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Lucca Comics & Games, il programma completo con oltre 500 ospiti

Il Lucca Comics & Games compie 30 anni e per festeggiare ha ufficializzato un’edizione ricca di ospiti italiani e internazionali. In programma dall’1 al 5 novembre nella cittadina toscana, dove si attendono ben 300 mila visitatori nei 45 mila metri quadri di area espositiva, radunerà gli amanti del fantastico e del fumetto di ogni angolo d’Italia e non solo. Come da tradizione, spazio per i manga e gli anime giapponesi, ma anche per film e serie tivù internazionali, senza dimenticare l’universo gaming. Spicca Joe Manganiello, star di Hollywood e ambasciatore ufficiale della manifestazione. In totale, il Lucca Comics & Games ospiterà 500 artisti, di cui 120 dall’estero per un totale di oltre mille panel ed eventi. «Siamo un’anomalia italiana», ha spiegato il direttore del festival Emanuele Vietina all’Hollywood Reporter Roma. «Uniamo tante realtà diverse della cultura pop».

Lucca Comics & Games 2023, il programma ufficiale e gli ospiti italiani

Per quanto riguarda gli autori e gli artisti italiani, ci sarà l’imbarazzo della scelta. A Lucca infatti ci saranno le migliori penne e matite del nostro Paese, da Zerocalcare a Milo Manara, passando per Gipi e i PeraToons. Ci sarà anche Lillo Petrolo del duo Lillo&Greg, ambasciatore ufficiale della manifestazione con Manganiello. Presenterà il suo nuovo film Elf Me, su Amazon Prime Video dal 24 novembre. Non mancherà poi Fabio de Luigi, che porterà al Lucca Comics & Games il suo nuovo show Amazing, che approderà in streaming dal 3 novembre. Grande attesa per Maccio Capatonda, protagonista di un panel dedicato al suo progetto che racconta un uomo abituato al digitale che si ritrova improvvisamente catapultato nell’analogico. Spazio anche per gli attori Giancarlo Giannini e Franco Nero, per cui è in programma una festa in onore dei suoi 60 anni di carriera.

Dal fantasy al fumetto, passando per manga, serie tv e cinema. Dall'1 al 5 novembre arriva la 30esima edizione del Lucca Comics & Games.
Al Lucca Comics & Games ci sarà anche Maccio Capatonda (Getty Images).

Fra gli ospiti italiani ci saranno anche Leo Ortolani, Sio e il gruppo Gigaciao, ma anche Silvia Ziche, Igort, Barbara Beraldi e Fumettibrutti. I fan della Sergio Bonelli Editore potranno assaporare in anteprima tutte le novità editoriali e multimediali, grazie al ritorno del Keynote Bonelli. Nuovamente al Lucca Comics anche Max Pezzali, che presenterà assieme a Roberto Recchioni un comic book a lui dedicato. Albo in tiratura limitata, illustrato e sceneggiato dallo stesso Recchioni e prodotto dal festival toscano, racconterà la carriera dell’ex frontman degli 883. Immancabile anche l’appuntamento con Cristina D’Avena, che la sera del 4 novembre terrà un concerto assieme a una rock band. In una scenografia realizzata ad hoc dal maestro Paolo Barbieri, intonerà le sue canzoni più celebri dei cartoni e degli anime. Ci saranno anche gli Oliver Onions, duo che ha realizzato oltre 200 colonne sonore per il cinema.

Da Frank Miller a Christelle Dabos, il cast internazionale e le mostre

Non meno ricco anche il parterre di artisti internazionali. In arrivo dal Giappone grandi firme del manga, da Naoki Urasawa e Hiro Mashima, passando per Mingwa e Masaaki Ninomiya, l’autore di Gannibal. Grande attesa anche per l’arrivo dagli States di Frank Miller, autore di Sin City, 300 e, per Marvel e DC Comics, di alcune tavole di Daredevil e Batman. Al Lucca Comics & Games anche James Dashner, scrittore della saga fantasy distopica Maze Runner, che presenterà il nuovo capitolo letterario. Sempre da oltreoceano poi sbarcherà Amélie Fléchais, nata a Le Mans ma regolarmente negli Usa, dove ha lavorato per Dreamworks come concept artist nella saga di animazione Trolls. Fra gli ospiti più attesi anche Christelle Dabos, maestra del fantasy francese e autrice della serie in quattro volumi Attraversaspecchi.

Dal fantasy al fumetto, passando per manga, serie tv e cinema. Dall'1 al 5 novembre arriva la 30esima edizione del Lucca Comics & Games.
Il fumettista Frank Miller sarà ospite a Lucca (Getty Images).

Il Lucca Comics & Games dedicherà poi anche spazio a diverse mostre. Spiccano i festeggiamenti per i 60 anni di X-Men/Avengers, alla presenza dei disegnatori Douglas Wolk, Mara Famularo, Simone Bianchi e CB Cebulski, che ne ripercorreranno la storia. Prevista anche un’esposizione dedicata a J.R.R. Tolkien, autore de Il Signore degli Anelli, per i 50 anni dalla morte. Other Minds and Hands ne analizzerà arte e scrittura assieme ai disegni originali della Terra di Mezzo di Angus McBride. Ci saranno poi omaggi a Lady Oscar e al classico Fantaghirò, oltre ad anticipazioni del nuovo capitolo cinematografico Hunger Games.

Cinemaddosso, la nuova app sui film e i suoi abiti

In arrivo dal 30 settembre 2023 su tutti gli app store Metamuseo Cinemaddosso, la nuova app che con oltre 100 abiti, approfondimenti, curiosità, interviste, filmati e foto storiche (attraverso un percorso 3D) farà conoscere ai navigatori della rete il talento dei costumisti e degli artigiani italiani che hanno contribuito a creare la fama del Made in Italy nel mondo. L’app, che verrà presentata in tale data a Cinecittà in occasione del congresso dell’Associazione italiana scenografi, costumisti e arredatori, fa parte di un ampio progetto realizzato con il contributo del MIC e dei progetti speciali per il Cinema e l’Audiovisivo.

È stata sviluppata dalla Hypex

Cinemaaddosso è stata prodotta da Annamode costumes che, grazie alla sua raccolta di costumi originali creati per il cinema, ha dato vita a un archivio storico di interesse internazionale. È stata curata da Elisabetta Bruscolini, disegnata dall’art director Maria Teresa Pizzetti e sviluppata dalla creative software house Hypex di Riccardo Boccuzzi. Il nuovo spazio virtuale in 3D ha fatto seguito alla grande mostra che si è tenuta al Museo del Cinema di Torino nel 2020 e poi in Val d’Orcia, nel Comune di Pienza.

Un viaggio all’interno della storia del costume cinematografico italiano

Con l’app Cinemaddosso si potrà navigare attraverso percorsi tematici che presenteranno la storia del costume cinematografico italiano. Per conservare la fedeltà dei costumi in ogni minimo dettaglio è stato utilizzato il brevetto Hypex Interactive che ha permesso di interagire con abiti reali, cioè filmati dal vivo. Inoltre, l’ampia selezione di vestiti ripresi a 360 gradi in alta qualità e in seguito digitalizzati consentirà all’utente di soffermarsi tra i diversi spazi espositivi elaborati e distinti in modo non cronologico ma immaginifico, e anche sui singoli costumi per goderne la fattura e conoscerne la storia. Il viaggio all’interno del metamuseo sarà accompagnato anche da descrizioni e contestualizzazioni storiche ed artistiche, in cui molte delle creazioni sono nate attraverso aneddoti e racconti di chi le ha prodotte, create o indossate. Gli abiti sfileranno in sette sezioni della mostra virtuale grazie allo Studio Convertino che ha realizzato i video, mentre la musica di Massimiliano Faraci guiderà lo spettatore a immaginare gli ambienti e a entrare nella narrazione.

Il Teatro Manzoni presenta la nuova stagione 2023/2024: chi salirà sul palco

Una programmazione di qualità attenta all’intrattenimento familiare e alle diverse esigenze del pubblico quella che si appresta a partire al Teatro Manzoni che aprirà la stagione con lo spettacolo ripreso dal dramma giudiziario di Agatha Christie, Testimone d’accusa, dal 17 al 29 ottobre. A questo seguirà un’altra opera della scrittrice noir, Trappola per topi, in scena dal 7 al 19 novembre. Ma il calendario teatrale sarà ricco di offerte: dal 21 novembre al 3 dicembre Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia saranno in scena con La strana coppia di Neil Simon. mentre dal 16 al 28 gennaio Paolo Ruffini e Massimo Ghini interpreteranno Quasi amici. Dal 13 al 25 febbraio sul palco saliranno Angela Finocchiaro e Bruno Stori con Il calamaro gigante.

