elisa. Insomma, una accelerazione couplandiana verso l’effimero e il pop usa e getta, con numeri che però col tempo si sono fatti meno roboanti, e di conseguenza hanno reso il suo nome un po’ meno pesante (fatto che per chi ambisce a essere re della musica leggera potrebbe dar vita a un paradosso). L’uscita del suo film, come autore, Sotto il sole di Riccione, in piena pandemia, del suo primo film da regista, Sotto le nuvole nel 2022, e poi del suo primo album solista, Space Cowboy, manco fosse Jamiroquai, ce lo hanno restituito  imbolsito, non fisicamente ma artisticamente, appannato, e forse fuori tempo massimo (sempre senza circo).

Tommaso Paradiso, un tramonto in solitaria
Tommaso Paradiso al Giorgio Armani Fashion Show nel 2021 (Getty Images).

Amore indiano e l’improbabile collaborazione con i Baustelle

Una sua continuamente ventilata e poi sfumata partecipazione al Festival di Sanremo, ma soprattutto il suo essere uscito dai radar di chi la musica la ascolta di frequente – oggi un pubblico giovanissimo dedito in prevalenza a quella effimera forma di rap che ha gente come Tedua, Lazza o Rkomi come alfieri – l’ha visto passare nel giro da poco tempo dalla figura di gigante a quella di nano (è una citazione di una figura retorica, alla larga i paladini del politicamente corretto). Il singolo dell’estate, Amore indiano, in compagnia dei Baustelle, accoppiata quantomai improbabile, più che provare a spostarlo dalle parti di una musica credibile (Bianconi e soci da sempre sono quasi intoccabili per la critica), sposta questi ultimi nei pressi di un baratro nel quale cadere potrebbe risultare fatale. Non fosse che la musica proposta negli anni – fatta salva qualche eccezione come alcune tracce di Completamente Sold Out e anche Luca lo stesso scritta per Luca Carboni, ma parliamo del 2015 – è di quelle che sì ti si incollano alla testa, ma esattamente come ti si incolla al palato una di quelle caramelle gommose che sai ti porterà via una otturazione, e comunque ti farà cariare almeno un paio di molari – verrebbe da dire che è un peccato che Tommaso Paradiso sia già uscito di scena. Ci consola l’idea che non avremo altri modi di dire quali quello da cui questo articolo ha mosso i primi passi: la corsa che la nostra cultura, parlo di cultura popolare, sta facendo come un gruppo di Lemming verso il burrone è già piuttosto lanciata di suo, possiamo serenamente rinunciare a dover spiegare ai nostri figli che non si dice «faccio a schiaffi con le onde e con il vento e le prendo», a meno che non le vogliano prendere davvero.

Tony Bennett è morto, addio all’ultimo crooner americano

È morto a 96 anni Tony Bennett, leggenda della musica mondiale e ultimo crooner americano. L’annuncio arriva dalla sua portavoce Sylvia Weiner. Malato di Alzheimer dal 2016, non aveva mai smesso di incidere canzoni ed esibirsi dal vivo. L’ultima apparizione risale infatti all’agosto 2021, quando cantò assieme a Lady Gaga al Radio City Music Hall di New York nello spettacolo One Last Time. In oltre 70 anni di carriera ha pubblicato circa 100 album e vinto decine di riconoscimenti, tra cui 20 Grammy Awards e due Emmy.

Tony Bennett, dalle origini italiane al successo nel mondo

L’infanzia in povertà e le prime hit, da Because of You a Rags to Riches

All’anagrafe Anthony Benedetto, nacque a New York il 3 agosto 1926 da una famiglia di origini italiane. Suo padre era infatti John Benedetto, un negoziante che nel 1906 era emigrato negli Stati Uniti da Podàrgoni, non lontano da Reggio Calabria, mentre sua madre Anna Suraci era una sarta nata in America da genitori calabresi. Dopo aver trascorso l’infanzia in povertà, ha iniziato a cantare da bambino e ha studiato musica e pittura alla High School of Industrial Art di New York. Fra i suoi idoli musicali in adolescenza ha sempre citato Al Jolson e Bing Crosby. In seguito ha anche mostrato apprezzamenti per Frank Sinatra, Billie Holiday e Judy Garland. Proprio The Voice lo definì, come ha ricordato Variety, «il più grande cantante popolare del mondo», degno erede di leggende del calibro di Cole Porter, George Gershwin, Duke Ellington, Richard Rodgers e Oscar Hammerstein.

È morto a 96 anni dopo una lunga malattia Tony Bennett, celebre crooner americano. In oltre 70 anni carriera 100 album e 20 Grammy Awards.
Tony Bennett in un live del 2019 (Getty Images).

Nel 1944, al compimento dei 18 anni, si arruolò e combatté per la fanteria americana durante la Seconda guerra mondiale, contribuendo alla distruzione di un campo di concentramento nazista. «A volte sentivamo i tedeschi sussurrarsi l’un l’altro», scrisse nella sua autobiografia Just Getting Started. Dopo il conflitto, rimase nell’esercito dove iniziò a cantare come membro di una banda. Reduce da alcune registrazioni prive di successo alla fine degli Anni 40, all’inizio dei 50 conobbe il comico Bob Hope che gli fece ottenere un contratto con la Columbia Records ribattezzandolo Tony Bennett, abbreviazione e americanizzazione del suo nome di battesimo. Infilò tre canzoni al numero uno, unendo il genere pop al crooning alla Sinatra: sugli scudi Because of You, title track del suo album di debutto, ma anche Cold, Cold Heart e Rags to Riches, poi usata da Martin Scorsese per i titoli di testa di Quei bravi ragazzi.

Il buio degli Anni 70 e le collaborazioni più recenti

Negli Anni 70 fondò una sua casa discografica ma, vittima di inefficienti campagne pubblicitarie, naufragò presto. Si ritrovò improvvisamente senza un’etichetta che pubblicasse i suoi brani, in piena crisi coniugale e alle prese con la dipendenza da cocaina. Lo salvò Danny, il figlio primogenito che ebbe con la prima moglie Patricia Beech (si sposò altre due volte), che nel 1980 assunse la direzione della sua carriera. Apparendo in alcuni programmi televisivi, tra cui il David Letterman Show e gli Mtv Music Awards, seppe reinventarsi al fianco di artisti di ogni genere. Basti pensare a Stranger in Paradise, cantato con Andrea Bocelli, o Body and Soul con Amy Winehouse, pubblicato nel 2011 quattro mesi prima della sua morte. «Era la migliore di tutti quelli che ho incontrato», disse di lei in un’intervista. «Volevo dissuaderla dalla droga, ma non ho potuto».

Nel 2014 la prima collaborazione con Lady Gaga, sua fan di vecchia data, che diede vita all’album Cheek to Cheek. Al suo interno i brani Nature Boy e I Can’t Give you Anything but Love. Nel 2021 giunse invece il loro secondo featuring, l’ultima delle 103 pubblicazioni in studio di Tony Bennett. Love for Sale fu un omaggio a Cole Porter ma soprattutto all’amicizia fra i due artisti, che cantarono dal vivo il 3 e il 5 agosto dello stesso anno a New York. Furono anche gli ultimi due live del crooner che, proprio in quei mesi, aveva rivelato di soffrire di Alzheimer dal 2016.

Chemical Brothers, rinviato al 2 settembre il concerto di Lucca

I Chemical Brothers non suoneranno domenica 23 luglio al Lucca Summer Festival. Il concerto, previsto in piazza Napoleone, è rinviato per un problema di salute di Tom Rowlands, fondatore del duo assieme a Ed Simons. Ad annunciarlo la stessa band tramite i suoi profili social. «Il live è stato posticipato per un’infezione a un orecchio che ha colpito Tom dopo gli ultimi show», si legge nel post. «I dottori gli hanno ordinato di non prendere aerei e di non esporsi a musica ad alto volume». La nuova data è prevista per il 2 settembre al Parco BussolaDomani di Lido di Camaiore, sempre in provincia di Lucca. I biglietti già acquistati saranno validi anche per la nuova location, mentre presto sarà possibile chiedere il rimborso su www.rimborso.info/. «Sono incredibilmente frustrato nel comunicarvi che è impossibile esibirmi in Italia», ha scritto invece Rowlands rivolgendosi ai fan. «Spero di guarire presto e di rivedervi il prima possibile».

Chemical Brothers, l’8 settembre arriva il nuovo album

Il nuovo live dei Chemical Brothers si terrà appena sei giorni prima dell’uscita del loro decimo album in studio, dall’8 settembre su tutte le piattaforme. Chissà dunque che la band non anticipi qualche brano in esclusiva per il pubblico italiano per farsi perdonare dell’inconveniente. Il nuovo disco si intitolerà Fot That Beautiful Feeling e conterrà 11 canzoni tra cui i singoli No Reason e The Darkness That You Fear già online. Ci sarà anche Live Again, brano pubblicato a giugno, con la voce della francese Halo Maud. Grande attesa per il ritorno di Beck, cantautore statunitense che collaborò con i Chemical Brothers nel 2015 nella traccia Wide Open. Il 26 ottobre invece uscirà anche Paused in Cosmic Reflection, autobiografia in cui Rowlands e Simons ripercorreranno la loro carriera. Nel libro anche interviste ad alcuni artisti che hanno collaborato con il duo, tra cui l’ex Oasis Noel Gallagher.

Posticipato al 2 settembre il concerto dei Chemical Brothers a Lucca previsto per il 23 luglio. Info su biglietti e rimborsi.
I Chemical Brothers live al Coachella 2023 (Getty Images).

