Category Archives: esteri

Esplosioni a Gaza, soldati israeliani feriti. Hamas: «Reazione a una violazione della tregua»

Altri due giorni di tregua a Gaza, ma tre ordigni sono esplosi nel nord della Striscia in prossimità delle forze israeliane, «in contrasto con le intese per il cessate il fuoco», come riferisce il portavoce militare dell’esercito di Tel Aviv. In uno di questi episodi è stato aperto il fuoco contro i soldati, che hanno risposto all’attacco. Alcuni dei militari sono rimasti feriti in modo non grave. Diversa la versione dei fatti di Hamas. «In seguito a una palese violazione da parte di Israele dell’accordo di cessate il fuoco nel nord della Striscia di Gaza è avvenuta una frizione tattica». I combattenti palestinesi, insomma, avrebbero risposto ai militari dello Stato ebraico. «Facciamo appello ai mediatori affinché premano su Israele per il rispetto di tutte le intese, in terra e in cielo». L’incidente è avvenuto mentre si attende un nuovo rilascio di ostaggi israeliani, dieci, in cambio della liberazione di 30 prigionieri palestinesi.

I capi di Mossad e Cia in Qatar per una proroga della tregua

Il capo del Mossad David Barnea è a Doha per colloqui con il direttore della Cia Bill Burns e con alti funzionari del Qatar. L’obiettivo del capo della Cia, secondo i media Usa, è mediare un più ampio accordo tra Israele e Hamas per allungare la tregua, allargandola al rilascio anche di uomini e militari. Burns sta premendo inoltre per l’immediata liberazione degli ostaggi americani, stimati in un numero tra 8 e 9. Israele però non sarebbe disposto ad ampliare la tregua oltre domenica 3 dicembre, per un totale di 10 giorni. Lo scrive Haaretz citando un funzionario a conoscenza dei colloqui in corso.

Esplosioni a Gaza, soldati israeliani feriti. La risposta di Hamas: «Reazione a una violazione della tregua».
Tra il 28 e il 29 novembre Hamas rilascerà 20 ostaggi (Ansa).

Scontri in Cisgiordania, uccisi tre palestinesi

Tre palestinesi sono rimasti uccisi in Cisgiordania in scontri con i soldati israeliani. Salgono così a 242 i palestinesi morti in Cisgiordania dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas lo scorso 7 ottobre.

Dall’Italia aiuti in Egitto per i civili in fuga da Gaza

L’Italia risponde alla richiesta di intervento, avanzata dall’Egitto, per far fronte all’assistenza dei profughi civili in arrivo da Gaza. La richiesta è arrivata per il tramite del Meccanismo europeo di protezione civile che, fin da subito, si è attivato per supportare le autorità locali nella gestione dell’emergenza umanitaria e per coordinare gli aiuti degli Stati membri. Il Dipartimento della Protezione Civile, d’intesa con il ministero degli Esteri, coordinerà, attraverso la Centrale remota per le operazioni di soccorso sanitario, la raccolta del materiale sanitario che successivamente sarà inviato in Egitto.

Esplosioni a Gaza, soldati israeliani feriti. La risposta di Hamas: «Reazione a una violazione della tregua».
L’ospedale al-Shifa di Gaza (Getty Images).

Riaperta l’unità di dialisi dell’ospedale al-Shifa

Il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, afferma che l’unità di dialisi dell’ospedale al-Shifa è stata riaperta e sta ricevendo pazienti.

India, 41 operai sono stati salvati dopo 17 giorni in trappola in tunnel

I soccorritori indiani hanno recuperato in sicurezza tutti i 41 lavoratori che erano rimasti bloccati in un tunnel stradale himalayano crollato. Per liberarli è stata necessaria dopo una maratona di operazioni ingegneristiche durata 17 giorni, ha detto in una nota il ministro dei Trasporti stradali Nitin Gadkari. «Sono completamente sollevato e felice che i 41 lavoratori intrappolati nel crollo del tunnel Silkyara siano stati salvati con successo», ha detto il ministro, precisando che «si è trattato di uno sforzo ben coordinato da parte di più agenzie, che ha segnato una delle operazioni di salvataggio più significative degli ultimi anni».

In Russia i soldati pagano tangenti per ottenere permessi, essere ricoverati o non partecipare ad assalti

Tangenti per evitare il fronte ucraino. In ogni modo: comprandosi ‘ferite’, permessi, o addirittura l’esclusione da determinate operazioni. Come rivelato da Novaya Gazeta Europe, è ciò che accade nell’esercito russo, o almeno in certi reparti. A svelare il giro di mazzette è stata la madre di un ex detenuto partito per l’Ucraina nell’aprile 2023 e arruolato nel battaglione Tempesta Z, tra le unità d’assalto più dure delle forze armate di Mosca, una sorta di colonia penale per ex prigionieri, e dove finisce chi si è rifiutato di eseguire un ordine o è stato sorpreso a consumare alcolici.

«Più è alto il grado, più alta è la mazzetta»

La donna ha consegnato ai giornalisti un messaggio vocale in cui il figlio raccontava come la sua squadra fosse ferma da sei mesi senza partecipare a battaglie grazie a «tangenti milionarie». Per «regali a fottuti generali, capi, perché più si va avanti, più monta l’indignazione per il fatto che il battaglione è stato fermo per sei mesi», ha ammesso il soldato, specificando che «più alto è il grado, più alta è la mazzetta». Non solo. Secondo quanto raccontato, gli ex detenuti reclutati venivano sottopagati: 100 mila rubli (poco più di 1.000 euro) al mese invece dei 200 mila promessi, ed erano costretti ad acquistare autonomamente attrezzature come generatori, benzina e apparecchiature per le comunicazioni.