E' stata presentata la stagione 2023-2024 dello storico teatro Manzoni di Milano. Un cartellone ricco di offerte culturali, dalla prosa al cabaret.
Vanessa Gravina in scena con Testimone d’accusa (teatromanzoni.it).

Sul palcoscenico anche la prima commedia teatrale di Genovese

Dal 12 al 24 marzo sul palcoscenico del Manzoni sarà in scena una brillante commedia sull’amicizia, sull’amore e sul tradimento, vale a dire Perfetti sconosciuti, la prima opera teatrale firmata da Paolo Genovese. In scena dal 2 al 14 aprile ci sarà poi Fiori d’acciaio di Robert Harling, che vedrà sul palco sei donne tra cui Martina Colombari e Tosca D’Aquino. La stagione di prosa si chiuderà con due spettacoli: Pigiama per sei, dal 16 al 28 aprile, con Antonio Cornacchione, Laura Perino, Max Pisu e Laura Curino, e Il mercante di Venezia, dal 7 al 19 maggio, con Franco Branciaroli. Fuori abbonamento invece torneranno Amanti di Ivan Cotroneo, sul palco dal 6 all’11 febbraio, e Non è vero ma ci credo di Peppino de Filippo con la regia di Leo Muscato, dal 3 al 5 maggio.

E' stata presentata la stagione 2023-2024 dello storico teatro Manzoni di Milano. Un cartellone ricco di offerte culturali, dalla prosa al cabaret.
Tullio Solenghi e Massimo Lopez (teatromanzoni.it).

Nel cartellone 11 serate dedicate alla risata

La stagione 2023-2024 del teatro Manzoni dedicherà molto spazio anche al cabaret, con 11 spettacoli nel cartellone. Si parte da Tu che scusa hai? il 30 ottobre con Tiberio Cosmin che salirà sul palco in tre periodi diversi: dal 31 ottobre al 5 novembre, dal 7 al 10 dicembre e dal 7 al 10 marzo 2024. Tra i ritorni più attesi c’è quello di Angelo Pintus con Una brutta persona. Il 4 dicembre, invece, sarà la volta di Paolo Ruffini che dirigerà Casa Abis con Stella e Gabriele Abis. Il 12 e 13 dicembre Antonio Ornano porterà in scena il Maschio caucasico imperfetto e dal 19 dicembre 2023 al 1 gennaio 2024, torneranno gli amatissimi Massimo Lopez e Tullio Solenghi con Dove eravamo rimasti. Il 2024 si aprirà invece con la comicità di Marta e Gianluca che presenteranno Io e Gianlu il 10 gennaio, mentre l’11 gennaio 2024 i PanPers saranno in scena con Bodyscemi. A questo quale seguirà, il 12 gennaio, lo spettacolo di Paolo Cevoli Andavo a 100 all’ora. Tre gli one man show previsti: dal 29 febbraio al 1 marzo Francesco Cicchella con Bis!, il 4 marzo Francesca Reggiani con Spettacolare2024 (voce del verbo) e il 18 marzo Lorenzo Balducci presenterà E.G.O. L’arte della felicità.

Sul palco spettacoli extra, dalla danza alla magia passando per gli approfondimenti culturali

Saranno 18 gli appuntamenti dedicati alle conferenze, agli spettacoli di magia e di danza:

  • 9 ottobre: Marco Goldin in Gli ultimi giorni di Van GoghIl diario ritrovato.
  • 5-6 dicembre: Diego dalla Palma con la Bellezzaimperfetta.
  • 11 dicembre: Andrea Delogu con 40 e stoManuale di sopravvivenza alla maleducazione sentimentale
  • 16 e 17 dicembre: Lina Sastri porterà al Manzoni il suo omaggio a Edoardo de Filippo con Edoardo mio – Maestro di vita e di palcoscenico.
  • Dal 3 al 7 gennaio 2024: Raul Cremona tornerà con il suo Festival della Magia
  • Dall’1 al 4 febbraio: Chiara Francini sarà in scena con Forte e Chiara
  • 29 gennaio: Paolo Crepet con Prendetevi la luna
  • 5 febbraio: Gioele Dix renderà omaggio a Giorgio Gaber con Ma per fortuna che c’era il Gaber.
  • 12 febbraio: David Parenzo con Ebreo
  • 26 febbraio: Paolo Crepet con Impara ad essere felice
  • 27 e il 28 febbraio: Vittorio Sgarbi con Antonio Canova e la scultura dell’800.
  • 25 marzo: Paolo Crepet ritornerà con Lezioni di sogni
  • 28 marzo: Giampaolo Morelli con Scomode verità.
  • 21 maggio: Pupo con lo spettacolo Su di noi…la nostra storia.
  • 29 e 30 maggio: Massimiliano Bruno con la partecipazione di Ale e Franz e 10 giovani attori con Lo stato delle cose.

Nell’offerta culturale del Manzoni non mancheranno esibizioni dedicate all’intrattenimento familiare come lo spettacolo H?OMIX  degli Illusionisti della danza, una compagnia che da anni porta in scena progetti artistici atti a sensibilizzare il rispetto per l’ambiente e le proposte del sabato pomeriggio con fiabe in musica e letture animate, dai grandi classici alle storie moderne: La lampada di Aladino, Star words, passando per Toys Stories e Rapunzel.

La verità di Mauro Repetto sull’addio agli 883 in un libro

Questa è la storia di due ragazzi, due compagni di banco di un liceo di Pavia, che negli Anni 90 sono riusciti a realizzare il loro sogno e, partendo dalla provincia, sono diventate due autentiche rockstar. Hanno scalato le classifiche, venduto migliaia di dischi poi, a un certo punto, all’apice del successo, un giorno uno dei due, all’improvviso, ha guardato l’altro negli occhi e gli ha detto: «Vado a Miami e non so se torno».

La versione di Repetto

Parliamo di Max Pezzali e Mauro Repetto, meglio conosciuti come gli 883, una delle band che ha fatto la storia della musica italiana e di cui presto Sky trasmetterà una serie tv intitolata Hanno ucciso l’uomo ragno, girata da Sydney Sibilia. Non è tutto. È appena uscito un libro, pubblicato da Mondadori, che racconta dall’interno questa storia: si intitola Non ho ucciso l’Uomo Ragno e ad averlo scritto, a quattro mani con il giornalista Massimo Cotto, è proprio Repetto, il biondino del duo, quello che inaspettatamente nel 1994 mollò il gruppo e scappò negli Stati Uniti a inseguire altri sogni. I suoi.

La follia di lasciare gli 883 all’apice del successo

Era stato appena pubblicato Nord sud ovest est, il secondo album della band, che per intenderci aveva venduto un milione e 300 mila copie, e gli 883 erano in Italia il fenomeno pop del momento. Max Pezzali cantava. Repetto, di fianco a lui, a tre metri di distanza, ballava e si dimenava sul palco. «Cercavo un ruolo e, ingenuamente, ho pensato che quello potesse essere adatto a me», racconta oggi, spiegando che fu esattamente quello fu il motivo che lo spinse a lasciare il progetto 883 per cercare altro, in un momento in cui tutti guardandolo si ripetevano: «Questo è pazzo. Chi gliel’ha fatto fare di buttare tutto alle ortiche?». «Devo fuggire», scrive Repetto. «Via da tutto. Devo spegnere la televisione, non riesco più a sopportare quella persona che mi assomiglia e che balla tre metri dietro al mio amico. Non voglio fingere di essere felice, perché non lo sono e a nessuno serve un artista triste, soprattutto se sei parte di un duo che vende milioni di copie a disco. Me ne devo andare. In fretta».

La verità di Mauro Repetto sull'addio agli 883 in un libro
Non ho ucciso l’uomo ragno (Mondadori).

Le leggende metropolitane sull’addio a Max Pezzali

Sul suo conto, dopo la sparizione, circolarono per molto tempo svariate leggende metropolitane: «Molti pensano che io non esista, che sia una leggenda metropolitana. Qualcuno mi ha avvistato come un ufo in luoghi improbabili. Qualcuno giura di avermi visto con Jim Morrison vagare la notte al cimitero di Parigi tra le tombe. Qualcuno mi ha visto vestito come Pippo all’entrata di Disneyland per dare il benvenuto a quelli che arrivano. Qualcuno ha detto che ero diventato povero in canna e non avevo più i soldi per mangiare. Qualcuno ha detto che ero impazzito perché avevo lasciato gli 883, e che avevo buttato tutti i vestiti per strada, dal decimo piano», scrive all’inizio del libro. In realtà la molla scattò per una ragazza, una modella di nome Brandi, conosciuta a una sfilata di Christian Dior, di cui si innamorò follemente e che decise di seguire in capo al mondo. «Avevo tre obiettivi: trasferirmi a Los Angeles, fidanzarmi con Brandi e girare un film con lei. Prima, però, dovevo trovarla e farla innamorare di me». Non ho ucciso l’Uomo Ragno è la sua storia, la sua versione dei fatti, un’autobiografia che si legge come un romanzo d’avventura che da Pavia passa per Milano e arriva a Miami, Los Angeles, New York, per chiudersi a Parigi. Una storia che parla di amicizia, passioni e sfide impossibili. «Io sono, molto semplicemente, uno che ha sognato e non vuole smettere di farlo. Uno che ha cantato e ballato sui suoi sogni. Uno che ha vissuto, sbagliato, riso, pianto, amato. Un visionario. Uno che è cresciuto in fretta e non è cresciuto mai».