Barack Obama, ecco la playlist dell’estate 2023 con Bob Dylan e Nicky Minaj

Nuovo tradizionale appuntamento con il jukebox di Barack Obama. L’ex presidente degli Stati Uniti, come ogni anno, ha infatti pubblicato su Twitter la sua personale playlist con i brani da ascoltare in estate. «Un mix di vecchio e nuovo», ha scritto Obama, invitando poi i suoi 132 milioni di follower a commentare con alcune proposte personali. «Non vedo l’ora di sentire cosa ho dimenticato». La compilation di 41 brani spazia fra più generi, dal rock dei Rolling Stones ai ritmi spagnoli di Rosalìa fino al rap di Ice Spice e Nicky Minaj. Online anche una lista di libri da leggere sotto l’ombrellone.

Barack Obama ha pubblicato su Twitter la sua playlist dell'estate 2023. Dentro anche Rolling Stones, Tina Turner, Leonard Cohen e Rosalia.
L’ex presidente Usa Barack Obama in un suo intervento del 2022 (Getty Images).

Nella playlist di Barack Obama anche Tina Turner e Aretha Franklin

Come da tradizione, nella sua personale playlist dell’estate Barack Obama ha inserito brani degli Anni 60 accanto a nuove hit del 2023. Non sorprende dunque di trovare Fast Car di Luke Combs, cover del brano di Tracy Chapman, accanto a Dr Feelgood di Aretha Franklin, oppure Princess Diana del duo Ice Spice e Nicky Minaj assieme alla versione live di Dance Me to the End of Love di Leonard Cohen. Fra i consigli dell’ex inquilino della Casa Bianca anche California Love di 2Pac, I’ll Stand by you dei Pretenders e Soul Survivor dei Rolling Stones, dall’album Exile on Main St. del 1972. Spiccano Everything is Broken di Bob Dylan, Blue Train di John Coltrane, River Deep – Mountain High di Ike e Tina Turner e Just Breathe dei Pearl Jam. Nella playlist dell’estate 2023 anche (Sittin’ On) the Dock of the Bay, brano Anni 60 di Otis Redding.

Barack Obama non ha però dimenticato anche le nuove star della musica mondiale. Nella sua playlist per l’estate c’è infatti Rosalìa con la sua nuova pubblicazione Vampiros assieme a Rauw Alejandro. Spazio anche per Drake e il featuring Who Told You con J Hus, Sza e la sua Snooze e La Doña con Penas con Pan. Non manca il country di Ashley McBride con la hit The Devil I Know e il folk rock delle Boygenius con Not Strong Enough. Barack Obama consiglia di ascoltare in vacanza e in spiaggia anche Burna Boy e 21 Savage con la loro Sittin’ on top of the World e The World is Yours del rapper Nas.

Non solo musica, online anche un elenco di libri

Oltre alla playlist musicale, Barack Obama ha pubblicato anche alcune proposte di lettura con tante nuove uscite americane del 2023. Spiccano King: A Life, biografia di Martin Luther King scritta da Jonathan Eig, e Poverty, By America di Matthew Desmond, fra i libri consigliati anche dal New York Times. L’ex presidente americano ha suggerito anche il romanzo d’esordio di DK Nnuro, What Napoleon Could not Do che narra il viaggio di due ghanesi verso gli Stati Uniti. L’elenco comprende anche Birnam Wood di Eleanor Catton, Small Mercies di Dannis Lehane, All the Sinners Bleed di SA Cosby e Blue Hour di Tiffany Clarke Harrison. Menzione speciale per The Wager di David Grann, saggista autore di Killers of the Flower Moon, adattato da Martin Scorsese nel film omonimo dal 19 ottobre in sala. Tutti i libri sono disponibili, in inglese, su Amazon.

I Coldplay annunciano due date a Roma nel 2024

I Coldplay tornano in concerto in Italia nel 2024. L’annuncio è arrivato nella mattinata di giovedì 20 luglio, ma la voce riguardante un possibile ritorno nel nostro Paese di Chris Martin, Guy Berryman, Jonny Buckland e Will Champion già circolava online da qualche giorno.

I Coldplay live allo stadio Olimpico di Roma il 12 e il 13 luglio 2024

Dopo il successo dei sei appuntamenti live dello scorso giugno allo stadio San Siro di Milano e al Maradona di Napoli, i Coldplay faranno il loro ritorno nella Capitale per due eventi dal vivo fissati i prossimi 12 e 13 luglio 2024 allo stadio Olimpico. La nuova serie di date europee in programma per il prossimo anno prenderà il via l’8 giugno del 2024 all’Olympic Stadium di Atene e proseguirà fino al 30 agosto, quando il gruppo chiuderà la leg europea del Music Of The Spheres World Tour 2024 esibendosi al Croke Park di Dublino. La notizia era nell’aria da un po’ di tempo: in occasione del recente concerto ad Amsterdam, infatti, la band britannica aveva trasmesso un video nel quale era possibile vedere una serie di bandiere degli stadi oggetto del prossimo tour tra cui spiccava anche il Tricolore italiano. Poche ore dopo, inoltre, era apparso di fronte al Vaticano un misterioso cartello che faceva riferimento a un imminente annuncio del gruppo in programma proprio per il 20 luglio.

I Coldplay terranno due nuovi concerti in Italia il prossimo 13 e 14 luglio allo stadio Olimpico di Roma: ecco come partecipare.
Jonny Buckland, Chris Martin, Will Champion e Guy Berryman (Getty).

Prevendita dei biglietti a partire da martedì 25 luglio

I fan dei Coldplay possono registrarsi a partire da oggi stesso per accedere alla prevendita anticipata dei biglietti, che prenderà il via alle ore 9.00 di martedì 25 luglio sul sito Coldplay.com. I biglietti saranno poi disponibili in pre-sale esclusiva per tutti gli utenti iscritti al servizio My Live Nation a partire dalle ore 9.00 di mercoledì 26 luglio. La vendita generale dei biglietti, invece, sarà aperta dalle ore 10.00 di venerdì 28 luglio su www.ticketmaster.it, www.ticketone.it e www.vivaticket.com. Per l’occasione, i Coldplay hanno annunciato che renderanno disponibile un numero limitato di Infinity Tickets in un secondo momento: si tratta biglietti “speciali” che vengono rilasciati per ogni show dei Coldplay per rendere il Music Of The Spheres World Tour accessibile ai fan ad un prezzo più contenuto (20 euro).

Rockin’1000 For Romagna 2023: data e cast del concerto di beneficenza

Rockin’1000 for Romagna 2023 è il maxi concerto dello Stadio Dino Manuzzi di Cesena organizzato per dare un aiuto concreto alla regione colpita duramente dall’alluvione.

Ospite d’onore Diodato

Rockin’1000 For Romagna è l’evento di beneficenza più atteso dell’estate 2023, un concertone dedicato alla popolazione vittima dell’alluvione dell’Emilia Romagna che si terrà sabato 29 luglio a Cesena. La padrona di casa è Lodovica Comello che presenterà il grande evento mentre ospite d’onore è Diodato. Il cantautore sta portando in giro per l’Italia il suo ultimo album, Così speciale, con il tour Così speciale summer tour ma nonostante i suoi impegni musicali non ha rinunciato a partecipare al concerto di beneficienza dove si esibirà con la band più grande del mondo: 1000 musicisti suoneranno con lui un originale medley realizzato proprio per il Rockin’1000 For Romagna. La band sarà diretta da due direttori d’orchestra: Rodrigo D’Erasmo e Daniel Plentz. Rockin’1000 for Romagna 2023 è un evento organizzato e promosso da Rockin’1000.

Rockin'1000 for Romagna 2023 è il maxi concerto di Cesena previsto per il prossimo 28 luglio. Un evento benefico a supporto delle popolazioni colpite dall'alluvione.
Lodovica Comello (Getty Images).

Che cos’è Rockin’1000?

Rockin’1000 non è soltanto un evento ma un vero e proprio fenomeno globale, nato dal sogno di Fabio Zaffagnini, geologo marino, di portare la sua band preferita, i Foo Fighters, in Italia. Per farlo, nel 2015 ha realizzato un enorme concerto composto da 1000 appassionati di rock e della band americana che hanno suonato e cantato simultaneamente Learn To Fly. Da lì è partito un progetto che adesso conta centinaia di concerti in tutto il mondo ad opera della la rock band più grande del pianeta. Chitarristi, bassisti, batteristi, tastieristi e cantanti, oltre a sezioni di fiati e sezioni di archi si uniscono e suonano i pezzi che hanno fatto la storia della musica rock: Queen, Led Zeppelin, AC/DC, Jimi Hendrix, Rolling Stones, Oasis, Nirvana e tanti altri.

Rockin'1000 for Romagna 2023 è il maxi concerto di Cesena previsto per il prossimo 28 luglio. Un evento benefico a supporto delle popolazioni colpite dall'alluvione.
Diodato (Getty Images).

Dopo sette anni Rockin’1000 torna a casa

Dopo sette anni dallo storico primo concerto, Rockin’1000 torna così allo stadio di Cesena. La band in otto anni ha suonato negli stadi più importanti del mondo, dal Brasile alla Spagna, dalla Francia alla Germania. Fabio Zaffagnini ha raccontato l’emozione di tornare a Cesena e soprattutto di farlo dopo l’alluvione: «Sono passati sette anni dal nostro debutto allo stadio di Cesena, abbiamo deciso che questa fosse l’occasione migliore per tornare a casa, dopo aver fatto il giro del mondo, suonando davanti a decine di migliaia di persone. L’alluvione ci ha colpiti profondamente, la nostra sede è finita sott’acqua e il legame con il territorio è sempre molto forte e vivo» ha dichiarato il fondatore che ha voluto fortemente lanciare questa raccolta fondi. Ma il concertone che andrà in scena il 29 luglio non sarà solo un evento di raccolta fondi ma come ci tiene a sottolineare lo stesso Zaffagnini vuole essere anche un segnale di ripartenza: «Vogliamo mostrare come la Romagna non sia più in ginocchio, ma al contrario, una terra che si è rimessa in carreggiata, pronta ad accogliere milioni di turisti con i servizi ed il sorriso di sempre».