Il tariffario per evitare il fronte tra permessi, ricoveri e trasferimenti

Dichiarazioni confermate da un ufficiale russo delle unità di fucilieri motorizzati che ha fornito anche un tariffario. Una ferita con ricovero ospedaliero costa dai 10 mila ai 50 mila dollari, a seconda del grado del militare e dalla zona del fronte in cui si trova. I permessi costano dai 5 ai 10 mila dollari mentre il trasferimento da un settore a un altro del fronte o per una rotazione anticipata si arrivano a pagare dai 500 ai 3 mila dollari. L’ufficiale ha ricordato anche che i militari feriti hanno diritto a un risarcimento statale di 3 milioni di rubli (più di 30 mila euro), e questo vale anche per chi la ferita non se l’è procurata in battaglia ma l’ha pagata a un ufficiale. In altre parole i soldi pagati in mazzette rientrano sotto forma di pagamenti statali.Lo stesso meccanismo era stato descritto lo scorso ottobre dal sito Important Stories.  I soldati mobilitati e a contratto riuscivano a non partire per il fronte dietro pagamento di tangenti dai 10 mila (100 euro) ai 400 mila rubli (poco più di 4 mila euro).

 

 

Francia, nuova stretta sul fumo con divieti e prezzi alle stelle: 13 euro a pacchetto nel 2026

Nuova stretta sul fumo in Francia, con gli spazi vietati che si estenderanno a tutte le spiagge, i giardini pubblici e i boschi, oltre ai dintorni di luoghi pubblici, in particolare le scuole. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Aurélien Rousseau.

Il prezzo delle sigarette salirà a 13 euro entro il 2026

«Il divieto di fumo sarà ormai la norma», ha affermato il ministro presentando ai giornalisti il programma nazionale di lotta al tabagismo. «Gli spazi vietati al fumo, che sono già oltre 7.200 in oltre 73 dipartimenti, sono il risultato di un movimento impresso localmente dai comuni. Oggi invertiamo la responsabilità e fissiamo il principio che diventa la regola» ha affermato il ministro. Rousseau ha annunciato anche un nuovo aumento del prezzo dei pacchetti di sigarette che nel 2026 arriverà ad un minimo di 13 euro, con una prima tappa a 12 euro nel 2025. L’aumento dei prezzi del tabacco «è la misura più efficace secondo l’Oms e tutti gli studi indipendenti sull’argomento», ha spiegato Rousseau.

Il governo vieterà le sigarette elettroniche usa e getta 

Ma non è tutto perché il governo francese vuole vietare anche le sigarette elettroniche usa e getta che sono particolarmente in voga tra i giovani. La misura entrerà in vigore per la fine del 2023 e l’intento è quello di porre le basi per «la prima generazione senza tabacco entro il 2032», proprio come aveva promesso il presidente Emmanuel Macron.

Von der Leyen lancia l’alleanza globale contro i trafficanti

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, aprendo la conferenza per un’Alleanza globale contro i trafficanti a Bruxelles ha parlato della crisi migratoria che ha interessato l’Italia in questi mesi. «Sappiamo quanto sia difficile affrontare il traffico dei migranti, ma quando abbiamo unito le forze abbiamo fatto progressi. Dalla mia visita a Lampedusa abbiamo unito le forze con l’Italia», ha spiegato.

Von der Leyen: «Serve risposta sistemica che escluda i trafficanti»

La presidente della Commissione Ue ha aggiunto: «La gestione della crisi è importante ma non è abbastanza. Serve una risposta sistemica che escluda i trafficanti da queste attività. Dobbiamo stabilire nuove partnership bilaterali che si concentrino sulle rotte ma anche abbiamo anche bisogno di un’Alleanza globale».

Scontro Regno Unito-Grecia sul Partenone, Sunak cancella l’incontro con Mitsotakis

Altro che negoziato per la restituzione dei marmi del Partenone. Sull’annosa questione, nella tarda serata di lunedì 27 novembre, è improvvisamente scoppiato un clamoroso scontro diplomatico tra Regno Unito e Grecia, con la cancellazione da parte di Londra dell’incontro tra il premier Rishi Sunak e l’omologo ellenico Kyriakos Mitsotakis. A innescare lo scontro è stata un’intervista alla Bbc dai toni rivendicativi di quest’ultimo, in visita a Londra da domenica sera, in seguito alla quale il leader Tory ha deciso di cancellare con brevissimo preavviso l’incontro a due in programma il 28 novembre, sbattendo di fatto la porta di Downing Street in faccia all’ospite.

Scontro Regno Unito-Grecia sui marmi del Partenone, Sunak cancella l’incontro con l'omologo ellenico Mitsotakis.
Kyriakos Mitsotakis (Getty Images).

