A seguito della decisione della Russia azzerare le esportazioni di gasolio e di benzina, il gas naturale al Ttf di Amsterdam si è portato sui massimi dal 28 agosto, quando i future su settembre chiusero a 41,5 euro, poco sotto i 41,7 euro registrati cinque giorni prima. I contratti future sul mese di ottobre hanno chiuso la seduta del 22 settembre a 39,79 euro al megawattora.
Attesi altri aumenti nonostante il livello elevato di scorte in Europa
In una settimana i future di Amsterdam hanno guadagnato l’1,8 per cento, ma il prezzo il 22 settembre è salito fino al 7,3 per cento a 41,9 euro, considerando il massimo di giornata. La corsa non è finita però: sono infatti previsti ulteriori aumenti nel corso dell’autunno, nonostante il livello elevato di scorte in Europa, che ha raggiunto il 94,48 per cento a 1.075,88 TWh. Prima è la Germania con 240,22 TWh, pari al 94,61 per cento della capacità di riempimento, seguita dall’Italia, con 185,94 TWh, pari al 95,21 per cento dello stock disponibile. Seguono i Paesi Bassi con il 95,86 per cento a 136,5 TWh e la Francia, con l’89,48 per cento di riempimento a 122 TWh.
La mossa della Russia sui carburanti ha ripercussioni su altre materie prime
Nonostante ciò, la mossa di Mosca di fermare temporaneamente le esportazioni dei carburanti, spiegano gli analisti, ha ripercussioni anche su altre materie prime, come appunto il gas. Attualmente Il 60 per cento di quello consumato in Europa giunge via gasdotto e il 40 per cento è Gnl trasportato su nave, su cui incide il maggior costo dei carburanti. Proprio sul fronte del gas liquido sembrano ormai alle spalle i problemi degli scioperi in Australia, da dove proviene circa il 10 per cento del Gnl mondiale, mentre proseguono le manutenzioni di una piattaforma in Norvegia, principale fornitore del Nord Europa, che incidono sulle estrazioni.
A rischio gli allevamenti della Sardegna e con essi la tradizione agroalimentare. La causa? Una carenza di pastori, professione chiave per garantire la stabilità del tessuto produttivo. Ecco perché, rende noto la Coldiretti, al fine di «salvare gli allevamenti, ma anche per ripopolare città e campagne a rischio desertificazione, sono in arrivo nell’Isola giovani pastori kirghisi competenti nei lavori agricoli insieme alle loro famiglie». Si tratta del risultato dell’accordo raggiunto dalla Coldiretti in Kirghizistan, la repubblica ex sovietica più a est che si trova a seimila chilometri dall’Isola.
L’accordo e il progetto pilota
L’accordo alla firma del Ministero del lavoro del Kirghizistan, riporta la nota della Coldiretti, prevede di avviare un progetto pilota, professionale e sociale, con l’arrivo di «un primo gruppo di un centinaio di kirghisi in Sardegna (di età tra i 18 e i 45 anni) con capacità professionali specifiche nel settore primario che seguiranno un percorso di formazione e integrazione nel tessuto economico e sociale della Regione con opportunità anche per le mogli nell’attività dell’assistenza familiare».
I distretti rurali interessati
L’iniziativa, prosegue la federazione, serve anche a «contrastare l’abbandono delle campagne e dei piccoli centri dove a pesare è anche il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione». Un progetto di medio – lungo periodo dunque, che porterà all’inserimento di migliaia stranieri, a seconda della domanda, con interventi in tre distretti rurali: Sassari, Barbagie e Sarrabus, con l’aiuto di mediatori culturali. Lo sviluppo del progetto di integrazione sociale dei lavoratori del Kirghizistan in Sardegna è stato possibile grazie alla collaborazione con l’ambasciatore del Kirghizistan in Italia, Taalay Bazarbaev. «L’immigrazione legale è un valore per un Paese come l’Italia dove» – ha sottolineato la Coldiretti – un prodotto agricolo su quattro viene raccolto da mani straniere con 358mila lavoratori regolari provenienti da ben 164 Paesi diversi che sono impegnati regolarmente nei campi e nelle stalle».
