Rottura nei Verdi: così da accusatrice di Bonelli Eleonora Evi è diventata l’accusata

Del caso di Eleonora Evi, che se n’è andata dal partito dei Verdi sbattendo la porta, colpiscono due cose: l’accusa di gestione personale e patriarcale rivolta al co-leader Angelo Bonelli: «Non ci sto a fare la marionetta del pinkwashing» con tanto di immagine postata sui social di un Pinocchio che taglia i fili del suo burattinaio (Geppetto? Mangiafuoco, la saccentissima Fata Turchina?). Il fatto che le critiche più feroci le siano arrivate proprio dalle a questo punto ex compagne di partito. Siamo di fronte al caso di una donna che accusa un uomo che viene puntutamente difeso da altre donne. Nessuna solidarietà femminile, anzi. «Ha goduto di due seggi blindati… Colpiscono l’asprezza e l’ostilità ingiustificata delle sue dichiarazioni, finanche la falsità: come si fa a dire che sarebbe stata penalizzata per la sua gravidanza? Questo è diffamatorio».

Le ragioni politiche di un dissidio spesso restano in secondo piano

Insomma, siamo in presenza di due analisi contrapposte ed è oggettivamente difficile scegliere quale sia la più aderente al vero. Spesso rivendicazioni fatte in nome di una giusta causa coprono antipatie e rancori che portano a un ineluttabile deterioramento dei rapporti personali. Cui specularmente obbediscono anche quelle di chi si sente ingiustamente accusato. In alcuni casi, e questo potrebbe essere tra quelli, i confini tra buoni e cattivi tendono a confondersi. Così che magari le vere ragioni di un dissidio, quelle politiche, passano in secondo piano. Nel caso in questione Evi era per rompere il sodalizio con la Sinistra italiana di Nicola Fratoianni in vista delle prossime Europee, gli altri suoi colleghi la pensavano diversamente.

Rottura nei Verdi: così da accusatrice di Bonelli Eleonora Evi è diventata l'accusata
Nicola Fratoianni, Eleonora Evi e Angelo Bonelli (Imagoeconomica).

Almeno questa volta è stata evitata la solita scissione a Sinistra

L’altra considerazione inerisce alla vocazione frazionista che si rivela ancora una volta malattia endemica della Sinistra, che in verità ultimamente – magra consolazione – ha contagiato anche il centro con le tragicomiche liti che hanno ucciso in culla il Terzo polo. Stavolta un’ulteriore scissione dell’atomo pare evitata, visto che la protesta di Evi non ha fatto proseliti e lei andrà a ingrossare la schiera degli indipendenti seduti nei banchi di Montecitorio. Caso chiuso, per ora. E per i Verdi è un bene visto che devono ancora smaltire le scorie della vicenda Soumahoro. Restano, come pietre, le parole. «Deludente constatare che questo valore (la biodiversità) non si riesca ad applicarlo all’interno del partito stesso» dice l’ex pentastellata passata sotto le bandiere della causa ecologista. «Evi, verdina ingrata», ribattono le colleghe, rispolverando un’accusa, quella di ingratitudine, che è la stessa usata dai giornali di destra quando Veronica Lario, stanca di stare col drago che si abbeverava del sangue di giovani vergini, si separò da Silvio Berlusconi.

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