Category Archives: Musica

Cocktail d’amore, il nuovo singolo di Mahmood in uscita il 3 novembre

Mahmood annuncia il suo ritorno con Cocktail d’amore, il nuovo singolo in uscita il 3 novembre in radio e sulle piattaforme digitali.

Il singolo è prodotto da Dardust

Il singolo, scritto da Mahmood e prodotto da Dardust, è una ballad malinconica sulla fine di una relazione, che sfoglia con delicatezza i ricordi della coppia, dai viaggi ai momenti e gesti più semplici, fino a ripercorrere aspettative e desideri ormai annebbiati dai rimpianti. La cover del brano è stata curata dal visual artist e fotografo Frederik Heyman, che – con il suo immaginario surreale creato con l’ausilio della tecnologia 3D – ha collaborato con le più importanti star internazionali.

In primavera il tour europeo

Nei mesi di aprile e maggio 2024 si terrà l’European tour, 16 date che vedranno l’artista esibirsi nei principali club di 10 Paesi europei – fra cui Regno Unito, Francia, Germania, Spagna – per poi concludere con una tappa italiana al Fabrique di Milano, prevista per il 17 maggio 2024. Le prevendite e tutte le informazioni sul tour sono disponibili sul sito di Friends and partners.

Gli Articolo 31 sono davvero un Classico

Alla faccia della nostalgia. Gli Articolo 31, cioè J Ax e DJ Jad, tornano con Classico, un singolo che con la solita ironia che negli anni, decenni ormai, ci hanno fatto conoscere, sembra voler mettere tutti i puntini sulle i. Perché loro sono dei classici, non dei vecchi, un po’ come Vasco, ripetono nel ritornello, poi omaggiandolo citando Vado al massimo. E perché la nostalgia non sanno proprio cosa sia, men che meno si arroccano su posizioni generazionali, anzi.

Un Classico per boomer, presi a pizze in faccia, e per giovani «stupidi che preferiscono sognare»

Fermi tutti. Raccontare una canzone, converrete con chi scrive, è operazione futile quanto cringe, parola che nel testo della canzone trova ovviamente spazio, ma trovare oggi una canzone il cui testo abbia un peso specifico alto – non che non lo abbia anche la musica messa su per l’occasione da Jad – e che soprattutto pretenda l’attenzione non solo dei coetanei degli autori – quei boomer che nel medesimo pezzo sono legittimamente presi a pizze in faccia e «che risolvono complotti ma sbagliano i congiuntivi» – ma anche dei giovani che «non vogliono più lavorare perché sono pigri, che stupidi preferiscono illudersi e sognare, invece della paga in nero per lavori umili» – spesso bullizzati dai medesimi boomer, trattati come appestati, debosciati, introflessi su loro stessi e chi più ne ha più ne metta – è qualcosa di talmente raro da pretendere una celebrazione, oltre che una analisi. Il fatto è che gli Articolo 31, è vero quanto Ax recita nel ritornello, sono un classico, i titoli stanno lì per un motivo serio, in fondo. Classico, cioè una rara realtà che ha la stima non solo di chi c’era ai tempi in cui sono usciti, ma anche di chi è arrivato dopo, e magari li ha conosciuti nel lungo periodo sabbatico che i due vecchi compari si sono presi, salvo poi tornare insieme ufficialmente in occasione dell’ultimo Sanremo dove hanno presentato Un bel viaggio.

La parentesi di Disco Paradise

E se all’Ariston hanno presentato un brano che guardava al passato, senza recriminazioni, rimpianti o rimorsi, tanto per citare la banda Bonnot, due adulti che non fingono di essere ragazzini e che, usando un linguaggio comunque appetibile anche per i ragazzini, provano a cantare la vita e il ritrovarsi rappacificati con una serenità di fondo che in epoca di polarizzazioni ci aveva colpito non poco, stavolta decidono di premere sul tasto dell’ironia e lo sfottò, una delle frecce nella loro faretra praticamente da sempre, andando a mettere alla berlina tutti quelli che li hanno tacciato di nostalgia, così come quelli che li hanno poi tacciati di giovanilismo, questo a causa della hit estiva Disco paradise, in compagnia di un a sua volta, per Ax, ritrovato Fedez e della regina delle charts Annalisa, lì a farsi concorrenza da sola. A tal proposito, e giusto per esercitare un po’ di quella ironia, va detto che il tormentone – baciato dalle classifiche e dal gradimento del pubblico d’oggi, in prevalenza di giovanissimi, questo pur rimandando il brano a un passato anche passato per gli autori stessi, gli Anni 60 mica li hanno vissuti, Ax e Jad – è una canzone di una leggerezza che tende all’effimero. E non si leggano queste parole come quelle di chi adora l’effimero e non perde occasione per celebrarlo. No, è proprio una canzoncina irrilevante e questo nonostante la presenza degli Articolo 31 e di Annalisa. Fatto che, per una di quelle proprietà matematiche che proprio per il mio essere boomer  ho dimenticato (troppi anni tra me e la scuola) fa sì che io arrivi alla seguente teoria: le canzoni degli Articolo 31 mi piacciono, quelle di Annalisa mi piacciono, quelle di Fedez no, quindi, siccome Disco paradise non mi piace, è Fedez il problema, come quelle spezie che le usi e rovinano piatti che altrimenti adoriamo, ognuno di noi ha la propria, la mia è Fedez.

Gli Articolo 31 sono un Classico che non passa di moda
Dj Jad e Dj Ax.

Al bando la nostalgia per un passato non così da rimpiangere

Tornando però a Classico, ecco che la canzone, uscita alla mezzanotte tra giovedì 26 e venerdì 27 ottobre, come di prassi, è un brano che si fa ascoltare per il suo incedere baldanzoso e comunque appoggiato su solide basi rock’n’roll, e per un testo che è un incastro di schiaffi e buffetti. Chiaro per chi facciano il tifo gli Articolo 31, nell’eterna guerra tra generazione. Al centro la nostalgia per un passato che in realtà non è che sia poi così da rimpiangere sgretolata a colpi di piccone. La figura degli zombie nei parchetti, laccio emostatico al braccio e siringa buttata in terra, parla chiaro, come parla chiaro anche il palese affetto che il nostro, anzi, i nostri provano nei confronti dei giovani, troppo spesso tirati per la giacchetta da chi non perde occasione per dirsi migliore di chi è arrivato dopo. Un po’ un prendere le distanze dai propri coetanei, certo, ma una presa di posizione quantomai condivisibile: in fin dei conti non c’è di peggio di un boomer che non fa i conti con la propria anagrafe e decide di entrare in competizione con chi, nei fatti, dovrebbe essere accompagnato alla vita. La nostalgia quindi è messa al bando, o bannata che dir si voglia, mentre il concetto di classicità, usato con autoironia, non è poi così scherzoso come Ax e Jad vogliono farci credere, se è vero come è vero che praticamente tutti i rapper arrivati dopo di loro – e la storia ci dice che salvo quelli delle Posse tutti i rapper sono arrivati dopo di loro in Italia – hanno finito per riconoscere la loro primogenitura. Quelli nati dopo che loro già erano col microfono e i piatti in mano, rapper e trapper, riconoscono al duo una sorta di padrinato, sorte condivisa, lato pop, con Max Pezzali e gli 883: gli uni intenti a raccontare le periferie, gli altri la provincia.

Gli Articolo 31 sono un Classico che non passa di moda
Dal video di Classico.

Fregandosene delle convenzioni, Dj Ax e Dj Jad si schierano senza se e senza ma con la nuova generazione

Il singolo è stato lanciato sui social dagli Articolo 31 con una iconica foto dei due che, braccia conserte dietro la schiena, guardano attraverso una rete un cantiere, titolo trasformato per l’occasione in Vecchi di merda- Classico, riprendendo un verso particolarmente identificativo del testo, difficile non capire da che parte stiamo i nostri eroi, anche volendo. I rischi dell’esercizio di stile, quando si è particolarmente talentuosi e la carriera e la vita ce lo hanno fatto capire è un attimo gigioneggiare camminando sul filo dell’autocompiacimento, è fugato dall’urgenza di prendere una posizione, decisamente impopolare: schierarsi senza se e senza ma dalla parte dei ragazzi. Urgenza che sotto le mani di J-Ax e DJ Jad diventa però quantomai pop, al punto da generare una sorta di paradosso un pop impopolare. Converrete è qualcosa che solo chi è abituato a giocare con le parole è in grado di concepire. Così come è solo di chi si è abituato nel tempo a fregarsene delle convenzioni, surfando sempre in cima alle onde non perdendo mai di vista l’idea di divertirsi. La chiamano musica leggera mica per caso.

Gli Articolo 31 sono un Classico che non passa di moda
Gli Articolo 31 sul palco dell’Ariston (Getty Images).

Sala invece di celebrare il ritorno dei Club Dogo avrebbe potuto accompagnare gli Articolo in qualche vera periferia

Il sindaco Beppe Sala, invece di prestarsi a celebrare il ritorno dei Club Dogo, raccontando una Milano-Ghotam City di cui, sicuramente, non dovrebbe andare poi così fiero, avrebbe dovuto celebrare loro, gli Articolo 31, magari lanciandoli a passeggio per una di quelle periferie nelle quali sono nati e cresciuti, e che per questo hanno deciso di raccontare, quelle periferie che a occhio lui, Sala, si è dimenticato di frequentare, se non per gesti eclatanti quali l’incontro con il gruppo degli Seven 7oo, confondendo l’hype con la qualità, le pose con la vita vera. In fondo è anche di lui che si parla in Classico, a farsi i selfie coi calzini arcobaleno, salvo poi tuonare coi giovani della movida. Claudio Santamaria, nel video-spot del ritorno dei Club Dogo, che vede il primo cittadino coprotagonista, cita, senza però nominarlo, la famosa frase di Bertold Brecht «sventurato un popolo che ha bisogno di eroi». Qui tocca chiudere citando un Bakunin apocrifo, quando si corre il rischio di prendersi troppo sul serio è bene armarsi di ironia al grido di «una risata vi seppellirà», e gli Articolo 31 ancora una volta ci riescono.

Beatles, il 2 novembre esce l’inedito Now and Then cantato da Lennon

I Beatles stanno per tornare con un inedito a oltre 50 anni dall’ultimo album. Il 2 novembre, alle ore 15, uscirà infatti Now and Then, brano che John Lennon scrisse negli Anni 70 nel suo appartamento del Dakota Building di New York, palazzo al cui ingresso venne ucciso nel 1980. Lo hanno annunciato i due membri ancora in vita del gruppo, Paul McCartney e Ringo Starr, assieme agli eredi di George Harrison e dello stesso Lennon. «È la voce di John, pura e cristallina», ha spiegato McCartney in una nota riportata dal Guardian. «È davvero emozionante e la suoniamo tutti, è una vera registrazione dei Beatles». I quattro ragazzi di Liverpool hanno infatti contribuito a realizzare, seppur in epoche diverse, le varie parti del brano che sarà incluso anche nella raccolta The Beatles 1967-1970. Un lavoro lungo 40 anni e che ha sfruttato un piccolo aiuto dell’intelligenza artificiale.