La reazione dei pastori sardi
«Perdonateci se non siamo mossi da entusiasmo» scrive il Movimento dei pastori sardi su Facebook «perdonateci se a tratti ci mancano le parole, anche solo per commentare, perdonateci se non urliamo al miracolo. Ci viene davvero difficile considerare la cosa come la panacea di tutti i mali legati all’allevamento ovino in Sardegna, ci pare, piuttosto, un accordo grottesco tra la Sardegna ed un posto del mondo dove il costo del lavoro oscilla tra i 100 e i 200 dollari al mese. Ci sembra anche un po’ rètro come idea: stiamo portando manodopera a basso costo? Commercializziamo il lavoro di uomini? Ci ispiriamo a patti antichi tra Stati padroni? E in che modo tutto questo salverà le nostre campagne? Dando il lavoro a poveri Cristi che si accontentano di trasferirsi qui, lontano dalla propria casa, inseriti in nuovi contesti “perché loro sono bravi in campagna”?». E ancora: «Magari, un giorno qualcuno ci dimostrerà che abbiamo torto, che questa è davvero la soluzione, ma per ora e per i prossimi tempi, rimaniamo scettici e – a dirla tutta – un po’ sconcertati».
L’Istat ha confermato il tasso di crescita del Pil nel 2022, pari al 3,7 per cento, mentre ha rivisto al rialzo di 1,3 punti percentuali la crescita del 2021, in salita all’8,3 per cento. Lo comunica l’Istituto nazionale di statistica nel corso della conferenza stampa che si tiene in occasione della presentazione dei conti economici nazionali 2020-2022.
Pil a prezzi di mercato, revisione al rialzo di 37,3 miliardi di euro
Nel 2022 il pil a prezzi di mercato risulta pari a 1.946,5 miliardi di euro, con una revisione al rialzo di 37,3 miliardi di euro rispetto alla stime di aprile. Il tasso di variazione del pil in volume è pari al 3,7 per cento, «invariato rispetto alla stima di aprile». Di conseguenza anche l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche resta invariato, rispetto alla stima pubblicata in aprile, all’8 per cento, scrive l’Istat nei conti economici nazionali 2020-2022. «Nel 2021 il pil in volume è aumentato dell’8,3 per cento in rialzo di 1,3 per cento rispetto alla stima di aprile», sottolinea l’Istat. Nel 2021, per effetto di tale revisione al rialzo del prodotto interno lordo, l’indebitamento passa da 9 per cento all’8,8 per cento del pil, in miglioramento per effetto dell’incremento del livello del denominatore. «Il rapporto debito/pil, per lo stesso principio, registra un miglioramento di 2,8 punti, da 149,8 per cento a 147 per cento».
Rupert Murdoch ha lasciato il ruolo di presidente di Fox e News Corp. Ad assumere l’incarico sarà il figlio Lachlan Murdoch. La notizia è stata diffusa dai media americani. Il 92enne lascerà la presidenza di Fox e News Corp in novembre e sarà nominato presidente emerito delle due società.
Breaking news: Rupert Murdoch is stepping down as the chairman of Fox Corporation and News Corp, ending a decades-long run that saw him become the driving force in American conservative media through Fox News. https://t.co/5AtAwR6VB7
«Per la mia intera vita professionale sono stato impegnato ogni giorno con le news e le idee e questo non cambierà. Ma questo è il momento giusto per me per assumere ruoli diversi», ha detto Murdoch in una nota allo staff di Fox e News Corp riportata dal Wall Street Journal.
Murdoch ha poi rassicurato sul futuro del suo impero: «Le nostre aziende sono in salute. Le nostre opportunità superano le nostre sfide commerciali. Abbiamo tutti i motivi per essere ottimisti per i prossimi anni».
Media mogul Rupert Murdoch announces he will step down as chairman of Fox Corporation and Fox News https://t.co/pOLyfFMOMV
La corsa alla presidenza di Confindustria è iniziata di fatto con l’assemblea nazionale del 15 settembre, dove non a caso i candidati Giovanni Brugnoli, Alberto Marenghi ed Emanuele Orsini (qui in rigoroso ordine alfabetico) sono stati gli ultimi ad andare via, dopo aver parlato con quanti più colleghi possibile. Anzi, a ben vedere ci sono stati anche altri due imprenditori che si sono attardati nel “paddock” dell’Auditorium del Parco della Musica a Roma, cioè nello spazio tra il palco e la prima fila: Aurelio Regina alla ricerca di consenso, consapevole di aver il nemico in casa Maurizio Stirpe, da parte sua insolitamente allegro e meno riservato del solito. L’attuale vicepresidente con delega alle relazioni sindacali infatti, titolare di Prima Industrie e del Frosinone Calcio, potrebbe scendere in campo più avanti e intestarsi i voti di Brugnoli e Marenghi, ritenuti troppo deboli per arrivare in fondo.
Alberto Marenghi (Imagoeconomica).
