Daily Archives: 2 Dicembre 2023

Scala, una prima sottotono e insidiata dall’inflazione delle rappresentazioni di Don Carlo in Lombardia

L’errore di prospettiva – attribuire alla platea del 7 dicembre alla Scala, quella da 3.200 euro a poltrona, un qualche ruolo simbolico o a suo modo rappresentativo degli italiani – era evidente da molto tempo. Quest’anno lo ha chiarito di fatto, pur se non intenzionalmente (ma si spera definitivamente), il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che peraltro con la sua ufficializzata assenza dal Don Carlo di Sant’Ambrogio ha fatto diventare notiziabile, come si dice in gergo, l’inaugurazione scaligera più smunta degli ultimi tempi.

Scala, una prima sottotono e l'inflazione di Don Carlo
Sergio Mattarella e la figlia Laura alla Prima del 2019 (Imagoeconomica).

L’inaugurazione della stagione operistica milanese torna a essere una tra le tante 

Anche solo dal punto di vista dell’immagine, i «pressanti impegni» del Capo dello Stato – per restare alla versione ufficiale – assestano un fiero colpo all’orgoglio meneghino, almeno in questo campo sempre più spesso effetto senza causa. L’inaugurazione della stagione operistica milanese torna a essere una fra le numerose da un capo all’altro della Penisola (ce ne sono 14, tante quante le Fondazioni lirico-sinfoniche). E la cronaca deve peraltro segnalare che quest’autunno a una di esse soltanto, finora, Mattarella ha assistito, quella della Fenice lo scorso 24 novembre (con Les Contes d’Hoffmann di Offenbach per la regia di Damiano Michieletto). Niente Scala e niente Opera di Roma pochi giorni fa (27 novembre, Mefistofele di Boito). Da qualsiasi parte la si giri, a prescindere dalle motivazioni sulle decisioni del Quirinale, la conferma che ormai la vetusta e perfino un po’ caricaturale immagine della Scala come “tempio della lirica” non solo ha fatto il suo tempo, ma rischia di diventare una palla al piede. E sarebbe molto meglio concentrarsi di più su quanto necessario per provare a salvare – fuori da ogni inutile classifica – almeno qualcosa dell’immagine molto impolverata di “più importante teatro d’opera del mondo”, se è vero che a osservatori non abbastanza sensibili al “sistema-Scala” il Piermarini appare ormai per molti aspetti un teatro di provincia.

Degli antichi fasti, la prima scaligera conserva solo il privilegio della diretta su Rai1 in un clima sempre più routinier

E mentre ci si avvia alla prima, che degli antichi fasti conserverà solo il privilegio della diretta su Rai1, reso opinabile dalla tradizionale banalità dei soliti entertainer di lungo corso, emerge più di sempre quanto il clima sia routinier, fra interviste di maniera ai cantanti e discorsi un po’ generali e un po’ avventati – quasi sempre disinformati – sulle caratteristiche musicali e artistiche di ciò che andrà in scena. Si annota che il direttore Chailly rivendica la fedeltà al testo musicale, anche nell’introduzione strumentale all’aria famosa di Filippo II, Ella giammai m’amò, che postula l’intervento di tutti i violoncelli e non solo di uno. E non si ricorda che il dettaglio è stabilito dall’edizione critica, risalente al 1977 e che già Abbado lo aveva adottato, ormai una quarantina di anni fa. Si dà atto delle puntigliose precisazioni del regista Lluis Pasqual a proposito della non corrispondenza fra i fatti storici e quelli narrati nel libretto: addebito che peraltro dovrebbe andare inizialmente e principalmente a Friedrich Schiller. E che lascia comunque aperti tutti gli interrogativi sulle scelte rappresentative che si vedranno alla Scala. Le prime fotografie mostrano una scenografia di saldo impianto tradizionale, come i costumi.

Il giallo della sostituzione di René Pape con Michele Pertusi e l’inflazione delle rappresentazioni del Don Carlo a ridosso del 7 dicembre

Cronache anche minuziose, eppure manierate, lontane da ogni spunto critico o semplicemente analitico. Nessun dettaglio, ad esempio, si è riusciti a leggere – oltre la notizia nuda e cruda – a proposito del fatto che il basso ingaggiato da mesi per la parte di Filippo II, René Pape, è uscito per la comune a 20 giorni dall’andata in scena, sostituito in corsa da Michele Pertusi. Come se si trattasse, anche in questo caso, di routine. Cosa che evidentemente non è. Né è emersa a livello mediatico una singolare circostanza, peraltro sotto gli occhi di tutti gli appassionati: nelle ultime settimane in Emilia-Romagna e proprio in questi giorni in Lombardia l’affollamento delle rappresentazioni del Don Carlo è decisamente fuori dall’ordinario. Una vera e propria inflazione. In novembre, fra Modena, Piacenza, Reggio Emilia e Rimini si sono avute otto andate in scena di una produzione risalente a una decina di anni fa. Nel cast di quegli spettacoli, fra l’altro, la Scala ha pescato il Filippo II di emergenza, Pertusi. Il quale infatti alle ultime rappresentazioni di quel giro, al teatro riminese Amintore Galli, il 24 e il 26 novembre, ha dovuto marcare visita e farsi sostituire. Ma soprattutto, dalla fine di novembre gira per la Lombardia un’altra produzione del Don Carlo, questa nuovissima, sempre nella versione in italiano e in quattro atti che va in scena anche alla Scala. E girerà anche nei giorni intorno a Sant’Ambrogio. La promuove OperaLombardia, realtà voluta e ampiamente finanziata dalla Regione, oltre che dalla Fondazione Cariplo, che realizza e distribuisce produzioni liriche in cinque storici teatri di tradizione, da Bergamo a Brescia, da Como a Cremona e a Pavia. Questo nuovo Don Carlo si vale della regia di Andrea Bernard; Jacopo Brusa dirige la milanesissima orchestra dei Pomeriggi Musicali. Come Filippo II canta il basso Carlo Lepore, anche il resto del cast è tutto italiano. Dopo il debutto al Fraschini di Pavia il 17 e 19 novembre e le prime repliche al Ponchielli di Cremona il 24 e 26 novembre, rappresentazioni sono in calendario al Teatro Grande di Brescia (1 e 3 dicembre); gran finale del tour al Sociale di Como, l’8 e 10 dicembre.