Now and Then, la storia dell’ultimo brano dei Beatles e il ruolo dell’IA

Il brano, che presenta la voce di John Lennon, risale come detto alla fine degli Anni 70, diversi anni dopo lo scioglimento del gruppo. Yoko Ono, che aveva conservato la demo della canzone, la consegnò nel 1994 a Paul McCartney in una cassetta musicale. Al suo interno anche le tracce Free as Bird e Real Love, uscite nel progetto Beatles Anthology cui lavorarono, oltre a McCartney, anche Ringo Starr e George Harrison. Pur colpiti dal brano Now and Then, dopo alcune prove e incisioni dovettero rinunciare a lavorarci in quanto la tecnologia di allora non consentì loro di separare la voce di Lennon dal suono del pianoforte in due tracce distinte. Un fattore che, grazie all’intelligenza artificiale, nel nuovo millennio non rappresenta più un ostacolo.

Il 2 novembre esce Now and Then, l'ultima canzone dei Beatles. Alla voce John Lennon, che la scrisse negli Anni 70.
John Lennon e Yoko Ono nel 1969 (Getty Images).

McCartney e Starr hanno infatti ripreso in mano la traccia sfruttando lo stesso software che ha permesso al regista Peter Jackson di realizzare il documentario Get Back nel 2022. Il nuovo programma ha consentito di isolare la voce di Lennon, che girava già illegalmente sul web, in modo da lavorare distintamente su ogni strumento. Ringo ha completato il brano rimettendosi alla batteria, mentre Paul oltre al basso ha suonato anche chitarra e pianoforte. Il tutto corredato da un’orchestra e alcuni coristi provenienti dalle sessioni di Here, There And Everywhere, Eleanor Rigby e Because. Alla produzione Giles Martin, figlio di George che per il suo ruolo negli album dei Fab Four si guadagnò il titolo di “Quinto Beatle”. «È davvero emozionante essere ancora al lavoro su musica dei Beatles nel 2023», ha proseguito McCartney.  «È bellissimo essere in procinto di pubblicare qualcosa che il pubblico non ha mai sentito».

Le parole della band e il documentario in anterima

«È stato come avere John nuovamente lì, accanto a noi», ha raccontato Ringo Starr nel comunicato. «È la cosa più vicina a riaverlo nella nostra stanza cui siamo mai arrivati, davvero emozionante». Oltre ai due Beatles ancora in vita, hanno partecipato al progetto anche gli eredi di George e John. «Mio marito, nel 1995, disse di aver abbandonato Now and Then per difficoltà tecniche insormontabili», ha detto Olivia Harrison. «Se fosse qui oggi, so per certo che si sarebbe unito a Paul e Ringo mettendoci tutto il cuore per completarla». Soddisfatto anche Sean Ono Lennon, figlio di John e Yoko. «È l’ultima canzone che mio papà, Paul, George e Ringo hanno avuto modo di fare insieme», ha ribadito. «È una capsula del tempo ed è come se tutto fosse predestinato ad essere così». Prima del brano, l’1 novembre, uscirà un breve estratto assieme a un documentario di 13 minuti che ne racconterà la creazione.

Il 2 novembre esce Now and Then, l'ultima canzone dei Beatles. Alla voce John Lennon, che la scrisse negli Anni 70.
I Beatles in una foto del 1967 (Getty Images).

TikTok annuncia il primo concerto live streaming con Cardi B e Anitta

Anitta, Cardi B, Niall Horan e Charlie Puth. Sono i quattro artisti che compongono la line up di In the Mix, il primo festival musicale di TikTok. La piattaforma social di ByteDance ha infatti annunciato che trasmetterà in live streaming un concerto esclusivo previsto per il 10 dicembre a Mesa, in Arizona. Altri cantanti inoltre si uniranno agli headliner, tra cui diversi giovani talenti che hanno guadagnato le luci della ribalta proprio con i loro videoclip sull’app. I biglietti per l’evento, che avrà luogo all’interno dello stadio di baseball Sloan Park, saranno disponibili in prevendita da venerdì 27 ottobre. I prezzi partono da 25 dollari per il prato, fino a 60 dollari per l’area parterre più vicina al palcoscenico circolare al centro dell’area di gioco. Bisognerà spendere 40 dollari per accomodarsi sulle gradinate. Non è ancora chiaro se e quanto bisognerà spendere per avere accesso alla trasmissione streaming.

In line up anche Niall Horan e Charlie Puth. Live su TikTok, l'evento in The Mix si svolgerà in Arizona. Dal 27 ottobre i biglietti online.
I quattro headliner dell’evento In the Mix di TikTok (X).

LEGGI ANCHE: Annalisa si è spogliata, alleggerita e ha fatto boom pure su TikTok

TikTok, chi sono le star dei social al concerto in live streaming

Accanto ai quattro headliner, che canteranno i loro maggiori successi recenti e del passato, TikTok ha poi annunciato la presenza di varie star della piattaforma. Ci sarà per esempio Isabel LaRosa, cantante classe 2004 del Maryland che nel 2021 ha firmato un contratto con la Rca Record proprio grazie al suo successo sui social. Il suo singolo I’m Yours, divenuto virale in Rete, ha totalizzato migliaia di visualizzazioni, tanto da essere pubblicato anche in versione accelerata, più adatta ai tempi brevi dei filmati online. Sempre dagli States, ma stavolta da Atlanta, arriverà la rapper Kalii, nome d’arte della 23enne Kaliya Ashley Ross. Con le sudcoreane Fifty Fifty ha cantato Barbie Dreams, parte della colonna sonora del film Barbie con Margot Robbie. Annunciata anche la presenza della rapper canadese di origini congolesi Lu Kala e per il musicista Sam Barber.

L’impegno di TikTok nella musica mondiale è già noto da tempo. In estate, per esempio, la società madre ByteDance aveva lanciato TikTok Music, servizio di streaming musicale su abbonamento ancora però non disponibile in Italia. Negli Usa avrà presto luogo un talent show che ricorda da vicino X Factor e The Voice destinato agli artisti emergenti. Denominato Gimme the Mic (in italiano, Dammi il microfono), il contest mirerà a scegliere il miglior hitmaker, che riceverà un premio di circa 2500 dollari. In collaborazione con Billboard, TikTok ha persino lanciato a settembre una speciale classifica dei brani più ascoltati e utilizzati per produrre filmati sulla piattaforma a livello planetario. Nella Top 50 di ottobre sono presenti, tra gli altri, Drake, l’immancabile Taylor Swift e Doja Cat.

La tragica attualità dell’opera The Death of Klinghoffer di Adams

Portare in palcoscenico la storia di oggi – così recente che ancora la tensione della cronaca cova sotto la cenere, così presente che la successione di tragici eventi sembra un ordine seriale non modificabile – è stata a lungo la sfida di uno dei più importanti compositori contemporanei, John Adams. Dal suo debutto con Nixon in China (1987), il 76enne musicista del Massachusetts, uno dei grandi nomi del cosiddetto minimalismo, ha variamente percorso le strade suggerite dagli avvenimenti contemporanei. Poco a che vedere – almeno sul piano dei soggetti – con la maggior parte delle scelte del caposcuola, Philip Glass, di 10 anni più anziano, che nell’ultimo ventennio del secolo scorso andava proponendo per la scena personaggi come Einstein o il faraone Aknaten, o Galileo Galilei, oppure faceva ricorso alla letteratura, com’è il caso di The Fall of the House of Usher, da Edgar Allan Poe, lavoro portato al debutto nello stesso anno in cui Adams raccontava in musica lo storico incontro fra il presidente Usa e Mao-Tse-Tung.

La tragica attualità dell'opera The Death of Klinghoffer di Adams
I ringraziamenti di John Adams dopo aver ricevuto il premio Erasmo nel 2019 ad Amsterdam (Getty Images).

Le polemiche su The Death od Klinghoffer a partire dalla prima a Bruxelles nel 1991

Il secondo lavoro per il palcoscenico di Adams, The Death of Klinghoffer (La morte di Klinghoffer), ha avuto una vita complicata fin dal suo primo apparire, al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles, nel marzo del 1991, con la regia di Peter Sellars. E il motivo è facilmente intuibile. Si tratta infatti di una rievocazione del dirottamento della nave da crociera Achille Lauro da parte di quattro terroristi appartenenti al Fronte per la Liberazione della Palestina, avvenuto nell’ottobre 1985. L’azione culminò nell’omicidio del cittadino americano di religione ebraica Leon Klinghoffer, che aveva 69 anni ed era costretto su una sedia a rotelle e dopo essere stato ucciso con due colpi di pistola fu gettato in mare dai terroristi. Concluso il dirottamento e arrestati i suoi responsabili, che furono processati in Italia perché la nave batteva bandiera italiana, a proposito specialmente di questo feroce delitto si scatenò la cosiddetta “crisi di Sigonella”, che vide i rapporti fra Stati Uniti e Italia arrivare al punto più basso dal Dopoguerra a oggi.

Le controversie statunitensi sul presunto antisemitismo dell’opera di Adams

Più che in Europa, l’opera ha avuto vita difficile negli Stati Uniti, a causa dell’aspra e prolungata, ricorrente controversia sul suo presunto antisemitismo, addebito sempre sdegnosamente respinto dal compositore, che ha ripetutamente affermato di essersi ispirato a un rigoroso equilibrio nell’illustrare le posizioni dei palestinesi e quelle degli ebrei. Posizioni riflesse nell’ampio spazio dato alle pagine corali nelle quali, appunto, i due popoli esprimono il loro sentire. In ogni caso, lo stesso Adams aveva provveduto almeno inizialmente (poi le esecuzioni integrali non sono mancate) a eliminare una scena dell’opera, nella quale i vicini di casa dei Klinghoffer negli States sono rappresentati secondo quelli che sono stati da più parti accusati di essere stereotipi antisemiti. E quella scena non è presente neanche nella sola registrazione discografica oggi reperibile. Ma il musicista ha tenuto la posizione sull’impianto generale del lavoro, nonostante nel tempo sia stato attaccato anche da intellettuali autorevoli come il musicologo Richard Taruskin.