Marcegaglia teme di bruciarsi e di vedersi contrapposto D’Amato
Emma Marcegaglia, sinora accreditata come prima supporter di Marenghi, con lei all’epoca della sua presidenza dei Giovani industriali e mantovano pure lui (anche se ora ha spostato la residenza a Verona a casa della moglie, la meloniana Maddalena Morgante, perché così figura come veneto, visto che non passerebbe un altro lombardo dopo Bonomi), starebbe invece pensando a Marco Bonometti (peraltro lombardo anche lui), dopo aver fatto fuoco di sbarramento sulla candidatura di Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e suo forte concorrente nella siderurgia. In realtà, all’unica presidente donna della storia di Confindustria piacerebbe tanto tornare in sella direttamente anche per poter lasciare più spesso fabbrica e villa a Gazoldo degli Ippoliti, ma teme di bruciarsi e (soprattutto) di vedersi contrapposto Antonio D’Amato, il quale è il past president che raccoglie sempre i consensi più diffusi nei suoi interventi in Consiglio generale.
Marco Bonometti (Imagoeconomica).
Improvvisamente si sono accorti tutti della debolezza di Bonomi
La fotografia attuale della corsa tra Brugnoli, Marenghi e Orsini vede quest’ultimo in testa poiché si dice che con sé abbia la sua regione, l’Emilia-Romagna (che qualche settimana fa ha rivendicato ufficialmente la presidenza nazionale per un proprio esponente con una dichiarazione di Walter Caiumi, presidente della Confindustria regionale), ma deve fare ancora molta strada e trovare altri alleati per arrivare in fondo. Marenghi, sinora il candidato ufficiale e in continuità con Carlo Bonomi (non foss’altro perché il più pubblicizzato, anzi l’unico, sulle news interne di Confindustria per le sue foto opportunity nelle aziende) risente della scoperta improvvisa da parte degli imprenditori della debolezza dell’attuale presidente pro tempore, al quale vengono solo ora rimproverati gli insuccessi con il governo, la gestione autocratica interna, la mancanza di iniziative all’estero, a parte una costosa trasferta culturale negli Usa e un come minimo intempestivo viaggio a Kyiv per offrirsi come ricostruttore dell’Ucraina, nonché l’inesistenza della lobby confindustriale a Bruxelles.
Emanuele Orsini (Imagoeconomica).
Il bluff sulla laurea rischia di far finire il mandato nel ridicolo
La bugia conclamata, e denunciata dal Fatto quotidiano, sulla laurea che non ha gli ha complicato le cose perché ha rivelato comunque tutto il bluff di una presidenza che ha portato Confindustria al minimo storico di rilevanza nella politica economica del Paese, e rischia di finire nel ridicolo se lui si ostina, come scrive il quotidiano di Marco Travaglio, a chiedere una deroga personale al ministero dell’Università, deroga pressoché impossibile.
Carlo Bonomi, presidente uscente di Confindustria (Imagoeconomica).
Brugnoli sta saldando l’alleanza con il cosiddetto “Partito Luiss”
Brugnoli, forte per ora pressoché soltanto del sostegno della sua associazione territoriale, quella di Varese, e di amici personali sparsi qua e là, sta saldando l’alleanza con il cosiddetto “Partito Luiss”, cioè con il sempreverde Luigi Abete, che sverna da decenni pressi l’università di Confindustria. Anche Brugnoli infatti fa parte del cda dell’università in quanto vicepresidente di Confindustria per il Capitale umano. Qui è proprio la mancanza di laurea di Bonomi ad aver rimesso in moto un assetto che stava per smobilitare: se infatti l’attuale presidente di Viale dell’Astronomia a norma di legge non può traslocare in Luiss, allora Vincenzo Boccia potrebbe restare presidente dell’ateneo e Abete continuare a occuparsi della Luiss Business School.
Giovanni Brugnoli (Imagoeconomica).
Brugnoli intanto fa il candidato e un po’ ci crede, visto che si sarebbe accontentato di soffiare a Boccia la poltrona di presidente Luiss al posto di Bonomi. Quindi corre per la presidenza, così da mettere insieme qualche decina di voti e trattare con il candidato che si rivelerà più forte il mantenimento nelle posizioni di potere dell’Ateneo. Il bello è che altre voci assegnano invece la Luiss a Marenghi, come risarcimento per l’ormai impossibile corsa alla poltrona di Viale dell’Astronomia.
E Carraro? Nessuno lo vuole davvero candidare a Roma
Fin qui gli schieramenti di partenza, con il solito Veneto dove si agita Enrico Carraro: nessuno delle sue territoriali in verità lo vuole candidare a Roma, ma non sanno come dirglielo, anche perché tarperebbe le ali a desideri di alcuni suoi colleghi che puntano a correre nel 2028. Carraro vanta un fatturato di 122 milioni, dicono sempre dalle sue parti, e ha appena negoziato un bond di 120 milioni per rimettersi in carreggiata, sistemare i debiti verso banche di 57 milioni e 118 milioni verso una finanziaria che è parte correlata.
Enrico Carraro (Imagoeconomica).