La verità di Mauro Repetto sull'addio agli 883 in un libro
Mauro Repetto ospite a Radio Deejay (da youtube).

 

Tra Fashion Week e caro affitti a settembre Milano è davvero Milano: il racconto della settimana

Venerdì, ore 13.00. Mentre arrivo, in ritardo, alla Fondazione Prada, per pranzare con Dodo mi rendo conto che al tavolo di fianco al nostro è seduta Camille Charriere. Mi guardo intorno e mi accorgo che la gente qui dentro si somiglia praticamente tutta: gran fisici, labbra cesellate, ultimo grido. Devo dire che Dodo in mezzo non sfigura, anche se noto che indossa sopra una coreana bianca di lino una giacca a vento leggera Nike e ai piedi ha un paio di Adidas Stan Smith.

«Mai mischiare Adidas con Nike, hombre», faccio, criptico, prima di sedermi di fronte a lui e fare cenno al cameriere per ordinare un beverone energizzante. «Hai visto che c’è Camille Charriere? L’ultima volta che sono venuto qui c’era Gwyneth Paltrow», aggiungo. Intorno a noi alcuni ragazzi bevono champagne mentre consultano la timeline di Instagram.
«Chi cazzo è Camille Charriere?», domanda Dodo, con aria interrogativa.
«Una influencer, scrittrice, podcaster. Una tizia da 1,4 milioni di follower», rispondo.
«Non vi sopporto a voi dello spettacolo», sospira, poi agguanta la birra che ha davanti e inizia a bere dalla bottiglia.
«Credimi», dico, alzando le mani, «ormai è assolutamente fondamentale».
«A quali sfilate sei stato questa settimana?», mi chiede.
«Nessuna», mormoro. «Io vivo nell’attimo presente, bello. E oggi ho una marea di cose da fare. Tu piuttosto, cosa ci fai qui?».
«Sono a Milano per lavoro, sono appena atterrato dopo un mese e mezzo di Bali. È paura! Ci dovresti andare. Sono stato benissimo. La miglior vacanza della mia vita».
«Secondo me vai forte, davvero forte. Nessuno è come te».
«Tu invece, piccolo orfanello degenerato, come te la passi? Vederti è impossibile».
«Sono presissimo, hombre, figurati che settimana scorsa ho addirittura celebrato un matrimonio. Mi cagavo addosso che manco la Ferragni prima di Sanremo. Però poi ho spaccato, come sempre del resto». Mi stringo nelle spalle. Poi mi soffermo a osservarlo e a parte il tono di voce troppo alto quando parla e il fatto che è profumato peggio di una figa devo ammettere che lo trovo abbastanza in forma.
«Caro, comunque ti trovo in forma», gli dico avvicinandomi.
«Anche tu, sei sempre uguale, e sei ancora abbronzato».
«Poco», preciso, con nonchalance.
«Vabbè, raccontami di te, che progetti hai? Cosa stai facendo?».
«Sono come Mauro Repetto, inseguo i miei sogni».
«Ma chi? Il biondino degli 883?».
«Esatto, lui. Ho appena letto il suo libro, tra l’altro molto più interessante di quelli di un mucchio di scrittori che incontro in giro per Milano impegnati a farsi i pompini a vicenda. Una storia pazzesca, comunque».
«Alla fine non è finito benissimo, però».
«Sì, in effetti poteva finire meglio».
«Come i tuoi racconti. Possono essere meglio. Devi uscire dalla comfort zone. Basta parlare di te», frigna Dado, e mentre lo dice mi rendo conto, mio malgrado, che ha completamente ragione.
«Oddio, difficile farlo», mugolo. «Dov’è il mio addetto stampa? Questa chiacchierata è già un racconto».

Tra Fashion Week e caro affitti a settembre Milano è davvero Milano: il racconto della settimana
Un’azione del derby Milan Inter (Getty Images).

Venerdì, ore 21.30. Dopo che il Milan ha perso 5-1 il derby mi sono così depresso che ho deciso di iniziare a seguire il rugby. L’unico problema è che non conosco affatto le regole, così adesso me ne sto qui, seduto nel mio salotto, a osservare lo schermo del computer mentre su Sky trasmettono Francia-Namibia senza capire un accidenti. È la seconda volta in vita mia che guardo una partita di rugby, la prima era stata circa una decina d’anni fa, un pomeriggio di settembre, in un pub ad Antibes. Io e Ofelia, in barca con Bob e Cleopatra, avevamo preso l’abitudine di prendere il tender e trascorrere le giornate su una piccola spiaggia, irraggiungibile via terra, poco lontano da Cannes. La stagione era quasi finita, ogni tanto grigliavamo del pesce fresco, bevevamo vino bianco francese e, se il tempo non era particolarmente favorevole, ci spingevamo fino ad Antibes e andavamo in un vecchio pub accanto al porto a bere birra. Io avevo la barba lunga, la pelle bruciata dal sole e i polsi stracolmi di braccialetti che, per tutta l’estate, avevo comprato in ogni porto dove ci eravamo fermati: Rosignano, S. Vincenzo, Porto Azzurro, Portoferraio, Capraia, Bastia, Saint Florent, Macinaggio, Porto Vecchio, Cogolin, Saint Tropez. Eravamo stati in barca a vela per oltre un mese e ricordo che quel giorno, mentre al pub di Antibes trasmettevano Francia – Sud Africa, ero parecchio triste perché l’indomani saremmo dovuti tornare a Milano.

Dopo che il Milan ha perso 5-1 il derby mi sono così depresso che ho deciso di iniziare a seguire il rugby. L’unico problema è che non conosco affatto le regole, così adesso me ne sto qui, seduto nel mio salotto, a osservare lo schermo del computer mentre su Sky trasmettono Francia-Namibia senza capire un accidenti

Penso a quel pomeriggio di 10 anni fa mentre in sottofondo suona il vinile, che è stato definito da tutti il caso discografico dell’estate jazzistica, Evenings at the Village Gate, ovverosia 80 magnifici minuti inediti di musica di John Coltrane, registrati a New York durante un live dell’agosto del 1961. Fuori piove, o forse ha appena smesso, e io, in totale solitudine, rollo uno spino di CBD, cammino nervosamente avanti e indietro per la stanza in boxer, scalzo e con indosso la maglia della nazionale. Ogni tanto mi fermo, guardo fuori dalla finestra, osservo la mia immagine riflessa nel vetro e poi mi chino sul grosso tavolo bianco posto al centro del soggiorno e scribacchio qualcosa sul mio taccuino, cercando vanamente di mettere ordine tra i pezzi che devo consegnare ai giornali e tutte le altre mille cose che ho in testa.

 

Da quando siamo tornati dalla Grecia a fine agosto è la prima volta che mi fermo dopo i week-end trascorsi a Venezia, a Camogli e a quello dedicato al matrimonio di Roffredo della scorsa settimana, con mega party annesso, in una villa in mezzo al Parco Sempione, con 250 invitati. Ce lo ripetevamo con Ofelia, mentre passeggiavamo sotto il sole con in testa i nostri cappelli di paglia sulla spiaggia di Naxos o mentre ci dividevamo un piatto di ricci crudi da Pipinos ad Antiparos, che l’estate sarebbe finita il giorno del matrimonio, e in effetti il tempo ci ha dato ragione. Mi ero ripromesso prima di partire per le vacanze di fare un piano di battaglia per affrontare la nuova stagione ma come da regolamento lo avevo clamorosamente disatteso e, una volta rientrato, sono stato travolto per l’ennesima volta dalla solita soffocante routine di cui mi sono lamentato tutti i santi giorni negli ultimi due anni. La storia come spesso accade si ripete e in particolare Milano a settembre è sempre più simile a se stessa, presa tra il caro affitti e i van con i vetri scuri con dentro le modelle della fashion week che zigzagano per le trafficate strade del centro mentre io, nel frattempo, non solo non sono in grado di progettare alcunché ma non riesco nemmeno ad andare a vedere all’Alcatraz il concerto di Paul Weller, fin dai tempi degli Style Council, super presente nel mio personalissimo Pantheon estetico-musicale di riferimento.

