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Michela Murgia in politica: nel 2014 candidata a presidente della Sardegna
Non solo giornalista e scrittrice. Michele Murgia, scomparsa il 10 agosto all’età di 51 anni a causa di un carcinoma renale al quarto stadio, ha un breve passato anche in politica. La sua attività pubblica è partita da Azione Cattolica. Poi sono stati i movimenti indipendentisti sardi a candidarla a presidente della Sardegna, nel 2014. In quell’occasione si è fermata a poco più del 10 per cento dei consensi alle elezioni regionali. Poi c’ha riprovato alle Europee, sfiorando il 2 per cento da candidata in una lista formata da Si, Rifondazione comunista e l’Altra Europa.
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Murgia nel 2014: «Non tutti i politici sono uguali e ladri»
Nel 2014 è stata candidata dalla coalizione Sardegna possibile, da una lista civica, una di amministratori e dal partito indipendentista ProgReS-Progettu Republìca. Murgia si è presentata ai nastri di partenza della campagna elettorale come outsider. La scrittrice dichiarava: «Non è vero che tutti i politici sono uguali e che tutti sono ladri, noi siamo diversi e vogliamo dare ai sardi le risposte che chiedono e restituirgli la fiducia che hanno perso in questi anni». Puntava a superare il 25 per cento delle preferenze tentando di convincere gli indecisi. Si è fermata, invece, poco oltre il 10 per cento, soprattutto a causa del forte astensionismo di quella tornata elettorale. A vincere è stato il candidato di centrosinistra Francesco Pagliaru.
Murgia: «Più tempo a fare politica che a scrivere»
Poco prima del voto, era stata la stessa Michela Murgia a spiegare la sua discesa in campo verso la presidenza della Sardegna. In occasione di un forum con l’Ansa ha spiegato: «Ho passato molto più tempo a fare politica nel senso civico del termine che a scrivere. In realtà credo che scrivere romanzi sia stato un incidente. Smettere di scrivere per candidarmi era naturale, la mia scrittura è stata più politica». Anche recentemente Murgia si è avvicinata alla politica. Lo ha fatto attaccando la premier Giorgia Meloni dopo che quest’ultima aveva espresso il desiderio di essere chiamata «il presidente del Consiglio», al maschile. Una scelta che la scrittrice ha fortemente criticato.