Trovato a copiare con lo smartphone durante la seconda prova di maturità: bocciato

Uno studente del liceo umanistico Giambattista Vico di Sulmona, in provincia dell’Aquila in Abruzzo, è stato bocciato dopo essere stato trovato in possesso del proprio smartphone durante la seconda prova agli esami di Maturità. Il ragazzo lo stava utilizzando per completare una parte dell’esercizio scelto per l’indirizzo economico-sociale ed è stato estromesso. I professori e la preside hanno deciso di dichiarare nullo tutto l’esame e ora il giovane dovrà ripetere il quinto anno. A commentare è stata la stessa dirigente scolastica, Caterina Fantauzzi. Su Repubblica la preside commenta: «Non entro nel merito della vicenda non facendo parte della commissione ma non si è fatto altro che rispettare le regole. Dispiace per il ragazzo ma sul punto non si transige».

Uno studente è stato bocciato per aver copiato usando lo smartphone
Ragazzi in attesa di dare il via all’esame in una scuola di Milano (Imagoeconomica).

Lo studente rischia un procedimento giudiziario

Il ministero dell’Istruzione aprirà un fascicolo dopo la segnalazione dell’istituto, che ha avviato un’indagine interna. Ma non è finita, perché lo studente rischia anche un procedimento giudiziario secondo una legge che risale a quasi cento anni fa. La legge n.475 del 19 aprile 1925 stabilisce, infatti, che copiare durante gli esami è un reato che può portare anche alla reclusione dai tre mesi a un anno per i trasgressori. Difficile che si possa procedere in tal senso, ma la norma esiste e bisognerà capire cosa vorrà fare il ministero. Nelle norme che hanno preceduto la Maturità 2023, si sottolineava il divieto a cellulari, smartphone, smartwatch, tablet e ogni dispositivo elettronico in grado di inviare foto o utilizzare infrarossi e leggere file.

L’articolo 1 della legge 475 del 19 aprile 1925

Nel primo articolo della legge è specificato un passaggio chiave: «Chiunque in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche Amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l’abilitazione all’insegnamento od all’esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno. La pena della reclusione non può essere inferiore a sei mesi qualora l’intento sia conseguito».

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