Nel gennaio 2002 la prima a Ferrara pochi mesi dopo l’attacco dell’11 settembre

Rappresentata negli Stati Uniti, durante gli Anni 90 e i primi anni Duemila, sempre con accompagnamento di proteste, l’opera è approdata sul massimo palcoscenico operistico americano, quello del Met di New York, soltanto nell’autunno del 2014, a 23 anni dalla prima assoluta. In quell’occasione, è stata sospesa la programmata trasmissione in streaming della rappresentazione, scelta che ha causato la risentita protesta di Adams, ma lo spettacolo è andato in scena con il calendario stabilito senza ulteriori problemi. In quel momento, la prima assoluta in Italia (a quanto ci risulta, anche l’unica produzione) era già avvenuta da oltre un decennio. The Death of Klinghoffer è stata infatti rappresentata al teatro Comunale di Ferrara nel gennaio del 2002, pochi mesi dopo il sanguinoso attacco terroristico alle Due Torri dell’11 settembre 2001, in un intrigante allestimento firmato dal regista Denis Krief, poi replicato il mese successivo anche a Modena (direttore Jonathan Webb). Per capire il clima, nel novembre di quell’anno il coro dell’opera di Boston si era rifiutato di eseguire in concerto alcuni dei cori dei palestinesi e degli ebrei contenuti nella partitura. Nella città dei Finzi Contini, sede di una delle più importanti comunità israelitiche italiane, non si è dovuta registrare alcuna contestazione. Alla fine – chi scrive era presente – il successo è stato pieno.

La tragica attualità dell'opera The Death of Klinghoffer di Adams
La protesta degli studenti ebrei all’esterno del Metropolitan Opera in occasione della prima di The Death of Klinghoffer nel 2014 (Getty Images).Le grandi pagine corali che punteggiano il dramma 

Una drammaturgia essenziale da cui emergono l’ideologia e le radici culturali dei personaggi

Anche se tutta l’opera, a partire dal prologo con i suoi due grandi cori, si basa su una sorta di “simmetria” che in qualche modo mette di fronte la prospettiva dei palestinesi e quella degli ebrei, o più generalmente dell’Occidente, il tema politico finisce per essere trascinato dalla tensione dell’evento che si racconta, secondo una logica drammaturgica asciutta, essenziale. Ne sortisce una sorta di epica tesa, drammatica, densa di implicazioni psicologiche che non riguardano tanto i personaggi (sono quelli della cronaca, ma nessuno ha un reale rilievo individuale) quanto la loro ideologia, i loro sentimenti di popolo, le loro radici di cultura. La partitura di Adams ha molte più frecce al suo arco del ricorso agli stilemi ricorrenti del minimalismo musicale. Certo, rimane il gusto per i piani sonori ben definiti, omogenei, per le progressioni armoniche, per le tinte soffuse e le dinamiche sottili, per un’invenzione melodica a tratti rarefatta. Qui però, fermo restando un eloquio comunque trasparente e “comprensibile”, senza astrusità, s’impone anche una cifra espressiva effettivamente drammatica, molto ricca di sostanza ritmica, plasticamente teatrale. Non c’è distacco intellettualistico, ma partecipazione a tratti vibrante, comunque efficacemente comunicativa, specialmente nelle grandi pagine corali che punteggiano il dramma secondo una logica che affonda le radici nella tragedia greca e ha i suoi antecedenti musicali nell’Oratorio. Meno incisiva la scrittura vocale dei singoli personaggi, soprattutto per l’insistenza su un declamato anche duttile ma in qualche caso almeno rinunciatario nella sua ripetitività.

Il libretto di Alice Goodman non perde mai di vista il dramma di popolo

Il libretto della poetessa Alice Goodman (la stessa autrice di Nixon in China) è spesso ridondante, complesso nella gran mole di riferimenti coranici o biblici (l’autrice è anche ministra di culto della Chiesa Anglicana al Trinity College di Cambridge), ma non perde di vista, ed è essenziale, il filo rosso del dramma di popolo che racconta. E il dramma, da tutti i punti di vista, sta in queste atroci parole pronunciate dal terrorista Mamoud: «Il giorno che io / E il mio nemico / Staremo tranquillamente seduti / Ognuno dei due a esporre il suo caso / Sforzandoci di raggiungere la pace / Quel giorno morirà la nostra speranza / E anch’io morirò». Dopo 30 anni, parole ancora di sconvolgente e tragica attualità.

I Rolling Stones ci insegnano ancora cosa è il rock

Alberto Arbasino, fosse ancora vivo, avrebbe 93 anni. Mick Jagger e soci, oggi fuori con il loro nuovo lavoro Hackney Diamonds, ne hanno 80, chi più chi meno. Arbasino, tra le sue tante invenzioni letterarie – ricordiamo che a lui si deve l’iconica “casalinga di Voghera e quel “signora mia”, così snob da diventare simpatico – ha coniato la massima «si parte come brillanti promesse per diventare soliti stronzi, a pochi il privilegio di diventare venerati maestri». Parola più, parola meno. Ragionamento perfetto, buono per tutte le situazioni. Ma non per i Rolling Stones. Che hanno toccato tutte queste voci, per poi arrivare ben oltre il ruolo di venerati maestri: sono vere e proprie leggende viventi. Fatevi un giro in una qualsiasi città, specie quelle come Milano o Roma, infestate da cantieri, e vedrete come in genere passano le giornate i loro coetanei, a trascinare stancamente carrelli per la spesa, guardare come viene su quel palazzo, parlare stancamente su qualche panchina, se non in casa fissi su un programma qualunquista di Rete4. Questo mentre i, accompagnati dalle schitarrate iconiche di Keith Richards – il quale recentemente ha dichiarato di aver smesso da decenni con le droghe, questo dopo averci raccontato con dovizie di dettagli nella sua bio di essersi fumato anche le ceneri del padre morto – alternandosi tra classici rock’n’roll di matrice nera e ballad sdolcinate, tutte acustiche e archi, i nostri paladini ci dimostrano, oggi più che mai, che non solo il rock non è stato seppellito dalla trap, ma ci sono buone probabilità che le sopravviverà, mostrando sempre e comunque la lunga linguaccia, da poco apparsa anche sulle maglie del Barcellona.

Sarà il genio o una strana congiuntura astrale ma le canzoni girano che è una bellezza

Il disco, chiederà qualcuno? Ha ancora oggi senso tirare fuori un album? E ha senso tirare fuori un album di una band che da sempre, primi Anni 60, lavora su un unico mood? Sì, ha senso. Perché, sarà il genio, quello che li ha fatti assurgere a leggende, appunto, o sarà una strana congiuntura astrale che ciclicamente li vede al posto giusto nel momento giusto, ma questa manciata di nuove canzoni – nuove ma che potrebbero comodamente essere antiche – girano che è una bellezza, e girano anche nei cellulari, volendo, non necessariamente in stereo hi-fi. Partiamo con la decisamente funzionale Angry, funzionale per far discutere ma anche sufficientemente radiofonica per finire un po’ in tutte le airplay. I vecchietti in questione ben sanno che per arrivare al loro pubblico è meglio passare di lì che nelle Playlist di Spotify. Il lavoro si dimostra solido e impeccabile, con tracce sempre a fuoco e qualche picco in alto di quelli che ti fanno sobbalzare sulla sedia, se sei loro coetaneo una di quelle comprate in una televendita di Mastrota in tv, in regalo una bicicletta col cambio Shimano, immagino.

La dolce e smielata Depending on You è di quelle che, è scritto, finirà in una qualche scena strappalacrime di una commedia romantica grazie alla voce di Jagger sempre capace di creare empatia immediata con l’ascoltatore; Whole Wide World è un rockaccio amarissimo sulla brutta china che ha preso la loro città, Londra, e con essa tutto il mondo, con le chitarre di Richards e Ron Wood che si intrecciano come in fondo hanno sempre fatto. Poi arrivano le atmosfere rilassate e quasi caraibiche di Dreamy Skies, impreziosita dalla armonica del cantante e dall’hammond di una garanzia come Benmont Tench, direttamente dagli Heartbreakers del mai abbastanza compianto Tom Petty. Seguono la caciaresca Live by the Sword, con di nuovo tutti i componenti dietro i rispettivi strumenti, Charlie Watts redivivo compreso, miracoli della tecnologia, Bill Wyman figliol prodigo sempre gradito come l’ospite Elton John, e Tell me Straight, il classico momento Keith Richards, col rugoso asso delle sei corde anche al microfono.

I Rolling Stones ci insegnano ancora cosa è il rock
Keith Richards, Ron Wood e Mick Jagger (Getty Images).

Sweet Sounds of Heaven impreziosita dal genio di Lady Gaga e Stevie Wonder

Due due sono i punti che meritano particolare attenzione, e non solo da parte dei sodali della band che rischia di diventare la più longeva del pianeta. Parto dalla fine, e segnalo subito Sweet Sounds of Heaven, il gospel lunghissimo, oltre cinque minuti, praticamente quasi tre canzoni, stando ai diktat e standard imposti da Daniel Ek di Spotify, dove al fianco di Jagger c’è una artista che indubbiamente, destino permettendo, continuerà a lungo a stupirci per la sua geniale versatilità: Lady Gaga. Una canzone che prende il concetto di incedere del tempo e lo fa a pezzi, dimostrando come una bella canzone è in grado di superare le mode, la contemporaneità, puntando dritto dritto verso l’infinito e oltre, per dirla con Buzz. Lady Gaga, per altro, dei nostri vecchietti potrebbe essere più nipote che figlia, l’anagrafe parla chiaro. Una canzone che se fosse uscita negli Anni 60 avrebbe avuto esattamente lo stesso impatto, perché il rock’n’roll è questa cosa qui, signora mia, non certo solo una faccenda di pose e ammiccamenti, di cui comunque sia i Rolling Stones che Lady Gaga sono maestri indiscussi. Per la cronaca, alle tastiere c’è tale Stevie Wonder, perché se sei i Rolling Stones e chiami anche un Dio in terra come l’ex enfant prodige della Motown, il Dio prende e arriva.

Con Sir Paul McCartney in Bite My Head Off 

Arriviamo quindi a Bite My Head Off, che vede al basso Sir Paul McCartney, altro ultra 80enne piuttosto in forma, con un tour mondiale lì dietro l’angolo. Una canzone che è un vero pugno in faccia, violento e sardonico, dove i nostri si divertono a fare il verso, attenzione attenzione, vedi come a volte le leggende possono diventare volendo soliti stronzi, a quel punk che ormai quasi 50 anni fa aveva provato a mandarli definitivamente in pensione. Un brano punk rock storto, come il punk era per questioni spesso di incapacità, e come in fondo sono spesso state le canzoni dei Rolling Stones, sporche il giusto per graffiare le anime, capaci di profumare di sudore e umori vari, una certa idea di sesso sempre presente, anche quando apparentemente non sembra.

