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Zelensky è sempre più solo: anche il cerchio magico si rompe
Ormai la spaccatura è evidente. A renderla tale, non tanto in Ucraina dove ormai da tempo se ne parla, ma anche agli occhi degli alleati occidentali è stato l’articolo pubblicato dal generale Valery Zaluzhny, il capo delle forze armate di Kyiv, la settimana scorso sull’Economist. In sostanza il generale ha ammesso che la situazione al fronte è complicata, la guerra è arrivata in una situazione di stallo, la Russia approfitterà dell’inverno per avvantaggiarsi e i caccia da combattimento F16 che arriveranno il prossimo anno non cambieranno di molto la situazione, visto che Mosca ha pronte le contromisure con i nuovi sistemi di difesa.
La solitudine di Zelensky e le pressioni per negoziare con Mosca
Un paio di giorni prima il Time era uscito con un lungo reportage in cui si dipingeva la solitudine di Volodymyr Zelensky, più o meno l’unico a credere ancora nella vittoria, quella che dovrebbe vedere i russi fuori dal Donbass e dalla Crimea. Questo il mantra che il capo dello Stato continua a ripetere, agli alleati e soprattutto a se stesso. Nel cerchio magico intorno a lui qualcuno starebbe prendendo le distanze, come ha già fatto ad alta voce il suo ex advisor Olexy Arestovich, che da un paio di settimane tuona contro il presidente e ha detto chiaramente che è ora di mettersi a trattare con Mosca. La questione dei negoziati è stata avanzata anche a più riprese negli scorsi giorni da media statunitensi e la Nbc ha parlato di pressioni di ufficiali americani ed europei sull’Ucraina per far capire che prima o poi le posizioni dogmatiche dovranno essere abbandonate e bisognerà fare i conti con la realtà, che è quella che vede la Russia occupare ancora circa un quinto del territorio ucraino, mentre la controffensiva di Kyiv iniziata a giugno può considerarsi al momento fallita. Zelensky da parte sua ha negato che ci sia una patta e ha ribadito le l’Ucraina dovrà vincere la guerra.
Il siluramento di Horenko è un segnale lanciato dalla Bankova alle forze armate
Per il presidente è un momento complicato, forse il più difficile da quando è iniziato il conflitto, almeno dal punto di vista politico: la guerra in Medio Oriente sta distogliendo l’attenzione internazionale, che per altro stava già scemando, da quella in Ucraina; i dubbi degli alleati sono diventati più forti (non è necessario ricordare il contenuto della telefonata fake tra Giorgia Meloni e i comici russi) e soprattutto il fronte interno è crepato: Zaluzhny è diventato paradossalmente un problema per Zelensky, e non è un caso che lo scorso fine settimana sia stato silurato un suo fedelissimo, il capo dello forze speciali Viktor Horenko, sostituito da Sergei Lupanchuk, una mossa che è stata interpretata come un segnale lanciato dalla Bankova ai vertici delle forze armate. Nonostante il diretto interessato abbia apertamente smentito, il nome di Zaluzhny è quello che viene fatto più spesso quando si parla a Kyiv delle elezioni presidenziali che dovrebbero tenersi l’anno prossimo: i militari non fanno politica e obbediscono agli ordini, ma il laboratorio Ucraina potrebbe sfornare un nuovo scenario.
Volodymyr Zelenskyy dismissed the commander of the SOF of the Armed Forces of Ukraine Viktor Horenko at the request of the Minister of Defense Rustem Umierov.
This was stated by the deputy head of OP Roman Mashovets.
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— FLASH (@Flash_news_ua) November 4, 2023
Il duello tra il presidente e il generale inciderà sugli equilibri futuri del Paese
Zelensky ha la palla in mano, nel senso che dipende dal capo dello Stato indire o meno le elezioni, modificando la regola che le vieta in tempo di guerra quando è in vigore la legge marziale. Fissandole in primavera potrebbe ancora godere di un buon supporto, sia interno che esterno; rimandandole in autunno rischierebbe di lasciare spazio agli avversari, Zaluzhny in primis, se venissero le spinte giuste soprattutto dagli Stati Uniti; cancellandole, il pericolo sarebbe quello uno status quo esplosivo, legato comunque a quello che succederà al fronte. E se le cose non andranno bene, con la forbice tra le promesse fatte e i risultati sul campo in allargamento, allora il destino sarà segnato. Il duello tra il generale e il presidente non può essere visto dunque solo come una questione personale, ma inciderà probabilmente sugli equilibri all’interno del Paese e soprattutto sul percorso che dovrà prima o poi essere trovato per definire i termini per il cessate il fuoco, la fine della guerra e determinare lo status dell’Ucraina in Europa: Zelensky è stato finora l’uomo su cui l’Occidente ha puntato, o dovuto puntare, ma pare essere arrivato il tempo per la ricerca di nuovi candidati, soprattutto se l’attuale capo di Stato non cambierà visione e strategia.