Stupro di gruppo a Palermo, uno degli indagati: «Mi sono schifato ma la carne è carne»

Emergono nuovi dettagli sullo stupro di gruppo che avrebbe subito una ragazza di 19 anni dopo aver passato la serata in un locale della Vucciria a Palermo. Nel cellulare di uno dei sette indagati, Angelo Flores, sono stati ritrovati due video che riprendono gli abusi sessuali (che lui stesso ha filmato) oltre ad alcuni messaggi WhatsApp che ricostruiscono l’accaduto. A incastrare la comitiva anche una serie di intercettazioni captate al Comando provinciale dei carabinieri dopo gli arresti.

La vittima: «Stavo male, ho chiesto di chiamare l’ambulanza ma non l’hanno fatto»

Tutto è iniziato bevendo «sette shottini di Sambuca uno dopo l’altro e fumando uno spinello». Dopodiché il gruppo ha portato la giovane verso il luogo in cui si sono consumate le presunte violenze. Durante il tragitto, si legge nella denuncia depositata dalla vittima, «ho capito che Angelo aveva cattive intenzioni e gli ho detto: “Ma mi vuoi far stare sola con questi, ma sei pazzo?”». E ancora: «Ero stonata, in piedi ma barcollavo. Ho sentito dei forti dolori alla parte bassa del ventre e mi lamentavo, loro mi hanno derisa. Ho chiesto ad Angelo di chiamare un’ambulanza, ma lui ha risposto che non lo avrebbe fatto perché non voleva fossero coinvolte le forze dell’ordine». Quindi quei minuti interminabili, ripresi da uno degli stupratori, in cui si sentono frasi inequivocabili: «Andiamo, forza che ti piace». E intanto il ragazzo condivide le immagini con un amico («Stiamo facendo un bordello»), mentre un altro suggerisce: «Stai attento a questi video, non è che spunta che l’avete stuprata?».

«L’abbiamo lasciata lì e siamo andati via»

Il giorno dopo, sempre in un messaggio scoperto dai carabinieri riportato dal Messaggero, è ancora Angelo a continuare il racconto: «Se ci penso mi viene lo schifo perché eravamo cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei porno, eravamo troppi e sinceramente mi sono schifato un poco, però che devo fare la carne è carne, ma ti giuro dopo che si è sentita pure male, piegata a terra, ha chiamato l’ambulanza. L’abbiamo lasciata lì e siamo andati via. Voleva farsi a tutti, alla fine gli abbiamo fatto passare il capriccio».

Il gip: «Consapevoli dell’azione violenta ma indifferenti» 

Quindi altre confessioni, raccolte con delle cimici piazzate in caserma nei giorni della convocazione di due dei sette indagati: «Le ho fatto male, lei non voleva, faceva “No, basta”. I pugni che le davano e pure gli schiaffi, non respirava». Mentre descrivono la scena temono di finire «nella stessa cella» e «al telegiornale». «Meglio scappare in Messico o in Thailandia», suggeriscono. Per il gip «si coglie la consapevolezza dell’azione violenta e della realizzazione dei rapporti sessuali con modalità aggressive che hanno devastato fisicamente la ragazza. La quale, secondo i loro ricordi, aveva detto “Basta”. Dalle loro parole si comprende anche come, benché moralmente del tutto indifferenti rispetto a quanto accaduto, fossero consci delle possibili conseguenze dei gravi fatti denunciati, vaneggiando su propositi di fuga all’estero».

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