Il compagno di Gianni Vattimo: «Non ha mai mollato»

«Non ha mai mollato, è sempre stato coerente col suo stile di vita, con la sua storia, coi suoi anni. Anche la decisione di lasciarsi andare è stata coerente con le verità del pensiero debole». Simone Caminada è stato il compagno di Gianni Vattimo per oltre un decennio e anche giovedì 21 settembre, alla camera ardente, è lui a stare vicino al filosofo scomparso due giorni fa, a raccontare chi era e a difendere la loro vita insieme.

«Accanimento della magistratura»

«Non ha voluto reggere alla nuova richiesta di periziare la sua testa, lo ha ritenuto un insulto» ha affermato, parlando di «puro accanimento da parte della magistratura. Ma oggi è anche il giorno per ricordare i momenti felici e più privati. «Noi avevamo i nostri piccoli giochi» – ha raccontato – «sceglievamo un canzone, io cercavo il testo su Google e gliela recitavo. L’ho fatto anche in ospedale e l’altro giorno il marito della sua vicina di letto ha portato dei fichi, allora mi è venuta in mente la canzone di Guccini, I fichi. È stata l’ultima che gli ho letto».

Il Festival Respighi di Bologna al debutto il 24 settembre

Dopo l’edizione zero del 2022 e l’anteprima di giugno 2023 in piazza Maggiore, la prima edizione del Festival Respighi, in programma a Bologna dal 24 settembre al 3 ottobre 2023, partirà con un concerto dell’orchestra del Conservatorio Martini diretta da Carlo Goldstein con la partecipazione della pianista Mariangela Vacatello. Il programma di apertura comprende la prima esecuzione assoluta del brano L’ultima luna – Omaggio a Respighi di Ferdinando Termini, allievo della classe di composizione del Martini. Il Concerto in modo misolidio di Respighi e la Rapsodia in blu di Gershwin saranno affidati ad altri due allievi del Conservatorio bolognese delle classi di pianoforte, Gian Marco Verdone e Giacomo Di Maria. Mariangela Vacatello, invece, chiuderà col Concerto N. 4 di Rachmaninov.

Presente la Youth Symphony Orchestra of Ukraine

Maurizio Scardovi, direttore artistico della manifestazione, itinerante e realizzata con varie istituzioni del territorio, ha annunciato le novità rispetto al programma già diffuso in primavera. Il 25 settembre ci sarà il debutto bolognese della Youth Symphony Orchestra of Ukraine, la compagine giovanile fondata nel 2016 dalla direttrice musicale del Teatro Comunale di Bologna Oksana Lyniv. «Molti orchestrali dicono di non augurare a nessun ragazzo della loro età di sperimentare la guerra. Che cosa vuol dire temere per la propria vita o trascorrere intere nottate nei rifugi antiaerei», ha spiegato Oksana Lyniv. «Quando si trovano insieme sul palco, per loro è un breve momento in cui provare serenità e sicurezza, immergendosi in quell’arte a cui si sono dedicati sin dall’infanzia», ha confidato la direttrice.

Anna Bonitatibus sostituirà Anna Caterina Antonacci 

L’altra novità riguarda la presenza al Festival del mezzosoprano Anna Bonitatibus in sostituzione di Anna Caterina Antonacci (che ha rinunciato per gravi motivi personali), nel concerto del 27 settembre al Teatro Duse dove tornerà la Filarmonica Toscanini diretta da Alessandro Bonato. Tra concerti cameristici, convegni, film appositamente sonorizzati e molto altro, saranno 14 gli appuntamenti in programma al Festival Respighi che si concluderà con la celebre Trilogia romana affidata all’Orchestra del Teatro Comunale diretta da Oksana Lyniv.

È morto il filosofo Gianni Vattimo, aveva 87 anni

È morto nella serata di martedì 19 settembre a Torino Gianni Vattimo, padre del «pensiero debole». Aveva 87 anni. Il filofoso era stato ricoverato, dopo Ferragosto, in gravi condizioni all’ospedale di Rivoli. A dare la notizia con un post su Facebook, era stato Simone Caminada, 38 anni, assistente e compagno del filosofo fotografato sul social nel letto ospedaliero.

Vattimo è stato un filosofo di fama mondiale, esponente della filosofia ermeneutica. Tra i massimi studiosi di Heidegger, Nietzsche e Gadamer, è stato direttore della Rivista di estetica, socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino. Oltre alla carriera accademica, Vattimo ha anche intrapreso quella politica come europarlamentare. Ha contribuito alla divulgazione della filosofia conducendo programmi televisivi per la Rai e collaborando come editorialista per i quotidiani La Stampa e La Repubblica e per il settimanale L’Espresso.

Nato a Torino il 4 gennaio 1936, era figlio di un carabiniere calabrese di stanza a Torino, morto di polmonite quando il piccolo Gianni aveva solo un anno e mezzo. Cresciuto in condizioni disagiate, aveva sempre rivendicato le sue origini proletarie. A diciotto anni era divenuto delegato diocesano degli studenti dell’Azione cattolica, dalla quale però era stato presto espulso per le sue posizioni critiche verso l’autorità ecclesiastica. Laureatosi nel 1959 con una tesi su Aristotele, nel 1964 aveva intrapreso l’insegnamento come incaricato di Estetica, a soli 28 anni. L’anno prima era uscito il suo libro Essere, storia e linguaggio in Heidegger (Marietti, 1963). Per le sue opere ha ricevuto lauree honoris causa dalle università di La Plata, Palermo, Madrid e dalla Universidad Nacional Mayor de San Marcos di Lima. È stato più volte docente alle Vacances de l’Esprit (1995, 1997 e 2004).

Il Teatro Mazzacorati 1763 di Bologna festeggia 260 anni

Dopo il Teatro Comunale, un altro gioiello architettonico settecentesco di Bologna celebra 260 anni di attività. Si tratta del Teatro Mazzacorati 1763, considerato il più pregevole e ben conservato esempio di teatro privato d’Europa in villa settecentesca e tra i migliori in assoluto per l’acustica.

Verrà riproposta l’Alzira di Voltaire

Riaperto nel 2022, il teatro di Villa Aldrovandi Mazzacorati è gestito dall’associazione Succede solo a Bologna. Inaugurato il 24 settembre 1763 con la rappresentazione dell’Alzira di Voltaire, il teatro aprirà i festeggiamenti per questo importante anniversario proprio con la ripresa di quest’opera. Domenica 24 settembre 2023 dalle 20.30 risuoneranno alcuni passi dell’Alzira voltairiana letta dagli attori Giovanni Soave e Gaia Cerelli, accompagnati dall’arpa di Emanuela Degli Esposti che suonerà musiche originali di Carl Philipp Emanuel Bach e Francesco Petrini (entrambi musicisti della Cappella Musicale di Federico di Prussia nel periodo in cui Voltaire era ospite del sovrano a Sanssouci) e di Johann Baptist Krumpholtz, Philippe-Jacques Meyer e Martin-Pierre Dalvimare, celebri arpisti presenti a Parigi nella seconda metà del Settecento. A seguire, il duo Marino Bedetti (docente di oboe al Conservatorio G.B.Martini di Bologna) all’oboe ed Emanuela Degli Esposti (titolare della cattedra di arpa al Conservatorio Arrigo Boito di Parma) all’arpa trasporterà il pubblico in un viaggio musicale lungo tre secoli, da Gioachino Rossini a Ennio Morricone passando per Gaetano Donizetti.

In programma anche una visita guidata

Sabato 23 settembre alle 20.30, una conferenza-concerto sarà l’occasione per unire storia e musica. Per chi desidera approfondire la storia del Teatro Mazzacorati, il 24 settembre alle 15.00 è in programma una visita guidata da parte di Succede solo a Bologna alla scoperta di questo luogo, uno dei più pregevoli gioielli architettonici della città. Tutti gli appuntamenti sono gratuiti con donazione finale facoltativa.

Sangiuliano consiglia i libri su Facebook: e li legge anche?

Avrà anche votato i libri in corsa all’ultimo Strega senza averli letti «approfonditamente» – la gaffe con Geppi Cucciari ha riempito le timeline per una buona settimana – ma di sicuro Gennaro Sangiuliano di volumi ne consiglia, eccome. Dal 13 febbraio 2023 sul suo profilo Facebook ha pure inaugurato un appuntamento fisso: il libro del giorno. «Da oggi vorrei consigliarvi alcuni libri scelti dalla mia biblioteca personale», annunciava il ministro della Cultura. Il primo? Il Carteggio tra Benedetto Croce e Vincenzo Arangio Ruiz, non proprio una botta di vita. Ma poteva essere altrimenti per il meloniano ex direttore del Tg2 laureato in Giurisprudenza che appena nominato si è posto l’ambizioso obiettivo di cancellare «l’egemonia culturale della sinistra»?

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Sangiuliano consiglia i libri su Facebook, ma li legge?
Il ministro Sangiuliano su Facebook consiglia libri da leggere (Imagoeconomica).

