Usa-Cina, guerra tecnologica: scontro sulle limitazioni di Biden negli investimenti hi-tech

Altro che disgelo, ora arriva la guerra tecnologica. Pechino ha presentato «solenni rimostranze» a Washington dopo l’ordine esecutivo firmato da Joe Biden per bloccare e regolamentare gli investimenti americani nel settore tecnologico in Cina, in particolare in società che realizzano più del 50 per cento dei loro ricavi in settori sensibili, legati allo sviluppo militare della Repubblica popolare. Il ministero degli Esteri cinese ha puntato il dito contro gli Stati Uniti che, «con il pretesto della sicurezza nazionale», puntano a «privare la Cina del suo diritto allo sviluppo e a salvaguardare i propri interessi», mettendo in atto un «bullismo tecnologico». La mossa di Washington ha già riacceso le tensioni con Pechino, dopo il recente disgelo (almeno di facciata) registrato nelle loro relazioni.

Stati Uniti-Cina, alta tensione dopo l’ordine esecutivo firmato da Biden che limita gli investimenti nell'hi-tech.
Microchip cinese (Getty Images).

L’ordine esecutivo firmato da Biden entrerà in vigore nel 2024

La Cina, ha spiegato Biden, «è impegnata in un’ampia strategia che dirige, facilita e appoggia progressi nella tecnologia sensibile e prodotti cruciali per le capacità militari, di intelligence, di vigilanza e cibernetiche». Da qui la stretta, dettata da motivi «di sicurezza nazionale e non economici». L’ordine esecutivo firmato dal presidente americano impedirà alle società di private equity e venture capital di effettuare investimenti in tre settori hi-tech: informatica quantistica, intelligenza artificiale, semiconduttori e microelettronica. «Il piano è investire in America, stiamo trasformando il nostro Paese», ha dichiarato Biden in conferenza stampa. Nel tentativo di fermare il trasferimento di dollari e competenze in Cina, gli Usa adotteranno l’approccio “small yard, high fence“, (“piccolo cortile, alta recinzione”), in teoria in grado di proteggere risorse strategiche selezionate senza perdere i più ampi benefici ottenuti da un importante partner economico. L’ordine esecutivo, frutto di un lungo lavoro condotto dalla Casa Bianca e che permetterà di controllare i flussi in entrata e in uscita, entrerà in vigore nel 2024.

Stati Uniti-Cina, alta tensione dopo l’ordine esecutivo firmato da Biden che limita gli investimenti nell'hi-tech.
Joe Biden (Getty Images).

Le prove di disgelo con Blinken e Yellen, adesso il passo indietro

I rapporti tra le due principali economie mondiali tornano così a essere freddi dopo le prove di disgelo degli ultimi mesi, che hanno visto prima il segretario di Stato Antony Blinken e poi la segretaria al Tesoro Janet Yellen volare a Pechino. Falco e colomba, ma con lo stesso obiettivo: far progredire il rapporto tra Stati Uniti e Cina, tenendo però il piede in due staffe. Se da una parte Washington ha dichiarato di voler «ricostruire ponti» tra i due Paesi, mirando a trovare dei punti in comune per lo sviluppo delle reciproche economie, dall’altra permane l’annosa questione dei microchip. Nel 2022 gli States hanno infatti deciso di bloccare la vendita di semiconduttori realizzati con tecnologia americana al Dragone, che da parte sua ha ristretto l’accesso straniero alle risorse nazionali di gallio e germanio, metalli impiegati nella fabbricazione di chip.

Stati Uniti-Cina, alta tensione dopo l’ordine esecutivo firmato da Biden che limita gli investimenti nell'hi-tech.
Janet Yellen (Getty Images).

Le critiche alla misura: potrebbe danneggiare l’economia a stelle e strisce

Negli ultimi anni, per volontà dei due governi, gli investimenti tra Stati Uniti e Cina sono diminuiti drasticamente. Ma i fondi di private equity e venture capital hanno continuato a cercare opportunità redditizie in Oriente. Da qui la stretta decisa dall’amministrazione Biden, criticata dai repubblicani al Congresso per varie ragioni, anche opposte: c’è chi sostiene sia arrivata troppo tardi, chi la ritiene insufficiente, chi pensa sia un danno per l’economia a stelle e strisce, visto che altri Paesi continueranno a stringere partnership tecnologiche con la Cina, che comunque non avrà carenza di capitali. La classica zappa tirata sui piedi, insomma. Come ha spiegato al New York Times l’economista Nicholas R. Lardy, nel 2021 e nel 2022 gli Stati Uniti sono stati la fonte di meno del 5 per cento degli investimenti diretti in Cina: «A meno che altri importanti investitori non adottino restrizioni simili, penso che si tratti di una perdita di tempo. Questa politica fa il gioco di Pechino e di chi non crede che gli Usa siano interessati al dialogo». I funzionari americani, negli ultimi mesi, hanno parlato a più riprese con gli alleati per spiegare la bontà della misura e incoraggiare altri governi ad adottare restrizioni simili. È successo anche al G7 che si è svolto a maggio in Giappone. «L’Unione europea non vuole separarsi dalla Cina, ma è necessario ridurre i rischi», ha dichiarato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.

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