Scala, una prima sottotono e insidiata dall'inflazione delle rappresentazioni di Don Carlo in Lombardia
La locandina del Don Carlo del Fraschini di Pavia.

Un segnale di insofferenza per quel che si fa nel tempio della lirica, semplice distrazione o mancanza di comunicazione?

La sovrapposizione dello stesso titolo è un bizzarro inedito, rispetto al quale viene da chiedersi se nessuno parla con nessuno, per quanto riguarda la programmazione del teatro musicale in Lombardia. E senza entrare nel merito di chi per primo abbia lanciato il suo Don Carlo, anche se si sa che al Piermarini la programmazione viene da molto lontano. Un segnale, allora, che il cosiddetto territorio è insofferente per quel che si fa nel “tempio della lirica” e con sprezzo del pericolo e più o meno agguerritamente non esita ad andare sullo stesso titolo negli stessi giorni? O l’evidenza di quanto distanti siano La Scala e gli altri teatri, anche se i chilometri sono pochi? O semplicemente una distrazione? Intanto le cronache segnalano che Regione Lombardia, che è anche socio fondatore della Fondazione Teatro alla Scala, era assente dalla conferenza stampa molto istituzionale in cui si è parlato dello spettacolo del 7 dicembre. Ma era certamente un problema di “pressanti impegni”. Per gli appassionati, resta la sicuramente irripetibile quantità di occasioni di vedere Don Carlo, opera meravigliosa e difficile. Chissà cosa ne avrebbe pensato Verdi. Facile immaginare che avrebbe sbrigliato la sua notoria, corrosiva ironia…

Stop ai negoziati con Hamas, Israele ritira la sua delegazione in Qatar

Nel secondo giorno di guerra dopo la tregua, Israele ha portato nuovi raid aerei sulla parte meridionale della Striscia di Gaza, distruggendo tre moschee a Khan Yunis. L’Idf ha affermato di aver attaccato più di 400 «obiettivi terroristici» nella Striscia di Gaza dalla fine della pausa nei combattimenti con Hamas. Sono state coinvolte forze aeree, navali e di terra. Più di 100 persone sarebbero morte in un raid israeliano che ha preso di mira una casa che ospitava famiglie e sfollati nel campo di Jabalia, nel nord della Striscia. Anche Hamas ha ripreso ad attaccare: sirene di allarme hanno risuonato in diverse zone nel nord di Israele, tra cui Nazareth.

Stop ai negoziati con Hamas, Israele ritira la sua delegazione in Qatar. Gli aggiornamenti sulla guerra in Medio Oriente.
Edifici distrutti a Khan Yunis (Getty Images).

Sono oltre 15 mila i morti a Gaza, almeno 40 mila i feriti

Il numero dei palestinesi uccisi dagli attacchi israeliani a Gaza è salito a 15.207. Lo ha dichiarato il ministero della Sanità della Striscia, controllato da Hamas. Secondo il ministero, il 70 per cento delle vittime sono donne e bambini, e negli attacchi sono rimaste ferite più di 40 mila persone.

Trattative sugli ostaggi a un punto morto, il Mossad richiama lo staff da Doha

«Alla luce del punto morto in cui sono giunte le trattative, dietro istruzione del premier Benyamin Netanyahu, il capo del Mossad David Barnea ha ordinato al suo staff di rientrare da Doha». Lo rende noto un comunicato ufficiale, in cui viene evidenziato che «l’organizzazione terroristica Hamas non ha realizzato la propria parte dell’accordo, che includeva la liberazione di donne e bambini secondo una lista inoltrata a Hamas, e approvata da quella organizzazione».

Stop ai negoziati con Hamas, Israele ritira la sua delegazione in Qatar. Gli aggiornamenti sulla guerra in Medio Oriente.
Carro armato israeliano (Getty Images).

Due pasdaran iraniani sono stati uccisi durante un raid di Israele in Siria

Il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie dell’Iran ha dichiarato che Israele ha ucciso due dei suoi membri, «martirizzati dal nemico usurpatore sionista mentre svolgevano una missione consultiva sul fronte della resistenza islamica siriana».

Cisgiordania, ucciso un palestinese che aveva aggredito dei soldati a un posto di blocco

Continuano gli scontri in Cisgiordania: un palestinese è stato ucciso dopo che, secondo il portavoce militare israeliano, aveva cercato di avventarsi con un coltello contro soldati che presidiavano un posto di blocco a pochi chilometri da Nablus.

Entrati dal valico di Rafah i primi 50 camion di aiuti umanitari dalla fine della tregua

I primi 50 camion di aiuti umanitari da quando sono riprese le ostilità sono entrate nella Striscia di Gaza dal valico di Rafah con l’Egitto. Lo fa sapere la Mezzaluna rossa palestinese.

Stop ai negoziati con Hamas, Israele ritira la sua delegazione in Qatar. Gli aggiornamenti sulla guerra in Medio Oriente.
Il valico di Rafah (Ansa).

Macron: «L’obiettivo di distruggere Hamas porterebbe a 10 anni di guerra»

L’obiettivo di distruggere totalmente Hamas deve essere specificato da Israele, perché potrebbe portare a «10 anni” di guerra». È l’avvertimento lanciato da Emmanuel Macron, a margine della Cop28 in corso a Dubai: «La giusta risposta al terrorismo non è un bombardamento sistematico e permanente», ha sottolineato il presidente francese.

Mosca, irruzioni della polizia nei locali gay dopo la sentenza anti-Lgbt

La polizia di Mosca ha preso di mira diversi locali notturni gay-friendly e una sauna per uomini della capitale russa, in quelli che sembravano raid simultanei a un paio di giorni dalla sentenza della Corte Suprema russa che ha etichettato come «estremista» il «movimento internazionale Lgbt», mettendolo al bando.