Jovanotti dall’ospedale: «Intervento riuscito, siete il mio antidolorifico»

Tramite una Instagram Stories pubblicata qualche ora fa, Lorenzo Cherubini Jovanotti ha tenuto a mantenere aggiornati tutti i suoi follower rispetto alle sue attuali condizioni di salute dopo il brutto incidente in bicicletta dove è rimasto coinvolto un paio di giorni fa.

Jovanotti dall’ospedale: «Intervento riuscito, siete il mio antidolorifico»

L’artista di Il più grande spettacolo dopo il Big Bang si è limitato a pubblicare una foto del tatuaggio che ha sul petto, una tigre, ancora circondato da bende e garze con cui è stato medicato dopo l’intervento, che a quanto sembra è filato liscio. «L’intervento è andato bene, ora dolore fortissimo. Ma passerà, grazie davvero! Il vostro affetto è un antidolorifico magnifico. Grazie!», ha scritto il cantante via social, ancora a riposo e in attesa di poter riprendere le sue attività quotidiane.

Incidente di Jovanotti in bicicletta: cos’è successo e quali ferite ha riportato

La disavventura è accaduta a Lorenzo Jovanotti mentre si trovava insieme alla famiglia in vacanza a Santo Domingo ed è stata raccontata dal diretto interessato con una serie di video pubblicati sul suo canale TikTok ufficiale. In base al suo racconto, sembra che il cantante stesse facendo tranquillamente un giro per le piantagioni di canna da zucchero del posto, quando all’improvviso ha perso il controllo del mezzo su due ruote ed è caduto. L’artista è stato immediatamente soccorso dai paramedici sul posto, rendendosi conto quasi subito di quanto gravi fossero le ferite che aveva riportato. Trasportato in ambulanza al più vicino ospedale, Jovanotti è stato così sottoposto ad ulteriori controlli che hanno evidenziato dei danni importanti a livello di clavicola e femore, rotti in vari punti. «Ho rotto la clavicola e il femore in tre punti. Fa malissimo, fa un male bestiale. Però ho trovato un ortopedico qui a Santo Domingo e domani, forse, mi operano. Mi devono mettere un chiodo di titanio», aveva precisato fin da subito Cherubini, tranquillizzando però i fan in apprensione per lui con il suo immancabile sorriso.

Muse a Roma, cambia l’orario del concerto all’Olimpico: troppo caldo

Anche i Muse si arrendono al caldo torrido di Roma. La band di Matt Bellamy ha deciso di posticipare l’orario di inizio del concerto in programma il 18 luglio allo stadio Olimpico. La nuova apertura dei cancelli è prevista a partire alle 17 per il prato e alle 18 per le tribune, mentre il live inizierà alle 21.45. Parlando di un «caldo senza precedenti», la band su Instagram ha confermato l’attivazione di «misure supplementari sia all’interno sia all’esterno della struttura per proteggere i fan». Si raccomanda inoltre di non arrivare troppo in anticipo rispetto all’apertura dello stadio, di idratarsi a sufficienza e di ricorrere a protezioni solari e berretti. «Prendetevi cura gli uni degli altri», ha concluso la band su Instagram. «Se siete preoccupati per la vostra salute, recatevi in una delle postazioni mediche». I Muse saranno poi il 22 luglio a Milano per uno show a San Siro.

Muse, i nuovi orari del concerto all’Olimpico e la possibile scaletta

Dopo l’apertura dei cancelli, il pubblico avrà circa un paio d’ore per prendere posto e prepararsi all’inizio delle esibizioni. Prima dei Muse, infatti, sarà la volta dei due gruppi spalla che accompagnano la rockband inglese in tutte le tappe europee del loro Will of the People Tour. Intorno alle 19.15 saliranno sul palco gli One Ok Rock, artisti giapponesi con quasi 10 album all’arrivo in circa 20 anni di carriera. Alle 20.15 invece sarà il turno dei Royal Blood, duo di Brighton formato da Mike Kerr e Ben Thatcher. Fra i loro brani più noti ci sono Figure it Out, hit da quasi 40 milioni di visualizzazioni su YouTube, e Trouble’s Coming.

I Muse hanno annunciato su Instagram che il concerto del 18 luglio a Roma inizierà alle 21.45 per il troppo caldo. La possibile scaletta.
I Muse in concerto in California a gennaio (Getty Images).

Quanto alla scaletta, oltre alle canzoni del loro ultimo album Will of the People, i Muse suoneranno anche i pezzi più noti della loro carriera. Basandosi sull’ultimo live di Berna, in Svizzera, è probabile che Matt Bellamy e soci regalino ai loro fan hit del passato. Dal disco Black Holes and Revelation del 2006 – in parte registrato tra l’altro a Milano – dovrebbero esserci Knight of Cydonia, Supermassive Black Hole e Starlight. Spazio alle canzoni di The Resistance, dalla title track omonima alle hit Uprising e Undisclosed Desires. Nel live di Roma i Muse potrebbero anche suonare Time Is Running Out e Madness, tratto dall’album del 2012 The 2nd Law.

Cosa ci dice la classifica Fimi della discografia italiana

È estate, fa caldo, in alcuni giorni caldissimo, e come ogni estate a metà luglio esce la classifica FIMI dei dischi più venduti nel primo semestre dell’anno: niente di nuovo sotto il sole, anche se a dirla tutta qualche sorpresa c’è, eccome. In questa prima frase ci sono due passaggi, almeno due passaggi, che faranno storcere il naso a molti. Il primo, relativo al caldo, più che un passaggio è una omissione, perché d’estate, si sa, fa caldo, ma è soprattutto l’umidità a determinare la temperatura percepita, quella che realmente sentiamo. Il secondo, invece, farà storcere il naso agli appassionati di musica d’una volta, per quell’aver parlato di dischi anche oggi che di dischi dischi non se ne vendono più e che la classifica è sostenuta quasi al 100 per cento dallo streaming (chi vi parla di ritorno del vinile, coi numeri che il vinile muove, mente sapendo di mentire).

Nella classifica dei dischi in testa Geolier seguito da Lazza e Mengoni

Preso atto che la discografia si chiama discografia anche oggi, perché streamografia suona oggettivamente male, e preso atto che certi modi di dire sono lunghi a morire, andiamo ad analizzare i dati presentati da FIMI, quelli sì interessanti. Vince Geolier, col suo Il coraggio dei bambini- Atto II. È suo l’album più ascoltato di questa prima metà del 2023. Un ritorno, quello del rapper napoletano, che ha in qualche modo confermato quanto di buono aveva già fatto vedere, andando a capitalizzare il tutto con numeri pazzeschi. Sotto di lui, sul podio, Sirio di Lazza, album che nel 2022 è stato campione di vendite (anche qui, parlare di vendite ha la stessa valenza che parlare di dischi, siamo nel mondo dell’effimero, tant’è). Al terzo gradino del podio c’è invece la quota pop, fate attenzione, rappresentata da Materia (Prisma) di Marco Mengoni, vincitore di Sanremo.

A seguire, come nei peggiori incubi di chi ama il bel canto e la melodia, ma magari anche solo la musica internazionale, toh, Guè con Madreperla, Shiva con Milano Demons (non fatevi incantare, Shiva è italiano), Tedua con un album dal modesto titolo La Divina Commedia, Ultimo con Alba, Tananai con Rave, Eclissi, i Pinguini Tattici Nucleari, che al momento stanno portando a casa un tour con 11 stadi sold out compresi due San Siro e due Olimpico, con Fake News, e i Maneskin con Rush. In quella dei singoli, tanto per allargare il quadro, Lazza con Cenere vince, seguito da Mengoni con Due Vite, sovvertito il risultato finale del Festival, terzo il solito Mr Rain coi suoi bambini in Supereroi, Tananai con Tango, Bizarrap & Quevedo con Bzrp Music Sessions Vol. 52, e poi Finesse di Shiva con Sfera Ebbasta, Guè e Gelosa, Madame, toh una donna, con Il bene nel male, Miley Cyrus con Flowers, Guè con Anna e Sfera Ebbasta con Cookie N’ Cream e chiude Matteo Paolillo con Icaro, Lolloflow e Clara con Origami all’alba.

In quella dei singoli di donne ci sono solo Madame e Miley Cyrus: dominano uomini e italiani

Allora, guardiamo i fatti. Nella classifica degli album sono tutti italiani, in quella dei singoli ci sono giusto un paio di forestieri. In quella degli album non ci sono donne, in quella dei singoli ci sono Madame e Miley Cyrus. Nella classifica degli album, soprattutto, c’è un bel florilegio di rapper/trapper/urban, l’indie è scomparso ormai da tempo all’orizzonte, e i Maneskin, che spopolano nel mondo facendo tour davvero in ogni angolo del pianeta, sono solo decimi, con un lavoro per altro uscito verso la fine dell’anno (ma Damiano e soci, da noi, sono poco amati, a parte su Instagram, è noto). Nei singoli, va detto, domina Sanremo, i primi quattro sono praticamente quattro quinti dei finalisti, e anche Madame, sola donna, arriva da lì.

Cosa ci dice la classifica Fimi della discografia italiana
Madame (da Instagram).