Da Croce a De Gaulle fino all’amato Prezzolini 

A scorrere i titoli proposti, la sensazione è di rovistare tra le offerte delle librerie dell’usato. Usato e meglio se di destra. Benedetto Croce, per esempio, ricorre svariate volte, l’ultima il 9 settembre con Leggende di Napoli. E Napoli borbonica, ma pure per Ferragosto quando il ministro impavido invitava alla lettura di Propositi e speranze (1925-1942). Scritti vari (non esattamente “un calippo e du bire”). Lo stesso per il generale De Gaulle di cui Sangiuliano ha proposto la lettura di Il filo della spada per ben due volte: il 24 giugno e il 15 maggio. E sopra tutti Giuseppe Prezzolini che ritroviamo più e più volte, tra opere e saggi. Tra cui, e qui arriva il capolavoro sangiulianesco, L’anarchico conservatore, scritto dallo stesso ministro e schiaffato in bacheca come #librodelgiorno il 14 luglio.

 

La passione per Tolkien condivisa con Meloni

I gusti di Sangiuliano non sono difficili da immaginare. Tra gli autori suggeriti non mancano Pansa (Il sangue degli italiani e Il sangue dei vinti), D’Annunzio – opere e saggi -, Marinetti, ma anche intellettuali di riferimento come Pietrangelo Buttafuoco con Il mio Leo Longanesi e Marcello Veneziani con Vico dei miracoli. Certo, nella biblioteca personale del ministro (almeno quella social) compaiono anche Cioran, Nietzsche, Borges, Kafka, Mann, Honoré de Balzac (di cui si consigliava il 23 agosto Massime e pensieri di Napoleone) o Ugo Foscolo (Le ultime lettere di Jacopo Ortis), ma anche Anna Politkovskaja e Gramsci. Impossibile non notare la predilezione per Tolkien (Lo Hobbit). Del resto l’autore de Il Signore degli anelli è da sempre nel pantheon di Giorgia Meloni. L’attuale premier, come ricordò Jason Horowitz sul New York Times nel settembre 2022, da giovane militante del Fronte della gioventù partecipò a uno dei famosi Campi Hobbit. Ma qui entriamo in ben altra terra di mezzo.

I libri consigliati da Sangiuliano sono stati anche letti?

Tornando ai consigli di lettura ministeriali, sono per lo più saggi storici ed economici. Da Federico II al liberalismo. Volumi che, come ha sintetizzato lunedì 18 settembre Le Nouvel Observateur nel caustico articolo intitolato “Comment Giorgia Meloni mène sa bataille culturelle” possono essere definiti un «méli-mélo de trucs anciens» che comprende La storia d’Inghilterra di George Trevelyan, datato 1926, o le memorie del conservatore Usa, oggi pressoché dimenticato come Barry Goldwater. L’ultima proposta postata su Fb è Diritti dell’uomo contro il popolo di Jean-Louis Harouel pubblicato in Italia da Liberilibri, casa editrice acquisita ad aprile 2023 da Nicola Porro (in società con altri). Il primo commento su Facebook recita: «E i diritti del popolo contro ministri incapaci è stato scritto?». Resta il dubbio se li abbia davvero letti Sangiuliano i libri che ogni giorno consiglia ai suoi follower. Parafrasando un cantautore caro anche a Meloni e Matteo Salvini (il triste karaoke al compleanno del vicepremier leghista è lì a testimoniarlo una volta di più), «si sa la gente dà buoni consigli, se non può più dare cattivo esempio».

Il reintegro di Lissner, il lodo Fuortes e il pasticcio del San Carlo

Nel pasticciaccio del San Carlo di Napoli, l’unica cosa sicura è che a questo punto e per un bel pezzo ancora la gestione dovrà seguire i tempi della magistratura. E sapendo quali essi siano – ancorché secondo le regole d’urgenza – non ci sono molti dubbi sul fatto che un’ordinata e proficua attività sia nei prossimi mesi qualcosa di molto simile a una chimera. E dunque, fermo restando che il giudizio di merito sul ricorso di Stéphane Lissner contro il suo licenziamento vedrà la prima e non necessariamente decisiva udienza nel mese di gennaio 2024, il prossimo passaggio riguarda l’annunciato ricorso dell’Avvocatura dello Stato contro l’ordinanza con la quale la giudice del lavoro di Napoli ha ordinato il reintegro del sovrintendente messo alla porta nello scorso luglio, in virtù del decreto legge n. 51 del 10 maggio del 2023, che all’articolo 2 reca “Disposizioni in materia di Fondazioni lirico-sinfoniche”.

Il pasticcio Lissner-Fuortes sarà risolto con i tempi della magistratura 

Il San Carlo è insomma destinato a navigare a vista in attesa e nella sovrapposizione di pronunce giuridiche di vario tipo. Né sembra – dalle prime mosse in parte dovute e in parte no – che il Consiglio d’indirizzo, presieduto dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, abbia scelto la strada più utile per il teatro. Perché è senz’altro condivisibile il proclama del primo cittadino partenopeo, peraltro riecheggiato anche dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano per quanto di sua competenza (le nomine a lui spettano), secondo cui «le sentenze si rispettano», il fatto però è che qui non ci troviamo al cospetto di una sentenza, ma di un’ordinanza volta a ripristinare lo “status quo ante” in attesa appunto di una decisione che verrà solo dopo che il procedimento vero e proprio sarà a giunto a sentenza (tralasciando per semplicità le ulteriori possibilità di appello). E dunque sicuramente non prima della prossima primavera.

Il reintegro di Lissner, il lodo Fuortes e il pasticcio del San Carlo
Stéphane Lissner al San Carlo di Napoli (Getty Images).

Il contratto di Fuortes e quella clausola vessatoria

E tuttavia, se l’ordinanza obbliga la Fondazione di San Carlo a ripristinare la validità del contratto con Lissner fino a definitiva pronuncia giudiziaria sulla interruzione del contratto stesso, non è detto questo comporti il reinserimento del sovrintendente licenziato nella normale operatività. Detto in soldoni (alla lettera): è inevitabile che Lissner debba essere pagato fino a quando il giudice non si esprimerà sulla regolarità del suo licenziamento, ma non appare così automatico che debba rientrare nelle funzioni precedenti. Senza contare che nel giro di qualche settimana l’annunciato ricorso dall’Avvocatura dello Stato potrebbe riportare le pedine al punto di partenza. Lasciando in piedi la causa di lavoro determinata dal ricorso di Lissner contro il suo licenziamento che sarà discussa, come si diceva, a partire da gennaio 2024. E fra parentesi, viene da chiedersi se la Fondazione abbia adottato la ovvia misura cautelare (per il proprio bilancio) da assumere in questi casi, cioè comunque accantonare lo stipendio del manager licenziato che ha aperto un contenzioso, fino a quando non ci sarà una sentenza in merito. A margine, per dare l’idea del guazzabuglio, una questione giuridica complessa si configura anche per quanto riguarda il contratto di Carlo Fuortes, nel quale, secondo quanto riportavano i giornali, esiste una clausola che lo obbliga a rinunciare all’incarico nel caso in cui il licenziamento del suo predecessore sia annullato dalla magistratura. Su questo punto, però, l’ex ad della Rai appare deciso a resistere, eventualmente avanzando a sua volta ricorso. Ed entrano in ballo questioni complicate come la natura e il carattere di una “clausola vessatoria”.

Il reintegro di Lissner, il lodo Fuortes e il pasticcio del San Carlo
Carlo Fuortes e Gennaro Sangiuliano (Imagoeconomica).

Dal centrosinistra e dalla Regione fuoco amico sul sindaco Manfredi

Oltre le sottigliezze giuridiche e gli intricati percorsi procedurali, non si può fare a meno di osservare che la “tempesta perfetta” che sta coinvolgendo la Fondazione napoletana è figlia di scelte affrettate e poco ponderate. E non ci riferiamo ovviamente alla decisione di puntare su Fuortes come sovrintendente, che ha molte buone ragioni, ma ai passaggi compiuti per realizzare questo progetto. Sorprende che prima di dare il via all’avvicendamento non sia stato cercato un accordo con Lissner, tanto più per il fatto che molte polemiche avevano accompagnato il decreto che ne permetteva il licenziamento, il cosiddetto “lodo Fuortes”. Un provvedimento al centro delle polemiche in quanto – secondo i suoi critici – era stato artificiosamente (e anche malamente) costruito per liberare la principale poltrona in Rai a uso e consumo del governo Meloni. Il risultato è che il sindaco di Napoli si trova ora coinvolto in un pericoloso “fuoco amico”, con la parte politica che lo sostiene in Comune (il centrosinistra) che plaude all’apparente rovinoso fallimento della sua idea per il San Carlo e la Regione che conferma il suo gelido distacco delle politiche di Manfredi per il glorioso teatro. In Consiglio di Indirizzo il rappresentante del presidente De Luca si era astenuto sulla nomina di Fuortes, ed era proprio assente pochi giorni fa, al momento delle decisioni dopo l’ordinanza pro-Lissner; e intanto le contribuzioni regionali sono una variabile assai poco stabile.