Il racconto di un testimone oculare: «Hanno interrotto la musica e gli agenti sono entrati in discoteca»

In un video del notiziario Ostorozhno Novosti, si vede la polizia all’ingresso di una discoteca di Mosca, in via Malaya Yakimanka, dove si stava svolgendo una grande festa. «Nel bel mezzo del party hanno interrotto la musica e gli agenti hanno iniziato a entrare nelle sale», ha raccontato un testimone oculare, aggiungendo che i poliziotti hanno scattato foto dei passaporti di alcuni dei presenti. Almeno tre bar sono stati presi di mira durante la notte dalle forze dell’ordine, riferisce il notiziario Sota, mentre Ostorozhno Novosti ha detto che è stata perquisita anche una sauna maschile nel centro di Mosca.

Mosca, irruzioni della polizia nei locali gay dopo la sentenza anti-Lgbt. Festa interrotta in una discoteca e controlli in almeno tre bar.
La Corte Suprema russa (Getty Images).

Uno dei locali gay più rinomati di San Pietroburgo aveva annunciato la chiusura dopo la sentenza della Corte Suprema

Nella tarda serata del primo dicembre la Stazione Centrale di San Pietroburgo, uno dei locali gay più antichi e rinomati della città, ha annunciato la chiusura a causa della decisione della Corte Suprema. La Russia aveva già messo al bando la «propaganda Lgbt» nel corso del 2022, vietando di fatto la rappresentanza di queste persone in pubblico e nei media.

È morta Marisa Rodano, ultima deputata della prima legislatura

È morta a 102 anni Marisa Rodano, che era l’ultima parlamentare ancora in vita della prima legislatura repubblicana. Partigiana cattolica, era stata eletta nel 1948 con il Pci e confermata fino al 1968 alla Camera, poi era stata senatrice per quattro anni fino al 1972. Il suo nome da nubile era Maria Lisa Cinciari, ma nell’attività politica scelse di portare il cognome del marito Franco, consigliere del Partito Comunista Italiano e vicinissimo a Enrico Berlinguer. A lei si deve, tra l’altro, la scelta della mimosa come simbolo dell’8 marzo, Festa della Donna.

È morta Marisa Rodano, ultima deputata della prima legislatura. A lei si deve la scelta della mimosa come simbolo dell’8 marzo.
Marisa Rodano ospite a Porta a porta (Imagoeconomica).

Trascorse 24 anni in Parlamento tra Camera e Senato

Nata 21 gennaio 1921, curiosamente nel giorno della fondazione del Partito Comunista Italiano, Marisa Rodano fu arrestata sotto il fascismo per la sua attività nella Resistenza nelle file del Movimento dei Cattolici Comunisti e nell’attività dei Gruppi di difesa della donna. Dopo la liberazione di Roma, contribuì a fondare l’Unione donne italiane, di cui fu dirigente con vari incarichi e poi presidente dal 1956 al 1960. Finita la guerra, nel 1946 si era iscritta al Pci. Due anni dopo era stata eletta in Parlamento nella prima legislatura, trascorrendo poi i successivi 24 anni tra Camera dei deputati e Senato.

È morta Marisa Rodano, ultima deputata della prima legislatura. A lei si deve la scelta della mimosa come simbolo dell’8 marzo.
Marisa Rodano, scomparsa a 102 anni (Imagoeconomica).

Rodano era stata poi europarlamentare dal 1979 al 1989

Dal 1972 al 1979 era stata poi consigliera provinciale di Roma. Successivamente il passaggio all’Europarlamento, dove fu deputata per dieci anni fino al 1989: a Bruxelles Marisa Rodano fece parte della Commissione ad hoc sulla condizione della donna. Con lo scioglimento del Pci entrò nel Pds e poi nei Ds: dopo il congresso di Firenze del 2007, che decise la confluenza nel Partito Democratico, non si iscrisse più ad alcun partito. Nel 2015 era stata insignita del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Da Alibaba a Ma’s Kitchen: il nuovo business di Jack Ma

Nel 1998 ha creato dal niente Alibaba, azienda che sarebbe presto diventata la piattaforma di commercio più grande al mondo. Nel corso degli anni è diventato uno degli imprenditori più ricchi della Cina, ed è rimasto a galla nonostante lo scontro con il Partito Comunista. Un anno fa ha tentato il colpaccio piazzando un Ipo da record con Ant Group, altra società da lui fondata, venendo però bloccato da Pechino. A quel punto, Jack Ma è sparito dai radar, salvo poi tornare sulla scena tre mesi più tardi. Adesso il tycoon è pronto a tuffarsi in un nuovo business: quello del cibo.

Da Alibaba a Ma's Kitchen: il nuovo business di Jack Ma
Jack Ma con Elon Musk durante la World Artificial Intelligence Conference (WAIC) a Shanghai del 2019 (Getty Images).

Il business della Cucina di Ma

Il miliardario tecnologico più famoso della Cina ha fondato la società Hangzhou Ma’s Kitchen Food, meglio nota come Ma’s Kitchen, ovvero La Cucina di Ma. La startup, appena nata, ha visto luce a Hangzhou, la città natale dell’imprenditore sede anche di Alibaba. Secondo il National Enterprise Credit Information Publicity System, il registro delle aziende gestito dal governo cinese, l’impresa, dotata di un capitale iniziale di 10 milioni di yuan (circa 1,4 milioni di dollari), si concentrerà sulla vendita di alimenti preconfezionati, importazioni ed esportazioni, nonché sul commercio di prodotti agricoli. Dalle poche informazioni fin qui filtrate, è inoltre emerso che Ma’s Kitchen sarebbe interamente di proprietà di un’entità denominata Hangzhou Dajingtou No. 22 Arts and Culture, della quale lo stesso Jack Ma detiene il 99,9 per cento delle quote. Sia il modello di business che il tipo di cibo che venderà l’azienda sono ancora avvolti nel mistero. La startup di Ma potrebbe imporsi nel mercato dei piatti precotti che hanno avuto un’impennata in Cina in seguito alla pandemia di Covid-19. Questo mercato, oltre la Muraglia, nel 2022 valeva circa 9,9 miliardi di dollari, in crescita del 28 percento rispetto al 2018. Altri dati aiutano a inquadrare meglio il fenomeno, visto che la domanda cinese dei cosiddetti “kit pasto”, e cioè le scatole di cibo pronte all’uso a fronte di un semplice assemblaggio o cottura, è quasi triplicata dal 2018 al 2022, passando da un giro d’affari annuo di 1,5 miliardi a 4 miliardi di dollari. Il margine è ancora enorme, considerando che i cibi precotti rappresentano appena il 10-15 per cento dei pasti delle famiglie cinesi, contro il 60 per cento di quelle giapponesi.