Mitsotakis è tornato in Grecia dopo aver rifiutato un colloquio alternativo col vicepremier Oliver Dowden

«Stupito e irritato», come ha fatto sapere il suo entourage, Mitsotakis non ha potuto che rispondere ripartendo per Atene con un inedito nulla di fatto in termini di relazioni tra governi, dopo aver rifiutato l’offerta in extremis di Londra di un colloquio alternativo (di fatto una “retrocessione”) col vicepremier Oliver Dowden. Ad accendere la querelle tra i due premier sono state come detto le parole forti alla Bbc con cui Mitsotakis è tornato a invocare la restituzione ad Atene dei preziosi marmi del Partenone, raccolta di gruppi scultorei (perlopiù opera di Fidia e dei suoi assistenti), fregi ed elementi architettonici che in origine facevano parte degli edifici collocati sull’Acropoli di Atene e portati a Londra da Lord Elgin nell’Ottocento al tempo dell’Impero britannico grazie alla compiacenza degli ottomani, che all’epoca governavano la Grecia.

Scontro Regno Unito-Grecia sui marmi del Partenone, Sunak cancella l’incontro con l'omologo ellenico Mitsotakis.
L’Acropoli di Atene (Getty Images).

Mitsotakis aveva definito «inaccettabile» l’ipotetica suddivisione dei marmi: «Come dividere in due la Gioconda»

Mitsotakis ha liquidato come «inaccettabile» persino un’ipotetica suddivisione dei marmi, parte della collezione del British Museum, equiparandola sarcasticamente all’idea di «dividere in due la Gioconda». Le sue affermazioni hanno mandato su tutte le furie Sunak, il quale attraverso un portavoce ha ribadito viceversa la posizione di principio di Londra contro la restituzione di un patrimonio storico «acquisito legalmente» e peraltro vietata da una legge ad hoc approvata anni fa a Westminster. L’escalation è quindi giunta fino all’inatteso annullamento del faccia a faccia nel cui ordine del giorno, in base alle indicazioni di Downing Street, non avrebbe nemmeno dovuto esserci primariamente il dossier dei marmi, bensì discussioni su gravi crisi internazionali attuali come la guerra fra Russia e Ucraina o il conflitto israelo-palestinese.

Per la Corte giustizia europea è possibile vietare il velo islamico negli uffici pubblici

«Una pubblica amministrazione può vietare all’insieme dei suoi dipendenti di indossare segni religiosi sul luogo di lavoro». Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea esprimendosi sul caso di una donna in Belgio alla quale era stato vietato di indossare il velo islamico sul posto di lavoro in base al principio di neutralità. Un divieto di questo tipo, evidenziano i giudici di Lussemburgo, «non è discriminatorio se viene applicato in maniera generale e indiscriminata a tutto il personale dell’amministrazione e si limita allo stretto necessario».

Avvelenata la moglie del capo degli 007 di Kyiv

Marianna Budanova, moglie del capo dell’intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov, è stata avvelenata. Lo scrivono i media locali citando fonti del ministero della Difesa di Kyiv. Alla donna è stato diagnosticato un avvelenamento da metalli pesanti. «Queste sostanze non vengono utilizzate in alcun modo nella vita quotidiana e negli affari militari. La loro presenza può indicare un tentativo intenzionale di avvelenare una persona specifica», hanno detto alcune fonti. Budanova «è stata molto probabilmente avvelenata con il cibo» e, dopo essere stata ricoverata in ospedale, «sta già meglio».

Corea del Nord: «Un nostro satellite ha fotografato la Casa Bianca e Roma»

Un satellite da ricognizione nordcoreano ha scattato a partire dal 25 novembre foto della Casa Bianca, del Pentagono, e di Roma. Lo riferisce l’agenzia di stampa statale di Pyongyang, Kcna. Le immagini sono state già visionate dal leader Kim Jong-un nell’ambito «dei preparativi per l’operazione del satellite da ricognizione ‘Malligyong-1’, prima dell’inizio della sua missione ufficiale».

Acquisite immagine anche della base aerea Usa a Guam e dei cantieri in Virginia

Secondo l’agenzia, il satellite della Corea del Nord ha scattato foto anche della base aerea militare statunitense Anderson a Guam, nel Pacifico. Non solo, sono state fotografate anche la stazione navale Norfolk e il cantiere navale di Newport News in Virginia. A margine degli scatti, dall’agenzia fanno sapere che sono stati avvistate «quattro portaerei nucleari della Marina americana e una portaerei britannica». Il 21 novembre Pyongyang aveva lanciato un satellite da ricognizione. In risposta la Corea del Sud aveva annunciato una parziale sospensione dell’accordo militare con il Nord, che a sua volta ha affermato che non rispetterà più l’intero accordo e riprenderà le azioni vietate dal documento.

Israele-Hamas, tregua prorogata per altri due giorni

La tregua tra Israele e Hamas è stata prorogata di altri due giorni. Ad annunciarlo è stato Majed al Ansari, il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar. Su X ha infatti scritto: «Lo Stato del Qatar annuncia, nell’ambito della mediazione in corso, che è stato raggiunto un accordo per prolungare di altri due giorni la tregua umanitaria nella Striscia di Gaza».

https://twitter.com/majedalansari/status/1729171016642166998

Dall’Egitto: «Ostaggi rilasciati in entrambi i giorni»

Secondo quanto riportato dal Times of Israel, inoltre, dall’Egitto è stato Diaa Rashwan, capo ufficio stampa del governo egiziano, ad anticipare l’accordo. Secondo l’alto collaboratore del presidente Abdel Fattah al-Sisi, saranno rilasciati 10 ostaggi di Hamas contro 30 prigionieri palestinesi, in entrambi i giorni. Così facendo si manterrebbe il rapporto di 1 israeliano per 3 palestinesi. Intanto fonti israeliane hanno fatto sapere che l’accordo sul quarto rilascio di ostaggi di oggi, 27 novembre, è stato chiuso positivamente. Secondo le stesse fonti, citate da Ynet, due madri saranno liberate assieme a 9 bambini.