La carezza ai Maneskin e la certezza che il rock sarà anche da boomer ma è molto divertente

Hackney Diamonds sicuramente non farà mai i numeri di un Bad Bunny, e magari neanche quelli dei Maneskin, indicati proprio da Mick Jagger come la più grande rock band al mondo (nonostante siano italiani), fatto che lo ha lasciato stupito, ha dichiarato ai microfoni di 7 del Corriere della Sera, tanto quanto le sue parole lasciano stupiti noi: chissà se dobbiamo considerare Damiano e soci anche più grandi degli Stones. Il disco però ci regala almeno due canzoni che rimarranno nelle nostre orecchie parecchio, volendo anche tre, e che comunque ci dicono che il rock sarà anche una faccenda da boomer o da nostalgici, ma a volte essere boomer e nostalgici è proprio molto divertente.

Calcutta ci prepara al lancio di Relax tra trollate e genialità

Calcutta sta tornando. Coi suoi tempi, nello specifico cinque anni, ma sta tornando: è questione di ore e Relax sarà alla portata di tutti (uscirà il 20 ottobre). Compresi quanti hanno avuto occasione di vedere e sentire Edoardo D’Erme, questo il suo vero nome, a Roma, in quello che una guida turistica definirebbe il bellissimo scenario di Villa Medici.

Calcutta, Vascellari e la performance sotto forma di peep show

Sentirlo e vederlo, si fa per dire. E comunque in una situazione di relax. Le tisane che accoglievano su un tavolino coloro che si erano prenotati questo dovevano favorire, così come la musica dell’artista, appena sussurrata. Il verbo sussurrare sembra centrale in questa opera, ma per il resto tutti hanno dovuto prendere atto che l’attesa era parte dell’opera stessa, pazientando. Perché, sotto la guida dell’artista Nico Vascellari, artista visivo e musicista, colui che in qualche modo viene indicato come uno dei padri fondatori dell’indie italiano, detto anche itPop, ha dato vita a una performance artistica che era visibile e ascoltabile solo a distanza, accostandosi a fessure su una parete, che ricreavano il titolo dell’album, attraverso le quali era possibile sbirciare e origliare all’interno, dove Calcutta e i suoi musicisti, una performance ogni mezz’ora, eseguivano alcuni brani, vecchi e nuovi. Una sorta di peep show, di quelli che vanno di scena nei sexy shop di Amsterdam, ma con la musica invece del corpo di una donna al centro dell’attenzione. Una performance, appunto, non a caso diretta da un artista. Che però è stata scambiata da parte dei suoi fan, che in quanto tali dovrebbero essere ben abituati alle sue estrosità, per una sorta di trollata, come un tiro mancino giocato ai loro danni. O, a vederla dal lato positivo, come complicità tra artista e pubblico.

La trovata di lanciare su YouTube i testi di Relax sussurrati in Asmr da Sara J 

In realtà Calcutta è un artista e come ogni artista che si rispetti ha deciso di dar vita a una performance, unica e immagino irripetibile. Chi c’era c’era, gli altri sono dovuti farsela raccontare. Mentre Relax, il nuovo lavoro, è ancora tutto da scoprire. Siccome, però, siamo in un’epoca di frammentazione, ogni giorno una nuova notizia ruba la scena alla precedente, ecco che Calcutta assesta un altro colpo gobbo, andando a lanciare senza preavviso il suo lavoro su YouTube, con ore di anticipo sulla data d’uscita. E siccome l’album si chiama Relax, ecco che il cantautore laziale si è affidato a Sara J, una delle performer di punta della cosiddetta scena Asmr (acronimo che sta per Autonomous Sensory Meridian Response), per farcelo sussurrare. Invece di una versione ufficiale, suonata e ovviamente cantata da lui, magari anche con qualche featuring, la voce che si ascolta nelle 11 tracce, ovviamente a fatica, è quella di Sara J, che sussurra i testi delle canzoni sulle basi, immaginiamo ufficiali, che se ci sono sono però inascoltabili per noi comuni mortali. Questa cosa dell’Asmr è da tempo in voga su YouTube come su TikTok, e è una tecnica atta proprio a creare una condizione di estremo relax, quindi una scelta quantomai coerente quella di Calcutta, artista da sempre schivo, lontano dai riflettori, più propenso a far parlare di sé che a parlarne in prima persona. Trentacinque e passa minuti: tanti sono quelli presenti sul canale YouTube di Calcutta con la voce sussurrata di Sara J, testi che poi potremo ascoltare con la musica e la voce del nostro appena percepibili, neanche fossimo in una di quelle sale delle Spa dove si va per cacciare lontano lo stress.

Viva le trollate performance di Calcutta e largo all’avanguardia

Qualcuno avrà preso anche questa mossa come una trollata, inconsapevole che la musica, anche quella pop, è arte e da sempre la performance artistica è parte del mondo della musica leggera, basti pensare che quello che viene considerato uno dei classici del rock, l’album della banana di Andy Warhol tirato fuori dai Velvet Underground, era appunto nato nella factory dell’artista di punta della PopArt, come parte di un discorso artistico a tutto tondo. Benvengano quindi le trollate di Calcutta, artista che ci ha regalato negli anni una manciata di canzoni importanti, anche se a ragione gli si è stato imputato il dilagare di una scena che per un po’ di tempo è sembrata più dannosa che virtuosa. Ora non resta che aspettare che il disco esca e le canzoni, quelle vere, siano ascoltabili, sempre che anche in quel caso non ci sia di mezzo una qualche performance che faticheremo a codificare, ma sicuramente apprezzeremo. Largo all’avanguardia, pubblico di…

Maneskin, Damiano protagonista del nuovo video di Anitta

Anitta e Damiano David insieme per un giorno. O meglio, per un videoclip. La popstar ha infatti scelto il frontman dei Maneskin come protagonista per il filmato che accompagnerà l’uscita di Mil Veces, nuovo singolo in arrivo il 19 ottobre su tutte le piattaforme. A svelarlo è stata la stessa cantante brasiliana con un post sui profili Instagram e TikTok. «Ora sapete perché avrei registrato questo video altre mille volte», ha scritto nella didascalia, accompagnando un teaser del brano. «La mia ragazza per un giorno», ha invece commentato Damiano David. I due hanno così spento anche i rumors su una possibile frequentazione che avevano inondato i social network dopo le prime immagini dei due artisti assieme sul set. Il videoclip del brano Mil Veces, traducibile come «Un migliaio di volte», si presenta a tinte hot, con Damiano e Anitta nei panni di una coppia innamorata.

LEGGI ANCHE: The Loneliest dei Maneskin è il miglior videoclip italiano

Anitta, chi è l’artista brasiliana che ha scelto Damiano dei Maneskin nel video

Classe 1993, Anitta è ormai una delle popstar latine più affermate sulla scena musicale mondiale. Originaria di Rio de Janeiro, la 30enne ha esordito nel 2010 firmando il suo primo contratto discografico. Con il brano Show das poderosas, tre anni dopo ha ottenuto la fama e si è distinta come rivelazione nel suo Paese. Presto ha conquistato gli Mtv Music Awards e i palcoscenici più importanti, inanellando una serie di successi, tra cui l’Mtv Ema del 2015, prima artista brasiliana di sempre. Nella sua discografia conta varie collaborazioni con artisti reggaeton, tra cui le star J Balvin e Maluma. Nel 2020 ha conquistato anche l’Italia grazie ai featuring con Fred de Palma. Le loro Paloma e Un altro ballo, pubblicata l’anno successivo, hanno fatto ballare le spiagge e le discoteche durante le stagioni estive. A maggio 2023 ha aperto la finale di Champions League fra il Manchester City e l’Inter a Istanbul.

Damiano dei Maneskin nel nuovo videoclip di Anitta, in uscita il 19 ottobre.
Anitta sul palco del Global Citizen Festival 2023 a New York (Getty Images).

BTS, il 9 novembre su Prime Video il film-concerto Yet to Come

I BTS sono pronti ad approdare su Amazon Prime Video. Il 9 novembre sarà disponibile a livello globale Yet to Come, il film-concerto registrato nell’ottobre 2022 all’Asiad Main Stadium di Busan, in occasione della candidatura della città per Expo 2030. Il docufilm uscirà in contemporanea per 240 Paesi e comprende 19 canzoni della band sudcoreana leader del K-pop. «Siamo entusiasti di collaborare con Hybe (l’etichetta dei BTS, ndr.)», ha spiegato a Deadline David Simonsen, direttore di Prime Video per il Sudest asiatico. «Tutti noi non vediamo l’ora di deliziare i consumatori con questo live, consapevoli della popolarità dei contenuti sudcoreani in ogni angolo del pianeta».

BTS, scaletta e incassi al cinema del docufilm Yet to Come

Il 15 ottobre 2022 RM, Jin, Suga, J-hope, Jimin, V e Jungkook cantarono di fronte a 50 mila persone. Il live andò anche in onda sulla piattaforma Weverse con sottotitoli in inglese e cinese, per consentire a tutti gli appassionati del K-Pop di seguire il concerto in diretta. In scaletta 19 brani, presenti nell’album antologico Proof uscito nel giugno dello stesso anno. I fan hanno potuto accompagnare i sette artisti sulle note delle hit Dynamite e Butter, ma anche Idol, Run e Mic Drop. E ancora, i BTS hanno cantato Save Me, Butterfly e Fire, oltre ai successi For Youth e Boy with Luv. Il brano Yet to Come (The Most Beautiful Moment) da cui è stato tratto il nome del concerto ha invece chiuso la scaletta.

Amazon ha acquisito i diritti per Yet to Come, il docufilm dei BTS uscito al cinema a febbraio 2023. Uscirà su Prime Video il 9 novembre.
I sette membri dei BTS agli Mtv Emas 2020 (Getty Images).

Sbarcato nelle sale di tutto il mondo l’1 febbraio 2023, il film-concerto dei BTS ha totalizzato 29 milioni di dollari al botteghino internazionale. Ottimi anche i risultati in Italia, dove ha incassato 800 mila euro nel corso dei cinque giorni di programmazione. Numeri che però impallidiscono di fronte al successo incredibile che sta ottenendo Eras Tour, il docufilm di Taylor Swift che ha esordito con 128 milioni nel mondo dal 13 al 15 ottobre, di cui 746 mila nel Belpaese. Impegnati con il servizio militare obbligatorio in Corea del Sud, i BTS non pubblicheranno nulla assieme fino ad almeno il 2025. Nel settembre 2023 hanno tuttavia firmato un nuovo contratto con Big Hit Music, etichetta gestita sempre da Hybe, che produrrà il nuovo disco della band K-Pop.