 

Da Alibaba a Ma's Kitchen: il nuovo business di Jack Ma
Jack Ma a Wall Street nel 2019 (Getty Images).

L’ipotesi di partnership con Alibaba

Ma si è dimesso dal consiglio di amministrazione di Alibaba nel 2020, ma ha ancora una notevole influenza del gruppo. Non è quindi da escludere che l’imprenditore possa far convergere la futura vendita dei prodotti alimentari di Ma’s Kitchen sulla piattaforma di e-commerce da lui fondata. Ipotesi, dubbi e supposizioni che lasciano, in ogni caso, presupporre un’entrata a gamba tesa della startup di Jack Ma in un settore, quello del cibo, che promette di espandersi a macchia d’olio. Negli ultimi mesi, il magnate ha effettuato vari viaggi all’estero, spostandosi tra Europa, Giappone e Sudest asiatico, e mostrando un notevole interesse per le tecnologie agricole. I media giapponesi, ad esempio, hanno riferito di una visita presso la struttura di ricerca sull’acquacoltura dell’Università di Kindai, a Osaka, mentre in Olanda Ma è stato attratto dalle serre. Ma qual è il vero obiettivo di Ma? Probabilmente stupire ancora il mondo. Questa volta sfruttando il cambio delle abitudini alimentari dei suoi concittadini. Sempre più propensi a consumare pasti pronti da riscaldare dopo l’esperienza dei lunghi ed estenuanti lockdown.

Cop28, perché l’assenza di Xi Jinping e Biden mette una ipoteca sulla Conferenza

Le assenze di Xi Jinping e di Joe Biden al tavolo della Cop28 che si è aperta giovedì a Dubai non lasciano presagire nulla di buono. E confermano la distanza, anche in materia di ambiente, tra Pechino e Washington, nonostante lo spiraglio aperto dal faccia a faccia tra i due leader dello scorso 15 novembre a San Francisco. «I grandi leader generalmente cercano di evitare i summit se prevedono che non avranno successo», ha commentato Josef Gregory Mahoney, professore dell’Università di Shanghai al South China Morning Post. E questo perché non vogliono essere associati direttamente a un eventuale fallimento.

Cop 28, perché l'assenza di Xi Jinping e Biden mette una ipoteca sul summit
Xi Jinping all’APEC di San Francisco (Getty Images).

Le accuse della Cina a Usa e Occidente

Proprio in occasione della giornata di apertura della Conferenza presieduta (paradossalmente) dal petroliere Sultan Al Jaber, capo della compagnia petrolifera Adnoc, sul Global Times, organo di stampa del Partito Comunista cinese, è apparsa una dura critica contro gli Usa e l’Occidente incapaci di assumersi le proprie responsabilità, contro gli sforzi “concreti” compiuti da Pechino per ridurre le emissioni. Il dato cruciale contestato dal Dragone è il mancato rispetto da parte di Nord America, Europa, Giappone e Australia del principio del Common But Differentiated Responsibilities (Cbdr) introdotto nella Convenzione quadro dell’Onu a Rio de Janeiro nel 1992: se è vero che tutti gli Stati condividono una responsabilità comune nei confronti delle sorti del clima e dell’umanità, questa deve essere però ‘misurata’ in base alla storia di ogni nazione, al suo livello di sviluppo e alla disponibilità di risorse. Tutti responsabili, in altre parole, ma non allo stesso modo. A partire dal 1850, Stati Uniti ed Europa sono stati responsabili di più della metà delle emissioni di anidride carbonica. Per questo è inconcepibile per la Cina essere messa nel mirino come principale inquinatore mondiale, sebbene nei fatti lo sia. Il Dragone lo scorso anno ha prodotto il 30 per cento delle emissioni globali ed è responsabile del 13 per cento delle emissioni storiche dall’inizio dell’industrializzazione, contro il 19 per cento degli Usa. Ma in una fase di rallentamento dell’economia non può permettersi di frenare. Soprattutto sul carbone, come chiesto dagli Stati Uniti e non solo. I numeri, agli occhi di Pechino, parlano da soli: il Pil pro capite cinese nel 2021 era di 12.500 dollari contro gli oltre 70 mila di quello Usa e il consumo energetico medio pro capite è più basso di due terzi rispetto a quello di Usa e Canada, per una popolazione di 1,4 miliardi di persone.

Cop 28, perché l'assenza di Xi Jinping e Biden mette una ipoteca sul summit
Sultan Ahmed Al Jaber, presidente della Cop28 (Getty Images).

La guerra commerciale sulla transizione ecologica

Dietro al dibattito sul clima c’è poi la guerra commerciale tra le due superpotenze. Per Washington il Dragone resta una minaccia. La Cina infatti è leader indiscussa in alcuni settori chiave per la transizione ecologica mondiale, dall’industria di auto elettriche e batterie ai pannelli solari di cui Pechino controlla il 75 per cento del mercato globale. Gli Usa non intendono concedere all’avversario alcun vantaggio e per questo sono arrivati a decisioni drastiche come il divieto nel 2021 delle importazioni di componenti per pannelli solari prodotti da alcune società cinesi in seguito ad accuse di lavoro forzato. O la più recente esclusione (agosto 2022) dei veicoli elettrici made in China dai sussidi dell’Inflation Reduction Act, il maxi-piano da 370 miliardi di dollari varato da Biden per accelerare la transizione. Sgravi applicati però alle auto prodotte negli Usa, in Canada, in Messico e Giappone. Uno schiaffo per Pechino e per i suoi affari.

Alitalia licenzia 2.723 dipendenti che erano in cassa integrazione

Con una lettera inviata a governo e sindacati, Alitalia ha comunicato «l’avvio di una procedura che determina, suo malgrado, licenziamenti per riduzione di personale». Il provvedimento riguarda 2.668 dipendenti di Alitalia e altri 55 dipendenti di Alitalia Cityliner, compagnia regionale satellite, che erano in cassa integrazione a zero ore (e lo saranno fino al 31 ottobre 2024), dunque 2.723 dipendenti. Rimangono escluse 172 persone impiegate nell’attività liquidatoria. «La scrivente è impossibilitata al reimpiego dei lavoratori attualmente sospesi in cassa integrazione», si legge nella lettera, che ha la data del primo dicembre 2023, in quanto si è «determinata una situazione di eccedenza di personale».