Il Regno Unito ha registrato il primo caso di influenza suina A\H1N2 nel Paese

L’Agenzia per la sicurezza sanitaria (Uksha) del Regno Unito ha confermato di aver rilevato il primo caso di ceppo influenzale suino A/H1N2 in un essere umano nel Paese. La persona trovata positiva è stata testata dal proprio medico di famiglia, dopo aver manifestato sintomi respiratori e aver avuto una lieve malattia. La fonte del contagio non è stata ancora accertata e resta oggetto di indagine, hanno detto gli esperti. 

L’influenza suina A di rado infetta gli esseri umani

Dal 2005, ha ricordato l’agenzia dando notizia del caso, «sono stati segnalati in tutto il mondo 50 casi umani di influenza A/H1N2» ma nessuno di questi risulta correlato geneticamente a questo ceppo. Sulla base delle prime informazioni, l’infezione è simile ai virus riscontrati nei suini del Regno Unito. Le infezioni umane da virus dell’influenza suina si verificano sporadicamente, spiega l’agenzia britannica: «H1N1, H1N2 e H3N2 sono i principali sottotipi di virus dell’influenza suina A nei suini, infettano di rado l’essere umano, di solito dopo esposizione diretta o indiretta a maiali o ambienti contaminati». In merito alla pandemia del 2009, causata proprio da un virus dell’influenza A/H1N1, gli scienziati dell’Uksha hanno spiegato che «l’infezione fu allora comunemente denominata “influenza suina”, ma quel virus conteneva materiale genetico proveniente da patogeni che circolavano nei maiali, negli uccelli e negli esseri umani negli Anni 90 e 2000». L’Ukhsa «sta lavorando a stretto contatto con i partner per determinare le caratteristiche dell’agente patogeno e valutare il rischio per la salute umana». Il caso è stato rilevato grazie alla «sorveglianza nazionale di routine sull’influenza intrapresa dall’Ukhsa e dal Royal College of General Practitioners», ha specificato l’agenzia.

LEGGI ANCHE: Polmonite tra i bambini, dopo la Cina aumentano i casi anche in Francia

Svezia, la destra nazionalista chiede la distruzione delle moschee

I Democratici Svedesi, il partito di destra nazionalista della Svezia, hanno chiesto che le moschee vengano distrutte o confiscate. È il risultato del congresso tenutosi nel fine settimana scorso. Il leader nazionalista Jimmy Akesson ha tenuto un discorso in cui ha dichiarato: «Dobbiamo avviare la confisca e la demolizione degli edifici delle moschee che diffondono propaganda antidemocratica, anti svedese, omofoba o antisemita». Parole che hanno animato il dibattito pubblico a diversi mesi di distanza dal rogo del Corano fuori da una moschea di Stoccolma.

Il governo ha preso le distanze: «Irrispettoso»

A prendere le distanze è stato il primo ministro Ulf Kristersson. Durante un’intervista alla tv svedese SVT ha dichiarato: «Credo che sia un modo irrispettoso di esprimersi. Dà un’immagine distorta dei valori della Svezia a livello internazionale. In Svezia non demoliamo luoghi di culto». Kristersson ha anche evidenziato il lavoro attivo delle autorità per contrastare ogni forma di estremismo.

Svezia, la destra nazionalista chiede la distruzione delle moschee
Una manifestazione di cittadini svedesi in favore delle Moschee (Getty Images).

Chiesto l’allontanamento dalla cancelleria dei Democratici Svedesi

Magdalena Andersson, leader dei Social Democratici all’opposizione, ha chiesto a Kristersson di allontanare i membri dei Democratici Svedesi dalla cancelleria del governo, ma Kristersson non è d’accordo: «Ho notato che i Socialdemocratici hanno assunto un tono alto simile a quello dei Democratici Svedesi. Invito entrambi i partiti a mantenere la calma. Inoltre, penso che i Social Democratici debbano dimostrare di aver preso le distanze dall’estremismo e dall’antisemitismo». Poi Kristersson ha concluso auspicando un lavoro congiunto per il bene della Svezia. Recentemente, le autorità svedesi hanno aumentato il livello di minaccia terroristica a causa del rischio di attentati da parte di fondamentalisti islamici, in risposta ad una serie di manifestazioni quest’estate in cui alcuni attivisti hanno bruciato copie del Corano.

Polmonite tra i bambini, dopo la Cina aumentano i casi anche in Francia

La Francia come la Cina. Da diverse settimane le autorità sanitarie francesi hanno registrato un aumento di polmoniti nei bambini e nei ragazzi con età inferiore a 15 anni, considerato anomalo e preoccupante. Secondo le prime informazioni disponibili, la causa sarebbe il batterio Mycoplasma pneumoniae, responsabile in parte anche della situazione che si sta protraendo da giorni in Cina. Pechino ha registrato un vero e proprio boom di casi, tanto che l’Oms nei giorni scorsi ha presentato ufficiali richieste relative ai dati per monitorare la situazione.

