Naufragio di Cutro: il pm chiede la condanna dei tre ‘scafisti’. L’organizzatore del ‘viaggio’ rischia 18 anni

AGI - Nel giorno in cui la Procura della Repubblica di Crotone ha chiesto il rinvio a giudizio per i 6 militari - 4 della Guardia di Finanza e 2 della Capitaneria di porto - accusati di aver contribuito a provocare il naufragio del febbraio 2023 davanti alle coste di Steccato di Cutro in cui morirono 94 migranti, sono arrivate le richieste di pene fra gli 11 e i 18 anni per i tre presunti scafisti a bordo dell'imbarcazione. L'accusa nei loro confronti è di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, naufragio colposo e morte come conseguenza del delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

 

A conclusione della requisitoria davanti al Tribunale di Crotone, il pubblico ministero Pasquale Festa ha sollecitato la condanna a 18 anni di reclusione e 4,5 milioni di euro di multa per Hasab Hussain, 22 anni, pakistano; a 14 anni e 6 mesi e 3,6 milioni di euro di multa per Khalid Arslan, 26 anni, pakistano; a 11 anni e 2,7 milioni di multa per Sami Fuat, turco di 51 anni. "Non sono scafisti veri e propri ma hanno avuto un ruolo attivo nella gestione dei passeggeri del caicco naufragato a Cutro anche se la loro responsabilità nel naufragio non è equiparabile a quella di chi guidava la barca", ha sostenuto il pm Festa che, nel ricostruire la vicenda, ha differenziato i comportamenti dei tre imputati contestando soprattutto ad Hasab Hussain la posizione più grave.

 

Per il pm Hasab Hussain era "un organizzatore del viaggio avendo trovato nel suo telefono 74 foto con documenti di identita', assegni, transazioni bancarie di altre persone che in alcuni casi avevano già raggiunto l'Italia". Festa ha riconosciuto che Khalid Arslan ha pagato il viaggio ma facendo da traduttore e tenendo l'ordine tra i passeggeri ha svolto un ruolo nell'agevolare gli organizzatori. Sul turco Sami Fuat, ha detto il pm, "faccio fatica a pensare che era un migrante come gli altri, visto che lui si era imbarcato sul caicco da solo già alcuni giorni prima e poi è partito insieme all'equipaggio per andare in soccorso della prima imbarcazione partita dalla Turchia". 

 

"In carcere mi chiamano assassino di bambini, ma io quella notte ho salvato 5 persone. Io ero venuto in Italia per un futuro e mi trovo in galera solo perché parlo la lingua turca ed ho fatto da interprete. Per favore datemi giustizia". Khalid Arslan, pakistano di 26 anni, uno dei tre imputati nel processo contro i presunti scafisti del caicco naufragato a Cutro il 26 febbraio 2023, parla in lacrime davanti al Tribunale di Crotone dopo aver ascoltato la richiesta di condanna a 14 anni e mezzo avanzata dal pm.

 

"Io non ho guidato quella barca, io non sono scappato come hanno fatto i veri scafisti: se ero scafista non restavo. Io mi sono buttato in acqua a salvare le persone" ha spiegato Arslan consegnando una lettera scritta a mano al presidente del Tribunale nella quale, in italiano, ripercorre la sua vicenda. "Alcuni migranti litigavano tra loro perché volevano salire sopra la barca. Gli scafisti hanno chiesto chi parlava la lingua turca. Gli altri migranti hanno indicato me e chiesto di aiutarli. Altri migranti hanno litigato con me se non facevo l'interprete. Tutti gli afgani chiamavano me. Se non facevo l'interprete c'era il rischio di cominciare una rissa e di morire tutti in mare. Ma io non sapevo che fare l'interprete potesse costarmi così, che può costarmi 14 anni di carcere. Fatemi capire: aiutare le persone deboli è un reato di favoreggiamento? Ho sbagliato a fare questo: se ora vedrò qualcuno che muore davanti a me potete stare certi che faccio finta di essere cieco, sordo e muto".

 

Il 26enne pakistano ha ribadito di aver pagato il viaggio 7000 euro. "Ci sono video che dimostrano che ho viaggiato come passeggero e non ho guidato. Quando ero vicino al timone questo era bloccato e tutti si facevano i video lì. Se ero uno scafista non facevo i video, non li postavo su Tik Tok. Io in quel momento ero orgoglioso, felice che eravamo arrivati in Italia".

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