Bonomi parla di tutto tranne che degli interessi delle imprese
Il bello è che la lotta per il vertice di Confindustria è senza esclusione di colpi nonostante ci si batta per un blasone che è tutto da rilanciare. All’assemblea del 15 settembre a Roma invece si è verificato il fenomeno opposto: c’erano il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la premier Giorgia Meloni e gran parte dei ministri, ma paradossalmente erano presenti proprio grazie all’irrilevanza attuale dell’associazione. Infatti premier e ministri erano molto sollevati dal fatto che Bonomi all’inizio della sua relazione avesse subito precisato che lui non si sarebbe occupato di questioni contingenti come la manovra di bilancio, il cuneo fiscale o l’inflazione ma solo di Costituzione e democrazia. Insomma di tutto, meno che della rappresentanza e degli interessi delle imprese, e dunque l’assemblea è stata molto partecipata dalle istituzioni proprio perché si sapeva che Bonomi avrebbe volato alto per non disturbare nessuno, tantomeno il governo.
Carlo Bonomi con Lorenzo Fontana, Giorgia Meloni e Sergio Mattarella (Imagoeconomica).
D’altra parte, è oggi il commento acido di colleghi imprenditori che pure l’avevano votato quattro anni fa sperando nel pragmatismo lombardo, uno che è costretto a chiedere al governo una deroga per la laurea che non ha non è ovviamente in grado di battersi per le ragioni delle imprese e della crescita del Paese.
La Fed ha lasciato i tassi di interesse invariati ai massimi da 22 anni. Wall Street ha reagito negativamente all’annuncio della banca centrale americana, rallentando. Le piazze finanziarie europee non hanno invece risentito della decisione in quanto già chiuse. Milano ha guadagnato l’1,64 per cento, affermandosi come la migliore d’Europa. La Fed «è impegnata a far scendere l’inflazione al 2 per cento. Senza la stabilità dei prezzi l’economia non funziona per nessuno e non avremo un mercato del lavoro forte», ha detto il presidente, ribadendo che ogni decisione è assunta sulla base dei dati economici.
Federal Reserve officials voted to hold interest rates steady at a 22-year high but signaled they were prepared to raise rates one more time this year https://t.co/AA9GO9Jaiy
Alla fine del prossimo anno i tassi sono attesi al 5,1 per cento, oltre quindi il 4,6 per cento di giugno. Nel 2025 e nel 2026 sono previsti calare rispettivamente al 3,9 per cento e al 2,6 per cento. «Abbiamo deciso di mantenere il costo del denaro fra il 5,25 per cento e il 5,5 per cento», si legge nella nota diffusa al termine della due giorni di riunione. La banca centrale parla di una crescita degli Stati Uniti «solida» e raddoppia le sue stime per il pil 2023 al 2,1 per cento dall’1 per cento previsto in giugno.
L’Ape sociale agevolata per le donne, con la possibilità di ricevere l’indennità di accompagnamento verso la pensione a partire dai 61/62 anni, invece dei 63 previsti attualmente, potrebbe essere tra le ipotesi di modifica del sistema previdenziale, da attuarsi con la legge di Bilancio. Secondo quanto riportato dall’Ansa, si valuta l’introduzione di un ulteriore vantaggio nella contribuzione per accedere alla misura in favore delle donne con una situazione di disagio: licenziate, con invalidità almeno al 74 per cento, care giver o impegnate in lavori gravosi, andando ad aggiungersi allo sconto già in vigore di un anno per ogni figlio, possibile fino a un massimo di due anni.
I requisiti per accedere
Per accedere alla misura bisogna aver maturato 30 anni di contributi nel caso di persone licenziate, con invalidità pari almeno al 74 per cento e care givers che scendono a 28 per le donne con due figli. Nel caso di lavoratori impegnati in lavori gravosi (per almeno sei anni negli ultimi sette o sette anni negli ultimi 10 di lavoro) gli anni di contributi necessari sono 36 e scendono a 34 per le lavoratrici con due figli. L’indennità erogata dall’Inps per 12 mesi l’anno (non 13 come la pensione) è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla misura.
Il limite di 1.500 euro
Il sussidio che viene erogato fino all’accesso alla pensione di vecchiaia, riporta l’Agenzia, non può comunque superare i 1.500 euro lordi al mese non rivalutabili. La misura potrebbe essere alternativa a Opzione donna o essere introdotta in aggiunta a questa. Al momento la platea sarebbe sostanzialmente la stessa (licenziate, care givers ecc) ma nel caso di Ape Donna non si sarebbe costrette ad optare per il metodo di calcolo completamente contributivo. Si andrebbe in pensione più tardi (adesso con Opzione donna avendo due figli si può uscire con 58 anni oltre a un anno di finestra mobile se dipendenti) e si avrebbe un’indennità che può raggiungere al massimo i 1.500 euro lordi. Sarebbe richiesto un numero di anni di contributi nettamente inferiore (tra 28 e 30 invece di 35) ma non si andrebbe in pensione, si avrebbe solo una misura di accompagnamento alla pensione.