In Francia aumento del 44 per cento tra 0 e 2 anni

Il governo francese sta analizzando i numeri relativi al bollettino ufficiale sul monitoraggio dei pronto soccorso. Le autorità hanno stilato un report da cui è emerso che si è registrato un aumento di accessi in ospedale, a causa di questa infezione, del 44 per cento per i pazienti tra 0 e 2 anni in una settimana. L’incremento si dimezza nella fascia d’età tra i 2 e i 14 anni ed è di circa il 23 per cento. Inoltre è stato riscontrato un aumento del doppio dell’attività assistenziale pediatrica rispetto alle ultime due stagioni. Bambine e bambini arrivano in ospedale con febbre, tosse profonda e un forte affaticamenti.

LEGGI ANCHELa Cina spiega da cosa è causata la polmonite che sta colpendo i bambini

Elon Musk in Israele per parlare di Starlink e antisemitismo

Lunedì 27 novembre Elon Musk si è recato in Israele per incontrare alcuni funzionari tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu e il presidente Isaac Herzog, nonché i parenti dei prigionieri detenuti da Hamas. Il viaggio avviene a seguito delle preoccupazioni del governo di Tel Aviv sull’antisemitismo che circola su X, di cui Musk è proprietario, insieme ai timori riguardanti l’arrivo della rete Internet satellitare Starlink a Gaza, che secondo Israele potrebbe essere utilizzata da Hamas.

Starlink potrà essere utilizzata a Gaza solo previa approvazione di Israele

In merito a Starlink, Tel Aviv ha annunciato di aver raggiunto un accordo per utilizzare il canale di comunicazione di SpaceX a Gaza. Il ministro delle Comunicazioni israeliano, Shlomo Karhi, era preoccupato che Hamas avrebbe potuto utilizzare la rete satellitare di Musk per «attività terroristiche» perciò, secondo l’accordo raggiunto lunedì, «le unità satellitari Starlink potranno essere utilizzate in Israele solo con l’approvazione del ministero israeliano delle Comunicazioni, compresa la Striscia di Gaza». Le linee telefoniche, mobili e fisse, e Internet nella Striscia sono nel mirino delle operazioni israeliane dal 7 ottobre, che hanno provocato diversi blackout. Per questo motivo, Musk aveva annunciato l’intenzione di rendere disponibile la rete satellitare «per motivi umanitari» a Gaza.

Elon Musk in Israele per parlare di Starlink e antisemitismo
Luci sparse a Gaza City, dopo un’interruzione dell’elettricità da parte di Israele (Getty Images).

Herzog e Netanyahu incitano Musk affinché su X non circoli l’antisemitismo

Per quanto riguarda le polemiche che hanno coinvolto la piattaforma social di Musk, il presidente israeliano Herzog ha detto che durante l’incontro con il miliardario «sottolineerà la necessità di agire per combattere il crescente antisemitismo online». Lo riferisce Al Jazeera. Musk incontrerà anche il primo ministro Netanyahu, che ha espresso preoccupazioni simili all’imprenditore tecnologico durante il loro ultimo incontro a settembre. Il miliardario aveva annunciato nei giorni scorsi che la sua azienda invierà tutto il denaro ricavato dalla pubblicità e dagli abbonamenti associati alla guerra a Gaza agli ospedali in Israele, e alla Croce Rossa e Mezzaluna Rossa a Gaza. X è stata una fonte chiave di informazioni e dibattiti sulla guerra, con funzionari governativi e utenti filo-israeliani e filo-palestinesi che condividono quotidianamente contenuti. Tuttavia, i critici affermano che durante il conflitto ha anche amplificato la disinformazione, le teorie del complotto e i contenuti che incitano all’odio, compreso l’antisemitismo. Lo stesso Musk è stato accusato di aver avuto un ruolo nella diffusione di tali contenuti, tanto che aziende come IBM, Apple, Warner Bros, Disney, Lionsgate e altre hanno deciso di sospendere le loro attività di marketing sul social.

La sindaca di Parigi Anne Hidalgo lascia X: «È una fogna mondiale»

«Ho preso la decisione di lasciare Twitter». Con un lungo post in inglese e in francese la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, ha detto di essere pronta a lasciare la piattaforma X. Riportando un suo intervento pubblicato su Le Monde, ha spiegato di aver abbracciato il social nel lontano 2009, ma di non riconoscere più la piattaforma di allora. «È una vasta fogna globale», ha sottolineato la prima cittadina della capitale francese. «Grazie all’algoritmo, contano solo i “Mi piace”. Mi rifiuto di sostenere questo progetto disastroso». Sottolineando l’ampia diffusione di antisemitismo, incitamento all’odio, disinformazione e manipolazione delle notizie, Hidalgo ha puntato il dito anche contro il patron di X Elon Musk: «Agisce per inasprire tensioni e conflitti». La sindaca, presente su Facebook e Instagram, ha confermato che manterrà il suo account su Linktree. Su X, come ha riportato France Presse, rimarrà l’account del comune di Parigi.

Anne Hidalgo contro X: «Un’arma di distruzione di massa delle democrazie»

Dopo aver ricordato con entusiasmo la creazione di Twitter, che nacque per consentire «l’accesso libero all’informazione per il maggior numero di persone», Anne Hidalgo ne ha spiegato il netto cambiamento. «Negli ultimi anni è diventato l’arma di distruzione di massa delle nostre democrazie», ha scritto la sindaca di Parigi nel suo post online. «Polemiche, voci e crudeli manipolazioni dettano il dibattito pubblico, guidato da un algoritmo dove contano solo i “Mi piace”. A cosa servono ancora i fatti?». Secondo Hidalgo, X è soprattutto il veicolo tramite cui «l’ingerenza straniera quotidiana interferisce nei processi elettorali», nel tentativo di destabilizzare i governi.