La sorpresa è chi non c’è: Da Tiziano Ferro a Jovanotti fino ad Annalisa ed Elodie

E quindi arriviamo alle sorprese, quelle vere e quelle che in realtà spacciamo per tali tanto per sottolineare l’ovvio, «ma dai, e chi lo avrebbe mai detto». Dalla classifica FIMI del primo semestre 2023 mancano alcuni nomi che, un tempo, sarebbero stati serenamente in Top 10, probabilmente in vetta. Un nome su tutti? Tiziano Ferro, uscito a fine 2022 e solo 54esimo in classifica. Ma non solo lui. Pensiamo a Jovanotti, per dire, e al suo protetto, so che fa ridere, Gianni “onnipresente” Morandi. Mancano, poi, e questa è clamorosa e ripropone la faccenda del caldo reale e del caldo percepito, la quota di hit che invece magari spopolano o hanno spopolato in radio. Per dire, Annalisa, vera regina dell’estate, indiscussa, non è in Top 10 dei singoli né con Bellissima, la hit uscita a settembre ma che a inizio anno era in testa alle classifiche di ascolti, né Mon Amour, tormentone che sta mandando a casa i tormentoni naturali di ogni estate, i reggaeton e le multicollaborazioni, compresa quella della stessa Annalisa con Fedez e gli Articolo 31. Ci sono invece brani, penso a Shiva, penso ai brani multipli di Guè, che molti dei lettori probabilmente non avranno mai ascoltato, e se lo avranno fatto sarà con un certo sconcerto. Dando a tutti la sensazione che le classifiche, appaltate ai giovanissimi muniti di cellulare e dell’abbonamento premium dei genitori, ma con ascolti decisamente più compulsivi di loro, poco abbiano a vedere con un gusto generale e generalista, e soprattutto con quel che passano le radio e le filodiffusioni dei supermercati (un tempo a dominare era chi vinceva Festivalbar, e vinceva Festivalbar chi dominava, oggi c’è un certo scollamento tra classifica FIMI e mondo reale, sembra). Considerando che Geolier, per ora, scalza Lazza, che a sua volta aveva scalzato Rkomi col suo Taxi Driver, ce n’è abbastanza per dire che sì, in effetti la musica è cambiata, temo non esattamente in meglio, stando ai gusti di chi poi incide sulla classifica di vendita. Il fatto che non ci siano praticamente stranieri, né donne – Elodie, per dire, che fine ha fatto? È in Top 20 col suo album Ok, respira, certo, ma unica rappresentante femminile in una pletora di maschietti rappanti – è sintomo di una qualche forma malata di nazionalismo che però a sua volta è malato di appropriazione culturale verso chi il rap e la trap ha inventato e li sa fare decisamente meglio.

Cosa ci dice la classifica Fimi della discografia italiana
Annalisa (da Instagram).

I vincitori morali restano Annalisa, regina dell’estate, e Tananai

L’idea, più volte buttata lì da alcuni addetti ai lavori compreso chi scrive, di fare classifiche diverse, streaming da una parte, vendite del fisico, dall’altra, biglietti dei concerti, dall’altra ancora, sta lì, inascoltata, e del resto stiamo parlando di classifiche dei dischi, mica di provare a indirizzare bene i fondi del Pnrr. Resta che se questa è la musica che gira intorno, forse, l’idea di A Quiet Place, film che mostra una invasione aliena dove i cattivi attaccano le persone attirate da suoni e rumori, così che gli umani sono costretti a vivere nel più assoluto silenzio per sopravvivere, fa un po’ meno paura. Mon Amour, detto questo, e classifica o non classifica, resta la canzone dell’estate, Tananai l’artista che meglio si è mosso, il fatto che ora lo rincorrano tutti, da Laura Pausini in qua, è un fatto. Ah, nemmeno Laura Pausini è dentro a queste classifiche, ma questo lo leggerei come un ottimo segnale. Mon Amour di Annalisa, e Tango di Tananai dovrebbero stare in vetta. Poi sicuramente ci sarà Shiva, Paky o Minchia a scalzarli da un qualche podio, ma sarà solo un numerino, niente a che fare col caldo percepito. È tutta una questione di umidità, signora mia.

Cosa ci dice la classifica Fimi della discografia italiana
Tananai (da Instagram).

L’ennesimo ritorno di Britney Spears e il rischio revival

Attenzione attenzione: è tornata Britney Spears. Non che se ne sia mai andata davvero, ma stavolta è tornata. O è tornata di nuovo, come già altre volte in passato, un ritorno recidivo. Del resto, certi miti, sin dai tempi degli antichi greci, sono destinati a cadere e rialzarsi in una sorta di loop. Non fai in tempo a vederli rovinare a terra, la caduta del mito – non diciamo niente di nuovo, è uno degli spettacoli che più appassiona le masse sin dai tempi dei circhi al Colosseo – che eccoli rialzarsi, come Hulk Hogan quando i suoi incontri di wrestling sembravano destinati a terminare con una sua clamorosa sconfitta. Lui è lì a terra, l’avversario picchia come un fabbro e sembra non esserci ormai nessuna chance. Quando ecco che si alza il braccio, poi dalla mano chiusa a pugno si alza il dito indice, a fare il segno del no, tempo pochi secondi e il risultato si ribalta, il mito vince ancora, bye bye cattivone di turno.

Britney Spears, anni passati tra scandali, sfoghi e rivelazioni shock

Succede da sempre e da che i miti sono diventati le star del pop, con le loro mega hit, il successo sbriluccicoso del bling bling e le loro fragilità, gli eccessi e i vizi lasciati lì sotto gli occhi di tutti. Succede anche a loro, Michael Jackson e Madonna, almeno finché Michael Jackson c’è stato, a guidare la nuova stagione di miti. In questo Britney Spears è stata sin da subito un punto di riferimento perché, uscita dal mondo della Disney, amica nemica dell’altra popstar dei suoi tempi Christina Aguilera (una storia con l’altro Disney Justin Timberlake vissuta sotto gli occhi di tutti, con tanto di addio raccontato da quest’ultimi nel video di Cry Me a River), ha inanellato una serie di scivoloni più o meno rovinosi sin da subito: il matrimonio lampo, la carriera incartata e buttata nel cassonetto, i problemi di salute mentale esibiti a vantaggio di camera (tutti ricorderete il momento in cui si è rasata i capelli in pubblico). E, ancora, l’allontanamento dei figli e il padre che per 13 anni ha preso il controllo sulla sua vita e le sue finanze, con tanto di processo, anche quello sbandierato ai quattro venti, che l’ha vista vincitrice, finalmente tornata in possesso del suo destino. Nel mezzo, ma anche prima e pure recentemente, le foto in topless, quelle al naturale, le dichiarazione shock, una volontà quasi incrollabile di lavare quelli che tecnicamente sarebbero catalogabili come i panni sporchi, suoi e della sua famiglia, in pubblico. Al punto che, anche su questo si è a lungo discusso, il duetto fatto recentemente con Elton John, in una versione anch’essa imbarazzante e rovinosa di Tiny Dancer, è stato da molti letto come un tentativo in extremis aiuto da parte di chi, Elton John, da sempre si spende per aiutare i colleghi. Ricorderete tutti la mano data a George Michael dopo lo scandalo che lo coinvolse negli Usa.

La nuova collaborazione con Will.I.AM

Come se ci prendesse gusto a mettere a disagio chi la segue, evidenziando in tutti i modi le difficoltà che si trova a vivere e superare, e anche esponendosi a giudizi sommari e commenti perfidi, Britney, la Britney in teoria rinata dopo la sentenza che ha visto suo padre uscire di scena, decide finalmente di tornare. Così, a sorpresa, con un nuovo singolo dal titolo Mind Your Business, forse proprio un brano atto a raccontare le sue recenti vicende familiari. Un brano la cui uscita è prevista per il 21 di luglio, che viene annunciato alla chetichella da alcuni suoi fan sui social, e che, va detto, con quella collaborazione annunciata con Will.I.AM dei Black Eyed Peas, terza collaborazione in carriera tra i due, dopo Screem & Shout e e Big Fat Bass, potrebbe riservare non poche sorprese. Non solo. In autunno è atteso il primo libro della popstar, l’autobiografia The Woman in me edito in Italia da Longanesi.

Perché l'ennesimo ritorno di Britney Spears sa di revival
Il nuovo singolo di Britney Spears e Will.I.Am si intitola Mind your Business.

Un ritorno che ha il sapore di revival

Non fosse che nel mentre il mondo della musica si è totalmente rivoluzionato, l’età del target di riferimento della discografia si è abbassato verso i bambini, come se oggi fosse proprio il mondo Disney a essere al centro della loro attenzione, e Britney, che ricordiamolo nei primi Anni zero veniva indicata come ipotetica erede di Madonna, ben prima delle varie Lady Gaga, Beyoncé o Billie Eilish – fu lei la prima a baciarla, non scordiamolo – rischia di tornare, per l’ennesima volta, ma sotto forma di revival. Una specie di artista da baraccone destinata a una versione americana de I Migliori anni della nostra vita. Del resto anche Madonna ultimamente non se la passa troppo bene, non solo fisicamente – tutti abbiamo saputo del salvataggio in extremis con una iniezione di Narcan pochi giorni fa – ma anche artisticamente, sorta di labile ombra della regina del pop che è indubbiamente stata in passato. Non sempre, forse, conviene tornare, perché capita, come ci raccontava con tutta la maestria del caso Stephen King nell’introduzione della raccolta di racconti intitolata, appunto, A volte ritornano, che si finisca per credere a quei mostri che da sempre temiamo siano nascosti sotto il nostro letto di notte, e che anche quando pensavamo non esistessero non hanno mai mancato di farci paura.

 

Coez e Frah Quintale annunciano le date del tour insieme

L’attesa è finita: Coez e Frah Quintale hanno annunciato le date del loro tour nei palasport, con sei tappe nei principali palazzetti italiani a partire da gennaio 2024. Il tour, prodotto e organizzato da VivoConcerti, parte dall’Unipol Arena di Bologna il 13 gennaio 2024 e prosegue al PalaPartenope di Napoli il 18 gennaio, al PalaCatania di Catania il 20 gennaio 2024, al Palazzo dello Sport di Roma il 27 gennaio 2024 e il 29 gennaio 2024 al Mediolanum Forum di Milano. La data conclusiva sarà quella al Nelson Mandela Forum di Firenze il primo febbraio 2024.