Alitalia licenzia 2.723 dipendenti che erano in cassa integrazione. La comunicazione in una lettera inviata a governo e sindacati.
Un Airbus A320 di Alitalia (Getty Images).

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Ita-Lufthansa all’esame Ue, passo avanti verso le nozze

Tutto questo mentre, dopo lunghi mesi di colloqui serrati sull’asse Roma-Berlino-Bruxelles, è arrivata la notifica alla Commissione europea del progetto di nozze tra Ita Airways e Lufthansa. In base all’accordo, confermato dal ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, la compagnia di bandiera tedesca acquisterà il 41 per cento del capitale di Ita Airways, per un valore di 325 milioni di euro. «Era una operazione auspicata da tutti, se pensiamo a quanti soldi hanno speso gli italiani per mantenere l’ex Alitalia nel corso degli anni: cifre che fanno impressione. Sia io che il mio collega della Bdi, la Confindustria tedesca, avevamo fatto proprio un intervento congiunto sulla Commissione europea affinché si sbloccasse questa situazione e si permettesse finalmente la partenza del piano industriale della nuova compagna aerea», ha detto ai microfoni di RaiNews24 Carlo Bonomi, presidente di Confindustria.

Alitalia licenzia 2.723 dipendenti che erano in cassa integrazione. La comunicazione in una lettera inviata a governo e sindacati.
Un velivolo di Ita Airways (Getty Images).

Cop28, Meloni: «Serve una transizione ecologica e non ideologica»

Alla Cop28, la conferenza Onu sui cambiamenti climatici in corso a Dubai, Giorgia Meloni ha affermato che occorre «perseguire una transizione ecologica e non ideologica”, promuovendo «un approccio tecnologicamente neutro, libero da inutili radicalismi». Nel corso del suo intervento, la premier italiana ha detto: «La mia idea è che se vogliamo essere efficaci, se vogliamo una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale».

Cop28, Meloni: «Serve una transizione ecologica e non ideologica». L’intervento della premier alla conferenza Onu sui cambiamenti climatici.
Cop28, stretta di mano tra Giorgia Meloni e il segretario di Stato Usa Antony Blinken (Getty Images).

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«L’Italia sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione in modo pragmatico»

La presidente del Consiglio ha poi evidenziato che l’Italia «sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione in modo pragmatico» e che si è «impegnata a garantire, attraverso il programma Ue Fit for 55, un approccio multisettoriale che rafforzi i mercati del lavoro e mitighi l’impatto» sui cittadini. «Questo è un punto essenziale, perché se pensiamo che la transizione verde possa comportare costi insostenibili, soprattutto per i più vulnerabili, la condanniamo al fallimento».

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Cop28, Meloni: «Serve una transizione ecologica e non ideologica». L’intervento della premier alla conferenza Onu sui cambiamenti climatici.
Giorgia Meloni scherza con il primo ministro indiano Narendra Modi alla Cop28 (Getty Images).

«L’obiettivo di contenere le temperature entro 1,5 gradi è lontano, la Cop28 deve essere una svolta»

«È un momento chiave del nostro sforzo di contenere le temperature entro 1,5 gradi: anche se ci sono ragioni per essere ottimisti l’obiettivo è lontano, la Cop28 deve essere una svolta», ha aggiunto Meloni. «L’Italia ha deciso di investire sul biocombustibile globale: abbiamo tracciato la strada di neutralità al carbonio entro il 2050», ha affermato la presidente del Consiglio dei ministri.

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Marsala, nasce il “Centro uomini maltrattati” dalle donne

È nata a Marsala, provincia di Trapani, un’associazione denominata “Centro uomini maltrattati” dalle donne. Promotore l’imprenditore Giuseppe Arangio, 38 anni, che opera nel settore della produzione dei mezzi industriali per l’ambiente. «Siamo stanchi di essere oggetto di pregiudizi. È incredibile come la violenza sugli uomini sia fonte solo di sberleffi e atteggiamenti canzonatori. Troppe volte la violenza psicologica che subiamo noi uomini non prevede alcuna forma di tutela da parte dello Stato e dell’opinione pubblica», ha spiegato. «Per questo motivo abbiamo deciso di dire basta a questa discriminazione che vede noi uomini essere sempre descritti come dei carnefici e le donne sempre e solo come vittime».

Marsala, nasce il “Centro uomini maltrattati” dalle donne. «Siamo stanchi di essere oggetto di pregiudizi», ha detto il promotore.
Manifestazione contro la violenza sulle donne (Imagoeconomica).

Il promotore: «Nascere uomini è una nuova forma di peccato originale»

Il Centro uomini maltrattati (per ora solo un’associazione di fatto, ma con l’intenzione a breve di formalizzare) ha comunicato di aver già raccolto adesioni, oltre che in Sicilia, anche in Lombardia, Toscana, Lazio e Sardegna. «Il passaparola è stato così spontaneamente intenso che abbiamo raggiunto, in sole 48 ore, 530 iscritti in tutta Italia», ha affermato il promotore dell’iniziativa. «Il nostro obiettivo è non solo quello di fornire un aiuto reale e concreto agli uomini, che sempre più frequentemente, dopo il divorzio, si trovano a vivere sotto i ponti o nelle proprie auto, ma contrastare l’orientamento attuale che, pregno d’ipocrisia, pretende che gli uomini siano tutti colpevoli, a prescindere dalle proprie azioni, e che dovrebbero chiedere, comunque, scusa alle donne per avere la sola colpa di essere vivi. È una nuova forma di peccato originale».

L’associazione mira a «concordare un’azione comune con i centri antiviolenza sulle donne»

«Io sono stato più volte oggetto di violenza fisica e psicologica da parte delle mie compagne, nonché di stalking e calunnie. Per fortuna, la giustizia ha funzionato così bene che quelle che si definivano vittime hanno finito per essere imputate», ha spiegato Arangio. I membri del “Centro uomini maltrattati” dicono, comunque, di voler «concordare un’azione comune con i centri antiviolenza sulle donne», auspicando «una maggiore apertura al dialogo e l’adozione di punti di vista alternativi capaci di relativizzare la contraddizione esistente fra i due sessi in un’ottica di mutua comprensione».