A luglio 2023 si è stimata una flessione congiunturale per entrambi i flussi commerciali con l’estero, più intensa per le importazioni (-4,7 per cento) che per le esportazioni (-1,8 per cento). Lo rileva l’Istat spiegando che nel mese di luglio l’export diminuisce su base annua del 7,7 per cento in termini monetari (era +1,0 per cento nei due mesi precedenti) e dell’11,6 per cento in volume.
Flessione tendenziale del 19,4 per cento in valore, calo più contenuto in volume
L’import registra una flessione tendenziale del 19,4 per cento in valore – molto più ampia per l’area extra Ue (-31,8 per cento) rispetto all’area Ue (-5,7 per cento) – mentre in volume mostra un calo del -3.7 per cento, più contenuto.
Francesco Maria Chelli, presidente Istat (Imagoeconomica).
La stima del saldo commerciale, +6.375 milioni di euro
La stima del saldo commerciale a luglio 2023 è pari a +6.375 milioni di euro (a luglio 2022 era -460 milioni ). Il deficit energetico (-4.821 milioni) è in forte riduzione rispetto all’anno precedente (-11.412 milioni). Nei primi sette mesi dell’anno, invece, il saldo commerciale è positivo per 16,2 miliardi (era -15,4 miliardi nello stesso periodo del 2022). Nel mese di luglio 2023 i prezzi all’importazione diminuiscono dello 0,4% su base mensile e dell’11,4 per cento su base annua (da -9,9 per cento di giugno).
Il caro vita frena i consumi. L’erosione del potere d’acquisto e dei risparmi inizia a incidere sulla spesa delle famiglie che, in assenza di inversioni di tendenza, dovrebbe diminuire nel secondo semestre di 3,7 miliardi rispetto ai primi sei mesi dell’anno. È quanto emerge dalle previsioni elaborate dal Centro Europa Ricerche per Confesercenti.
A frenare i consumi è anche l’aumento dei tassi di interesse
A frenare i consumi, oltre all’inflazione, è anche l’aumento dei tassi di interesse portato avanti dalla Bce, ormai giunto al decimo rialzo consecutivo. La decisione è stata presa per contrastare appunto l’inflazione, ma purtroppo influenza negativamente la capacità di spesa delle famiglie (in particolare di quelle che hanno sulle spalle un mutuo a tasso variabile), impattando sulla crescita complessiva dell’economia.
Italia, il caro vita frena i consumi (Getty Images).
All’erosione del potere d’acquisto si aggiunge quella dei risparmi
A fine anno la crescita complessiva della spesa delle famiglie dovrebbe quindi attestarsi sul +0,8 per cento contro il +4,6 per cento dello scorso anno. Inoltre nel 2023 la quota dei consumi sul Pil rischia di essere la più bassa dal 2000. All’erosione del potere d’acquisto si aggiunge quella dei risparmi, utilizzati dalle famiglie nella prima fase dell’aumento dei prezzi per mantenere i livelli di consumo precedenti.
«Confindustria resta convinta che la mera introduzione di un salario minimo legale, non accompagnata da un insieme di misure volte a valorizzare la rappresentanza, non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero, né la piaga del dumping contrattuale, né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva». Carlo Bonomi boccia senza appello la misura chiesta dalle opposizioni. E dal palco della sua ultima assemblea annuale da presidente, aggiunge: «La Costituzione ci obbliga a riconoscere al lavoratore un salario giusto» e questa funzione «è affidata alla contrattazione». L’industria, sottolinea, «negli ultimi 20 anni ha avuto dinamiche retributive di gran lunga superiori al resto dell’economia».
«Scardinare i vecchi stereotipi per raccontare come sta cambiando la Pubblica amministrazione, scoprire le opportunità del pubblico impiego e il valore di lavorare per la collettività». Si presenta così la nuova campagna di di comunicazione del dipartimento dell’Informazione e l’Editoria e del dipartimento della Funzione pubblica. Gli spot radio e tv saranno trasmessi sui canali Rai a partire da venerdì 15 settembre, mentre per il target “giovani e professionisti” sono stati predisposti materiali social ad hoc con contenuti dinamici per reel e stories.
