Lavoratori immigrati in Russia, le possibili ripercussioni del crollo del rublo

Tagiki, uzbeki, kirghisi. E non solo. Dalla dissoluzione dell’Urss, la Russia ha calamitato un enorme numero di lavoratori provenienti dalle ex repubbliche socialiste sovietiche. Secondo le stime ufficiali i lavoratori immigrati sono a poco più di tre milioni, ovvero circa il 4-5 per cento dell’intera forza lavoro della Federazione Russa. Risorse preziose, che negli ultimi tre decenni di fatto hanno sostenuto l’economia del Paese. Ma il crollo del rublo ha appannato l’immagine della Grande Madre, soprattutto per chi arriva dall’Asia centrale.

Sempre più immigrati dall’Asia centrale stanno valutando la possibilità di lasciare la Russia

Sono centinaia di migliaia le persone che potrebbero (prima o poi) lasciare la Russia, dopo aver visto il valore del loro stipendio crollare. Questo si ripercuote ovviamente sulle rimesse inviate alle famiglie rimaste in Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan. Solo per fare qualche esempio, un anno fa un rublo russo valeva 183 sum uzbeki, valore oggi sceso a 126. «Il calo del valore del rublo influisce sull’attrattiva del mercato del lavoro russo», ha detto al Moscow Times Bakhrom Islamov, capo dell’Associazione della diaspora uzbeka. In un sondaggio condotto ad agosto su oltre 20 mila lavoratori uzbeki, la metà degli intervistati ha affermato che stavano valutando la possibilità di lasciare la Russia dopo che il il rublo era sceso a 100 rispetto al dollaro statunitense.

Lavoratori migranti in Russia dall'Asia centrale, le possibili ripercussioni del crollo del rublo: il Paese è già in carenza di manodopera.
Lavoratori agricoli nella regione di Krasnodar (Getty Images).

La Federazione Russa sta affrontando una grave carenza di manodopera

Oltre il 90 per cento di chi si è trasferito nella Federazione per lavorare proviene dall’ex Urss. Dai corrieri ai tassisti, fino agli operai edili e ai raccoglitori di frutta, i lavoratori dell’Asia centrale – poco costosi e numerosi – sono la linfa vitale di molti settori dell’economia. E un loro esodo si farebbe sentire bruscamente in tutto il Paese, amplificando la carenza di manodopera, qualificata e non, cominciata quando la Russia ha attaccato l’Ucraina: se da una parte sono venuti a mancare centinaia di migliaia di lavoratori richiamati al fronte, altrettanti sono passati all’industria bellica. E questo ha reso gli altri settori ancor più “affamati” di lavoratori stranieri. Un recente sondaggio, condotto dal Gaidar Institute, ha rilevato che il 42 per cento delle aziende sta affrontando una carenza record di manodopera. Il settore edile russo avrebbe un deficit dichiarato di 200 mila lavoratori. Tutto questo mentre il tasso di disoccupazione ufficiale è al minimo storico: 3 per cento. In generale, la Russia sta inoltre affrontando una forte crisi demografica. Secondo la Scuola superiore di economia di Mosca, il Paese ha bisogno di attirare tra 400 mila e 1,1 milioni di migranti ogni anno solo per mantenere stabile il numero della popolazione in età lavorativa nel lungo termine.

Il deflusso è già in corso, ma per vari motivi è difficile stabilirne l’entità

Secondo gli esperti il deflusso di lavoratori migranti è già in corso, ma definirne l’entità è estremamente complicato. Gli unici dati regolarmente pubblicati sulla migrazione riguardano ingressi e uscite rilevati dal servizio di frontiera, senza alcuna distinzione tra attraversamenti ripetuti, transfrontalieri, persone che tornano a casa per viaggi brevi, lavoratori stagionali, coloro che lasciano il Paese con visti, e così via. Come detto, le stime ufficiali parlando di tre milioni di lavoratori stranieri. Ma il numero reale è probabilmente molto più alto, data la portata dell’immigrazione clandestina, ampiamente diffusa al pari del lavoro nero nei settori a basso salario, unita al fatto che centinaia migliaia di persone originariamente arrivate in Russia dall’estero hanno poi acquisito la cittadinanza o la residenza permanente negli ultimi anni.

Lavoratori migranti in Russia dall'Asia centrale, le possibili ripercussioni del crollo del rublo: il Paese è già in carenza di manodopera.
Mosca, manifesto con l’immagine di Putin (Getty Images).

L’esodo di massa è da escludere: la Russia per molti rimane una speranza

Per il momento è da escludere un esodo di massa, ha spiegato a Moscow Times il ricercatore Denis Berdakov, esperto di questioni migratorie. D’altra parte, nella maggior parte dei Paesi dell’Asia centrale il mercato del lavoro è tutt’altro che fiorente: non avrebbe senso per molti tornare in patria. Solo in Uzbekistan, ogni anno 400 mila giovani entrano nel mercato del lavoro, ma l’economia nazionale non è in grado di fornire un impiego a tutti. Più che per motivi economici in tanti potrebbero lasciare perché, dopo aver ottenuto la doppia cittadinanza, rischiano ora di essere arruolati e di finire al fronte in Ucraina. Ma verrebbero comunque sostituiti da nuovi migranti.

A dire addio alla Russia saranno soprattutto i lavoratori più qualificati

Più che un calo generale dell’immigrazione, spiega Islamov, il futuro potrebbe riservare un cambiamento nel tipo di lavoratori che si trasferiranno in Russia: i lavoratori più qualificati, dagli ingegneri agli operai edili con maggiore esperienza, potrebbero infatti cercare opportunità altrove: in Kazakistan, ad esempio, ma anche nell’Europa dell’Est o in Estremo Oriente. Secondo Berdakov una quota tra il 5 e il 7 per cento dei lavoratori migranti qualificati potrebbe aver già lasciato la Russia a causa dell’indebolimento del rublo. Intanto, con l’economia russa già alle prese con una carenza record di manodopera, alcuni esponenti del governo di Mosca si sono già “attivati”. In un recente forum politico, il ministro dell’Economia Maxim Reshetnikov ha affermato che il Paese deve diventare molto più accogliente nei confronti degli immigrati: «L’Asia centrale è proprio accanto a noi, una regione in crescita con molti lavoratori». Basterà?

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