La Corea del Sud ha lanciato dagli Stati Uniti il suo primo satellite spia

Dopo il lancio da parte di Pyongyang della sua prima sonda militare, la Corea del Sud intensifica la corsa allo spazio nella penisola coreana con il lancio di un satellite spia, trasportato da un razzo Falcon 9 di SpaceX, l’azienda di Elon Musk, decollato dalla base spaziale americana di Vandenberg, in California. «Sul razzo c’era una scritta con la parola “Korea”. Se verrà messo in orbita con successo, Seul avrà acquisito il suo primo satellite spia costruito a livello nazionale per monitorare la Corea del Nord dotata di armi nucleari», ha dichiarato un portavoce di SpaceX.

Seul vuole lanciare altri quattro sonde entro il 2025: serviranno a monitorare le attività di Pyongyang

Seul prevede di lanciare altri quattro satelliti spia entro la fine del 2025 per rafforzare la sua capacità di ricognizione della Corea del Nord. Impostato in orbita tra i 400 e i 600 chilometri dalla Terra, il satellite sudcoreano è in grado di rilevare un oggetto fino ai 30 centimetri, riferisce l’agenzia di stampa Yonhap. Il lancio è avvenuto a meno di due settimane da quando Pyongyang ha messo in orbita con successo il proprio satellite spia che avrebbe fornito, secondo le autorità, immagini dei principali siti militari statunitensi (tra cui il Pentagono e la Casa Bianca) e sudcoreani, nonché foto di Roma, tutte messe a disposizione del leader Kim Jong-un.

La Corea del Sud ha lanciato dagli Stati Uniti il suo primo satellite spia, trasportato da un razzo Falcon 9 di SpaceX.
Le celebrazioni per il lancio del Malligyong-1 su un maxischermo in Giappone (Getty Images).

La Corea del Nord ha minacciato di abbattere i satelliti spia Usa in risposta a «qualsiasi attacco» contro il suo

Il lancio del Malligyong-1 da parte della Nord Corea è stato il terzo tentativo – questa volta riuscito – di mettere in orbita un satellite del genere, dopo due fallimenti a maggio e agosto. Secondo Seul, Pyongyang avrebbe ricevuto aiuto tecnico da Mosca, in cambio della fornitura di armi da utilizzare nella guerra in Ucraina. La Corea del Nord ha reso noto, tramite una dichiarazione ufficiale del ministero della Difesa diramata dall’agenzia di stampa statale Kcna, che considererà i tentativi degli Usa di neutralizzare la sua prima sonda da ricognizione in orbita terrestre come una dichiarazione di guerra e che, nel caso, «prenderà in considerazione l’adozione di misure di autodifesa per indebolire o distruggere la vitalità dei satelliti spia americani».

La Corea del Sud ha lanciato dagli Stati Uniti il suo primo satellite spia, trasportato da un razzo Falcon 9 di SpaceX.
Il lancio del primo satellite spia sudcoreano (Ansa).

Cristiano Ronaldo, la causa da un miliardo e i nuovi rischi per i testimonial

Ai numeri da record è abituato. Ma di cifre come questa Cristiano Ronaldo avrebbe fatto a meno: 1 miliardo di dollari a titolo di possibile risarcimento. Pagato da lui, se la richiesta dei promotori della class action dovesse essere accolta. C’è un esercito di piccoli investitori che si ritengono gabbati dalle sue prestazioni. Non quelle del campo, ma quelle della sua versione avatar sublimata in formato non fungible token (Nft). Tutti ci hanno perso, mentre lui guadagna. Mica può funzionare così. Sta di fatto che, abituato a frantumare cifre canoniche come quelle dei gol segnati o delle presenze in nazionale, Cr7 non si sarebbe aspettato di fare i conti pure con questa del miliardo tondo di dollari. Spropositata abbastanza da far tremare anche un soggetto con smanie da superomismo come lui, sempre pronto ad accettare lo schema “uno contro tutti”. Il fatto è che stavolta i “tutti” sono troppi. Soprattutto, è esorbitante ciò che quei tutti pretendono. Ma non è questo il vero punto della questione. L’aspetto davvero interessante che si ricava dalla vicenda è la possibilità che si introduca un inedito rischio-testimonial, qualcosa di inimmaginabile fin qui. E certo, va tenuto conto delle specificità del caso e dei suoi tratti di business estremamente originali. Cionondimeno, le ripercussioni potrebbero avere portata generale.

Non funge il token: altro che momenti iconici di Cristiano Ronaldo

Tutto parte dalla collezione di Nft che Cristiano Ronaldo ha lanciato nel 2022 con Binance. Momenti iconici, come viene spiegato nella campagna pubblicitaria che non può non prevedere l’uso di uno fra i più stucchevoli aggettivi della contemporaneità. Il fatto è che al momento, di davvero iconico, ci sono soltanto lo schianto di Binance e le perdite degli investitori che hanno creduto in chissà quale capitalizzazione da criptovaluta.

Cristiano Ronaldo, la causa da un miliardo e i nuovi rischi per i testimonial
Una delle campagne pubblicitarie di Ronaldo con Binance.

Il 21 novembre la Security and Exchange Commission (Sec) statunitense ha riconosciuto Binance e il suo amministratore delegato, Changpeng Zhao, colpevoli di riciclaggio e violazione delle sanzioni. Ne è scaturita una multa da 4 miliardi di dollari. Accompagnata dalla condivisa opinione che da qui in poi il mercato delle criptovalute dovrà essere tirato fuori dal Far West e sottoposto a controllo e regolazione maggiori. Ma le disavventure di Binance non potevano non avere effetti collaterali. E il principale fra questi ha riguardato proprio il testimonial più illustre del colosso globale delle criptovalute: Cristiano Ronaldo, appunto. Che ha messo tutto il peso della sua immagine nella promozione della sua linea di Nft, ciò che è cosa ovvia. Ma che altrettanto ovviamente ha fatto di quell’immagine personale un elemento di legittimazione per Binance e un’esca per una classe di investitori in criptovalute, un po’ troppo propensi a lasciarsi incantare dall’aura del fuoriclasse calcistico globale ma molto meno accorti nel decidere i loro investimenti.