Annunciate le date del tour di Coez e Frah Quintale: sei le date con partenza a gennaio e ultima data a febbraio.
Coez e Frah Quintale (foto Instagram).

L’album di Coez e Frah Quintale 

L’otto settembre uscirà Lovebars, il joint album di Coez e Frah Quintale per Undamento/Prodacto in licenza a Carosello Records/Warner Music. Al momento è disponibile in pre-order in quattro formati fisici: cd autografato, vinile autografato, vinile speciale autografato, bundle cd più t-shirt. Il disco in coppia contiene all’interno anche Alta Marea, il singolo prodotto da Golden Years e pre-prodotto da D-Ross e Startuffo.

Madonna e il nuovo post dopo il ricovero: «Il primo pensiero è stato per i miei figli»

La popstar ha pubblicato il suo primo post su Instagram dopo il recente malore e il ricovero in ospedale in terapia intensiva nel giugno scorso: «Il primo pensiero quando mi sono risvegliata in ospedale è stato per i miei figli. Il secondo è che non volevo deludere chi aveva comprato il biglietto per il mio tour e chi ha lavorato indefessamente con me negli ultimi mesi per mettere a punto lo show. Detesto deludere la gente».

La popstar ha pubblicato il suo primo post dopo il ricovero, accompagnato da una foto. Tra gli obiettivi, quello di tornare in salute.
Madonna, primo post dopo il ricovero (foto Instagram).

Le parole di Madonna ai fan: «Tornerò il prima possibile»

L’artista, che ha scritto di essere «in via di guarigione», ha ringraziato il suo pubblico «per l’energia positiva, le preghiere, gli auguri di guarigione e le parole di incoraggiamento» affermando «ho sentito il vostro amore». Ringraziamenti, ma anche prossimi progetti al centro del post di Madonna: «Ora il mio obiettivo è tornare in salute e forte. Vi assicuro che tornerò il prima possibile! Al momento il piano è riprogrammare la parte nordamericana del tour e iniziarlo in Europa in ottobre».

Tiziano Ferro devolve 200 mila euro per le popolazioni dell’Emilia Romagna

Il cantante, che per uno dei due appuntamenti romani del suo tour Tzn 2023 non aveva potuto prendere parte all’evento benefico dello scorso 24 giugno a Campovolo, si esibirà martedì 11 luglio sul palco dello stadio Dall’Ara di Bologna. L’artista, attraverso l’associazione Italia Loves Romagna, ha deciso di devolvere 200 mila euro a favore delle popolazioni alluvionate dell’Emilia Romagna.

L'artista devolverà la somma di 200 mila euro attraverso l’associazione Italia Loves Romagna. Martedì 11 luglio il concerto a Bologna.
Tiziano Ferro, cantante (Getty Images).

Tiziano Ferro, il tour

La tournée del cantante, iniziata lo scorso giugno allo stadio G. Teghil di Lignano Sabbiadoro, ha toccato dieci città diverse. Dopo la data di martedì 11 luglio a Bologna, il tour si avvierà verso la data conclusiva del 14 con lo show allo stadio Euganeo di Padova.

 

Morto Francesco Sanavio, il promoter che portò Ray Charles e B.B. King in Italia

La conferma è arrivata dalla figlia Jennifer su Instagram: Francesco Sanavio, imprenditore veneziano e fondatore nel 1975 della Franton Music, è morto all’età di 80 anni. Nell’ambiente musicale italiano è stato tra i primi promoter a portare nel nostro Paese alcuni dei più grandi artisti internazionali. I funerali si terranno giovedì 13 luglio presso la chiesa di San Paolo di via Stuparich, a Mestre, alle ore 9.

Francesco Sanavio, promoter e imprenditore musicale, è morto all'età di 80 anni. La notizia è stata confermata dalla figlia Jennifer.
B.B. King (Getty Images)

Scomparso il promoter della scena black in Italia

La sua attività di promoter fu fondamentale per la diffusione della black music nel nostro Paese. Da James Brown a Ray Charles, da B.B. King a Chuck Berry: sono solo alcuni dei nomi della cui promozione nel panorama nazionale si occupò Sanavio. Insieme a Franco Mamone, scomparso nel 1998, ebbe un ruolo chiave nel successo della Pfm.

La sua firma sulla edizione Sanremese del 1990

Grazie a Sanavio, nel 1990, venne organizzata una edizione storica del Festival di Sanremo, di ampio respiro internazionale durante la quale i big della musica internazionale interpretarono i brani in gara, tradotti in inglese, come accadde con Ray Charles e Good Love Gone Bad, abbinato a Gli amori di Toto Cutugno.

Da Drake a Harry Styles e Pink, i cantanti colpiti da oggetti sul palco

Dapprima erano le rose, oggi può essere di tutto. Da decenni i fan cercano di attirare l’attenzione del proprio idolo musicale lanciando sul palco oggetti più o meno grandi, sperando di ricevere anche solo un saluto o un cenno. La tendenza però sta diventando preoccupante, dato che si moltiplicano i casi di infortuni dei cantanti durante i concerti. L’ultimo riguarda il rapper canadese Drake, colpito da uno smartphone mercoledì 5 luglio a Chicago. Mentre eseguiva il brano So Anxious, il cantante è stato raggiunto da un cellulare sul polso sinistro. «È una moda assai preoccupante», ha raccontato all’Hollywood Reporter Todd Dukes, capo della sicurezza per i live di Justin Timberlake. «Non so cosa spinga i fan a farlo, ma dobbiamo fare attenzione».

Non solo Drake: da Bebe Rexha a Pink, i casi più eclatanti e bizzarri

Prima di Drake anche Bebe Rexha è stata raggiunta da uno smartphone

Il recente caso di Drake ricorda molto da vicino quanto accaduto a Bebe Rexha, cantante americana di origine albanese che ha scritto anche hit per Eminem e Rihanna. Il 18 giugno l’artista è stata infatti colpita alla testa da uno smartphone durante il suo live a New York. Come ha lei stessa confermato con un post su Instagram, ha riportato una ferita al sopracciglio sinistro. «I’m Good», ha scritto la cantante, citando l’omonima hit pubblicata con David Guetta. Immediato anche il sostegno sui social da parte di altre popstar, da Katy Perry a Demi Lovato.

Ceneri funerarie e formaggio brie: gli assurdi concerti londinesi di Pink

Ancor più assurda è la vicenda che ha coinvolto a Londra la cantante Pink. Ospite del festival musicale BST Hyde Park nella capitale britannica, si è esibita nelle date del 24 e 25 giugno ricevendo due regali a dir poco singolari. Nella prima , durante la performance della hit F-Perfect, un fan le ha consegnato un’intera forma di formaggio brie de meaux. Come si nota dai numerosi video pubblicati su Twitter e TikTok, Pink ha gradito il dono, tanto da andare immediatamente nel backstage per «metterlo al fresco». Ben diversa però la vicenda del giorno successivo, il 25 giugno. Una fan ha infatti lanciato sul palco un sacchetto contenente le ceneri di sua madre. «Non so davvero come sentirmi in questa situazione», ha risposto l’artista, prima di riprendere regolarmente a cantare Just Like a Pill.

Per ultimo Drake, ma prima era capitato a Bebe Rexha, Pink, Harry Styles e Ava Max. La tendenza assurda di lanciare oggetti ai cantanti.
Pink con in mano il sacchetto di ceneri e il formaggio (YouTube).

Adele sbotta contro i fan: «Smettetela di lanciare oggetti ai cantanti»

Meglio prevenire che curare. Lo deve aver pensato Adele che, durante il suo concerto a Las Vegas del 4 luglio, ha inviato un chiaro messaggio ai fan. «Provate a lanciarmi qualcosa e vi uccido», ha sbottato con in mano un cannone spara magliette in un linguaggio anche molto colorito. «Avete notato che ultimamente la gente ha dimenticato le fot***e buone maniere ai concerti?», ha proseguito l’artista. «Smettetela di tirare oggetti agli artisti». Dopo aver regalato alcuni gadget alla folla adorante, ha ripreso tranquillamente il live.

Lil Nas X e il sex toy al Lollapalooza di Stoccolma

Provocatorio nell’abbigliamento e nei testi delle sue canzoni, Lil Nas X è uno dei tanti cantanti ad aver raccolto oggetti sul palcoscenico. Il 3 luglio, durante la sua esibizione al festival Lollapalooza di Stoccoma, è stato colpito a un ginocchio – senza conseguenze – da un sex toy, lanciato da un luogo imprecisato della folla. Dopo averlo esaminato e mostrato ai ballerini con lui in scena, si è rivolto al pubblico scegliendo l’umorismo. «Chi ha voluto mostrare la sua sessualità sul palco?», ha ironizzato il rapper prima di riprendere l’esibizione.

Harry Styles fra caramelle, kiwi e mazzi di fiori

Fra i cantanti più amati dal pubblico mondiale, tanto da dominare le classifiche con ogni brano o disco, Harry Styles non poteva mancare in questa lista. Per l’ex One Direction, che il 22 luglio sarà in Italia per un concerto alla RCF Arena di Reggio Emilia, il lancio di oggetti sul palco è ormai un classico. L’ultimo caso risale al 20 giugno, quando un fan a Cardiff lo ha centrato con un mazzo di fiori. Chissà che ora non li vieti nelle prossime tappe, come fece nel 2017 con i kiwi. Styles infatti dovette ordinare espressamente alla sua sicurezza di controllare zaini e borse dei fan che, per omaggiare la hit Kiwi, avevano preso l’abitudine di lanciare i frutti sul palco. Fra ottobre e novembre 2022 invece l’artista era stato colpito da una bottiglia, che lo raggiunse alle parti basse, e alcune caramelle, che invece lo centrarono in un occhio.

