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Ucraina, 96 carri armati svizzeri fermi in Italia: il governo elvetico dice no alla riesportazione
Novantasei carri armati Leopard 1 A5 fabbricati dalla svizzera Ruag, e di proprietà dell’azienda svizzera ma attualmente in deposito in Italia, non potranno essere riparati in Germania per poi essere trasferiti in Ucraina. Lo ha stabilito il Consiglio federale elvetico: la riesportazione sarebbe contraria alla legge sul materiale bellico e comporterebbe un cambiamento nella politica di neutralità della Svizzera, ha spiegato il governo.
I carri armati sono stati ricomprati dalla Rueg nel 2016
I carri armati appartenenti alla Ruag risalgono ai tempi della Guerra Fredda, quando l’esercito italiano era arrivato a schierarne più di mille. Prodotti proprio dalla Rueg, che li aveva venduti all’Italia, erano stati in parte ammodernati negli Anni 90, per essere poi tolti dal servizio e parcheggiati in un deposito nel Vercellese. Nel 2016, Ruag ne aveva riacquistati appunto 96 per 4,5 milioni di euro dall’Italia: il gruppo di armamenti elvetico intendeva rimetterli a nuovo o eventualmente utilizzarti per le parti di ricambio. Tra i potenziali acquirenti c’era all’epoca il Brasile, ma poi le trattative si sono arenate e i carri armati sono rimasti in Italia.

La Svizzera ha ribadito la linea già adottata per richieste analoghe
Respingendo la domanda, presentata lo scorso 27 aprile dalla stessa Ruag alla Segreteria di Stato dell’economia «è stata data priorità agli aspetti della politica di neutralità della Svizzera e alla sua affidabilità come Stato di diritto», ha spiegato il governo elvetico. I carri armati, nelle intenzioni di Ruag, sarebbero stati acquistati dall’azienda tedesca Rheinmetall, che poi li avrebbe consegnati all’Ucraina. Il governo della Svizzera ha dunque ribadito la linea già adottata in precedenza per tutta una serie di richieste analoghe.

Nei giorni scorsi Berna ha invece dato il via libera alla messa fuori servizio di 25 Leopard 2, che la Confederazione potrà quindi vendere alla Germania, a patto che Berlino non li fornisca poi a Kyiv. Li potrà però rivendere ad altri Paesi europei.