Cristiano Ronaldo, la causa da un miliardo e i nuovi rischi per i testimonial
Changpeng Zhao con Ciro Immobile: Binance è stato anche sponsor della Lazio (Getty).

Cr7 doveva sapere della rischiosità dell’investimento

Se Cr7 non fosse stato parte dell’operazione, se non avesse prestato faccia e fama, loro non avrebbero investito. Ergo, adesso deve assumersi anche lui la responsabilità del pessimo esito cui è andato incontro il loro investimento. Tanto più che, come viene sostenuto dai promotori della class action, un soggetto che come lui ha possibilità di circondarsi dei migliori consulenti legali e finanziari non poteva non essere avvertito della rischiosità dell’investimento. Ma nonostante ne fosse consapevole, continua la linea di ragionamento, è andato avanti. Dunque adesso se ne assuma la responsabilità.

Anche al testimonial si possono imputare i costi sociali

Premesso che è da vedere se la cosa avrà un seguito. Dunque è bene mantenersi nell’ambito delle ipotesi di scuola. Dentro questo ambito si apre la prospettiva del rischio-testimonial che fin qui non pareva ipotizzabile: imputare anche al testimonial di una campagna pubblicitaria i costi sociali della pessima resa del prodotto messo sul mercato. E per quanto vada ribadito che si sta parlando di un settore merceologico molto particolare (che sfugge alla materialità stessa del concetto di merce), rimane il potenziale rivoluzionario della controversia. Il carisma del testimonial non può essere per lui soltanto un vantaggio, ma necessita di essere anche una responsabilità sociale. Che presto si tramuta in responsabilità civile.

Cristiano Ronaldo, la causa da un miliardo e i nuovi rischi per i testimonial
Cristiano Ronaldo sponsor di Binance.

Il prestigio strumento di monetizzazione? Sì, ma anche in negativo

Un’arma a doppio taglio, quando fin qui è stata esclusivamente un privilegio. E se davvero il prestigio personale del testimonial è uno strumento di monetizzazione, rischia di diventarlo anche in negativo e a suo danno. Ciò determinerebbe, da quel momento in poi, l’esigenza di una maggiore accortezza nella decisione di prestare faccia e fama a una campagna pubblicitaria. Tutto questo potrebbe entrare in ballo nella class action da un miliardo di dollari contro Cristiano Ronaldo. Ma forse lui è l’ultimo a rendersene conto.

L’amore per il Milan, il tifo e il mio ritorno a San Siro dopo 10 anni: il racconto della settimana

Reduce da una serie di bianchi con Ofelia alla Terra Trema esco dal Leoncavallo con le Air Pods ficcate nelle orecchie che sono quasi le cinque del pomeriggio e sopra la mia testa il cielo è già nero. Mi dirigo con passo svelto, stretto nel mia giacca blu da marinaio con il bavero alzato, verso la fermata del bus e in sottofondo suona in digitale un pezzo tratto da The Complete Obscure Records Collection, la poderosa raccolta recentemente ristampata, che comprende tutti i dischi prodotti da Brian Eno per la sua mitologica etichetta Obscure Records, che ho ricevuto qualche giorno fa grazie a un ex collega di Radio Pop, che mi ha inviato tutti i 10 album via mail scrivendo nell’oggetto la semplice parola IMPRESCINDIBILE a caratteri cubitali.

[In due parole, per chi non la conoscesse, la Obscure Records, etichetta d’avanguardia di musica sperimentale fondata da Brian Eno nel 1975 con lo scopo di «iniettare nuove aree nel rock», è stata attiva fino al 1978. Ha in catalogo solo 10 dischi, mai più ristampati, che nel tempo sono diventati autentici oggetti di culto. Il gioiello Music for Airports dello stesso Eno, datato 1978, doveva essere l’11esimo album della serie, come testimoniato dalla scritta in copertina della prima stampa Uk OBS-11, ma poi l’etichetta venne chiusa e il disco aprì una nuova collana della Ambient Records, mettendo fine di fatto alla Obscure].

Ascolto con attenzione, isolandomi completamente durante il tragitto verso lo stadio, riflettendo sul fatto che la sensazione principale che questi album mi restituiscono è avere intorno un infinito senso di spazio; una roba simile a quella che solitamente provo ascoltando della roba di Nicolas Jaar o alcuni lavori di Miles Davis, di Alabaster De Plume o vecchi pezzi dei Boards of Canada. E penso tutto questo anche mentre cambio linea del metro in Piazzale Lotto sfogliando mentre aspetto il treno l’ultimo libro pubblicato da Minimum Fax di Mark Fisher, intitolato Non siamo qui per intrattenervi, che raccoglie una serie di considerazioni che il giornalista inglese aveva scritto sul suo blog K-Punk riguardo alla letteratura, prima di impiccarsi nel 2017 a soli 48 anni, devastato dalla depressione.

L'amore per il Milan, il tifo e il mio ritorno a San Siro dopo 10 anni: il racconto della settimana
Murales a San Siro.

È strano tornare allo stadio dopo quasi 10 anni di assenza con Fisher arrotolato nella tasca dei jeans e i dischi della Obscure Records nelle orecchie, ma il tempo passa per tutti e le cose cambiano, tranne l’amore per il Millan, in effetti. Così eccomi qui, che esco dal bocchettone della metropolitana nel piazzale davanti a San Siro, cercando il fido Baj e i suoi due figli, Giorgio & Coco, con i quali ho appuntamento per assistere alla partita con la Fiorentina. Un vecchio numero di Rivista 11 sul “tifo”, uscito un paio d’anni fa, a cui avevo dedicato anche una puntata di PopUp, rifletteva sul fatto che il nuovo tifoso digitale viene considerato dai frequentatori dello stadio in generale e più in particolare da quelli delle cosiddette curve, una sorta di tifoso minore. «Se non ci sei non puoi capire», recitava un vecchio adagio ultras, tradotto in tutte le lingue del mondo, e posso dire che un tempo la pensavo anch’io così.