Benji, un ritorno musicale del quale avremmo voluto fare a meno

Tiziano Ferro deve aver fatto scuola, perché se un tempo vigeva il detto “lavare i propri panni sporchi in casa”, sembra che oggi per promuoversi non ci sia di meglio che andarli a pulire davanti a uno schermo, di una tv o di uno smartphone dove si seguono social e videocast. Ultimo in ordine di tempo dei seguaci ferriani è Benji, al secolo Benjamin Mascolo, un tempo parte del duo Benji e Fede, a lungo in vetta alle classifiche di vendita con titoli fortunatamente presto rimossi dalla memoria collettiva. Diventato habitué  delle cosiddette cronache rosa per la liaison, ora finita, con Bella Thorne, ora è di nuovo pronto a sfornare musica in proprio, vai a capire se è una promessa o una minaccia.

La confessione fraterna a One More Time di Luca Casadei tra sessodipendenza, droghe e alcol

Conscio che oggi è tutto divenuto iperveloce, e quel che funzionava anche solo ieri in un battito d’ali diventa modernariato buono per un mercatino della domenica, Benji –  nonostante abbia 30 anni si fa chiamare ancora come fosse il protagonista di un cartoon giapponese – ha deciso di mettere in piazza un passato prossimo, va detto, piuttosto oscuro. Lo ha fatto andando nel luogo preposto a questo, e no, non sto parlando di Belve, ma di One More Time di Luca Casadei, seguitissimo videocast nel quale il di nero vestito videocaster tira fuori il peggio dai propri ospiti provando poi, come uno sciamano tirato a lucido per la Fashion Week, a farli rialzare. Questo il format del suo show, la storia di chi è caduto ma si è poi rimesso in piedi. Benji, chiamato a inaugurare la nuova stagione, non si è certo tirato indietro, anzi, ha sciorinato per quasi due ore tutti i dettagli più intimi e anche osceni della sua recente vita: il rapporto tossico con la bella Bella, la sessodipendenza, le orge (pensa te come siamo messi che a parlare di orge ancora si fa notizia), passando poi a un altro tipo di tossicità, quella da dipendenze chimiche e alcoliche. Il racconto di Bella che non gli apre la porta e lui, lasciati in casa tutti i vestiti, se ne va in giro nudo per le strade di Los Angeles sembra scritto da uno sceneggiatore che non ha aderito allo sciopero di Hollywood.

Benji, un ritorno musicale del quale avremmo voluto fare a meno
Benji nel video di Sobrio.

Parliamo di tutto tranne che di musica

Preciso preciso, perfetto perfetto, per far parlare di One More Time, Casadei sui social non ha mancato di confessare come il mettersi a nudo di Benji di fronte al microfono abbia in qualche modo creato tra loro un legame che va oltre la professione e anche oltre l’amicizia, quasi una fratellanza. Benji dal canto suo ha raccontato di come fosse diventato semplicemente un’appendice a racconti su altri. Era presente quando Conar McGregor ha steso Francesco Facchinetti, era presente qui e lì a fianco a Bella Thorne, insomma, era arredamento. Di musica, ovviamente, non se n’è parlato, e cosa vorrai mai dire di chi ha regalato al mondo pezzi quali… no, non fatemeli citare, li ho rimossi e così spero voi, e che nel tempo è riuscito a buttare quanto capitalizzato nel giro di pochi anni nel cestino della spazzatura, confermando di aver lavorato solo sulla sua immagine. La lite con Fede, del resto, fu causata da uno scontro dovuto proprio a questo.

Il lancio di Sobrio

Oggi Benji è tornato, di nuovo in piedi, per dirla con Luca Casadei, anche se con voce meno radiofonica e con un po’ più di capelli in testa. Dopo aver fatto un passaggio obbligato in quel de Le Iene – se non fai un monologo lì, vestito di nero, oggi come oggi, in pratica non esisti –  ecco la notizia che sta per tornare anche sul mercato discografico che nel mentre è decisamente cambiato: lo streaming è l’unica via percorribile e la trap la fa da padrona. Titolo della canzone, attenzione, Sobrio. Una canzone che si muove tra pop e urban, di una bruttezza che, come si dice in questi casi, fa il giro, però invece di fermarsi e diventare ai nostri occhi (orecchi) bella, continua come nella Ruota della Fortuna, fermandosi su Perde. Una canzone che parla di Bella Thorne, ovviamente. La sobrietà sarebbe dalle dipendenze in senso generale, quindi anche quella dall’amore tossico provato per lei, ma non fosse per questo mettere in piazza i fatti suoi non meriterebbe neanche uno sbadiglio. Benji è tornato, certo, e si dice sobrio, fatto che ovviamente accogliamo con piacere, per quanto si possa provare piacere per chiunque sta vivendo un buon momento su questo pianeta così martoriato. Ma quel monologo di nero vestito che sembrava tanto il discorso che si fa alla Alcolisti anonimi, anche su questo Tiziano Ferro nella sua docuserie è arrivato per primo, si sgretola nel momento in cui si ha la sensazione che tutto sia solo un goffo tentativo di promuovere un ritorno per il resto irrilevante.

Quell’autobiografismo morboso da cui non riusciamo a liberarci

Negli ultimi anni, forse per questo dominio delle charts da parte dei trapper e dei rapper, è passato per buono il concetto che la musica debba essere giocoforza autobiografica, restringendo in maniera asfissiante il campo visivo di chi scrive, e quindi di chi ascolta, per altro inducendo molti a credere di aver vissuto una vita comunque tale da essere raccontata nei minimi dettagli, e di essere raccontata in una qualche forma d’arte, sia essa musica, di questo parliamo, ma anche letteratura, pensiamo al boom dei memoir e dell’autofiction. Incrociare questo autobiografismo spinto con l’autobiografismo morboso di certi spettacoli televisivi, che non fanno altro che indagare in maniera indiscreta e volgare dentro le vite di gente che spesso conosciamo solo per questo, genera mostri che non credo ci possiamo permettere. La vita è già sufficientemente dura di suo, una nuova canzone di Benji, oggi, è forse troppo anche per noi, che sentita quella canzone tutto vorremmo essere fuorché sobri.

Ed Sheeran in Italia, l’8 giugno al Lucca Summer Festival 2024

Ed Sheeran torna in Italia nel 2024. L’8 giugno il cantautore britannico si esibirà al Lucca Summer Festival presso l’Area delle Mura Storiche per l’unica tappa nel Belpaese del suo Mathematics Tour, dove canterà il meglio dei quattro album Plus, Multiply, Equals, Divide e Subtract. Biglietti in vendita dal 20 ottobre alle ore 11 su Ticketone, mentre è previsto un presale da mercoledì 18 grazie a Radio105 previa registrazione sul sito ufficiale dell’emittente. Per combattere il bagarinaggio e il secondary ticketing, sarà consentito l’acquisto di due tagliandi nominativi per account. La disponibilità sarà limitata e, data la probabile forte richiesta, gli organizzatori consigliano di collegarsi in Rete agli orari indicati. Ed Sheeran sarà il secondo artista a unirsi al Lucca Summer Festival 2024, che ha già annunciato Rod Stewart per il 7 luglio con una tappa del suo tour d’addio.

LEGGI ANCHE: Vasco Rossi annuncia nuove date a Milano e Bari nel 2024

Ed Sheeran live al Lucca Summer Festival 2024: settori e prezzi dei biglietti

Come si legge sul sito ufficiale dell’evento, Ed Sheeran si esibirà a partire dalle 21.30 presso l’area concerti delle Mura Storiche. Il prato sarà diviso in due settori distinti A e B, dal costo rispettivamente di 100 euro e 78 euro, prevendita esclusa. Più caro invece il prezzo della gradinata laterale, dove per avere un biglietto occorrerà sborsare 130 euro più prevendita. L’acquisto sarà possibile mercoledì 18 e giovedì 19 ottobre sul sito di Radio105, dove ottenere un codice alfanumerico da utilizzare su Ticketone. Ciascun tagliando sarà nominativo, che si potrà cambiare fino al giorno del concerto. All’ingresso bisognerà esibire anche il proprio documento di identità.

Annunciata l'unica tappa italiana di Ed Sheeran l'8 giugno 2024 al Lucca Summer Festival. Biglietti in vendita su Radio105 e Ticketone.
Ed Sheeran sul palco con Eminem del 2022 (Getty Images).

Tornato su tutte le piattaforme streaming il 29 settembre con Autumn Variation, Ed Sheeran vanta numeri globali da record. Il suo disco Divide è il più venduto di sempre da un artista maschile nel Regno Unito e il singolo Shape of You ha il maggior numero di ascolti nella storia di Spotify. Primo solista britannico a poter rivendicare 52 settimane in testa alle classifiche inglesi, è alle spalle solo dei giganti Elvis Presley e Beatles. In carriera ha venduto 56 milioni di album e 150 milioni di singoli, oltre ad aver vinto 7 Billboard Awards, 7 Brit Awards e 4 Grammy. Vanta collaborazioni con artisti del calibro di Eminem, Elton John, Andrea Bocelli e 50 Cent. I suoi ultimo live in Italia risalgono al 2019, quando si esibì a Firenze, Roma e Milano. I fan potranno ascoltare dal vivo Bad Habits, Shivers, Thinking Out Loud e tante altre, tra cui le nuove hit Eyes Closed e Life Goes On.

Madonna, in scaletta per il Celebration Tour più di 40 canzoni

Madonna si prepara a iniziare il suo atteso Celebration Tour già sold out in tutta Europa. Sabato 14 ottobre, la popstar 65enne sarà alla O2 Arena di Londra per la prima tappa di una serie di concerti che, il 23 e il 25 novembre, la porteranno in Italia al Mediolanum Forum di Assago. In attesa del debutto, la Bbc ha intervistato il direttore musicale Stuart Price, che ha preannunciato uno spettacolo senza precedenti con oltre 40 canzoni in due ore di live. «Sarà un documentario sulla sua carriera», ha spiegato, anticipando la presenza di medley e brani integrali. «Madonna ha aspettative molto alte, ha sfruttato la sua convalescenza in estate per migliorare gli show e concentrarsi al 100 per cento su di essi». Il tour attingerà anche a quattro decenni di filmati d’archivio, registrazioni in studio originali e costumi classici per una vera festa musicale.

Madonna, la scaletta del Celebration Tour e l’assenza di una band

Per la prima volta da quando cantava nei club all’inizio della sua carriera, Madonna si esibirà da sola sul palco. Durante i live del Celebration Tour infatti non ci sarà alcuna band ad accompagnarla dal vivo, dato che lo show attingerà alle registrazioni originali delle canzoni. «Ci sono incisioni che non possono essere ricreate», ha spiegato Price. «Naturalmente, quando si tratta di Madonna, tutto ruoterà intorno a una contestualizzazione delle cose, alla ricerca di un modo per trasmettere messaggi forti». Specificando che i concerti non saranno una semplice «operazione nostalgia», il direttore musicale ha poi anticipato alcuni dettagli sulla scaletta. Ci saranno tutte le pietre miliari della sua carriera come Vogue,  Like a Prayer e Ray of Light, ma anche Live to Hell e Don’t Tell Me, i preferiti dai fan.

