Archivio
- Novembre 2024 (39)
- Agosto 2024 (1)
- Dicembre 2023 (73)
- Novembre 2023 (1333)
- Ottobre 2023 (1631)
- Settembre 2023 (1468)
- Agosto 2023 (1417)
- Luglio 2023 (1389)
- Giugno 2023 (441)
- Maggio 2020 (30)
- Marzo 2020 (94)
- Febbraio 2020 (1)
- Gennaio 2018 (10)
Cdp, la battaglia sui nomi è l’ultimo capitolo della rivalità tra Fratelli d’Italia e Lega
Destino cinico e baro. Era un momento di bonaccia, tutti alle prese con i propri guai, la politica col premierato e relativi litigi, la finanza con la partita Tim di cui ancora non si riesce a scrivere il finale, fatto sta che di Cdp si erano dimenticati un po’ tutti. Compreso il suo amministratore delegato, quel Dario Scannapieco che sta tenendo un profilo bassissimo, e che nell’ultima uscita pubblica veniva ritratto mestamente accoccolato all’ombra della mole larger than life di Fabrizio Palenzona, vecchia volpe che ha attraversato indenne molte ere geologiche dell’italica finanza. E sul quale forse il banchiere ex Bei punta per prolungare la sua permanenza alla guida della Cassa, pur sapendo che se te lo ritrovi in casa anche se presidente non tocchi più palla.
Un articolo censurato internamente ma rimbalzato su siti e social
Questo è il momento buono, devono aver pensato in via Goito, per piazzare una paccata di miliardi di obbligazioni con tanto di relativa sontuosa campagna pubblicitaria, che oltretutto sarebbe venuta buona nel momento in cui i giornali avrebbero ricominciato a occuparsi di Cassa depositi e prestiti che, assieme a Ferrovie, costituisce il boccone più ghiotto delle nomine di aprile 2024. Invece ci ha pensato il Foglio di sabato 18 novembre a rovinare il fine settimana di Scannapieco e co., con un articolo sapientemente perfido, che l’affollato ufficio comunicazione (sono più di 60 persone, un paradosso per una gestione che all’inizio del suo mandato teorizzava il fatto che Cassa non dovesse comunicare) ha pensato bene di rimuovere dalla rassegna stampa interna, ignaro del fatto – imperdonabile errore di valutazione – che ci avrebbero pensato siti e social, anche quelli ironia della sorte beneficiati dai suoi investimenti pubblicitari, a farlo rimbalzare ovunque mostrando l’inutilità della grottesca censura.
Palazzo Chigi, Mef e le Fondazioni vogliono mettere il becco su Cdp
Così sono stati riportati al centro della scena i destini dell’ente che dovrebbe essere il perno della politica industriale dei governi. Ossia l’ineludibile scadenza di primavera, dove le rondini del potere vorrebbero nidificare, in una sfida che si preannuncia sapida e intricata. Perché sugli assetti di Cdp sono in tanti a mettere becco: Palazzo Chigi, Mef, le Fondazioni, e tutte con idee e uomini alcuni in cerca d’autore, altri invischiati in una matassa di relazioni che sovente cozzano tra di loro. Scannapieco in questi mesi ha cercato in tutti i modi di ingraziarsi Giorgia Meloni intrecciando solide relazioni con Giovanbattista Fazzolari, spugna per gli amici, uno che da sempre tiene il posto fisso nel suo cuore. Non importa che la vicenda Tim e la decisione di vendere la rete agli americani di Kkr se la sia gestita il capo di gabinetto Gaetano Caputi senza che Cdp venisse filata di pezza.
Al Tesoro piace Turicchi, occhio però anche al banchiere Daffina
Invece il ministero dell’Economia, cui spetta la nomina dell’ad e che vede l’attuale numero uno come Superman la criptonite, punta le sue carte su Antonino Turicchi, sempre che si riesca a risolvere per tempo la sfinente vicenda Ita, di cui è presidente, che somiglia alla tela d Penelope, con l’Antitrust di Bruxelles impegnato a disfare di notte ciò che le controparti intessono di giorno. Ma la lista dei pretendenti è molto più lunga: c’è anche Alessandro Daffina, banchiere Rothschild e cuore a destra fin dai tempi della sua giovinezza (suo fratello Antonio, attivista della sezione Parioli del Fronte della Gioventù, eseguì l’autopsia sul corpo di Nanni De Angelis, figura di riferimento nel pantheon meloniano, ucciso dalla polizia).
E buone possibilità ha pure Stefano Donnarumma, il più gettonato per le nomine di aprile 2023, alla fine rimasto inopinatamente a bocca asciutta. Non gli hanno dato Enel, come si pensava, e gli hanno tolto anche Terna dove stava, dovendo fare tassativamente posto a un’amica della sorella della premier.
Ce n’è abbastanza per capire che la partita sui vertici di Cassa sarà l’ennesimo capitolo della rivalità tra Fratelli d’Italia e Lega, che tra l’altro arriverà a maturazione alla vigilia delle elezioni europee, quindi con i due partiti impegnati a darsele di santa ragione. Scannapieco, che ha subito il peggior scorno che può toccare a una manager pubblico, cioè essere nominato da un governo e poi dover fare i conti con un altro, confida di essere stato annesso nel novero della ristretta cerchia meloniana: dio patria famiglia, ma anche famigli. I dirigenti di Cassa non la pensano così e già stanno cercando di riposizionarsi altrove sconfessando in parole e azioni il loro attuale dante causa. Onestamente, non ce la sentiamo di dar loro torto.