Anne Hidalgo chiude l'account X. La sindaca di Parigi accusa il social di Elon Musk di distruggere le democrazie e alimentare i conflitti.
La sindaca di Parigi Anne Hidalgo in visita nel Regno Unito (Getty Images).

«X e il suo proprietario ostacolano deliberatamente l’informazione necessaria per l’avvento della radicale trasformazione ecologica ed energetica di cui abbiamo bisogno», ha proseguito la sindaca di Parigi. A suo avviso, la piattaforma invece alimenta lo scetticismo generale sulla crisi climatica, in quanto spinta dagli «interessi per i combustibili fossili e dalla predazione illimitata del pianeta». Ha poi invitato i concittadini e tutti i suoi follower – al momento dell’annuncio pari a 1,5 milioni – a seguire il suo esempio in favore di una «trasparenza dei contenuti» e in continua «ricerca della verità e di un dialogo sereno e costruttivo, sempre necessario tra gli esseri umani». Anne Hidalgo ha poi espresso il desiderio di sostituire i post social con un maggiore interesse per la «vera democrazia, quella dei consigli comunali, delle votazioni, dei convegni e delle riunioni», che ha definito «luoghi fisici ad altezza d’uomo».

LEGGI ANCHE: Paris Hilton contro X: via le pubblicità in protesta contro Elon Musk

La rivoluzione delle rose in Georgia del 2003 e i segnali di Mosca inascoltati dall’Occidente

Vent’anni fa, nel novembre del 2003, si consumava la rivoluzione delle rose in Georgia, la prima repubblica ex sovietica a passare dalla sfera della Russia a quella occidentale. Le tre baltiche, Estonia, Lettonia e Lituania, avrebbero fatto il loro ingresso nella Nato ufficialmente nel 2004, ma il loro destino sulla scacchiera geopolitica si era già deciso negli Anni 90 a causa alla desistenza di Mosca, impegnata nel primo decennio della transizione postcomunista più che altro a sopravvivere a se stessa. All’inizio degli Anni Duemila al Cremlino c’era già Vladimir Putin, uno che non avrebbe allentato tanto facilmente l’influenza della Russia su quello che ha sempre considerato il proprio giardino di casa.

La rivoluzione pacifica contro il filorusso Eduard Shevardnadze e la vittoria di Saakashvili

Le rose, dunque, quelle che il primo presidente georgiano Zviad Gamsakhurdia gettò ai nemici invece di sparare pallottole. Gamsakhurdia era uno scrittore, dissidente ai tempi dell’Urss, eletto all’inizio del 1990 presidente del Consiglio supremo della repubblica ancora sovietica della Georgia, diventata indipendente sotto di lui qualche mese dopo e destituito nel 1992 da un colpo di stato militare. Poca gloria per lui, trasformatosi in pochi mesi di potere in una specie di dittatore nazionalista. Nel novembre del 2003 per oltre tre settimane la Georgia, o per lo meno la capitale Tbilisi, si rivoltò contro l’allora presidente Eduard Shevardnadze, ex ministro degli Esteri a Mosca ai tempi di Mikhail Gorbaciov ed eletto presidente nel 1995, dopo i vari conflitti esplosi nel dopo Gamsakhurdia con la Georgia lacerata internamente, divisa dai territori ribelli di Ossezia del sud, Abcasia e Adjaria. Da un parte il vecchio, rappresentante di una leadership vetusta con legami forti ancora con la Russia, dall’altra parte il nuovo, con Mikheil Saakashvili, giovane ministro della Giustizia, con forti legami con gli Stati Uniti, dove aveva studiato e lavorato come avvocato. Le elezioni parlamentari del 2 novembre 2003 vinte dalla coalizione pro Shevardnadze non furono riconosciute dall’opposizione che scese in piazza e in maniera non violenta costrinse il presidente a dimettersi, sostituito a gennaio da Saakashvili. Questo in sintesi quello che accadde due decenni or sono. Non si trattò esattamente di un movimento naturale e spontaneo, ma fu accompagnato da una regia che negli anni precedenti aveva preparato il terreno: da Saakashvili in persona, al supporto degli Stati Uniti sia politico che finanziario all’opposizione, passando per il ruolo della miriade di organizzazioni non governative finanziate dall’Occidente che aiutarono a coordinare la protesta contro il vecchio regime. Un modello in parte collaudato qualche anno prima nei Balcani, ma che nel Caucaso raggiunse la piena efficienza con il successo completo e incruento per Saakashvili e gli Usa.

La rivoluzione delle rose in Georgia del 2003 e i segnali di Mosca inascoltati dall'Occidente
Eduard Shevarnadze all’esterno del parlamento georgiano nel novembre 2003 (Getty Images).