«Il vero problema è stato mettere in due ore di concerto oltre 40 canzoni», ha raccontato Price. «Abbiamo deciso di attingere a ogni momento cruciale della sua storia artistica». Stando alle anticipazioni, Madonna canterà integralmente circa 25 canzoni, mentre altre 20 faranno parte di medley oppure fungeranno da collante per spostarsi fra un momento e l’altro dell’esibizione. «Non è stato facile, ma lei è sempre forte e vanta un’interazione con il pubblico unica. Forse cambieremo lo show ogni volta». Non si escludono anche intermezzi acustici, seguendo la scia di quanto fatto da Taylor Swift durante il suo Eras Tour. «Madonna è molto dura con se stessa, è sempre intransigente», ha proseguito Price. «La persona che salirà sul palco ha però un aspetto incredibile e suonerà in modo altrettanto incredibile».

In corso le prove finali in un’arena segreta di Londra

Intanto, come hanno confermato alcuni media britannici tra cui il Sun, Madonna ha iniziato le prove finali del suo live a Londra. La popstar ha infatti affittato un’arena segreta per affinare gli ultimi accorgimenti. «In alcuni casi va avanti anche per 12 ore al giorno», ha detto una fonte anonima al tabloid inglese. «Il palco è il più elaborato che abbia mai avuto, sarà qualcosa di epico». Con lei tutto il team e i ballerini di supporto, che la seguiranno durante le tappe della tournée. Secondo Billboard, considerando anche i concerti negli Stati Uniti e in Oceania, Madonna potrebbe incassare circa 140 milioni di dollari in totale grazie a oltre 800 mila biglietti venduti. Gran parte dei proventi sarà devoluto in beneficenza al Raising Malawi e al Chema Vision Children’s Center.

Il 14 ottobre parte a Londra il Celebration Tour di Madonna, a novembre in Italia. In scaletta più di 40 canzoni, ma non ci sarà una band.
Madonna sul palco degli Mtv Vma 2018 (Getty Images).

EasyGroup fa causa a Easy Life, la band britannica costretta a cambiare nome

Il gruppo pop britannico Easy Life dovrà cambiare nome per colpa di EasyGroup. La società con sede a Londra, madre fra le altre anche della compagnia aerea EasyJet, ha infatti accusato la band di aver sfruttato il marchio per accrescere la sua visibilità e il suo successo. È colpa della quasi totale omonimia con Easylife, brand per la vendita di articoli al dettaglio nel Regno Unito, acquisito dalla società nel 2022. Sebbene il complesso esista dal 2015, ha deciso di non difendersi in tribunale per i costi troppo alti di un processo che potrebbe protrarsi per più anni. «Non abbiamo i fondi», hanno spiegato i musicisti in una nota riportata dal Guardian. «Le nostre carriere e, di conseguenza, le nostre vite sarebbero a serio rischio».

Dagli aerei sui poster ai gadget della band, perché EasyGroup ha fatto causa

EasyGroup ha definito il complesso britannico, nato a Leicester nel 2015, «un ladro di marchi» in quanto avrebbe sfruttato la popolarità del brand per accrescere i guadagni nel Regno Unito. Sotto accusa alcuni gadget della band, troppo simili ai prodotti della compagnia inglese, e persino i poster dei concerti, su cui sarebbe visibile un aereo con la stessa livrea della flotta EasyJet. I musicisti, con il loro linguaggio volgare presente nelle loro canzoni e sulle magliette ufficiali, avrebbero anche danneggiato la reputazione della società. «Deliberatamente hanno ingannato i consumatori, spingendoli a pensare di far parte della famiglia Easy con l’intento di aumentare le vendite», hanno spiegato i legali di EasyGroup. «Il signor Matravers (il frontman, ndr.) ha sfruttato il nostro marchio per le sua attività di marketing».

Nonostante potesse far valere i suoi diritti sul nome, come ha sottolineato il Guardian, la band ha deciso di non difendersi. «Non ci sono buone opzioni a nostra disposizione», hanno spiegato i cantanti. «Il processo potrebbe durare fino al 2025, bloccando ogni nostra pubblicazione fino a tale data. Non potendo rilasciare nuova musica, le nostre vite sarebbero a rischio, pertanto cercheremo un nuovo nome». Il complesso inglese ha inoltre aggiunto che, qualora non dovessero vincere la causa, potrebbero perdere qualsiasi cosa, persino gli strumenti con cui suonare. In programma due ultimi live giovedì 12 nella loro Leicester e venerdì 13 a Londra per poter salutare i fan. «Vi daremo le canzoni che desiderate», hanno scritto gli Easy Life sul sito ufficiale. «In futuro non sappiamo cosa succederà, ma dopo ogni tempesta viene la quiete».

Easy Life, la breve carriera della band pop di Leicester

La band capitanata da Murray Matravers ha debuttato sul mercato musicale due anni dopo la formazione, nel 2017. Il loro primo singolo, Pockets, gli consentì di ottenere il primo contratto discografico con la casa di produzione Island Records. Nell’aprile dell’anno successivo è uscito il mixtape Creature Habits, che gli fece raggiungere le vette delle classifiche britanniche. Nel 2020 è poi arrivato Junk Food, che ha preceduto di un anno il primo album in studio Life’s a Beach, che si issò al secondo posto delle classifiche del Regno Unito. L’ultimo disco, Maybe in Another Life, è invece sbarcato nell’ottobre 2022, accompagnato da un tour.

La band britannica Easy Life dovrà cambiare nome. Per EasyGroup ha sfruttato il marchio per accrescere la popolarità e vendite ai concerti.
Il poster dei concerti con l’aereo troppo simile alla compagnia easyJet (Easy Life, Facebook)

The Dark Side of the Moon Redux, Roger Waters e la decostruzione di un mito

Quale modo migliore di festeggiare il 50esimo anniversario di quello che è universalmente ritenuto uno dei più begli album di tutti i tempi, The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd, che andare a destrutturarlo, proponendone una versione dolente e intima, esattamente il contrario di quanto una celebrazione prevederebbe? È quello che ha fatto Roger Waters, a lungo iconica mente (e basso) del gruppo, che di godersi la terza età e l’indubbio status di mito del rock non vuole proprio saperne. Non solo è appena arrivata sugli ormai rari scaffali di dischi veri la sua nuova fatica The Lockdown Session, ma ha deciso di “demolire” un mito come la sua opera, rivendicandone di fatto la paternità assoluta.

Perché Roger Waters è una delle rare rockstar di questi tempi vili

Ma andiamo quindi con ordine. È vero, The Dark Side of The Moon è un album dei Pink Floyd che risente moltissimo dell’influenza e del talento di Roger Waters. Il fatto che si tratti di un’opera rock, ricordiamolo, nella top 100 Fimi ancora oggi, e che a distanza di 50 anni tenga ancora duro con oltre 50 milioni di copie vendute è un miracolo che nella musica cosiddetta leggera capita una volta ogni morte di papa. E il fatto che questo miracolo porti in tutte le tracce la firma di Roger Waters –  suoi tutti i testi, sue alcune musiche, tre in solitaria le altre tutte frutto di collaborazione con i singoli membri della band – pone il suo nome al centro della scena. Il suo però andare contro gli altri, Gilmour in particolare, è figlio di un discorso antico. Quale band ci sarebbe mai stata senza uno scontro tra due giganti, si pensi ai Beatles, ai Rolling Stones e giù a seguire. E inoltre è parte fondante di una mitologia personale costruita a suon di dichiarazioni polemiche, posizioni anche ostili – si pensi al suo rapporto con Israele – e un non voler fare e non volersi fare sconti. Tutto questo, complici canzoni e album immortali, ha creato una delle rare vere rockstar dei nostri tempi vili.

I brani vengono spogliati per dare centralità alla parola

L’idea di sviscerare lati oscuri del nostro essere e del nostro sentire – semplifico – prendono nella nuova edizione e versione di questo grande classico una forma insolita, minimale (per come possa suonare minimale un massimalista), malinconica. Ma queste a dire il vero erano già caratteristiche dell’opera originale che forse è addirittura impietosa, come è impietoso mettere in evidenza le cicatrici e le rughe che ci si ostina a non voler vedere accecati dall’amore, nello specifico l’amore per la musica ma anche per se stessi. The Dark Side of the Moon Redux è quantomai fedele all’idea di riduzione. Waters, cui tutti i collaboratori avevano sconsigliato di fare i conti in questo modo col suo passato, come se volesse sottolineare la centralità della parola, parola che occupa uno spazio fondamentale da tempo nei suoi live (i suoi discorsi sono parte integrante degli show al pari delle canzoni), ha deciso di denudare i brani, togliendo proprio le sonorità che Gilmour e Mason ci avevano messo. Non per disistima, che siano dei grandi musicisti lo ha sempre dichiarato, ma proprio per spostare l’accento sui testi che lascia immutati, arricchendoli però di piccoli inserti. La sua voce, ricordiamo che Waters ha da poco compiuto 80 anni, fatica a volte a reggere le melodie, seppur ridotte all’osso, ma lascia che la carica emotiva che trapela da ogni sussurro faccia il suo sporco lavoro. Un lavoro quindi rischioso, che Waters ha affrontato in solitaria visto che solo i suoi collaboratori erano a conoscenza del progetto, ma che alla fine ci regala la sua versione del capolavoro con tutte le note a margine, le sottolineature, come si trattasse del vecchio diario su cui quelle canzoni presero vita.

The Dark Side of the Moon Redux, Roger Waters e la decostruzione di un mito
David Gilmour, Roger Waters, Nick Mason e Rick Wright nel 2005 (Getty Images).

L’attualità sinistra di The Dark Side of the Moon dovrebbe farci pensare

The Dark Side of the Moon Redux  si iscrive perfettamente in questa fase della sua carriera, in sintonia coi suoi ultimi tour, ma anche con i suoi ultimi lavori in studio. Un lavoro che si distacca da quanto presentato nel 2006 sul palco, quando ripropose l’intero album dal vivo, rimanendo però più fedele all’originale. E dal vivo i suoi sodali ripropongono suoni vicini a quelli di Gilmour e Mason che questa volta sono assenti giustificati: l’arte, quando è arte davvero, pretende i suoi sacrifici. Vedere come oggi, a 50 anni dall’uscita, i temi di The Dark Side of The Moon, pensati e scritti da Waters quando non aveva ancora 30 anni, suonino sinistramente attuali ci dice qualcosa su di noi che nessun libro di storia ancora ci ha riconsegnato. Vedere come a 80 anni Waters sia ancora lì a filosofeggiare potrebbe risultare un’ottima ancora di salvezza per un futuro più sinistro di quanto una mente fertile come la sua, forse, si sarebbe mai potuto immaginare. Sostituire il suono orchestrale e psichedelico col vuoto, la sottrazione, lasciando a una voce quasi cavernosa il compito di reggere il tutto ci dice invece di come il genio non invecchi, semmai cambi e tenda più che mai all’eternità.

