Perché nessuno parla del caso Khaled El Qaisi

Ci vuole fortuna anche nelle sventura, anzi soprattutto nelle sventure. Così accade che uno sventurato ora finalmente salvo, Patrick Zaki, debba usare la sua luce per illuminare il buio che ha intorno un altro studente misto come lui. Khaled El Qaisi, arrestato il 31 agosto da agenti di polizia israeliani al valico di Allenby mentre, al termine di una vacanza a Betlemme con la famiglia, si apprestava a rientrare a Roma passando per la Giordania. La moglie Francesca Antinucci e la madre Lucia Marchetti continuano a sapere poco, quasi niente. Il figlio di Khaled di quattro anni lo aspetta nella loro casa a Centocelle, Roma.

La denuncia di Amnesty International

Lo studente di lingue alla Sapienza di Roma, cofondatore del Centro di Documentazione Palestinese dell’Ateneo, ha già subito ben quattro udienze nelle quali non è stato formulato nessun capo di accusa. L’ultima, il 21 settembre, ha prorogato la custodia cautelare fino al primo ottobre, giorno nel quale si deciderà se far iniziare il vero e proprio processo penale e, in quel caso, dovrebbero essere formulate delle accuse. Il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, fa notare come un eventuale rinvio a processo sarebbe comunque viziato dagli interrogatori a cui El Qaisi è stato sottoposto, viziati a monte dal fatto di non essere stati resi in presenza di un difensore. Secondo il legale, «le autorità israeliane non hanno elementi per processarlo» e per questo «tentano di rinvenirli attraverso questi interrogatori: nell’ordinamento italiano sarebbero affetti da nullità assoluta» vista l’assenza del legale. Amnesty International sottolinea come «la sospensione del diritto alla difesa e il diniego di giusto processo» siano «inaccettabili e costituiscono gravi violazioni dei diritti umani». Inoltre, dichiara Amnesty, le condizioni di detenzione a cui Khaled El Qaisi è sottoposto, tra cui privazione del sonno, minacce, offese verbali e imposizione prolungata di posizioni di stress, «sono potenzialmente riconducibili a un crimine di diritto internazionale».

Khaled, un italiano meno italiano di altri

Khaled El Qaisi è un cittadino italiano ma la cacofonia del cognome è il colore troppo scuro della sua pelle lo inseriscono di diritto tra gli italiani meno italiani degli altri. Sono quelli che “vengono dopo” secondo un diffuso pensiero che giudica l’appartenenza a un “razza” in base ai connotati convenzionali che ci si potrebbe aspettare. Così la storia di Khaled El Qaisi rimane sotto traccia, roba da attivisti dei diritti umani, esattamente come fu in principio quella di Zaki. C’è da scommettere anche che attiverà presto le stesse antipatie. Anche per questo a Roma il Comitato #FreeKhaled ha organizzato una mobilitazione per informare l’opinione pubblica e scuotere i media, come la Rai e altre emittenti televisive, che, scrive il Comitato, si mostrano indifferenti verso la sorte di un cittadino italiano detenuto da un mese in Israele senza alcuna accusa.

Dal governo nessuna richiesta di scarcerazione né di rendere pubblici i motivi dell’arresto

Per difendere Khaled bisognerebbe anche avere lo stomaco di ammettere che la detenzione amministrativa consentirebbe a Tel Aviv di mantenerlo in questo status per periodi rinnovabili di sei mesi in sei mesi senza incriminarlo formalmente. La misura di sicurezza è concepita per consentire alle autorità di trattenere i sospetti mentre continuano a raccogliere prove, con l’obiettivo di prevenire attacchi o violazioni della sicurezza, ma per le organizzazioni per i diritti umani è solo un modo per consentire arresti arbitrari e senza prove. Per Amnesty sono oltre 5 mila i palestinesi detenuti in Israele (165 dei quali di età compresa tra 12 e 17 anni), tra i quali almeno 1.260 sono in carcere senza accusa né processo. La politica? Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, fa sapere che il ricercatore «è seguito e assistito dalla nostra rappresentanza in Israele». Ma finora dal governo non sono arrivate chiare richieste di scarcerazione né di rendere almeno pubblici i motivi dell’arresto. Il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, dimostrando di averci capito ben poco, ha sibillinamente detto che «Israele ha il diritto di difendersi dal terrorismo». Khaled El Qaisi è palestinese in Israele e troppo poco italiano per l’Italia. Ci vuole fortuna anche nelle sventura, anzi soprattutto nelle sventure.

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