La guerra russo-georgiana e il distacco di Ossezia del Sud e Abcasia

La Georgia rimase però in bilico, perché lo strappo non fu definitivo e lo stesso Saakashvili ci mise del suo per far rientrare in gioco la Russia. Il presidente georgiano rimase in carica per due mandati, fino al 2014 e se il primo fu destinato alle riforme, il secondo venne caratterizzato da un crescente autoritarismo e dal disastro della guerra con Mosca, intervenuta militarmente nel 2008 dopo il tentativo di Tbilisi di riprendere il controllo delle regioni indipendentiste di Ossezia del sud e Abcasia. Il duello a distanza tra Saakashvili e Putin si concluse con la vittoria del secondo e il distacco definitivo delle due repubbliche dalla Georgia. Allora gli Usa e l’Occidente non vollero cogliere i segnali, molto chiari, che giungevano da Mosca, con la linea rossa tracciata dal conflitto dei cinque giorni nell’agosto del 2008. E pensare che in Ucraina era già arrivata nel 2004 la rivoluzione arancione e nel 2006 in Kirghizistan quella dei tulipani, entrambe naufragate brevemente. Segnali, insieme con il conflitto georgiano, che Mosca non avrebbe mai abbandonato la propria sfera di influenza, mentre Washington cercava di entrare in salotto. Il successivo tentativo, riuscito da parte occidentale, quello di Euromaidan a Kyiv tra il 2013 e il 2014 avrebbe condotto a disastri ancora peggiori: prima l’annessione della Crimea, poi la guerra nel Donbass, infine nel 2022 l’invasione su larga scala dell’Ucraina.

La rivoluzione delle rose in Georgia del 2003 e i segnali di Mosca inascoltati dall'Occidente
Manifestazioni contro Eduard Shevarnadze a Tbilisi il 9 novembre 2300 (Getty Images).

La parabola di Saakashvili e i tentativi di Zelensky di farlo ritornare in Ucraina

Mikheil Saakashvili , dopo aver abbandonato la Georgia inseguito dalla giustizia, è finito prima in Ucraina, nominato dal primo presidente filoccidentale Petro Poroshenko governatore di Odessa dal 2015 al 2016. Successivamente fu scaricato anche da Kyiv. Condannato in contumacia per abuso di potere a sei anni di carcere, fu arrestato nel 2021 a Tiblisi dove era tornato per sostenere l’opposizione prima delle elezioni. Al momento si trova ancora in carcere. A luglio 2023 il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha lanciato un appello per far lo ritornare in Ucraina – Saakashvili ha la cittadinanza ucraina dal 2019 – per consentirgli cure necessarie e per gli accertamenti medici.

Belgio, 27 scuole chiuse a causa di un allarme bomba

In Belgio, a causa di un allarme bomba, sono state chiuse diverse scuole di Bruxelles e provincia. L’allerta è salita nella serata di domenica 26 novembre, quando le forze dell’ordine hanno riscontrato la presenza di possibili attentanti, così come riportato dal quotidiano belga Le Soir. Le autorità hanno così disposto la chiusura di 27 istituti scolastici, per un totale di circa 10 mila studenti, da sottoporre a ispezione da parte delle forze dell’ordine.

Le email di minaccia ricevute dagli istituti

Sulle chiusure delle scuole è intervenuto Julien Nicaise, amministratore generale della Wbe, Wallonie-Bruxelles Enseignement, la rete dell’organizzazione che gestisce gli istituti: «Ieri sera diversi direttori delle scuole ci hanno informato di aver appena ricevuto una email di minacce». Lo stesso ha poi precisato che nel testo veniva fatto riferimento al possibile utilizzo di «esplosivi se non fosse stato pagato un riscatto».

Le precedenti allerte

In Belgio, purtroppo, l’allerta terrorismo non è affatto una novità. All’inizio di novembre, infatti, due scuole erano state evacuate a Charleroi e Dinant, in Vallonia, a causa di finti allarmi bomba che erano arrivati alle strutture sempre via email. Sul moltiplicarsi dei casi, la Wbe ha sottolineato che il fenomeno interessa tanto il Belgio quanto la Francia. Il 13 ottobre 2023 ad Arras, nel Nord francese, si è verificato un attentato di matrice islamica costato la vita ad un insegnante, mentre il 16 ottobre a Bruxelles un altro attentato compiuto in nome di Allah era costato la vita a due persone di nazionalità svedese, giunte nella capitale belga per la partita della loro nazionale contro i padroni di casa.

Joe Biden non parteciperà alla Cop28 a Dubai

Lo aveva già anticipato Reuters a ottobre e ora è ufficiale, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden non parteciperà alla Conferenza delle parti sul clima delle Nazioni Unite, la Cop28, in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre. Lo ha riferito un funzionario della Casa Bianca al New York Times. Nel calendario del presidente per i prossimi giorni c’è una visita in Colorado per parlare di rinnovabili, mentre giovedì 30 ospiterà il presidente dell’Angola alla Casa Bianca. Ma nella sua agenda non figurano viaggi all’estero per il resto dell’anno.

Le motivazioni dietro alla scelta di Biden

Dopo la Cina, gli Stati Uniti sono i maggiori responsabili delle emissioni di gas serra al mondo, con 5,09 miliardi di tonnellate emesse nel 2022. La questione climatica è perciò tra le priorità della presidenza di Joe Biden, che da quando è stato eletto non ha mai mancato l’appuntamento della Cop, partecipando sia a quella tenutasi a Glasgow, in Scozia, nel 2021, che a quella a Sharm el-Sheikh, in Egitto, nel 2022. La scelta di Biden è arrivata quindi agli occhi di molti come un sorpresa, ma tra la motivazioni ci sarebbe l’impegno attuale di Washington nella guerra in Medio Oriente, e la difficile campagna elettorale per le presidenziali del 2024, che entrerà nel vivo da gennaio. Recenti sondaggi hanno mostrato che Biden è indietro rispetto a Donald Trump in diversi importanti “Stati chiave” e tra gli elettori più giovani e non bianchi, sia per la gestione dell’economia sia per la guerra tra Israele e Hamas. Indipendentemente dai piani del presidente, i suoi massimi consiglieri sul clima, tra cui l’ex segretario di Stato John Kerry e l’ex capo dello staff della Casa Bianca John Podesta, dovrebbero partecipare alla Cop28. Anche il presidente cinese Xi Jinping non prenderà parte al summit sul clima.