Il reintegro di Lissner, il lodo Fuortes e il pasticcio del San Carlo
Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi (Imagoeconomica).

Lissner pensionato avrebbe potuto ricoprire l’incarico di Sovrintendente?

Quanto al nocciolo della questione (cessazione dell’incarico al compimento del 70esimo anno), molto interessante appare un intervento pubblicato l’11 maggio scorso sul Gazzettino di Venezia a firma di Cristiano Chiarot, a lungo sovrintendente della Fenice e poi dal 2017 all’estate 2019 del Maggio Fiorentino. L’autorevole addetto ai lavori veneziano scriveva nel momento in cui a Napoli il licenziamento di Lissner e l’ingaggio dell’ex ad Rai erano ancora di là da venire, ma già divampava la polemica sul “lodo Fuortes”. La tesi di Chiarot (che assume una posizione molto chiara a favore del suo ex collega all’Opera di Roma) è che il discusso decreto, nel porre il limite dei 70 anni per esercitare l’attività di sovrintendente, realizzi una parità di trattamento fra italiani e non italiani. E poi l’autore dell’articolo aggiunge una considerazione per molti aspetti sorprendente: «… Già secondo la legislazione vigente, Lissner, al di là del suo pedigree e dei suoi meriti, non avrebbe mai potuto ricoprire l’incarico di sovrintendente al San Carlo, in quanto la legge italiana impedisce di occupare tali posti di responsabilità a chi gode già di una pensione nel nostro Paese». Questa pensione (prima che del San Carlo, dal 2005 al 2015, Lissner è stato per un decennio sovrintendente della Scala) non risulta al magistrato che ha firmato l’ordinanza di reintegro, il quale esamina la questione previdenziale, sottolinea che si tratta di elemento dirimente, ma aggiunge (come riportato dal Corriere del Mezzogiorno) che Lissner «… è cittadino straniero, il quale è pacifico che non goda di trattamento pensionistico con oneri a carico dello Stato italiano». Chissà se qualcuno riterrà necessaria una verifica.

Inaugurata la mostra Massimo Capodanno. Retrospettiva al Museo FRaC di Baronissi

È stata inaugurata sabato 16 settembre 2023 la mostra Massimo Capodanno. Retrospettiva in programma fino all’8 ottobre 2023 a Baronissi. Presenti alla conferenza stampa di presentazione, tenutasi il 14 settembre, il sindaco Gianfranco Valiante e il direttore artistico del Museo FRaC Massimo Bignardi. L’esposizione apre la rassegna Fotografia 23, un ciclo di tre appuntamenti che, fino a dicembre, si alterneranno nella Galleria dei Frati del Museo-FaRaC Baronissi. Curata da Nicola Capodanno, figlio dell’artista scomparso nel 2022, la mostra riunisce un repertorio di oltre 50 scatti fotografici realizzati nel corso della sua vita, mettendo insieme le migliori immagini del fotoreporter al servizio dell’agenzia giornalistica Ansa con quelle realizzate nella sua vita privata. L’esposizione è stata realizzata con la collaborazione con l’Associazione Positano Arte e Cultura.

Dalla politica alle persone: l’attività fotografica di Massimo Capodanno

Approdato alla fotografia alla fine degli Anni 60, con le sue istantanee Massimo Capodanno ha raccontato mezzo secolo d’Italia e dei suoi cambiamenti, mettendo al centro dell’obiettivo la persona: la violenza degli anni di piombo, le personalità della Democrazia cristiana e del Partito comunista, le tragedie che hanno sconvolto il Paese, senza dimenticare i presidenti della Repubblica e i papi che si sono succeduti. Numerose le missioni all’estero in cui ha partecipato come inviato.

Inaugurata la mostra Massimo Capodanno. Retrospettiva al Museo FRaC di Baronissi
Marcello Mastroianni (Foto di Massimo Capodanno).

Oltre ai grandi eventi della società, si è dedicato alle storie di persone, raccontando vizi e virtù di un Paese in cambiamento. Tra gli scatti che hanno lasciato il segno la potente immagine del cadavere che galleggia nelle acque di Ustica dopo la tragica strage del 1980, fotogramma simbolo dell’accaduto.

Inaugurata la mostra Massimo Capodanno. Retrospettiva al Museo FRaC di Baronissi
Cadavere in mare dopo la strage di Ustica (Foto di Massimo Capodanno).

A Londra in mostra le creazioni di Coco Chanel

Gabrielle Chanel. Fashion Manifesto è la prima mostra nel Regno Unito dedicata alla grande stilista. Presentata in collaborazione con Palais Galliera, Museo della Moda di Parigi, e con il sostegno di Chanel, la mostra, in programma da 16 settembre al 25 febbraio 2024 nel Victoria & Albert Museum di Londra, traccia l’evoluzione dello stile della iconica creatrice di moda, la storia della fondazione della sua maison (a partire dall’apertura della sua prima boutique di modisteria a Parigi nel 1910) e delle altre aperte nelle località costiere alla moda di Deauville e Biarritz, fino alla presentazione della sua ultima collezione nel 1971.

La mostra esplora l’approccio pionieristico di Chanel al design della moda

Con 200 outfit visti assieme per la prima volta ad accessori, profumi e gioielli, la mostra esplora l’approccio pionieristico di Chanel al design della moda, che ha aperto la strada a una nuova eleganza ancora attuale. Basata sulla mostra Gabrielle Chanel. Mostra Manifesto della Moda organizzata dal Palais Galliera, questa esposizione viene ripensata con oltre 100 nuovi oggetti inclusi 60 nuovi look. Presenta pezzi raramente visti dal V&A collezione, assieme a capi del Palais Galliera e dell’archivio di Chanel. Protagonista uno dei primi capi Chanel sopravvissuti, datato 1916. Ci sono anche i costumi originali disegnati da Chanel per la produzione dei Ballets Russes di Le Train Bleu nel 1924, gli outfit creati per le dive Lauren Bacall e Marlene Dietrich e i primi esempi degli innovativi pantaloni da sera e dei suoi rivoluzionari tailleur. Esposta nel finale anche l’ultima collezione realizzata dalla stilista per la primavera-estate del 1971. Con 10 sezioni tematiche, la mostra esplora l’approccio innovativo di Chanel al tessuto e alla silhouette e costruzione, ed esaminerà come ha redatto un nuovo stile per la moda femminile del XX secolo.

Il Tribunale di Napoli reintegra Lissner alla sovrintendenza del San Carlo

Il Tribunale di Napoli ha ordinato oggi martedì 12 settembre l’immediata reintegrazione del Maestro Stèphane Lissner nell’incarico di sovrintendente del Teatro San Carlo. Il decreto del governo che prevedeva la cessazione immediata del rapporto di lavoro per i sovrintendenti con più di 70 anni e che, come noto, serviva per liberare il posto di sovrintendente del Teatro per Carlo Fuortes ottenendo le sue dimissioni da amministratore delegato della Rai, non è applicabile al Maestro Lissner. Lissner è stato assistito dal giuslavorista Claudio Morpurgo, dal costituzionalista Giulio Enea Vigevani e dall’esperto di governance Pietro Fioruzzi. A questo punto che faranno il governo e il ministro Sangiuliano regista dell’operazione per portare Fuortes a Napoli?

Il Tribunale di Napoli reintegra Lissner alla sovrintendenza del San Carlo
Carlo Fuortes (Imagoeconomica).

A San Felice sul Panaro va in scena Villaggio Fantozzi: l’omaggio al ragionier Ugo

L’appuntamento è per domenica 1 ottobre, quando San Felice sul Panaro si trasformerà in un «universo fantozziano» senza precedenti:  duecento le persone coinvolte tra attori e figuranti, venti i set riprodotti fedelmente che ricostruiranno le scene della celebre pellicola che da il nome all’evento. Villaggio Fantozzi, nato da un’idea di Federico Mazzoli con la partecipazione e il contributo di San Felice1893 Banca Popolare, in collaborazione con proloco San Felice sul Panaro, vuole essere un omaggio all’attore Paolo Villaggio e al suo personaggio più famoso: il ragionier Ugo Fantozzi.

Musica, auto e oggistica degli Anni 70

Sotto la direzione artistica del regista Roberto Gatti, avrà come ospite d’eccezione anche Elisabetta, la figlia di Paolo Villaggio, che presenterà il libro Fantozzi dietro le quinte. L’evento è stato definito dagli organizzatori «un grandioso e caleidoscopico tributo» alla figura artistica di Paolo Villaggio. «Musica in sottofondo, auto degli Anni 70, oggettistica d’epoca, la Trattoria Al Curvone e Radio Ugo contribuiranno» si legge nel comunicato «a rendere più immersiva e coinvolgente l’esperienza di Villaggio Fantozzi». Le scenografie sono affidate a Roberto Gavioli, mentre il video-show è diretto dal regista Paolo Galassi, con le riprese curate da Elisa Gatti e Simone Frabetti, prodotto da Firmament Pictures. I figuranti e i collaboratori appartengono al team Sepulchrum.