Ava Max e Billie Eilish, per le cantanti schiaffi e strattoni dai fan

Non solo lancio di oggetti. Per alcuni cantanti il pericolo a volte si presenta tramite strattoni o persino ceffoni. Ne sa qualcosa Billie Eilish, che a Vanity Fair ha raccontato di essere stata afferrata più volte per il collo quando si è avvicinata alla folla per cantare. «L’eccitazione ti rende stupido», ha sbottato l’autrice di Bad Guy. Ava Max invece ha provato attimi di paura il 14 giugno quando, a Los Angeles, un uomo è riuscito a salire sul palco e a tirarle uno schiaffo in volto. «Mi ha graffiato l’interno dell’occhio», ha postato la cantante, che ha poi ringraziato il resto dei supporter. Secondo il sito americano Tmz la polizia non ha arrestato il colpevole, che non ha nemmeno motivato il folle gesto.

Salmo e Luchè ci hanno fregato: il dissing era solo uno spot

Per un attimo ci abbiamo creduto: dopo anni di coccole e collaborazioni, finalmente sembrava che il rap fosse tornato ai bei tempi in cui gli artisti se le dicevano di santa ragione, dissing dopo dissing. L’illusione però è durata poche ore, il tempo di qualche scazzottata in rima. Dietro la rissa verbale si nascondeva implacabile il business.

Con il dissing tra Salmo e Luchè abbiamo sperato nel ritorno del vero rap

Ad avere fatto ‘sognare’ i cultori del genere sono stati Salmo e Luchè. È successo che, dopo uno scazzo consumato su Instagram nel 2019, il primo ha infilato il secondo dentro una sua rima nel corso del Red Bull 64 Bars che qualche giorno fa lo ha visto protagonista. Niente di particolarmente violento, giusto un riferimento al telefono inglese che lo stesso Luchè aveva più volte citato appunto quattro anni fa (sosteneva di avere in un “telefonino inglese” un messaggio in cui Salmo si complimentava con lui per l’album Malammore) quando i dissapori erano venuti a galla in una serie di botta e risposta che avevano come tema chi era vero e chi no, chi era più bravo, insomma, roba da adolescenti, non fosse che il dissing è sempre stato parte dell’immaginario hip-hop. Quindi Salmo cita il telefono inglese, così, di sfuggita e Luchè, nel mentre ringalluzzito da buoni risultati raggiunti, perde la brocca. Tempo un paio di giorni e pubblica una traccia, Estate dimmerda 2, riprendendo il titolo di un hit del nostro, nella quale attacca sul personale e a più riprese il rapper sardo. Nei passaggi più duri fa riferimento a una presunta regalia di biglietti, 10 mila addirittura, per il concerto a San Siro, foto intime mandate alla fan via messaggio, oltre a varie e eventuali sul suo, di Salmo, essersi più volte speso in privato per dichiarare la sua stima al collega napoletano, salvo poi negarlo in pubblico. Apriti cielo. Salmo si incazza, e risponde davvero per le rime, andando a pubblicare una hit dal titolo Dove osano le papere. Una canzone violentissima, con rime vere, perché va detto che Luchè, tecnicamente, ha lasciato molto a desiderare con il suo brano in cui a osare erano le aquile. Si parla di chirurgia estetica, di incapacità nei live, e si affonda anche contro Dikele e la sua Esse Megazine, rei di aver appoggiato la carriera del cantante napoletano. A vederla così, Salmo avrebbe vinto ai punti. E nettamente. A lato pure una stoccata a Damiano dei Maneskin, colpevole di aver commentato con un «ouch» la canzone di Luchè. Solo che Luchè non ci sta, e torna con un nuovo brano, Hai paura di uscire? nel quale gli schiaffi ripartono di brutto, sempre con rime discutibili. A chiudere la canzone un invito incomprensibile, al momento, di vedersi a Scampia.

Nella rissa in rima interviene persino un big come Inoki

Nel mentre, tirato in ballo dal rapper napoletano, interviene anche Inoki, un campione vero della vecchia scuola, che con la sua Cazzominomini, nella quale per altro riprende il tipico flow di Nto, ex socio di Luchè nei Co’Sang – Salmo dirà a più riprese che dei due era lui quello bravo – si prende briga di regolare i conti, quasi cinque minuti di pugni in faccia. Pugni in faccia alla vecchia, con tanto di battute sulla presunta omosessualità di Luchè e con riferimenti al suo essere un pizzaiolo, non proprio originale per un napoletano, ma cinque minuti di puro stile. Ko tecnico, cui si aggiunge un brano, se vogliamo chiamarlo così, piuttosto delirante di Truce Baldazzi, a sua volta tirato in mezzo e lì a specificare che non ha nulla a che fare con la faccenda. Tanta roba, tanto più se si tiene conto che da anni il rap non ha più presentato dissing che possano dirsi tali, come quelli storici tra Fibra e Vacca, per dire, o lo stesso Inoki e Guè. Anzi è stato teatro di collaborazioni su collaborazioni perché, si sa, unendo le forze si fanno view e stream e ci si guadagna tutti. Neanche il tempo di ridere delle rime di Inoki che Salmo sembra chiudere la faccenda con nuove rime, sempre violente.

Salmo e Luchè ci hanno fregato: il dissing era solo uno spot
Inoki (dal profilo Instagram).

Il teatrino per lanciare il Red Bull 64 Bars a Scampia 

Ci eravamo così illusi di essere tornati ai tempi d’oro. Ma ecco che arriva la notizia che lì dove tutto è iniziato tutto andrà a finire, e che anche stavolta, come nel caso dei tanti Feat degli ultimi anni, di business si tratta. A ottobre a Scampia, là dove Luchè ha sfidato Salmo, ci sarà infatti un Red Bull 64 Bars con vari ospiti tra i quali, fate attenzione, Salmo e Luchè. Tra i protagonisti annunciati anche Lazza, Geolier, Noyz Narcos, Rose Villain e Miles. Salmo, proprio nelle ore nelle quali usciva la notizia dell’evento napoletano, si auto-dichiarava incoerente nei social, sottolineando come i dissing fossero tutto un gioco. E non stupisce vista la pace fatta persino con Fedez. Certo, un manto di tristezza si è posato sui cuori degli amanti del rap un po’ più attempati che almeno per qualche ora ci avevano creduto. Ma in fondo l’arte, anche quella che si spaccia per più vera e sincera, è tutta finzione, figuriamoci se era il caso di credere a due 40enni che hanno giocato a darsele e dirsele di santa ragione.

Ultimo rosica ancora e continua ad attaccare la stampa

Stando alla Treccani, il verbo “rosicare” indica un rodimento dovuto a invidia o gelosia. È evidente che dalla parte della Treccani si frequenti poco il mondo dei social, dove il verbo rosicare viene usato spesso per indicare chi è incartato in una condizione di rabbia illogica per ragioni che, appunto, non hanno a che fare con situazioni legate a invidia o gelosia, quanto piuttosto a un malumore dovuto da qualcosa che ci disturba. Je rode il culo, dove l’articolo piò essere sostituito comodamente dal romanesco “er” lo si può quindi applicare serenamente a chi apparentemente ha già tutto, sicuramente più di noi, ma è comunque disturbato da qualcosa che sta accadendo o è accaduto.

Ultimo rosica ancora e continua ad attaccare la stampa
Ultimo (dal profilo Instagram).

Le stroncature di Solo e di Vivo coi sogni appesi sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso

Ecco, se questo articolo fosse cominciato con un classico “A Ultimo je rode il culo con la stampa”, nessuno avrebbe dovuto avere nulla da eccepire. È un fatto, del resto, inoppugnabile, e il buon Niccolò, questo il suo nome all’anagrafe, da San Basilio, non ha perso occasione per farcelo capire anche dal palco del suo nuovo tour, nella data zero di Lignano Sabbiadoro. Durante l’esecuzione del brano Canzone stupida, infatti, quella che per intendersi inizia con «Avessi avuto solo un briciolo di dignità/ ti avrei mandata a fare in culo quattro mesi fa», Ultimo ha fatto proiettare sul maxi schermo alcuni articoli che negli anni lo hanno attaccato, qualcuno con riferimento all’ultimo Sanremo e agli applausi che avrebbero accolto il suo quarto posto, poi una stroncatura sul Fatto Quotidiano di Paolo Talanca del suo album Solo, e uno su Mow di Grazia Sambruna del suo documentario Vivo coi sogni appesi (Prime Video) andando poi a cambiare lievemente il testo alla canzone, dedicata in origine a una lei e qui trasformata in una canzone contro i giornalisti. I versi «canzone stupida, canzone stupida, come me, come quello che dico/ canzone stupida, canzone stupida/ come te come ogni tuo respiro» è stata così trasformata in «canzone stupida, canzone stupida, come me, come quello che dici/ canzone stupida, canzone stupida/ come te come quello che scrivi», con tanto di gesto del vergare su foglio, immagino una ennesima stroncatura. Per altro, esattamente come certi innamorati che fanno sapere reiteratamente ai propri ex di non star lì a pensarli dimostrando esattamente il contrario, Ultimo non fa che sottolineare quanto je rode, così come i suoi fan che si fiondano poi sui profili dei giornalisti in questione commentando “non sappiamo neanche chi sei”. Sì, come no.

Ultimo rosica ancora e continua ad attaccare la stampa
Ultimo in concerto (dal profilo Instagram).