Joe Biden non parteciperà alla Cop28 a Dubai
Sultan al-Jaber, il presidente designato della Cop28 che si terrà negli Emirati Arabi Uniti (Getty Images).

Alla Cop28 è atteso il primo accordo globale per l’eliminazione graduale di petrolio, carbone e gas

La Conferenza delle parti riunisce 198 Stati con l’obiettivo di adottare misure volte a fronteggiare i cambiamenti climatici. Dal momento che gli ultimi report delle Nazioni Unite hanno evidenziato che i Paesi non stanno facendo abbastanza per il mantenimento della temperatura entro 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, la Cop28 ospitata dagli Emirati Arabi Uniti «rappresenterà un’opportunità fondamentale per il mondo di riunirsi, correggere la rotta e guidare i progressi per mantenere 1,5°C a portata di mano, in modo da poter raggiungere gli obiettivi e le ambizioni dell’Accordo di Parigi», questo è quanto è emerso da un comunicato della presidenza del summit del 2023. Con questo obiettivo, durante la conferenza di quest’anno decine di paesi dovrebbero stringere il primo accordo al mondo per l’eliminazione graduale di carbone, petrolio e gas che emettono Co2. Un simile accordo rappresenterebbe un fiore all’occhiello per Joe Biden in vista delle elezioni presidenziali del 2024, in cui molti elettori liberali e più giovani considerano il cambiamento climatico una questione fondamentale.


    
            

È morto il regista Ross McDonnell: il sup corpo ritrovato su una spiaggia a New York

Ross McDonnell, regista e fotografo irlandese vincitore di un Emmy e noto soprattutto per The Trade, è morto all’età di 44 anni. Lo ha annunciato la sua famiglia oltre una settimana dopo che Nbc News aveva riferito del ritrovamento di un corpo privo di testa e braccia su una spiaggia di New York, il 17 novembre. Fonti delle forze dell’ordine avevano riferito al quotidiano che «i resti sembrano essere del regista Ross McDonnell». L’uomo era stato visto l’ultima volta il 4 novembre mentre andava in bicicletta dopo aver lasciato il suo appartamento nel quartiere Bedford-Stuyvesant di Brooklyn. La bici è stata poi ritrovata più tardi, chiusa con un lucchetto a Fort Tilden Beach, nel Queens.

Indagini in corso sulle cause della morte

Sarà il medico legale di New York ad accertare la causa della morte, ma fonti hanno riferito a Nbc News che non si sospetta alcun atto violento e non vi è alcuna indicazione di suicidio. Secondo alcune fonti, probabilmente è andato a fare una nuotata ed è annegato a causa delle forti correnti.

In carriera due Emmy, il primo con The Trade

Nato a Dublino, McDonnell ha partecipato a diversi progetti come fotografo, produttore e direttore della fotografia, tra cui Colony, Dollhouse, Snake Dance, Life Is Sacred, Forever Pure, Elián, No Stone Unturned, One Million American Dreams, The First Wave e Edge of the Unknown con Jimmy Chin. Ma è stato il suo lavoro nella serie Showtime The Trade, andata in onda per due stagioni, a fargli vincere nel 2021 un Emmy Award per la sua eccezionale fotografia. L’anno successivo ha vinto un altro Emmy per la fotografia per il documentario sul Covid-19 di Matthew Heineman, La prima ondata.

Francia, padre uccide le sue tre figlie di età compresa tra i 4 gli 11 anni

Un padre di 41 anni ha ucciso le sue tre figlie di età compresa tra i 4 e gli 11 anni ad Alfortville, nella banlieue di Parigi in Francia. L’uomo, che era già noto alle forze dell’ordine per altri episodi di violenza familiare, si è costituito dopo aver commesso il plurimo infanticidio, con le forze dell’ordine che, recandosi nella sua abitazione, hanno trovato i corpi senza vita delle bambine.

L’uomo era già noto come violento

Come detto, l’assassino delle tre bambine aveva già avuto dei precedenti per violenza familiare. Ad aprile 2021, per l’esattezza, era stato condannato dal Tribunale francese a 18 mesi di carcere, 12 dei quali da scontare con la condizionale, per aver picchiato la compagna con un bastone davanti alle figlie.  La sua pena era terminata il 28 agosto scorso, quando si era interrotta la libertà vigilata.

Era d’accordo con la madre per la custodia delle figlie

Stando a quanto fin qui emerso dalle indagini delle forze dell’ordine, l’uomo e la madre delle bambine uccise erano separati e tra di loro c’era un accordo di custodia alternata per le bambine. Proprio mentre erano con il padre le figlie sono state uccise, presumibilmente con un coltello. Al momento della sua consegna, il 41enne ha dichiarato di non sapere dove si trovi la madre delle ragazzine uccise.

Powered by WordPress and MasterTemplate