Il posto fisso? «Era un sogno»
Presentata alla stampa dal ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, e dal sottosegretario all’Editoria, Alberto Barachini, ha un messaggio chiaro: lavorare nella Pa è «molto più che una semplice occupazione» perché «più che un posto fisso, è un posto figo!». Testimonial della campagna è la cantante Orietta Berti che ha commentato dicendo: «Quando ero ragazza il posto fisso era un sogno e chi lo aveva era un eroe. Se tu ami il lavoro e lo fai con entusiasmo, dopo i risultati vengono. Bisogna aspettare nella vita».
«ll mito del posto fisso è ormai superato»
Il progetto di comunicazione, selezionato tra quelli delle tredici agenzie creative che hanno partecipato alla procedura comparativa a seguito della pubblicazione della richiesta di offerta sul Mepa, punta a coinvolgere, in particolare, le nuove generazioni. «ll mito del posto fisso è ormai superato», ha commentato il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, che con lo spot intende lanciare un messaggio forte, anche in senso provocatorio, per rinnovare l’immagine del lavoro pubblico.
Cresce ancora il debito pubblico italiano. Come comunica la Banca d’Italia a luglio 2023 è aumentato di 10,4 miliardi rispetto a giugno, risultando pari a 2.858,6 miliardi di euro. L’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (26,6 miliardi, a 68,4) e l’effetto degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione dei tassi di cambio (0,5 miliardi) hanno più che compensato l’avanzo di cassa delle amministrazioni pubbliche (16,7 miliardi). Con riferimento alla ripartizione per sotto-settori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 11,3 miliardi, mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,9 miliardi. Il debito degli Enti di previdenza è rimasto invece sostanzialmente stabile. La vita media residua del debito è rimasta stabile a 7,7 anni.
Le entrate tributarie contabilizzate sono state pari a 66 miliardi
La quota del debito detenuta da Bankitalia è diminuita al 25,2 per cento (dal 25,4 per cento del mese precedente), mentre a giugno (ultimo mese per cui questo dato è disponibile) quelle detenute dai non residenti e dagli altri residenti (principalmente famiglie e imprese non finanziarie) sono leggermente aumentate, collocandosi rispettivamente al 26,9 e all’11,8 per cento. A luglio le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari a 66 miliardi, in aumento del 12,6 per cento (7,4 miliardi) rispetto al corrispondente mese del 2022. Nei primi sette mesi del 2023 le entrate tributarie sono state pari a 297,4 miliardi, in aumento del 7,5 per cento (20,6 miliardi) rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente.
Acea ridurrà le emissioni di gas a effetto serra del 56 per cento entro il 2032. Lo afferma la multiutility spiegando di aver ricevuto la validazione da Science based targets initiative (Sbti), il network internazionale di valutazione dei target di mitigazione del cambiamento climatico. La certificazione, spiega l’azienda, «rappresenta un significativo riconoscimento del percorso di decarbonizzazione intrapreso da Acea a sostegno della transizione energetica».
L’impegno e gli obietti del Gruppo
E ancora: «Il Gruppo Acea si è impegnato a raggiungere i seguenti obiettivi: ridurre, entro il 2032, del 56 per cento le emissioni Ghg (di gas serra, ndr) per Mwh di energia generata, rispetto al 2020; nello stesso arco di tempo, ridurre del 32 per cento le emissioni Ghg indirette e del 56 per cento quelle derivanti dalla produzione di energia e dall’approvvigionamento di combustibili ed energia, inclusa quella venduta; infine, la riduzione del 30 per cento delle emissioni dovute al gas erogato e venduto ai clienti».
Progressiva riduzione delle emissioni
Sbti ha valutato i target di Acea in linea con la traiettoria Well below 2°C, l’obiettivo stabilito dall’Accordo di Parigi del 2015 per contenere l’innalzamento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, ricorda la società. «Il riconoscimento ottenuto da questo prestigioso network internazionale» – ha dichiarato Fabrizio Palermo, amministratore delegato e direttore generale di Acea – «conferma l’impegno del Gruppo per la progressiva riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra in tutte le proprie aree di business, in linea con i propri target di sviluppo sostenibile, con l’obiettivo di fornire un contributo concreto al contrasto al cambiamento climatico».
Mbda Uk, Mbda Italia e la giapponese Mitsubishi electric corporation hanno annunciato, al salone della Difesa londinese Dsei 2023, «la firma di un accordo di collaborazione per lavorare sul dominio effetti e supportare la progettazione della piattaforma principale come parte del Global combat air program (GCAP). Le tre aziende – spiega una nota – lavoreranno insieme per garantire la perfetta integrazione dei sistemi di armamento sulla piattaforma Gcap», che coinvolge Italia, Uk e Giappone nel programma per sviluppare un sistema aereo di nuova generazione entro il 2035.
MBDA and Mitsubishi Electric are collaborating in GCAP's Effects domain. We are committed to seamlessly integrating weapons into the core platform and advancing the management of weapon effects.