Da Venditti a Guccini fino al dito medio di Laura Pausini: i precedenti che hanno fatto la storia

Ora, che i cantanti ce l’abbiano con la stampa specializzata è storia vecchia, vecchissima. In principio fu Venditti a scrivere Penna a sfera, nell’album del 1975 Lilly, indispettito da Enzo Cafarelli che su Ciao 2001 aveva osato scrivere un pezzo piuttosto critico nei suoi confronti dal titolo Comapagni e champagne. A lui aveva fatto seguito, in maniera decisamente più roboante Francesco Guccini, che nel 1976, nel brano L’avvelenata aveva scritto gli ormai famosissimi versi «Tanto ci sarà sempre/ lo sapete/ un musico fallito, un pio, un teorete/ un Bertoncelli, un prete a sparar cazzate». Riccardo Bertoncelli, a ragione considerato tra i padri della critica musicale italiana, infiocinato con rabbia dal maestrone di Pavana, colpevole di non essere stato benigno con lui. Via via la critica si è ammorbidita, in parte, e i casi di attacchi nelle canzoni si sono rarefatti, anche se le poche voci rimaste libere ed efficaci sono state colpite da altri strali: si pensi al famoso dito medio che Laura Pausini ha sfoderato sul palco di San Siro, come a Tommaso Paradiso che, fresco dal successo del concerto al Circo Massimo, di lì a qualche giorno avrebbe annunciato la sua uscita dai Thegiornalisti, invece che gioire rivendicava quel successo verso il solo che aveva osato mettere in dubbio la veridicità dei numeri, e per questioni personali mi guardo ben dal dire in entrambi i casi a chi fossero indirizzati dita medie e parole di fuoco.

Ultimo rosica ancora e continua ad attaccare la stampa
Ultimo a Sanremo 2023 (Getty Images).

Ultimo si concentra più sulle poche voci contro che sui suoi fan adoranti

Finiti gli anni belli dei dissing su Twitter, con scontri anche epici che coinvolgevano pure i fanclub, è arrivato il momento del silenzio assenso, nessuno critica e quindi nessuno si incazza. O almeno, quasi nessuno. Ultimo è recidivo, in realtà. Già quando il “ragazzo Mahmood” nel 2017 gli sfilò incautamente dal naso la vittoria al Festival di Sanremo, con le gag festanti dei giornalisti al Roof dell’Ariston e col conseguente discorso ormai entrato nella storia in conferenza stampa quando disse che i giornalisti erano delle merde, e che gliel’avevano tirata. I secondo gliela avevano giurata. E l’applauso al suo quarto posto quest’anno arriva da lì. Ma che ancora oggi, al secondo tour glorioso negli stadi, quando ormai nessuno può davvero aver nulla da ridire sul suo successo, lui se ne stia lì a rosicare, bè, ce lo fa stare decisamente simpatico. Ultimo è uno qualunque arrivato al successo, al punto da concentrarsi più sui pochissimi che hanno osato uscire dal coro che a tutti gli altri a quattro zampe, o meglio, al tanto pubblico che legittimamente lo segue adorante. A Sanremo, del resto, Ultimo ha praticamente evitato la stampa, incontrata in precedenza, con una operazione di diplomazia da parte del suo ufficio stampa immaginiamo non semplicissima, ma l’idea che la critica possa non essere inchinata deve proprio rimanergli indigesta. La colpa, suppongo, sia di Maria De Filippi che negli anni ha invitato i giornalisti un tempo critici nei confronti del suo talent davanti allo schermo e sotto i riflettori, portandoseli tutti (o quasi) dalla sua parte, inventandosi la favoletta della “critica costruttiva” e ammazzando, in sostanza, un settore già malmesso di suo. Benvenga Ultimo che almeno alza i toni e da borgataro quasi invita a vedersela “da uomini”. Perché una cosa è certa: meglio con gli occhi neri che a quattro zampe. Per cui, Niccolò, tu sarai pure di San Basilio, io di Ancona, tu sei cresciuto nella borgata, io in una città col porto: quando vuoi, dimmi solo il posto e il giorno, a mani nude, ovviamente.

Bob Dylan, a Milano i concerti Phone Free: info e possibile scaletta

Tutto pronto per il ritorno in Italia di Bob Dylan. L’artista 82enne sarà al Teatro Arcimboldi di Milano il 3 e il 4 luglio per due date consecutive del suo nuovo tour mondiale, in cui presenterà al pubblico l’album Rough and Rowdy Days. Vietato l’uso degli smartphone, in quanto su scelta del cantante si tratterà di Phone Free Show, volti ad enfatizzare al massimo l’esperienza dei presenti eliminando fotografie e video. All’ingresso si dovrà mettere il cellulare in un’apposita custodia, sbloccabile in caso di emergenze solo in speciali settori. In scaletta molti brani recenti, mentre mancano i grandi successi come Blowin’ in the Wind o Highway 61 Revisited. Ancora disponibile qualche biglietto in platea alta al costo di 126,50 euro.

Il 3 e il 4 luglio Bob Dylan al Teatro Arcimboldi. Vietati gli smartphone, da lasciare in apposite custodie. In scaletta però nessuna hit.
Bob Dylan in un concerto del 2019 (Getty Images).

Bob Dylan, tutte le informazioni sui Phone Free Show di Milano

Una volta giunto al Teatro Arcimboldi, ciascuno spettatore incontrerà il personale di Yondr, la compagnia che presta il servizio Phone Free al tour. Riceverà dunque una speciale custodia dotata di serratura in cui mettere il proprio smartphone, che terrà con sé per tutta la durata dell’evento. In caso di emergenze, sarà possibile tuttavia sbloccarla recandosi in aree dedicate e appositamente segnalate, distanti dal palco. Lo staff sarà comunque a disposizione per indicare le procedure da seguire. Pur essendo una scelta esclusiva di Bob Dylan, però, il servizio è tutto a carico dello spettatore. Il costo di ciascun biglietto ha infatti presentato un surplus di cinque euro volto al pagamento della compagnia Yondr.

I concerti milanesi di Bob Dylan saranno solo le prime due tappe italiane del menestrello del rock, che poi tornerà nel nostro Paese per altri tre live. Il 6 luglio infatti suonerà per il Lucca Summer Festival in piazza Napoleone. Il giorno successivo invece sarà a Perugia per una tappa dell’Umbria Jazz Festival, mentre il 9 luglio chiuderà la tournée italiana con un concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Cellulari vietati in tutte le serate. «Crediamo che crei un’esperienza migliore per tutti i presenti», si legge sul sito di D’Alessandro e Galli, organizzatori del live. «I nostri occhi si aprono un po’ di più e i nostri sensi sono leggermente più acuti senza la stampella tecnologica cui siamo abituati».

La possibile scaletta senza i grandi successi della carriera

Seppur non sia disponibile ancora la scaletta ufficiale dei concerti italiani, è possibile farsi un’idea sui brani grazie al setlist degli ultimi live in Europa. Prendendo come riferimento principale la tappa dell’1 luglio a Montreux, in Svizzera, Bob Dylan suonerà quasi integralmente il disco del 2020 Rough and Rowdy Days. Il pubblico potrà infatti ascoltare Goodbye Jimmy Reed, False Prophet e Mother of Muses, solo per citarne alcuni. Assente principale sembra essere Murder Most Foul, traccia da oltre 16 minuti che chiude l’album. In scaletta anche alcune canzoni del passato, tra cui Watching the River Flow, con cui ha aperto tutti i live del tour, o When I Paint My Masterpiece del 1971. Difficile, a meno di sorprese per il pubblico italiano, che Dylan si esibisca con i capolavori della sua discografia, da Like a Rolling Stone a Blowin’ in the Wind e Tangled Up in Blue.

Funky Nothingness, l’ultimo regalo di Frank Zappa

Curato, come è avvenuto sinora praticamente per tutta la produzione post mortem di Frank Zappa, dal figlio Ahmet e da Joe Travers (e con un un mastering di altissimo livello curato da John Polito), a 30 anni dalla scomparsa del compositore e musicista americano, è appena uscito Funky Nothingness. Di per sé, la cosa non farebbe particolare notizia, visto che, ormai, gli album pubblicati dopo la scomparsa del genio di Baltimora hanno superato quelli pubblicati in vita (siamo ormai oltre i 70, contro la cinquantina o poco più pubblicati dal 1966 al 1993, anno, appunto, della morte di Zappa). Ma in questo caso, il nuovo lavoro merita particolare attenzione: non solo presenta molte tracce inedite e rare (23 sulle 25 presenti in vari formati, dal cd al vinile), ma propone un materiale che, come cita la comunicazione ufficiale della Zappa Records, era stato selezionato dallo stesso Zappa come potenziale sequel di Hot Rats, ovvero l’album se non più celebre, sicuramente il più iconico di tutta la sua sterminata produzione.

Funky Nothingness, l'ultimo regalo di Frank Zappa
La copertina di Funky Nothingness.

Una band stellare: Underwood, Sugarcane Harris, Bennett e Dunbar

Sin dall’inizio della sua carriera musicale, Zappa si era reso conto di quanto fosse importante registrare tutto il possibile, che fosse una jam session improvvisata in studio o una performance live. In questo caso, si tratta di una serie di session svoltesi tra febbraio e marzo del 1970 presso il Record Plant di Los Angeles, all’epoca fresco di apertura. Protagonisti, quattro straordinari musicisti, Ian Underwood (tastiere, sassofono, chitarra ritmica), Max Bennett (basso), Don Sugarcane Harris (violino, organo e voce) e Aynsley Dunbar (batteria). Gli stessi che, l’anno prima, avevano suonato nella maggior parte dei brani registrati per Hot Rats, l’album, prevalente strumentale, che aveva consacrato Zappa e i Mothers of Invention come protagonisti della scena mondiale del rock. In realtà, non è facile stabilire quanto questa formazione avesse provato e registrato, ma è probabile che i musicisti si fossero ritrovati per ben più a lungo, se è vero, come ha scritto Ken Dryden su All about jazz, che «la band aveva chiaramente una padronanza delle nuove composizioni e degli arrangiamenti di Zappa, suonandoli con l’intensità di repertorio abituale di un set live».