Björk e Rosalía, in arrivo una canzone per salvare il salmone in Islanda

Björk ha annunciato su Instagram il brano Help Fight Fish Farming in Iceland, inciso in collaborazione con Rosalía e in uscita a ottobre, anche se la data ufficiale non è ancora nota. Già disponibile su YouTube una breve anteprima a cappella. Il brano servirà a raccogliere fondi per aiutare gli attivisti che protestano contro gli allevamenti ittici intensivi di salmone in Islanda e per lanciare una campagna in grado forse di cambiare le leggi in materia. «È la cosa giusta da fare?», cantano le due artiste a cappella. «Oh, in realtà non lo so». Il titolo della canzone, come hanno spiegato i rappresentati di Björk a Billboard, è provvisorio, dato che quello definitivo verrà rilasciato soltanto al momento dell’uscita del brano in streaming.

Björk e Rosalía, i dettagli sulla collaborazione per salvare il salmone islandese

«La gente del fiordo di Seyðisfjörður (nell’Islanda orientale, ndr.) ha alzato la voce e preso posizione, protestando contro l’avvio di un allevamento ittico nella zona», ha scritto Björk in un comunicato stampa che accompagna l’anteprima della canzone. «Tutti i proventi dalla vendita del singolo contribuiranno alle loro spese legali, sperando che possano essere d’esempio per molti altri». La cantautrice e attivista di Reykjavik, che più volte si è battuta per questioni filantropiche in tutto il mondo, ha elogiato la natura incontaminata del suo Paese, «la più grande d’Europa», in pericolo per colpa di «imprenditori locali che vogliono portare il loro business nei fiordi senza alcun contrasto della legge». Björk ha posto l’accento sugli effetti devastanti che la piscicoltura rischia di avere sull’ecosistema dell’isola, che mai come ora ha bisogno di ogni aiuto possibile.

Online un'anteprima del nuovo singolo di Björk e Rosalía. Atteso a ottobre, finanzierà la lotta agli allevamenti ittici intensivi in Islanda.
La cantautrice Björk in un live del 2008 (Getty Images).

I pesci di allevamento, come ha riportato anche il Guardian, vivono in precarie condizioni di salute che ne condizionano anche le abitudini. Maturando più in fretta rispetto al normale, possono mettere a rischio la sopravvivenza delle specie selvatiche se vi entrano in contatto. Il 30 settembre, migliaia di esemplari con Dna modificato sono fuggiti dai recinti di Patreksfjordur, di proprietà del gigante Arctic Fish, scatenando un allarme ambientale. «Abbiamo ancora una piccola chance per salvare l’ultimo salmone del selvaggio nord», ha proseguito nel comunicato Björk. «Vorremmo sfidare questi uomini d’affari e chiudere gli allevamenti. Buona parte della nazione è con noi, la volontà del popolo deve diventare legge». Nessun commento da Rosalía, che si è limitata a condividere l’estratto musicale nelle storie Instagram.

LEGGI ANCHE: I Vma incoronano Taylor Swift e colleghe, ma in Italia le artiste non sfondano

Da Fossora a Vampiros, le ultime pubblicazioni delle due cantanti

La nuova collaborazione con Rosalía sarà per Björk il primo singolo del 2023. La 57enne artista islandese infatti non pubblica nulla dal 30 settembre 2022, quando uscì Fossora, suo decimo disco in studio, nominato anche ai Grammy Awards per la sezione “Miglior album alternative”. La 31enne spagnola invece ha vissuto 10 mesi spesso in vetta alle classifiche mondiali grazie a una serie di brani di grande successo. Su tutti l’Ep RR assieme all’ex fidanzato Rauw Alejandro, con cui ha chiuso la relazione nel mese di luglio. Spiccano infatti i singoli Beso e Vampiros, senza dimenticare il brano da solista Llylm (Lie Like You Love Me), entrati nella Top 40 di Billboard.

Online un'anteprima del nuovo singolo di Björk e Rosalía. Atteso a ottobre, finanzierà la lotta agli allevamenti ittici intensivi in Islanda.
Rosalía con Rauw Alejandro al Coachella 2023 (Getty Images).

Meta e Siae estendono l’accordo per la musica sui social

La musica resterà ancora su Facebook e Instagram. L’azienda di Mark Zuckerberg Meta e la Siae, Società italiana degli autori e degli editori, hanno infatti esteso l’accordo provvisorio siglato a maggio 2023 e in scadenza il prossimo 6 ottobre. La nuova deadline è fissata per il 31 gennaio 2024. «Utenti e creator continueranno ad accedere al catalogo Siae mentre portiamo avanti le negoziazioni per un’intesa a lungo termine», ha spiegato un portavoce di Menlo Park. «Abbiamo concordato una nuova estensione per la licenza». Nonostante la pace temporanea, il nodo non è ancora stato del tutto sciolto, anche se la nuova proroga può essere vista come un segnale positivo.

LEGGI ANCHE: Meta a pagamento in Europa? Gli abbonamenti sui social, da X a TikTok

Meta e Siae, le tappe della rottura e l’accordo temporaneo

Il caso era scoppiato a metà marzo 2023, quando la società americana, madre dei social network Instagram, Facebook e WhatsApp, aveva comunicato di non aver raggiunto un accordo con la Siae per il rinnovo della licenza sui diritti d’autore. Parallelamente, Meta aveva silenziato sui suoi social network le canzoni presenti nel repertorio della Società italiana degli autori e degli editori, bloccandone l’utilizzo per post e stories. La Siae, dal canto suo, aveva fatto sapere in una nota di non aver sottoscritto una proposta unilaterale della società di Menlo Park, restia a condividere i dati di riproduzione delle singole tracce musicali. «Un dato per noi fondamentale per capire l’offerta», aveva detto allora il direttore generale Matteo Fedeli. «Loro invece ci hanno messo di fronte a un numero, dicendoci di accettarlo oppure di andarcene».

Rinnovato fino al 31 gennaio 2024 l'accordo provvisorio tra Meta e Siae per la musica su Facebook e Instagram. Era stato siglato a maggio.
Le principali app di Meta, tra cui Facebook e Instagram (Getty Images).

Dopo una brusca interruzione, i negoziati erano poi ripresi nella seconda metà di aprile portando subito alla sottoscrizione di un accordo temporaneo il 15 maggio. «Crediamo sia importante collaborare con l’industria musicale e nel valore della musica italiana», aveva spiegato all’epoca Meta. «Ci auguriamo di poter trattare con SIAE come già facciamo con altri titolari di diritti in Italia». Le trattative proseguiranno, nel frattempo però influencer, creator digitali e tutti gli utenti di Facebook e Instagram potranno continuare a utilizzare i brani degli artisti tutelati da Siae nei loro contenuti. Almeno fino al 31 gennaio.

Perché la pausa di Tananai ci stupisce tanto

Tananai si ferma per qualche tempo, «un pochino» dice lui, e si ferma per fare mente locale su quel che è successo in questi due anni di ascesa e grandi successi e per mettersi a scrivere qualcosa di nuovo,  «che abbia senso di esistere», così da tornare con canzoni degne di questa bella storia. Uno dice: ok, e dove sta la notizia?

Uno stop necessario a capitalizzare quanto costruito finora

È normale che un cantante che nel giro di un paio di anni è passato dall’essere quello strambo e stonato a Sanremo – con una canzone certo orecchiabile, Sesso occasionale, cantata però talmente male da valergli un ultimo posto – a quello che mette d’accordo tutti – con, Tango, sempre a Sanremo, e con all’attivo collaborazioni importanti e un tour clamoroso –  decida di fermarsi per scrivere qualcosa di interessante, così da capitalizzare quanto accaduto fin qui. Se uno non si ferma, in fondo, come è possibile che produca qualcosa di buono? È normale alternare una fase di iperpresenzialismo a una di assenza, così da tornare più forte di prima e magari lasciare anche spazio agli altri.

La legge dello streaming: niente album ma un singolo ogni mese, senza pause

Normale? Mica tanto. Perché la contemporaneità, quella che ci vuole sempre più distratti, con la soglia di attenzione scesa pericolosamente sotto il mezzo minuto e i trending topic che si rincorrono alla velocità della luce, ci dice che tocca esserci sempre, alzare sempre il tiro, produrre e produrre. Del resto, parliamo di musica, Daniel Ek, che da Ceo di Spotify un po’ di voce in capitolo dovrà pur averla, ha parlato chiaro: basta album, tirate fuori un singolo al mese, così da rimanere sempre sulla cresta dell’onda. Un singolo al mese, senza soste, senza pause. La recente storia della discografia lo dimostra. Gli artisti accorrono a Sanremo perché sotto la cura Amadeus il Festival è diventato tutto: Sanremo, ovvio, ma anche Festivalbar, e volendo anche il Tora! Tora! (il festival della musica alternativa per antonomasia, ideato e realizzato da Manuel Agnelli prima di finire a X Factor, quando ancora ci credeva). E magari azzeccano anche il brano giusto. Neanche il tempo di disfare la valigia, però, e devono tirare fuori non più un album, come un tempo, ma un nuovo brano, magari con il feat giusto, e poi un altro ancora. E poi arriva il momento dei tormentoni estivi. Nessuno sembra volersi tirare fuori dalla pubblicazione compulsiva, brani su brani, la presenza costante nei programmi dedicati alla musica che sembrano tutti uguali. A inizio settembre all’Arena di Verona c’è stato un susseguirsi di eventi speciali con la stessa organizzazione, lo stesso cast e in un paio di casi anche gli stessi conduttori, da far sembrare la trama de Il giorno della marmotta una sorta di profezia miratissima. E ancora: comparsate in talk che, a loro volta, finiscono per assomigliarsi tutti. Perché se dici le stesse cose a intervistatori diversi finisci per rendere quel che dici talmente irrilevante da divenire solo “musica da ascensore”. I social, dimenticavo i social. La possibilità di farci sapere tutto quel che si fa, quel che si pensa, dove e con chi si è, senza mai perdersi niente ha reso anche questo mezzo centrale nella comunicazione dei cantanti.

Perché la pausa di Tananai ci stupisce tanto
Tananai al festival di Sanremo del 2022 (Getty Images).