«Siamo veramente orgogliosi di questo accordo che» – commenta a margine Giovanni Soccodato, executive group director sales and business development di Mbda e managing director di Mbda Italia – «arriva in tempi rapidissimi, considerando che l’avvio della collaborazione su Gcap con il governo giapponese risale a meno di un anno fa. Questo ci consentirà di avviare velocemente attività che garantiranno sistemi basati su tecnologie avanzate. Sfruttando logiche di combattimento innovative, in contesti multi-dominio, dove la digitalizzazione, l’integrazione e l’interoperabilità tra i vari sistemi sarà un must, Mbda è pronta a mettere in campo tutte le sue risorse più avanzate per sviluppare e integrare sistemi di armamento evoluti e sistemi per la gestione degli ‘effectors’ che rispondano a questi requisiti, anche in un’ottica di efficientamento di tempi e costi».
Il direttore dell’Abi, Associazione Bancaria Italiana, Giovanni Sabatini, si schiera contro la tassa sugli extraprofitti. Durante l’audizione alle commissioni del Senato per il dl asset e la tassa stessa, ha affermato: «L’extraprofitto si riferisce a una situazione specifica, quella in cui un’impresa godendo di una posizione di monopolio od oligopolio può fissare il prezzo dei suoi prodotti ricavando un profitto superiore a quello determinabile in un mercato concorrenziale».
Sabatini: «Tassa è vulnus a fiducia nel mercato»
E Sabatini ha anche aggiunto che la comunicazione «di introdurre senza alcun confronto preventivo anche con l’Abi l’imposta straordinaria una tantum ha provocato sui mercati un impatto solo parzialmente poi attenuato». Il direttore dell’associazione parla di «un vulnus alla fiducia riposta sul mercato finanziario italiano», prodotto dall’introduzione dell’imposta straordinaria.
Le conseguenze «sull’intera economica italiana»
E le possibili conseguenze nel caso in cui la misura entri in vigore, per Sabatini, sarebbero drammatiche sull’intera economica del Paese. Il direttore dell’Abi ha spiegato: «Ingiustificate penalizzazioni del settore bancario determinerebbero una minore capacità di accantonamenti prudenziali, di finanziamento alle imprese e alle famiglie e limiterebbero l’interesse degli investitori verso il settore bancario italiano che, da ultimo, si rifletterebbe sull’intero mondo economico italiano».
L’annuncio della tassa a inizio agosto
Il 7 agosto 2023, durante una conferenza stampa post Cdm, è stato il vicepremier Matteo Salvini a parlare per la prima volta della tassa sugli extraprofitti delle banche. La misura è inserita in uno dei due decreti Omnibus approvati quel giorno, il dl Asset e investimenti. Il ministro ha dichiarato: «Un prelievo sugli extraprofitti delle banche limitato al 2023. Gli introiti saranno destinati a due voci: aiuto ai mutui per la prima casa e al taglio delle tasse. L’innalzamento dei tassi della Bce ha portato a un innalzamento del costo del denaro per famiglie e imprese. Non c’è stato un altrettanto solerte, veloce e importante aumento per i consumatori. Quindi in questo gap si verrà a contare un 40 per cento di prelievo dagli extraprofitti multimiliardari delle banche».
Arriva anche in Italia la stretta di Google contro le frodi finanziarie online. Come spiega il gruppo, dal primo novembre, anche nel nostro paese saranno in vigore le norme «di verifica per gli inserzionisti di servizi finanziari». I soggetti «che desiderano pubblicizzare servizi finanziari regolamentati attraverso i servizi pubblicitari di Google in Italia dovranno dimostrare di essere autorizzate dalle autorità locali competenti».
Il programma di verifica degli inserzionisti
Inoltre, si legge nella nota, «per poter iniziare la propria attività pubblicitaria, sarà necessario aver completato il programma di verifica degli inserzionisti di Google. In Italia il processo di pre-certificazione per gli inserzionisti di servizi finanziari attivi è iniziato alla fine di agosto e l’entrata in vigore di questa policy è prevista per il 1 novembre 2023».
Sono quattro i progetti italiani che hanno ottenuto il via libera dall’Ue per realizzare infrastrutture di ricarica per la mobilità elettrica. Bruxelles ha raccomandato il finanziamento per oltre 227 milioni di euro agli operatori nazionali, su un totale di 352 milioni di sovvenzioni per la realizzazione di infrastrutture sulla rete transeuropea di trasporto (Ten-T) decise lunedì 11 settembre per 26 progetti in 12 Stati membri. Il finanziamento fa parte del meccanismo per le infrastrutture dei combustibili alternativi (Afif), con capitale aggiuntivo da parte di istituzioni finanziarie per aumentare l’impatto degli investimenti.
