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Teresa Guccini: «Io come Fedez, senza i donatori di sangue sarei morta»
Dopo Fedez, anche Teresa Guccini ha raccontato sui social la propria esperienza in ospedale e di come si sia salvata grazie alle trasfusioni. La figlia del cantautore Francesco Guccini ha ripreso l’appello del rapper alla donazione di sangue con un lungo post su Instagram in cui ha raccontato quanto successo il 15 dicembre 2022. La donna spiega di essersi salvata, dopo aver partorito, grazie ai donatori e alla preparazione dell’ospedale in cui è stata ricoverata, il Sant’Orsola di Bologna. Fedez, con il suo racconto, ha generato un boom di donazioni con centinaia di persone in coda davanti alla sede Avis di Milano già dalle prime ore del mattino di lunedì 9 ottobre.
Guccini: «Senza i donatori non sarei qui»
Teresa Guccini su Instagram ha pubblicato una foto in cui è a letto, in ospedale, con in braccio suo figlio Pietro appena nato. E ha raccontato: «Questa foto è del 15 dicembre 22 ed è il momento esatto in cui sono ritornata molto provata in ostetricia dalla terapia intensiva e ho rivisto il mio Pietro arrivato dalla neonatologia un giorno dopo la sua nascita. Ero letteralmente distrutta e tratti senza memoria. Scrivo queste righe ispirata da quanto accaduto a Fedez perché anche io senza i donatori di sangue non sarei qui a raccontare la mia storia ed è perciò doveroso ringraziarli».
E ha insistito evidenziando un altro aspetto: «C’è un altro motivo per cui scrivo ovvero l’importanza del parto in strutture ospedaliere attrezzate di terzo livello. La mia è stata una gravidanza perfetta e ho fatto un parto naturale, eppure, quando ho espulso la placenta, ho avuto una emorragia gravissima stimata intorno ai 2200cc che mi ha fatto scendere l’emoglobina a 4. Avere l’emoglobina a 4 all’improvviso (il minimo è 12) significa essere ad un passo dall’andarsene».

Il racconto: «Fondamentale affidarsi a strutture organizzate per partorire»
«Ci ho messo mesi a elaborare quanto accaduto perché nella gioia della nascita non ho pensato a me stessa», ha proseguito. «Sono stata portata immediatamente in sala operatoria e da lì non ricordo più nulla. Mi sono svegliata in rianimazione il giorno dopo immobilizzata e intubata e senza Pietro, confusa e senza sapere bene cosa fosse accaduto. È stato difficile ma senza 4 emotrasfusioni e la prontezza degli anestesisti, ostetrici, ginecologi e rianimatori dell’Irccs Sant’Orsola non ce l’avrei fatta. Donare il sangue è fondamentale così come affidarsi a strutture organizzate per partorire perché durante un parto naturale possono accadere molte cose ed essere lontani da una rianimazione e da una rianimazione neonatale può virare in peggio l’esito delle cose».
Poi ha concluso: «Partorire a casa può essere romantico ma non penso sia una scelta saggia per il proprio bene e per quello del vostro bambino in momenti in cui i secondi fanno la differenza. Io mi sono persa i momenti più belli, quelli di quiete dopo un parto naturale, quelli in cui ci si gode il proprio bimbo sulla pancia e ci si rende conto di una nascita ma posso dire di essere stata fortunata nella sfortuna. Ringrazio ancora tutto lo staff dell’ospedale e i donatori che mi hanno permesso di raccontarvelo».