Lo scopo benefico dell’evento

Villaggio Fantozzi sarà inoltre un vettore per un progetto di «villaggio solidale globale»: verrà infatti simbolicamente adottato un Comune alluvionato della Romagna a cui saranno devoluti i fondi raccolti attraverso le offerte che verranno liberamente consegnate dal pubblico partecipante alla manifestazione. Contestualmente all’evento è stato indetto un concorso fotografico al quale stanno giungendo partecipazioni da tutta Italia.

Tre libri per respirare ancora l’estate

«Di giorno sulla spiaggia era un’altra cosa. Si parla con strana cautela quando si è seminudi: le parole non suonano più nello stesso modo, a volte si tace e sembra che il silenzio schiuda da sé parole ambigue», scriveva Cesare Pavese in La spiaggia. Per i nostalgici, che vorrebbero tornarci, e per gli irriducibili, che su Instagram si nascondono dietro il sempreverde hashtag #neverendingsummer consigliamo tre titoli per rimanere dentro all’estate, almeno con la testa.

L’uomo con lo scandaglio di Patrik Svensson (Iperborea)

Parla di ambientalismo, di leggende marine e altre meraviglie L’uomo con lo scandaglio, del giornalista e scrittore svedese Patrik Svensson, un libro, a metà tra un saggio e un reportage, che apre la nuova collana I Corvi, curata dai tipi di Iperborea. Svensson raccontando storie di naviganti polinesiani che hanno attraversato l’Oceano Pacifico, passando per l’irrinunciabile mito di Moby Dick e arrivando a narrare l’ultimo tragico viaggio di Magellano ci porta nel blu profondo degli abissi ricordandoci che l’ignoto è ancora tutto da scoprire. «L’avventurarsi in mare aperto ha coinciso spesso, metaforicamente, con la partenza per l’ignoto: chi naviga verso l’orizzonte va incontro verso qualcosa di nuovo e sconosciuto». Il mare, come scriveva Melville in Moby Dick, «non ammette ricordi» ed è lì, secondo Svensson, che l’uomo si rifugia quando «vuole perdersi negli spazi immensi senza coste e riparo». Un libro meraviglioso da leggere per perdersi nella immensa bellezza della natura, la sola a quanto pare in grado di allietare la nostra continua e indomabile irrequietezza.

Tre libri per respirare ancora l'estate
L’uomo con lo scandaglio di Patrik Svensson (Iperborea).

La vita a piedi nudi di Alan Pauls (Sur)

«Vivremo sulla spiaggia e non avremo il minimo bisogno di cose costose come la tecnologia elettrica», si vantano gli hippy verso la fine degli Anni 60 sulla rivista Life. Erano saltati su scassatissimi furgoni Volkswagen ed erano partiti alla volta di destinazioni marittime esotiche e incontaminate. Erano fuggiti a Hvar, Santorini, Ibiza, Cancún o il Belize pronti ad abbandonare del tutto la civiltà, tornare alle origini e rifiutare le assurde costrizioni che la vita cittadina imponeva. La vita a piedi nudi dello scrittore e critico letterario Alan Pauls parla, attraverso racconti dell’infanzia, fotografie dello scaffale di famiglia e ricordi di gioventù, esattamente di questo atteggiamento nei confronti della vita. «So che noi che andiamo al mare – a Villa Gesell come a Cabo Polonio, a Punta del Este come a Mar del Plata, a Florianópolis come a Mar del Sur, a Cozumel come a Goa – cerchiamo sempre di più o meno la stessa cosa: le tracce di ciò che era il mondo prima che la mano dell’uomo decidesse di riscriverlo». Un libro che indaga il rapporto tra l’uomo e la sabbia soffermandosi sull’estetica, profumata di acqua salata, anche di diversi film, di Rohmer, di Roger Vadim, di James Bond.

Tre libri per respirare ancora l'estate
La vita a piedi nudi di Alan Pauls (Sur).

Côte d’Azur di Mary S. Lovell (Neri Pozza)

Lo scrittore inglese Somerset Maugham, che a Cap Ferrat aveva una fantastica villa, una volta definì la Costa Azzurra «un posto soleggiato per gente losca». La scrittrice Mary S. Lovell in Côte d’Azur, attraverso la storia di una villa, l’opulento Château de l’Horizon, vicino a Cannes, ne racconta la sterminata mitologia. Sottotitolato “1920-1960, gli anni d’oro della riviera francese”, Côte d’Azur raccoglie le storie mondane dei personaggi incredibili che all’epoca l’hanno frequentata. Ci sono artisti, milionari americani, attori di Hollywood, principi arabi e figli di politici. Feste maestose, storie d’amore finite male e incontri sono al centro della narrazione che è in grado di divertire anche il lettore più critico. All’apparenza ciò che sembra la semplice storia di un palazzo in realtà diventa la storia non solo di un parco giochi per ricchi ma anche di tutto ciò che è effimero: il denaro, la bellezza, la fama. Il ritratto di un’alta società che non c’è più e che ci regala l’affresco di un’epoca irripetibile attraverso le gesta di un manipolo di uomini che hanno fatto la storia del Novecento. Su tutti Winston Churchill che in Costa Azzurra era di casa o Gianni Agnelli, qui raccontato nel clou delle sue avventure giovanili.

Tre libri per respirare ancora l'estate
Côte d’Azur di Mary S. Lovell (Neri Pozza).

Venezia, gli atti osceni di Kanye West e i ricordi del Salento: il racconto della settimana

Kanye West, prima di uscire completamente fuori di testa, è stato nell’ordine: un signor produttore e uno dei rapper più creativi degli ultimi 20 anni. Per chi volesse saperne di più dovrebbe essere ancora disponibile su Netflix il documentario Jeen-yuhs che racconta, in tre episodi, la sua ascesa fin dai tempi in cui, da ragazzo benestante di Chicago, iniziava a muovere i primi passi nel rap game. Se dovessi scegliere un album tra i suoi sicuramente il primo in classifica sarebbe The Life Of Pablo del 2016. Un disco di black music a 360 gradi che, come ho letto da qualche parte, avrebbe potuto fare Prince se fosse cresciuto in tempi diversi. In Pablo Yeezy lancia piccoli pezzi della sua psiche e ti sfida, mentre lo ascolti, a rimetterli insieme. Un po’ come ho fatto io con i Tales in questi due ultimi anni. Come i Tales non sono né racconti né articoli di giornale e appaiono parecchio lontani dalla forma romanzo, i pezzi che compongono The Life Of Pablo più che canzoni sono paragonabili a post, a Gif animate, con testi che giocano sull’attualità saltabeccando tra riflessioni profondamente intime e dichiarazioni totalmente megalomani.

Tornato dalle vacanze quindi mi sono comprato il vinile di TLOP, l’ho ascoltato a ripetizione tutta la settimana e poi, dopo essermi infilato nella mia borsa Hampton Esperienza di Martin Amis, sono saltato su un treno e sono partito per Venezia. Casualmente a Venezia, nonostante la Mostra del Cinema al Lido e la strepitosa festa di Armani all’Arsenale, non si parlava d’altro che di Kanye e dell’accusa di atti osceni in luogo pubblico che gli è stata rivolta dopo essere stato sorpreso dai paparazzi mentre in vacanza in laguna, a bordo di un taxi acqueo, si intratteneva con la moglie in atteggiamenti particolarmente espliciti. «Hai visto Kanye, che si faceva fare un pompino con il culo di fuori l’altro giorno?», mi ha chiesto Davide  mentre ci bevevamo un Martini nel giardino dell’Experimental alle Zattere con di fronte l’isola della Giudecca. «Sì», gli ho risposto, spegnendo nel portacenere l’ennesima Gauloise rossa, abbronzatissimo scalzo e a petto nudo, con in testa il cappello di One Piece di Superduper, deliberatamente stravagante. E di colpo mi sono tornate in mente la mia Bianca (non Censori) e un’estate di parecchio tempo fa.

