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Le accuse della “talpa” di Sgarbi: «Non ne potevo più di vedere gli uffici dei ministeri ridotti a un covo di affaristi»
La “talpa” che ha diffuso i compensi incassati dal sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi per conferenze ed eventi svolti durante il suo incarico nel governo Meloni è Dario di Caterino, ex social media manager del critico. Il 45enne pugliese, uscito allo scoperto in una intervista a Il Fatto Quotidiano e con Report, ora si dice pronto a incontrare i pm. Secondo quanto fatto trapelare da Di Caterino, durante la sua permanenza al governo, il sottosegretario avrebbe incassato circa 300 mila euro.
Di Caterino: «Non ne potevo più di vedere gli uffici dei ministeri ridotti a un covo di affaristi»
Al Fatto Di Caterino ha raccontato di aver inviato una lettera sia alla premier Giorgia Meloni sia al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano con i dati scaricati dalle email. «Non ne potevo più di vedere gli uffici dei ministeri ridotti a un covo di affaristi», ha ammesso. Il loro rapporto di lavoro è finito nel settembre 2023. «C’era un accordo con Sabrina Colle per ricevere una parte dei proventi maturati dalla gestione dei canali social di Vittorio tramite la sua società Hestia», ha dichiarato Di Caterino. «Li ho richiesti più volte, mai ricevuti». I pagamenti, invece, erano in contanti. «Erano le direttive della Colle e di Nino Ippolito, il suo capo segreteria».
Il tariffario di Sgarbi: 3.500 euro per una conferenza, 5 mila per uno spettacolo teatrale
Il social media manager ha anche spiegato quale fosse il tariffario del critico: 3.500 euro per una conferenza, 5 mila per uno spettacolo teatrale, 4 mila per la prefazione di un libro. Di Caterino, la cui collaborazione collaborazione con Sgarbi è cominciata nel 2022, ha ricordato anche il suo licenziamento. «Fui coinvolto in alcune vicende giudiziarie per le quali provavo un profondo malessere», ha detto. Sgarbi era a conoscenza di una condanna di De Caterino a Perugia, ma la madre del 45enne disse che il figlio era malato. Questo «fino a gennaio 2023, quando ripresi a collaborare». Il patteggiamento risale ad aprile 2023. Lo stesso Sgarbi aveva detto di conoscere l’identità del ‘Corvo’, «un tizio che collaborava con me ai tempi di Rinascimento e un bel giorno sparì, la madre raccontò che era in coma, invece era agli arresti domiciliari per truffa».
La smentita di Sgarbi
Dal canto suo Sgarbi ha diffuso anche sui social una lunga smentita dopo l’articolo del Fatto.
«Utilizzando le menzognere “rivelazioni” di un pregiudicato, Dario Di Caterino, da me cacciato dopo avere scoperto che aveva finto un coma per nascondere di essere stato agli arresti domiciliari, Il Fatto Quotidiano continua una violenta campagna diffamatoria contro di me e i miei collaboratori», scrive il sottosegretario. Di Caterino, spiega Sgarbi,
«ha collaborato con me durante due campagne elettorali con il solo compito di realizzare dei video e di promuovere, attraverso un camper, del materiale elettorale. Impropriamente si è autodefinito “social media manager”, ma nessuno gli ha mai dato questo ruolo. Così come nessuno lo ha mai delegato a fare il “manager”, ruolo che, a mia insaputa, ha millantato. Il Di Caterino è stato allontanato quando si è scoperto che, per nascondere di essere stato agli arresti domiciliari, ha finto, con la complicità della madre, di essere stato ricoverato in coma a Perugia. Oggi confessa sul giornale di essere stato lui l’autore della violazione degli account di posta elettronica in uso alla mia segreteria, e dunque l’autore della lettera anonima inviata lo scorso 19 ottobre a giornali, tv e organi istituzionali contenente tutta una serie di diffamazioni per le quali sono state presentate diverse denunce». «Le conferenze», continua Sgarbi, «come tutte le attività legate al diritto d’autore, sono pagate regolarmente con fatture che distinguono, in linea di principio, l’espressione del libero pensiero da qualunque attività istituzionale. Scrivere di “buste in nero” è una grave diffamazione. I “soldi in nero” cui fa riferimento Di Caterino e che il giornale, senza alcun riscontro, pubblica, sono quelli presi dal Di Caterino stesso per la prefazione di un libro e una mostra privata a Mesagne (Puglia)». Sgarbi si sofferma poi sulla violazione degli account di posta elettronica di cui Di Caterino aveva detto di aver ricevuto le password di accesso. Circostanza smentita seccamente dal critico. «Di Caterino ha avuto per pochi mesi l’accesso ai profili social per caricare i video, ma mai le password alle mail della mia segreteria; le ha invece sottratte in maniera fraudolenta, compresa quella istituzionale in uso al mio Capo Segreteria. Non solo. Ha utilizzato queste mail per inviare la lettera anonima di cui ha rivelato di essere l’autore».