La ripartizione delle risorse
Tesla Italy beneficerà della fetta di risorse più grande: 133,8 milioni di euro per realizzare 6.458 punti di ricarica elettrica per veicoli leggeri in 16 paesi Ue, Italia inclusa. Ad Atlante Srl andranno 49,9 milioni per colonnine di ricarica standard e veloce in Italia, Spagna, Francia e Portogallo. Italiana Petroli potrà contare su 29,3 milioni di euro dal bilancio Ue per l’installazione di oltre mille stazioni di ricarica per veicoli leggeri e pesanti. Enel X Way beneficerà di 14,8 milioni per il suo progetto di stazioni di ricarica ad alta potenza in Italia e Spagna.
La Commissione europea taglia ancora le stime sulla crescita del Pil. Nell’Eurozona per il 2023 si prevede una crescita dello 0,8 per cento (dal +1,1 per cento delle previsioni di primavera) e dell’1,3 per cento nel 2024 (da +1,6). In Italia quest’anno il Pil crescerà solo dello 0,9 per cento (dal +1,2 per cento) e dello 0,8 per cento nel 2024 (da +1,1). Dopo una ripresa nel primo trimestre del 2023, il Pil italiano è dunque diminuito dello 0,4 per cento su base trimestrale nel secondo trimestre, trainato dal calo della domanda interna, in particolare degli investimenti nel settore dell’edilizia. Sempre secondo Palazzo Berlaymont anche per effetto dell’eliminazione degli incentivi straordinari, bonus compreso.
La Germania non cresce più: nel 2023 il Pil calerà dello 0,4 per cento
La Commissione Ue ha parlato di «slancio ridotto» della crescita nella prima metà dell’anno. A peggiorare in modo significativo sono le attese sul Pil della Germania, che è visto ora in calo dello 0,4 per cento nel 2023, per crescere poi dell’1,1 nel 2024. Si tratta di un taglio di 0,6 punti percentuali per quest’anno visto che secondo le previsioni di primavera la Germania sarebbe dovuta crescere dello 0,2 per cento nel 2023 e dell’1,4 nel 2024.
L’inflazione cala ma resta elevata: in Italia sarà del 5,9 per cento
La Commissione indica quindi come ulteriori «rischi» e «fonti di incertezza» la guerra in l’Ucraina, la stretta monetaria e «i crescenti rischi climatici». Nel 2023 le stime prevedono un’inflazione alta, seppur lievemente in calo. Nell’Eurozona la previsione è del 5,6 per cento (dal 5,8 per cento) e del 2,9 per cento nel 2024 (da 2,8). Male l’Italia con il 5,9 per cento quest’anno e il 2,9 il prossimo.
Tim, attraverso Olivetti, e Buffetti (gruppo Dylog) hanno siglato un accordo per l’acquisizione da parte di Buffetti del ramo d’azienda di Olivetti dedicato ai sistemi di cassa per il settore retail. Lo si legge in una nota secondo cui «l’intesa amplierà il portafoglio dell’offerta Buffetti in un mercato in cui Olivetti detiene una quota significativa; per questo Buffetti intende effettuare importanti investimenti in nuovi prodotti e servizi per i rivenditori Olivetti».
Buffetti «riferimento per il mondo del lavoro»
Grazie ad una rete di oltre 800 punti vendita diffusi su tutto il territorio nazionale, «Buffetti si consolida così come punto di riferimento italiano per il mondo del lavoro», viene sottolineato nel comunicato. Per Olivetti e il gruppo Tim l’iniziativa rappresenta un ulteriore step del piano strategico che mira a focalizzare le attività del gruppo sulle componenti core per massimizzare i risultati operativi.
Beniamino Quintieri è il nuovo presidente del consiglio d’amministrazione dell’istituto per il Credito sportivo, nominato dal ministro per lo Sport e i Giovani, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, acquisita l’intesa del ministro della Cultura. Concluso l’interim di Antonella Baldino che, ad ottobre 2022, aveva assunto le funzioni di presidente, si legge in una nota.
Beniamino Quintieri è il nuovo Presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo, nominato dal Ministro per lo Sport e i Giovani, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, acquisita l’intesa del Ministro della Cultura.
— Istituto per il Credito Sportivo (@creditosportivo) September 6, 2023
Beniamino Quintieri, carriera
Quintieri è ordinario di Economia e finanza internazionale presso la facoltà di Economia dell’università degli studi di Roma Tor Vergata e presidente della fondazione Tor Vergata e della fondazione Manlio Masi. In precedenza, tra gli altri incarichi, è stato presidente di Sace spa, preside della facoltà di Economia dell’università degli studi di Roma Tor Vergata, commissario generale del governo per l’esposizione universale di Shanghai 2010, presidente dell’Ice.