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Stupro di gruppo a Palermo, il minorenne torna in carcere
L’unico minorenne del gruppo composto da sette ragazzi arrestato per la violenza di gruppo su una 19enne a Palermo torna in carcere. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale per i minori ha firmato il provvedimento di aggravamento della misura cautelare. Per questo il ragazzo tornerà nell’istituto di pena minorile Malaspina del capoluogo siciliano. Il gip sabato scorso aveva attenuato il provvedimento dopo la confessione del giovane. A far propendere per l’inasprimento, invece, sarebbero stati alcuni contenuti ritrovati all’interno dello smartphone del minore.
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I carabinieri hanno perquisito la comunità dov’era rinchiuso
Durante l’interrogatorio, il giovane, minore all’epoca dei fatti ma adesso maggiorenne, ha confessato di aver avuto un rapporto sessuale con la 19enne, durante la notte del 7 luglio. Tanto è bastato al giudice per alleviare la misura di custodia cautelare e rimandarlo in comunità. Alcuni giorni fa, però, i carabinieri hanno perquisito l’area, dopo aver trovato online contenuti multimediali riferiti all’arrestato. Ma già lunedì 21 agosto la procuratrice per i minorenni Claudia Caramanna aveva annunciato di voler presentare ricorso: «Deve tornare in carcere». E così sarà dopo il riesame effettuato dalla procura.
Si attende il ricorso di tre dei sei maggiorenni
Il tribunale del Riesame si è già espresso la scorsa settimana anche su tre dei sei maggiorenni. I giudici hanno confermato la detenzione cautelare in carcere disposta dal gip per Angelo Flores, Gabriele Di Trapani e Cristian Barone. Per gli altri tre, Samuele La Grassa, Christian Maronia e Elio Arnao, si attende invece la richiesta dei legali al Riesame. Gli avvocati potrebbero chiedere l’attenuazione della misura della detenzione in carcere per i loro assistiti. I sei giovani hanno chiesto di essere allontanati dalla struttura penitenziaria a causa delle minacce ricevute. E intanto prosegue il braccio di ferro tra il Garante della privacy e Telegram, dopo l’appello lanciato dall’Autorità a non diffondere il video della violenza.