Twitter e il ruolo degli opinionisti della domenica

«Cammini per la strada, ti viene in mente un pensiero e lo twitti, ma se ti fermassi a pensarci per due minuti, o facessi un minimo sforzo per riflettere sull’argomento, non lo invieresti». Correva l’anno 2013 quando il famoso linguista Noam Chomsky (Sistemi di potere. Conversazioni sulle nuove sfide global, Ponte delle Grazie) invitava al pensiero critico e vigilante l’ancora ristretta cerchia di opinionisti del web. Oggi quella raccomandazione è peggio che patetica, considerato il twittaggio compulsivo dei nostri politici, anche quelli più seri. Carlo Calenda e Carlo Cottarelli, ben più di Matteo Salvini, segnalano come alla fregola twittarola sia difficile sottrarsi. La ricerca del like, come noto, è dopaminica: dà piacere e assuefazione parlare di sé. Dunque è politicamente irresistibile, anche perché componente fondamentale delle “guerre culturali” o meglio delle cultural war 2.0, per dirla con il titolo dell’eccellente analisi di Peter N. Limberg e Conor Barnes (The Memetic Tribes Of Culture War 2.0 | by The Stoa | The Stoa | Medium), che hanno il web e i social come terreno privilegiato di scontro politico. Ragioni e torti si regolano in Rete, con mobilitazione dei capi tribù e di tutti i seguaci, con largo uso di meme, lazzi, insulti, dileggi. Una deriva culturale il cui lo spirito dei tempi poggia sul fatto semplice ma drammatico che oggi tutti, ma proprio tutti, e non più solo giornalisti, comunicatori e leader d’opinione, possono dire, contraddire, commentare e opinionare sull’universo mondo. Anche con poca o nulla competenza specifica. Ma in numerosi casi con un indubbio e crescente riscontro di follower, like e condivisioni.

Twitter e il ruolo degli opinionisti della domenica
Un tweet de Il grande flagello.

I twittatori star che si nascondono dietro nickname di fantasia

È proprio sugli opinionisti della domenica che abbiamo concentrato la nostra attenzione. “Abbiamo” si riferisce al sottoscritto e a Gloria Roselli e Ottavia Firmani, due laureande-laureate nel corso di Giornalismo e cultura editoriale dell’Università di Parma, con cui stiamo scrivendo un saggio sulle tipologie umane e professionali che hanno successo su Twitter e LinkedIn. Con esclusione dei “soliti noti” e inclusione invece di “gente normale” che, per le ragioni più diverse, sta avendo un certo successo con nickname di fantasia estrema e definizioni di sé bizzarre e stravaganti. Forti della capacità di riuscire, in certi casi con “cazzate epiche” a generare engagement da primato. È così che abbiamo scelto i due social più “auto-narrativi”, volendo comporre una sorta di “ pagine gialle”,  di elenco che con il solo screen dei vari account, suddivisi per generi, svela un mondo che è sociale nel suo significato più estensivo e autentico. Chi sono, come mi presento e rappresento, quali fini perseguo, a che tipo di successo personale e/o professionale ambisco? Queste alcune delle domande che ci siamo posti e alle quali stiamo rispondendo. Oggi però vi parlerò solo di Twitter. Di LinkedIn vi dirò una prossima volta. Innanzitutto va segnalata la scarsità di studi, saggi e ricerche, di taglio socio-culturale, sociologico e psicolinguistico. Ne erano usciti parecchi nel primo decennio di questo secolo, ma poi il web e i social hanno quasi cessato di essere analizzati su punti e problemi specifici. Sul piano di una saggistica non episodica, Breve storia di Twitter di M Arcangeli (Castelvecchi , 2016) e allargando il discorso Nello smartphone di Narciso. Identità, pensiero e narcisismo nell’epoca del web di A.R.Pennella (Mimesis, 2020) sono forse le sole eccezioni nazionali segnalabili. Evidentemente Facebook & Co sono diventati d’uso così comune e diffuso, cioè banalizzati, da non essere più visti come oggetto di riflessioni, pensieri critici, questioni emergenti e dirimenti.

La seconda premessa è che non ci sono ricerche che valutino gli effetti e l’impatto di breve e di lungo periodo dell’opinionismo diffuso che circola sui social. Il sospetto, ma solo un sospetto, è che le star dei social siano in realtà come le monadi del filosofo Leibniz, cioè comunicanti ma solo al loro interno, nell’ambito della propria community. O non dissimili dalle bolle di sapone che non lasciano nulla proprio quando esplodono. Molto rumore per nulla, in ossequio all’impermanenza che regna sul web. Oppure molto rumore, ma solo all’interno di quella comunità informale – e sono tante- che si è venuta organizzando attorno al twittatore famoso. E qui si arriva al cuore della nostra riflessione e ricerca tesa a individuare personaggi e storie che non hanno precedenti e riscontri nella società pre-social, essendo prodotti peculiari ed esclusivi di Twitter, così come di Facebook, Instagram e TikTok. Trattasi appunto dei “commentatori della domenica” o “web star della porta accanto” intesi non solo come “illustri sconosciuti” che sono diventati dei super influencer (come nei casi di @Dio, quasi 1 milione di follower e di Spinoza @spinozait, 1,7 milioni di follower, ma conosciuto fuori dall’ambiente Twitter per il giornaliero medaglione satirico su Il Fatto quotidiano), ma anche come persone stimate nei propri ambiti professionali, però affermatesi fuori di essi, opinionando su temi politici o di costume, polemizzando e diventando dei pesci pilota digitali. Molto famosi, ma solo su Twitter.

https://twitter.com/mentecritica
Il comandante nebbia su Twitter.

