Ucraina, lo stallo danneggia più Zelensky che Putin: il punto sulla guerra

Dopo quasi un anno e mezzo di guerra non si intravedono spiragli di tregua o di pace. Simboliche lo scorso fine settimana le dichiarazioni arrivate da Kyiv e da Mosca: da una parte il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito che l’obiettivo è riportare sotto il proprio controllo i territori occupati, dal Donbass alla Crimea; dall’altra l’ex capo di Stato e vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa Dmitri Medvedev ha detto che se la controffensiva ucraina dovesse avere successo, con le truppe di Kyiv a ridosso della penisola sul Mar Nero, allora Mosca non avrebbe scelta e potrebbe fare ricorso anche all’uso di armi nucleari. Sia l’Ucraina sia la Russia si sentono in grado di vincere sul campo, e con ogni mezzo, questo conflitto che al momento segna una fase di transizione: verso dove non è ancora ben chiaro.

Ucraina, lo stallo danneggia più Zelensky che Putin: il punto sulla guerra
Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev (Getty Images).

L’offensiva ucraina va a rilento mentre Mosca non esclude l’uso di armi nucleari tattiche

Dall’inizio di giugno è cominciata la controffensiva ucraina che nelle prime sei settimane non ha portato a mutamenti sensibili sulla lunga linea del fronte, che passa per oltre 1.000 km attraverso una mezza dozzina di oblast dell’est e del sud del Paese; negli ultimi 10 giorni da Kyiv si sono rivendicati avanzamenti nel Donbass, intorno a Bakhmut, e nel meridione, sulla direttrice che nella regione di Zaporizhzhia va verso il Mar Nero. Secondo fonti ucraine in alcuni punti la prima linea di difesa russa sarebbe anche stata penetrata. Da Mosca si sostiene invece che gli attacchi sono stati respinti: il presidente Vladimir Putin ha ripetuto più volte che la controffensiva è fallita. D’altro canto – come dimostrano le parole di Medvedev, il Cremlino prenderebbe in considerazione l’utilizzo di armi nucleari tattiche se la situazione dovesse davvero peggiorare. Il worst case scenario non è da escludersi. Al momento però non ci sono segnali di grandi sconvolgimenti, né nel Donbass, né tra Kherson e Zaporizhzhia: il contesto rimane quello di una guerra di logoramento in cui le posizioni difficilmente si ribaltano improvvisamente. La Russia, oltre alla difesa nel sud, sembra stia riprendendo l’iniziativa nel Donbass, per riconquistare i territori presi all’inizio del conflitto e perduti lo scorso autunno. L’Ucraina, che con molta probabilità non ha ancora schierato il massimo delle proprie forze, ha ancora qualche riserva, ma rimane un dato di fatto che nei primi due mesi di contrattacco i progressi si sono visti col lumicino. Difficilmente nel corso dell’estate si vedranno cambiamenti, poiché il supporto occidentale non cambierà radicalmente rispetto al volume attuale e la questione delle armi a lungo raggio e degli F16 è stata sostanzialmente procrastinata, per questioni tecniche e politiche.

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Volodymyr Zelensky (Getty Images).

Lo stallo sulle posizioni attuali nuocerebbe più a Kyiv che a Mosca

L’Ucraina poi non entrerà nella Nato, se non eventualmente dopo la guerra e a condizioni e confini tutti da verificare, e la formula attuale del sostegno occidentale “sino a quando sarà necessario” vuol dire poco o nulla fino a che gli sponsor principali di Kyiv non decideranno quando sarà venuta l’ora di negoziare. Per adesso l’unico che potrebbe sedersi al tavolo in teoria è Putin, che a questo punto del conflitto può vantare comunque un vantaggio territoriale, vendibile anche al proprio elettorato, mentre per Zelensky un congelamento del conflitto sulle posizioni attuali sarebbe un disastro, in tutti i sensi. Il 2024 è un anno di elezioni presidenziali, a Mosca, Kyiv e soprattutto a Washington: gli Stati Uniti indicheranno la direzione in cui dovrà muoversi l’Ucraina nei prossimi mesi e nei prossimi anni, all’interno di una cornice internazionale in cui per la Casa Bianca il dossier dell’ex repubblica sovietica è sì importante, ma non determinante, nell’ottica dl duello con la Cina.

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Vladimir Putin (Getty Images).

L’ipotesi di un compromesso tra Russia e Usa

I canali di comunicazione tra Russia e Stati Uniti sono rimasti in questi mesi in ogni caso aperti, anche se molto poco utilizzati, e nella prospettiva che il conflitto sul continente europeo si protragga senza chiari vincitori né vinti, incidendo però sulla capacità di manovra della Nato su altri teatri e soprattutto condizionando troppo la strategia americana nei confronti di Pechino, è possibile che si assista a un avvicinamento graduale che potrebbe tradursi nel tentativo di una ricerca di un compromesso, ovviamente sulla testa dell’Ucraina.

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