Prigozhin, il mistero della rivolta della Wagner e le ombre sul suo futuro

Tra le varie teorie che sono saltate fuori per cercare di spiegare la vicenda del presunto tentato colpo di stato, o ammutinamento, del gruppo Wagner, lanciato verso Mosca ormai quasi due mesi fa da Yevgeny Prigozhin, c’è quella, forse nemmeno la più stramba, che si sia trattato di una gigantesca maskirovka: un’operazione ingannatrice studiata a tavolino dal Cremlino per far capire all’Occidente quale sarebbe il rischio se al posto di Vladimir Putin nella stanza dei bottoni, quelli nucleari compresi, entrasse d’improvviso il suo cuoco, un personaggio al cui confronto il presidente russo appare infinitamente più moderato.

Il mistero di Prigozhin
Prigozhin in mimetica (da un video su Telegram).

Minsk e il ruolo di Lukashenko

Davanti al pensiero di Prigozhin con in mano le chiavi dell’arsenale atomico più vasto del mondo, anche il più falco dei falchi a Washington avrebbe dovuto insomma convincersi che prima o poi un cattivo compromesso con Putin sarebbe sempre meglio di una Russia guidata da un esagitato ultranazionalista. Eccezion fatta per personaggi come l’oligarca russo Mikhail Khodorkovksy o il consigliere del presidente ucraino, Mikhailo Podolyak, e i loro seguaci a tutti i livelli sul vasto fronte anti-russo radicale, che hanno fatto il tifo per Prigozhin durante la cosiddetta marcia per la giustizia. Questa versione darebbe quantomeno un senso all’epilogo della rivolta avvenuto nel giro di 24 ore e finito in sostanza a tarallucci e vino, con il cuoco che invece di banchettare da solo al Cremlino si è fatto convincere da Alexander Lukashenko, altro stinco di santo trasformatosi in salvatore della patria, a rimangiarsi parole e promesse fatte davanti ai russi e ai suoi miliziani, quelle cioè di riportare ordine nel Paese e nelle forze armate ormai allo sbando e incapaci di condurre la guerra in Ucraina, facendo non solo retromarcia sulla via di Mosca, ma deviando proprio verso Minsk per evitare di essere ucciso con le mani sul posto da Putin in persona. Sulle sue sorti, dove si trovi esattamente e cosa stia facendo, resta però il mistero.

Prigozhin, il mistero della rivolta della Wagner e le ombre sul futuro del cuoco di Putin
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko (Getty Images).

L’ultima apparizione social del capo della Wagner

Se la due giorni di fine giugno fosse stata un grande inganno si spiegherebbe anche perché, invece di aver assistito a una notte dei lunghi coltelli in salsa russa, Prigozhin e Putin si siano nel frattempo di nuovo incontrati, abbiano trovato un compromesso, con l’uscita di scena, almeno temporanea, dal teatro ucraino di parte della Wagner e del suo leader, e la sua ricollocazione, logistica, in Bielorussia, con nel mirino futuro solo le missioni africane. E qui si rientra dalla narrazione avventurosa a quella più reale che in ogni caso rimane piena di interrogativi. Tanto che l’ultima ‘apparizione’ social di Prigozhin, tutta da verificare, è stata il 5 agosto scorso su un canale Telegram legato ai mercenari. Nel video Prigozhin dopo aver sentenziato che «nessuno può vietare a un russo di difendere la sua terra», parla di tattiche di guerra e critica il ministero della Difesa. «Noi ci stiamo riposando e ci stiamo preparando per portare a termine i compiti assegnati», assicura senza però scendere nel dettaglio. Come sempre non si sa né dove il video sia stato girato né tantomeno quando.

Vladimir Putin (Getty Images).

La tentata rivolta di Prigozhin è servita a compattare i sostenitori di Putin

È evidente che dopo i problemi degli ultimi mesi tra i vertici militari russi, il ministro della Difesa Sergei Shoigu e il generale Valery Gerassimov, e Prigozhin, la frattura è diventata insanabile e ora i wagneriti si sono presi una pausa, eccettuati forse quelli che secondo il fantasioso premier polacco Mateusz Morawiecki scorrazzano verso il corridoio di Suvalki e si preparano a marciare su Varsavia. È altrettanto evidente che Putin non si è sbarazzato semplicemente del suo cuoco, ma ha raggiunto un accordo che prevede al momento un riordino delle posizioni e dei ruoli, in attesa di vedere, anche, cosa succederà in Ucraina e quali saranno le eventuali opzioni di rientro. Soprattutto è evidente che tutto quello che è accaduto il 23 e 24 giugno 2023 non è per niente chiaro e forse non lo sarà mai in ogni dettaglio, lasciando aperte le possibilità di interpretazione, a seconda del proprio wishful thinking. La ribellione di Wagner, o presunta tale, ha mostrato da un lato, ancora un volta e in maniera più lampante che mai, che i problemi di coesione intorno al Cremlino esistono e non sono una novità, dall’altro che stavolta tutti si sono schierati con Putin e non con Prigozhin, il cui ruolo passato è ben conosciuto, su quello futuro invece rimane un grande punto di domanda.

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