Il bestiario degli opinionisti fai da te

Con queste avvertenze abbiamo individuato 14 macro-categorie selezionando all’interno di esse 20 profili rappresentativi della categoria. Una sorta di guida pratica ai tipi umani su Twitter. Ovviamente qui mi limiterò a segnalare alcuni casi emblematici di “opinionista fai da te”, che a partire dai nomi e dalle argomentazioni sono illustrativi della fenomenologia di Twitter. Che dice alla fine poco se si guarda ai “soliti notissimi” (Barack Obama, Elon Musk, Katy Perry, Justin Bieber) ma molto se invece si mettono assieme e compongono i “twittamenti” di un  vero e proprio esercito di influencer dai nomi improbabili ma dai cospicui seguiti di follower. Quali ad esempio Il Triste Mietitore @tristemietitore (437.322), Comandante nebbia @mentecritica (108.247), Mangino Brioches @manginobrioches (59.865), Gianni Kuperlo-Parody @giannicuperloPD ( 60.397), La Figa di Mogano @RoteFuchs (36 mila). Come già detto si potrebbero scrivere numerosi saggi a partire da aspetti singolari di Twitter. Ad esempio che i profili parodia, che sono tanti (da quello di Confindustria a quelli di Crosetto e Renzi) talvolta sembrano più veri di quelli ufficiali. Che i follower di Papa Francesco (@pontifex) sono variabili a seconda dei profili di Pope Francis, Papa Francisco, Papa Franciscus (sempre lui: più che trino, quatrino). Che i giornalisti della Bbc, che ha più di 40 milioni di follower, si seguono solo fra di loro e sono 17. Che molti profili, anche di accademici seri e stimati, sono più divertenti di quelli di noti umoristi. Se Zerocalcare (@zerocalcare si descrive come «Presenza cosìcosi ma dizione perfetta», il cattedratico Vittorio Emanuele Parsi @VEParsi1 chiude la sua bio con «sono un rugbista» e l’economista Michele Boldrin mette in fila un lungo elenco di luoghi del mondo: sembra un’agenzia viaggi. Ma si potrebbe anche, forse si dovrebbe, inaugurare una riflessione sistematica sulla capacità complessiva dei social media di condizionare, in positivo o in negativo, il corso degli eventi. Alla luce soprattutto dell’impatto travolgente che sta subendo l’intero processo democratico per effetto delle applicazioni di Intelligenza artificiale e il processamento velocissimo di quantità imponenti di Dati (Big Data).

Twitter e il ruolo degli opinionisti della domenica
Il profilo di Vittorio Emanuele Parsi.

Noi però abbiamo scelto la prospettiva più umana e quotidiana dei “twittatori della domenica”, che tuttavia compongono un vasto e vario campionario di umanità da social, ovvero di persone che forse non sono come si rappresentano, però vorrebbero essere. E Twitter gliene offre l’occasione. Proiezioni ideali di sé, anche quando trasfigurate, che comunque mobilitano decine di migliaia di seguaci e con taluni tweet capitalizzano centinaia di migliaia di visualizzazioni. Ovviamente chiedersi quanto concorreranno alla formazione del consenso o comunque a influenzare le pubbliche opinioni o, al contrario, se non condizionino in nessun modo la realtà alla quale si riferiscono o si oppongono sono le classiche domandone che sollecitano progetti di ricerca strutturati. Tuttavia se consideriamo, anche in modo esplorativo e un po’ random, i canoni espressivi, il tono ma pure i contenuti delle conversazioni e le auto-narrazioni dei twittatori anonimi di successo si materializzano spaccati sociali illuminanti. Che dicono tanto su come i social media ci stanno cambiando e liberando, perlopiù in senso negativo, dalle regole di comportamento tradizionali e dal rispetto di apparenze che non sono sempre e solo finzioni e inganni. Ironie, sarcasmi, battute, polemiche a perdere, narcisismi non dissimulati, faziosità dichiarata, toni di chi la sa più lunga e mal sopporta obiezioni sono la cifra dei twittatori  della domenica. Un piccolo esercito, come s’è già detto, racchiuso in 14 macro-categorie ( da “ironia da tastiera”, “calcio all’italiana” e “Twitter in fiore, gli opinioniti sanremesi” a “tutto il trash della rete”,  “professione politwittologo” e “anarchici della domenica”). Che fanno un totale di 280 account e altrettanti screen dei profili: da sfogliare e vedere per rendersi conto , come scrive Azael@azael che «per essere un mondo senza alcun senso, senza scopo e senza redenzione, non si mangia neanche male».

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