Dall’ultimo posto di Sesso occasionale al botto con Tango: l’ascesa inarrestabile di Alberto Cotta Ramusino

Già, non perdersi niente. Il fatto è che la percezione costante, che spesso tracima in certezza, è che non ci sia poi molto da perdersi. Se si sparano 100 proiettili in poco tempo, a meno che non si sia in un film tipo quelli con Jason Statham dove si spara a raffica incrociando le braccia e tutti i colpi vanno miracolosamente a centro, è facile che si finisca per non colpire proprio nessuno. Di sparare a vuoto, con pallottole perse in un oceano di altre pallottole. Tananai, uno che in quanto a uso dei social si è dimostrato maestro Sensei, dopo la sconfitta a Sanremo 2022 ha dimostrato grandissima autoironia, finendo per diventare il vincitore morale dell’edizione. Anche perché i veri vincitori, Mahmood e Blanco, non è che abbiano suscitato la medesima empatia. Alberto Cotta Ramusino si è poi trasformato nella Next Big Thing, facendo il botto con Tango, riempendo i palasport e godendosi una popolarità crescente, debordante. Poi ci ha detto che si vuole fermare. Certo, nel comunicarcelo se ne sta lì con la faccia da schiaffi, i capelli spettinati, il torso nudo lasciato intuire, ma quel che dice è chiaro, encomiabile anche, sempre che rifuggire tutto ciò che è contemporaneo non risulti troppo da boomer. Però, è incontrovertibile, l’annuncio di un momentaneo stop, fosse anche un pit stop ai box, quindi roba di qualche mese, suona novecentesco. E fa rumore, soprattutto se ad annunciarlo è uno che il Novecento l’ha giusto intravisto, visto che Tananai è nato nel 1995.

Se manterrà la parola, allora potremo dire che il ragazzo si è fatto davvero uomo

La speranza – lo dicemmo anche quando oltre 10 anni fa Ivano Fossati annunciò il ritiro dalle scene – è che sia qualcosa di vero, non una boutade studiata per far parlare. Il fatto che si chiuda un articolo su Tananai – quello che stonava una canzone esile dal titolo Sesso occasionale all’Ariston neanche due anni fa e che quest’anno, dallo stesso palco, ha cantato una canzone d’amore sotto le bombe di Kyiv intonatissimo – citando Fossati, forse, dice già tutto. Daniel Ek se ne farà una ragione, i tanti fan forse meno: se manterrà la parola potremo dire che il ragazzo si è fatto davvero un uomo, e ascoltarlo con ancora maggiore curiosità quando deciderà di tornare.

Bruce Springsteen rinvia i concerti del 2023 per motivi di salute

Bruce Springsteen ha rinviato il tutti i concerti del suo tour mondiale 2023 con la E Street Band a causa di problemi di salute che gli impediscono di salire sul palco. Il 74enne soffre di ulcera peptica, un male che già nel corso delle scorse settimane aveva imposto al Boss di posticipare otto serate del tour. Ora serve uno stop più lungo per le cure: Springsteen salterà le 14 date previste in Canada e le 22 degli Stati Uniti.

LEGGI ANCHE: La lista dei concerti annullati e il ritorno dei complottisti no vax

Bruce Springsteen rinvia i concerti del 2023

«Grazie a tutti i miei amici e fan per gli auguri, l’incoraggiamento e il supporto. Sono in via di guarigione e non vedo l’ora di vedervi tutti l’anno prossimo», ha dichiarato il Boss annunciando ai fan la scelta di rimandare i concerti del suo tour che, tra l’altro, è il primo insieme alla E Street Band dal 2017. Partito a febbraio 2023 da Tampa in Florida, Springsteen ha portato la sua musica in giro per il mondo, passando anche per Gran Bretagna, Italia, Germania, Svezia e Olanda. Ad agosto e settembre altre date negli Stati Uniti, ora lo stop.

Come sta Bruce Springsteen

Nel comunicato ufficiale diffuso anche a mezzo social, lo staff di Bruce Springsteen precisa che il Boss «ha continuato a riprendersi costantemente dall’ulcera peptica nelle ultime settimane e continuerà il trattamento per tutto il resto dell’anno su consiglio del medico. Tenendo presente questo, e per abbondanza di prudenza, tutte le rimanenti date del tour 2023 di Bruce Springsteen e The E Street Band saranno posticipate al 2024». Poi un chiarimento per i fan che avevano già comprato i biglietti per i concerti rinviati: «Chi non può partecipare alla nuova data ha acquistato i biglietti tramite le compagnie di biglietteria ufficiali ha 30 giorni per richiedere il rimborso. Tutti i biglietti per le esibizioni posticipate rimarranno validi per le date appena annunciate».

Kanye West, in arrivo un nuovo album con Dr. Dre

Kanye West torna a far parlare di sé per la musica. Dopo le recenti polemiche a Venezia e Firenze per le uscite in pubblico con la fidanzata Bianca Censori, il rapper noto anche come Ye sarebbe al lavoro su un nuovo album di inediti proprio durante la sua permanenza in Italia. Lo ha confermato Tmz, secondo cui l’artista in appena una settimana avrebbe persino completato almeno una decina di tracce. In studio con lui, secondo alcune fonti anonime, ci sarebbe anche il collaboratore di lunga data Ty Dolla Sign, probabilmente protagonista di uno o più duetti. Certa è invece la partecipazione di Dr. Dre. L’album si chiamerà Jesus Is King II e sarà il sequel del disco pubblicato nel 2019. Sarà inoltre il primo dopo le accuse di antisemitismo del 2022. Su YouTube, grazie a una fuga di notizie non autorizzata, sono approdati anche alcuni brani, versioni remixate di quelli di quattro anni fa.

LEGGI ANCHE: Kanye West, le accuse di antisemitismo in un documentario della Bbc

Kanye West nel nuovo album è pronto a tornare al sound originale

A dispetto dei leak approdati in Rete, il nuovo album di Kanye West resta ancora avvolto nel mistero. Tmz però ha potuto fornire alcune anticipazioni interessanti, tra cui soprattutto lo stile delle tracce. Secondo le prime indiscrezioni, Ye sarebbe intenzionato a tornare «al vecchio Kanye», sia per quanto riguarda i temi sia in merito al ritmo. Già nel 2019, poco dopo l’uscita di Jesus is King, il rapper aveva preannunciato l’uscita di un secondo volume, pubblicando su X, allora Twitter, una foto assieme al produttore Dr. Dre. «Chi pensava che bastasse fare un album dedicato a Dio per far sì che lavorassi con Dr. Dre?», aveva scritto Kanye West. «Dedicate il vostro tempo a Dio e lui penserà a tutto il resto». Al momento non c’è ancora una data ufficiale per il rilascio del progetto, dato che Ye «si starebbe prendendo tempo per rispecchiare la qualità che la sua reputazione aveva un tempo».

In Italia con la compagna Bianca Censori, Kanye West sta lavorando a un nuovo album. In Rete già alcuni leak con Dr Dre, Eminem e Snoop Dogg.
Kanye West in un evento pubblico del 2022 (Getty Images).

Intanto i fan hanno potuto già ascoltare alcuni brani su YouTube, anche se difficilmente si tratterà delle versioni definitive. Su YouTube e Reddit infatti sono arrivati nuovi remix di Use This Gospel con Eminem, Close on Sunday con Anderson .Paak e Hands on con la voce di Travis Scott, che aveva ospitato il rapper durante il suo concerto Utopia al Circo Massimo di Roma. Fra le 15 tracce approdate illegalmente online anche nuovi versi di Snoop Dogg e altre voci celebri dell’hip hop americano come 2 Chainz, Pusha T, Asap Ferg e Marsha Ambrosius, oltre a una collaborazione con DJ Khaled. Al momento, l’ultima pubblicazione ufficiale di Kanye West è l’album Donda del 2021. L’anno successivo, ma solo sulla sua personale piattaforma Stem Player, uscì un secondo volume.

È morto Nashawn Breedlove, rapper che sfidò Eminem in 8 Mile

Il rapper Nashawn Breedlove, noto per aver preso parte al film 8 Mile di Eminem, è morto nel sonno all’età di 46 anni. Lo ha reso noto la madre Patricia con un lungo posto sui social network, riportato anche da Tmz, secondo cui non sono ancora chiare le cause del decesso. L’artista, che ha calcato per anni la scena hip hop americana con il nome d’arte Ox, è stato trovato senza vita nel letto della sua casa nel New Jersey. «Non riesco a esprimere con parole il dolore che sto provando ora», ha scritto la madre. «Non solo era mio figlio, ma anche un uomo straordinario che ha ispirato chiunque lo abbia conosciuto». Tanti gli omaggi sul web, tra cui quello dell’ex fidanzata Latisha Harper: «Eri così umile e modesto, un vero talento». Commosso il collega Mickey Factz, che lo ha ricordato come «uno dei pochi a battere Eminem».

Nashawn Breedlove, chi era il rapper noto per aver recitato con Eminem

In 8 Mile, film uscito nel 2002 e liberamente ispirato alla vita di Eminem, Nashawn Breedlove ha dato il suo volto al giovane Lotto, rapper freestyle di Detroit che conosce bene la cultura hip hop. Nel corso della storia incontra Jimmy o B-Rabbit, nome del personaggio di Marshall Mathers, un giovane bianco che cerca di farsi strada in una scena musicale apparentemente molto lontana da lui. Dopo diversi scontri verbali, che danno vita a veri e propri dissing sul palco, verso la fine del lungometraggio i due artisti rivali danno vita a una rap battle che ha appassionato i fan. Vincitore è naturalmente il personaggio di Eminem, ma Breedlove non passa comunque inosservato.

Nel film interpretò Lotto, rapper che sfida Eminem sul palco di Detroit. Nashawn Breedlove è morto nel sonno all'età di 46 anni.
Nashawn Breedlove in uno scatto sui social (Facebook).

«Ci mancherai per la tua tenacia e aggressività», ha scritto Factz su Instagram, pubblicando proprio la nota scena del film 8 Mile. Eminem, che non ha ancora pubblicato nulla sui suoi profili social in merito alla morte di Nashawn Breedlove, ha più volte ricordato l’importante di quel momento nel film. «È stata la cosa più bella che mi sia mai capitata», aveva raccontato a giugno al New York Times. «Sapevo bene quali battute avrebbero suscitato una reazione nel pubblico». Breedlove, oltre all’apparizione nel cult sull’hip hop, ha anche collaborato nella colonna sonora di The Wash con altri rapper del calibro di Dr. Dre, Snoop Dogg e lo stesso Eminem. Con il nome d’arte di Ox, ha infatti inciso la canzone Don’t Talk Shit.

LEGGI ANCHE: Eminem vieta al Repubblicano Ramaswamy di usare la sua Lose Yourself

Powered by WordPress and MasterTemplate