La prima volta che sono stato allo stadio avevo all’incirca 11 anni e avevo ossessionato mio padre a tal punto che alla fine lo avevo convinto a portarmici. Era una fredda giornata di marzo del 1991 e a San Siro scendeva in campo un Milan condotto da Arrigo Sacchi ormai alla fine del suo ciclo. Senza Ancelotti, Donadoni e Gullit, che all’epoca era il mio eroe assoluto, perdemmo una partita giocata male contro l’Atalanta, puniti da una capocciata del brasiliano Evair, che spedì in rete la palla che si infilò beffarda dietro le spalle di Pazzagli, dopo una cinquantina di minuti di gioco. Non bastarono nemmeno le prodezze di Marco Van Basten per risollevare quella squadra, campione d’Europa in carica, quel pomeriggio di marzo. Squadra che da lì a pochi giorni si sarebbe giocata tutto al Velodrome di Marsiglia, in Coppa dei Campioni, in una notte tragica che passò alla storia come “la notte dei lampioni”. Nonostante la sconfitta ricordo però che rimasi completamente rapito dall’atmosfera di San Siro, seduto di fianco a mio padre sulle poltroncine rosse della tribuna, con lo sguardo ebete di chi vede per la prima volta un luogo che nella sua mente fino a quel momento aveva idealizzato come mitologico.

La prima volta che sono stato allo stadio avevo all’incirca 11 anni e avevo ossessionato mio padre a tal punto che alla fine lo avevo convinto a portarmici. Era una fredda giornata di marzo del 1991 e a San Siro scendeva in campo un Milan condotto da Arrigo Sacchi ormai alla fine del suo ciclo. Senza Ancelotti, Donadoni e Gullit, che all’epoca era il mio eroe assoluto, perdemmo una partita giocata male contro l’Atalanta

Passarono gli anni delle medie e finalmente arrivò il periodo disturbato del liceo, quando San Siro, piano piano, divenne quasi un appuntamento fisso, sia al primo anello arancio, di fianco a DFA, quando suo padre (abbonatissimo da anni) disertava qualche partita, sia in Fossa, dove più che per vedere la gara si andava per drogarsi, saltando e cantando ininterrottamente per 90 minuti. Non sono mai stato un ultras perché in fondo l’atmosfera della curva non l’ho mai amata particolarmente, troppa tensione e troppi delinquenti tutti assieme, anche se devo ammettere che mi ci sono divertito parecchio per il periodo in cui l’ho frequentata. C’era chi si divertiva a costruire velieri in bottiglia, chi a caricare cilum a raffica, tutti uguali, democraticamente uno di fianco all’altro; il figlio dell’avvocato spalla a spalla con il tabbozzo delle case popolari, il plazaro con il giubbotto costoso di fianco al figlio del macellaio. Ogni tanto qualche malcapitato cadeva sotto le mire di qualche gruppuscolo particolarmente violento e così vedevi calci e cinghiate che volavano senza alcun motivo, così per il gusto di darle, anche tra sostenitori della stessa squadra. Non ho mai avuto un abbonamento, spesso compravo il biglietto, altre volte quando ci girava, aspettavamo che la celere si distraesse e con i regaZ scavalcavamo i cancelli dello stadio e poi correvamo a 300 all’ora verso le entrate del terzo anello, dove i controlli erano più flebili. Oggi con tornelli e steward disseminati ovunque sarebbe impossibile.

L’inizio del lavoro al bar la sera, in concomitanza con l’inizio della cosiddetta “banter era” rossonera mi ha nel tempo allontanato dallo stadio. Fino a oggi, quando, come un vecchio signore con il cappotto, di fianco a due ragazzini di 12 e 13 anni, mi sorprendo a esultare come un pazzo tra bandiere e fumogeni, per il gol del Milan

Il periodo migliore a San Siro fu però quello poco dopo i 20 anni, fissi al primo anello blu. Con il fido Baj arrivavamo allo stadio in vespa pochi minuti prima dell’inizio della partita ed entravamo gratis grazie a un amico che lavorava alle biglietterie e ci faceva passare, sia che fosse campionato che Champions. Una dopo l’altra, in quegli anni, seguimmo tutte le gare del Milan di Ancelotti, che all’epoca vinse uno scudetto e coppe a profusione. L’inizio del lavoro al bar la sera, in concomitanza con l’inizio della cosiddetta “banter era” rossonera mi ha nel tempo allontanato dallo stadio. Fino a oggi, quando, come un vecchio signore con il cappotto, di fianco a due ragazzini di 12 e 13 anni, mi sorprendo a esultare come un pazzo tra bandiere e fumogeni, per il gol del Milan.

Maltrattamenti e stalking, 52enne arrestato a Monza: perseguitava l’ex moglie e la figlia

Un uomo di 52 anni è stato arrestato dalla polizia in provincia di Monza, con l’accusa di maltrattamenti e stalking nei confronti della ex moglie e della loro figlia minorenne. La donna, che si era separata dall’uomo da tempo, ha subito atti persecutori e minacce per anni: ma ha sempre denunciato gli episodi di stalking, tanto che l’ormai ex marito era stato già condannato due volte. Uscito l’ultima volta dal carcere nel 2022, ha ripreso a tormentare l’ex moglie, anche tramite la figlia che hanno avuto insieme.

Le minacce e gli appostamenti, infine il tentativo di entrare in casa dell’ex moglie con la forza

Appena scarcerato, l’uomo ha iniziato a contattare l’ex moglie in maniera ossessiva, così come a rivolgerle minacce sia direttamente, sia attraverso la figlia minorenne, alla quale inviava numerosi messaggi vocali con le stesse minacce di morte rivolte alla madre. Per impedire all’ex moglie di rifarsi una vita, il 52enne si faceva trovare sotto l’abitazione di madre e figlia per terrorizzarle. Le due erano state costrette a modificare le loro abitudini di vita per cercare di sentirsi più al sicuro: la donna, ormai, viveva con la costante convinzione di essere presto uccisa. A inizio novembre infine, l’uomo si è ripresentato sotto casa della ex e della figlia, ha inviato loro audio con minacce di morte e ha cercato di entrare in casa con la forza. La donna a quel punto ha telefonato al 112 e gli agenti della Squadra Mobile, d’intesa con la Procura di Monza, hanno ottenuto a ottenere dal gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per maltrattamenti e stalking.

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