Funky Nothingness, l'ultimo regalo di Frank Zappa
Zappa nel 1969 (Getty Images).

Blues, R&B a go-go e molte chicche

Zappa aveva già selezionato i brani migliori e li aveva mixati per una futura pubblicazione ma, vuoi per il molto tempo passato a comporre, provare con le varie band, andare in tour, vuoi perché in quello stesso anno aveva incontrato sulla sua strada Howard Kaylan e Mark Wolman (“Eddy & Flo”) e con loro si era buttato a capofitto nella realizzazione di un altro straordinario album, Chunga’s Revenge, quel materiale è rimasto sepolto negli archivi fino a oggi. Senza contare che, sempre in quel periodo, il compositore stava altrettanto alacremente lavorando a 200 Motels, l’opera orchestrale (poi anche colonna sonora dell’omonimo film) che sarà eseguita in anteprima al Pauley Pavilion dell’UCLA il 15 maggio 1970 dalla Filarmonica di Los Angeles diretta da Zubin Mehta. Funky Nothingness regala quindi ai fan di Frank Zappa una vera “perla” d’epoca. Propone, soprattutto, materiale relativo alle radici blues e R&B del compositore, generi che non aveva mai smesso di esplorare, e che Hot Rats propone spesso in un suggestivo impasto con rock e soprattutto jazz. C’è quindi un po’ tutto il classico “repertorio” appunto blues (sia acustico che elettrico) e non mancano gli omaggi alle canzoni R&B vintage degli Anni 50 (tanto amate da Zappa). Basta ascoltare il gioioso medley di due successi di Hank Ballard, Work With Me Annie e Annie had a Baby, per cogliere tutta l’ammirazione del genio di Baltimora per questo tipo di produzione musicale. E propone alcune chicche davvero impagabili. Per esempio l’esteso “workhout” (12 minuti) di I’m a Rollin’ Stone del bluesman Lightnin Slim, in cui, oltre a suonare la chitarra, Zappa è impegnato come voce principale. Per gli zappofili potrebbe essere interessante godersi quella voce, perché sarà, tutto sommato, una delle ultime occasioni: nel dicembre dell’anno successivo (1971), a seguito di una rovinosa caduta dal palco, durante un concerto al Rainbow Theatre di Londra, procuratagli dall’aggressione un giovane spettatore (pare ingelosito per alcuni apprezzamenti rivolti da Zappa alla sua fidanzata), oltre a riportare fratture multiple alle gambe, trauma cranico, ferite alla schiena e al collo che lo costringeranno a quasi un anno di forzata semi-immobilità, il musicista si ritroverà con uno schiacciamento della laringe che gli abbasserà per sempre la voce di mezza ottava.

Funky Nothingness, l'ultimo regalo di Frank Zappa
Frank Zappa è nato a Baltimora il 21 dicembre 1940 e morto a Los Angeles il 4 dicembre 1993 (Getty Images).

The Clap con Zappa batterista 

Altra curiosità è il brano The Clap (ripreso poi su Chunga’s Revenge), un assolo di percussioni suonato dallo stesso Zappa che, nelle due versioni del brano (una di 11, e una di quattro minuti), dimostra tutta la sua attrazione per i poliritmi e le soluzioni percussive più originali. Del resto, come sanno gli zappofili più incalliti, prima di “scoprire” la chitarra, Zappa era nato come batterista e, 14enne, si esibiva come tale con la sua prima band, i Ramblers. Vero «tesoro» (parola di Ken Dryden) di Funky Nothingness è però la doppia esecuzione (due versioni, più una falsa partenza, inserita probabilmente per interesse “storico”), di Twinkle Tits, una poco conosciuta eppure straordinaria jam session strumentale «che fonde diversi generi in una forza esplosiva». La versione migliore è probabilmente la n. 5, che in 16 minuti propone, dopo un’introduzione esotica di influenza quasi mediorientale (che include un po’ di pianoforte honky-tonk, un basso acustico, marimba e chitarra), una dominante virata molto bluesy, mentre Harris e Zappa si alternano con assoli di energia pazzesca.

Il boogie della Transilvania e altri inediti

Ma non è finita qui: c’è un’altra “scoperta”, quella di un master inedito di 18 minuti di uno dei capolavori zappiani, Transylvania Boogie, che suona molto diverso dalla versione pubblicata su Chunga’s Revenge, anche se gli ultimi cinque minuti sembrano essere stati utilizzati per la traccia base dell’LP originale. Zappa domina la scena con una lunga e trascinante improvvisazione, mentre la sezione ritmica mantiene il “fuoco”, come si dice, per tutta la durata della jam, con un sublime assolo di organo bluesy di Underwood. Ci sono poi anche due versioni inedite di Sharleena (sempre pubblicata poi su Chunga’s Revenge) e due bonus, Halos and Arrows, un affascinante brano strumentale con due chitarre separate, chitarra ritmica e basso, e Khaki Sack. Come si vede, insomma, non mancano i motivi per scoprire un lavoro che si segnala probabilmente come una delle cose migliori e più interessanti della produzione zappiana postuma fin qui realizzata.

Fabri Fibra e la rivoluzione del rap nostrano

Proprio negli stessi giorni in cui la casa editrice Castello pubblica Tutti vogliono un fenomeno, la biografia Fabri Fibra scritta dal critico musicale Michele Monina, Universal lancia sul mercato per la prima volta in vinile, a distanza di 17 anni dall’uscita, l’album Tradimento, con cui il rapper di Senigallia nel 2006 debuttava con una major. Dando inizio a una rivoluzione.

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La copertina di Tradimento (dal profilo Fb di Fabri Fibra).

Oggi tutto è rap ma alla fine degli Anni 90 il genere era dato per morto

Oggi il rap è dappertutto, basta accendere la radio, guardare i programmi televisivi e le vetrine dei negozi di streetwear nelle strade delle principali città italiane. Rime a profusione, basi irresistibili, taglie over, capelli colorati, tatuaggi e soprattutto un mare di sneaker. E oggi, anche in Italia, è entrato a far parte del sistema, del mainstream, oltre a essere un’industria capace di generare montagne di utili. Sembra strano ma tutto questo si deve in gran parte proprio a quel ragazzo marchigiano, oggi 46enne, che all’anagrafe risponde al nome di Fabrizio Tarducci. Nel 2006, da solo, con Tradimento, Fabri Fibra riaccese le luci su un movimento ormai dato da tutti per morto e sepolto. La scena, nata intorno alla metà degli Anni 90, era ormai implosa. I gruppi che ne avevano fatto la fortuna non esistevano più: i Sangue misto, sciolti; gli Articolo 31, sciolti; i Sottotono, sciolti. Tanto per citarne alcuni. Restava qualche sparuto manipolo di coraggiosi, che imperterrito continuava a fare rime ritrovandosi in una nicchia fatta di jam e di dischi autoprodotti, totalmente ostracizzata dalle radio e dalle etichette discografiche. Anche il giornale, o meglio la fanzine, AELLE, che di quel mondo era sia il megafono sia il punto di riferimento, era stata costretta a chiudere i battenti.

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Fabri Fibra in concerto (dal profilo Fb).

In fuga dalla provincia

Poi arrivò Fabri Fibra e tutto cambiò. Lo spiega bene Paola Zukar, oggi tra le più importanti manager discografiche italiane, che di AELLE era stata una delle fondatrici, nel suo libro Rap. Una storia italiana, edito da Baldini+Castoldi: «Il disco di Fibra, Mr. Simpatia, è stato la svolta del rap italiano, come una puntata pilota di una serie di successo con il riscontro di critica e pubblico scelto, che poi ha convinto l’industria a produrre la serie intera. È arrivato con la roba giusta nel momento giusto, con determinazione incrollabile, dalla più profonda provincia centro-italiana». Fibra negli ambienti si era già fatto notare a cavallo degli Anni 2000, con alterne fortune: presente in un cult dell’epoca come Novecinquanta, l’album prodotto da Fritz Da Cat, che raccoglieva il meglio tra gli emergenti della scena hip-hop, con gli Uomini di Mare, la sua prima band intrisa di suoni west coast, sempre nello stesso anno aveva pubblicato Sindrome di fine millennio. Lavoro al quale seguì nel 2002 Turbe giovanili, il suo primo album solista, prodotto da un altro mostro sacro dell’ambiente, Neffa. «Era il disco di un ragazzo di provincia, che raccontava la vita di provincia e cercava di uscire dalla provincia. Avevo stampato 1000 copie, scegliendo anche delle lavorazioni costose per l’artwork e mettendoci un sacco di soldi di tasca mia; e le avevo spedite in giro un po’ a tutti quelli che pensavo sarebbero stati interessati a quell’album, nella speranza che succedesse qualcosa. Non successe», raccontò Fibra in un’intervista a Rolling Stone. Con Mr. Simpatia e soprattutto con Tradimento che segnò l’esplosione totale del personaggio invece qualcosa successe, eccome.

Così Fibra ha aperto la strada a Club Dogo e Marracash

Fabri Fibra diventò contemporaneamente il nemico pubblico numero uno e il rapper più odiato in Italia. Pezzi come Rap in guerra, Su le mani, Ogni donna e il contestassimo Cuore di latta, che raccontava la storia di Erika e Omar e dell’omicidio di Novi Ligure, contengono messaggi che ancora oggi affascinano quanto sconvolgono. Le radio iniziarono a trasmettere a nastro il singolo Applausi per Fibra e il disco schizzò in testa alle classifiche. La scena hip-hop si era ufficialmente azzerata e rigenerata dando vita a fenomeni come i Club Dogo prima e Marracash. Quanto a quel ragazzo di Senigallia, ancora oggi è sulla cresta dell’onda e affronta a testa alta la sfida di rimanere uno dei top player del game in un mercato iper giovanilista. Tutto questo senza Tradimento non sarebbe stato possibile.

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