Sono mitologici ancora oggi tra di noi amici i ricordi delle mirabolanti avventure estive degli anni in Salento, in periodi in cui la Puglia non era ancora il territorio eletto di Meloni e Salvini tra masserie a Ceglie Messapica e compagnia bella ma un luogo paradisiaco dove potersi rifugiare per trascorrere le vacanze. Si stava a Marina Serra e si alloggiava alla Fortunata, una splendida villa le cui terrazze guardavano il mare, e dove c’era sufficiente spazio per ospitare chiunque volesse o dovesse. Giovani e snelli, sempre sudati e a torso nudo vivevamo le giornate una dopo l’altra con l’acceleratore premuto, drogatissimi, ciondolando tra il campo da tennis nel giardino della villa, un Beach Bar chiamato Jamao vicino al mare e gli scogli del Lavaturu. Proprio un pomeriggio al Lavaturu conobbi Bianca, ci innamorammo e in breve diventammo il Signore e la Signora del disordine e del caos. Stavamo in giro tutta la notte fino a tardi e la mattina saltavamo sul suo motoscafo, il Mandrax, e andavamo a fare colazione a Castro o a Leuca. Spesso eravamo nudi o facevamo l’amore in mezzo al mare, all’ancora, vicino a qualche porto. Poi Bianca si infilava una mia polo blu da rugby di Ralph Lauren con le maniche lunghe e mi diceva: «Se vado a letto con qualcuno avrò pur il diritto di usare i suoi vestiti». Poi guidava il motoscafo (senza patente) e mi riportava alla Fortunata mentre sottocoperta svettavano testi di teosofia, magia nera, esoterismo di cui lei andava matta.

Spesso eravamo nudi o facevamo l’amore in mezzo al mare. Poi Bianca si infilava una mia polo blu da rugby di Ralph Lauren con le maniche lunghe e mi diceva: «Se vado a letto con qualcuno avrò pur il diritto di usare i suoi vestiti»

Per tutta l’estate fummo inseparabili. Quando volevamo prenotare un tavolo in qualche ristorante ci annunciavamo al telefono come il conte e le contessa Zigenpuss, perché io avevo letto su qualche rivista che era il nome in incognito che utilizzavano Keith Richards e Anita Pallenberg. Oppure, se ci capitava di imbatterci nei pescatori all’ora giusta, compravamo direttamente i dentici rossi dalle barche e li portavamo agli altri a casa per pranzo. Vivevamo con l’assurda idea in testa di essere degli esuli, anche se lei era salentina e io stavo lì semplicemente in vacanza. Ricordo che alla fine dell’estate volevamo fuggire e trasferirci a Los Angeles, allo Chateau Marmont. Altro che Kanye West.

Gli eredi di Lucio Battisti vincono in appello contro la Sony

La Corte d’appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado, che aveva già respinto la richiesta di maxi risarcimento da 8,5 milioni avanzata dalla Sony Music ai danni degli eredi dell’artista, ha rigettato l’appello e condannato la major al pagamento delle spese processuali. Ad annunciarlo è una nota dei legali degli eredi di Battisti. I fatti risalgono al 2017, quando la Sony Music – riporta la nota – ha iniziato l’ennesima causa contro gli eredi di Lucio Battisti (Grazia Letizia Veronese e Luca Battisti). La richiesta di risarcimento del danno avanzata dalla Sony Music era stata di euro 8,5 milioni. La major discografica ha preannunciato che proporrà ricorso in Cassazione.

Eredi accusati di aver revocato il mandato alla Siae

L’accusa mossa dalla Sony Music contro gli eredi di Battisti è la stessa che Mogol aveva mosso contro di loro anni prima: aver opposto un diritto di veto a qualsiasi forma di sfruttamento economico delle opere musicali di Battisti. In particolare, gli eredi sono stati accusati dalla Sony Music di aver revocato il mandato alla Siae per l’utilizzazione online delle opere musicali di Lucio Battisti (in tal modo, impedendo alla Sony Music di commercializzare le registrazioni fonografiche delle canzoni interpretate da Battisti sulle principali piattaforme digitali, Spotify su tutte) e di aver ostacolato l’utilizzazione delle opere musicali di Battisti per le sincronizzazioni.

L’estate degli scontrini e quel pranzo a Milano: il racconto della settimana

Solitamente uso come segnalibri i biglietti da visita dei posti in cui vado quando mi capita di viaggiare. Quasi sempre locali o ristoranti in giro per il mondo, che so, il Mimosa di Parigi in Place de la Concorde, Vino Vero a Venezia in Fondamenta della Misericordia, un beach bar di Antiparos, un’osteria italiana nel Village a New York. Chissà perché però qui dentro oggi ho trovato uno scontrino, 97 euro a pranzo alla Latteria di via San Marco, in un giorno di fine settembre del 2019.

La memoria brucia quando si è costretti a ricordare qualcosa che sappiamo non accadrà mai più. Fu l’ultima volta che ti vidi, quel pranzo di fine settembre alla Latteria di via San Marco e a dirla tutta non mi capitò più di mangiare un piatto di spaghetti limone e peperoncino così buono. L’estate era appena finita

Uno di fronte all’altra ci dividevamo una bottiglia di bianco, indecisi su cosa ordinare da mangiare, mentre le nostre abbronzature iniziavano a sbiadire. Tu eri appena tornata da Filicudi, o forse da Koufunissi, e io indossavo una camicia blu di lino di Tommy Hilfigher aperta sul petto, come una vecchia rockstar. Per tutta la durata del pranzo non mi ero mai tolto gli occhiali da sole. «L’amore è una perdita di tempo», mi avevi detto, e io, per non guardarti negli occhi, continuavo a tormentare la copertina pastello Adelphi di quel libro di Chatwin che avevo appena comprato in una piccola libreria dietro Corso Magenta. Ogni tanto alzavo lo sguardo e vedevo il tuo viso etereo, di una bellezza lucida, con gli zigomi di vetro, le lentiggini e i capelli biondo cenere. Poi presi coraggio e ti dissi: «Ti ricordi quando mi dicesti che non volevi il mio numero di telefono perché sarebbe stato troppo pericoloso?». «Sì», mi rispondesti, «ma fu inutile, perché poi tanto ti scrissi su Instagram».

«L’amore è una perdita di tempo», mi avevi detto. E io, per non guardarti negli occhi, continuavo a tormentare la copertina pastello Adelphi di quel libro di Chatwin che avevo appena comprato in una piccola libreria dietro Corso Magenta

La memoria brucia quando si è costretti a ricordare qualcosa che sappiamo non accadrà mai più. Fu l’ultima volta che ti vidi, quel pranzo di fine settembre alla Latteria di via San Marco e a dirla tutta non mi capitò più di mangiare un piatto di spaghetti limone e peperoncino così buono. L’estate era appena finita.

L’icona rock Paul Stanley si racconta in un libro

Dietro la maschera, l’autobiografia di Paul Stanley, arriva nelle librerie italiane il 15 settembre, edita da Tsunami. L’iconico frontman dei Kiss si racconta senza filtri: «Le persone che incontro dicono che sono stato coraggioso a mettermi così tanto a nudo in questo libro, ma l’ho fatto perché io per primo avevo bisogno di riflettere sul senso della mia vita. So che in tanti potranno riconoscersi in alcune delle cose che racconto, ed è per questo che ho deciso di farlo, perché la mia storia possa servire anche a loro».

«Il personaggio come difesa per nascondere chi fossi davvero»

Paul Stanley confessa che la musica e il vistoso make-up lo hanno aiutato a nascondere le fragilità, a costruire un’immagine eroica di sé: «Il personaggio che prende vita sul mio volto nasce originariamente come una sorta di meccanismo di difesa per nascondere chi fossi in realtà. Da quando ho iniziato a portare questa maschera, per molti anni ho avuto la sensazione che ad emergere fosse un’altra persona. L’insicuro, incompleto ragazzo dai mille dubbi e conflitti interiori, veniva improvvisamente nascosto sotto il trucco, e a spiccare era l’altro me stesso, il ragazzo che avevo creato per dimostrare a tutti che avrebbero dovuto trattarmi con rispetto, che avrebbero dovuto essermi amici, che ero speciale». L’idolo dei Kiss ha anche confidato: «Avevo dato vita a un personaggio che le ragazze avrebbero desiderato. La gente che conoscevo da lunga data era letteralmente sbalordita dal mio successo con i Kiss».

In uscita in libreria l'autobiografia di Paul Stanley, Dietro la maschera dove l'iconico frontman dei Kiss si racconta senza filtri.
Paul Stanley (Getty Images).

Nel libro non mancano i riferimenti ai momenti bui

L’autobiografia di Paul Stanley è un viaggio nella vita dell’artista costellata di successi e momenti bui: «Nei brevi periodi in cui i Kiss non erano in tour, me ne stavo seduto sul divano nel mio appartamento a New York City e pensavo, nessuno crederebbe mai che me ne sto qui a casa da solo senza un cazzo di posto in cui andare. La band era il mio supporto vitale, ma era anche un modo per evitare di intraprendere quel genere di relazioni che ogni vita reale prevede». I Kiss, nati a New York nel 1973, sono stati la rock band che ha vinto più dischi d’oro di tutti i tempi: hanno anticipato mode, stili e attitudini creando un immaginario e un sound glam inconfondibili.

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