Stellantis e le incognite del Patto per l’auto per aumentare la produzione in Italia

L’obiettivo è ambizioso, forse troppo, nonostante la tempistica sfumata: arrivare a produrre 1 milione di vetture all’anno. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e l’ad di Stellantis, Carlos Tavares, lo hanno fissato durante l’incontro del 10 luglio scorso. Ma il cimento appare decisamente arduo, perché si tratta di invertire una tendenza ormai ventennale che vede l’Italia sempre più soltanto come mercato e sempre meno come polo di produzione. Trend che non è certo cambiato negli ultimi due anni e mezzo con la nascita del gruppo francese che ha incorporato Fiat-Fca e che vede Exor come azionista al 14,4 per cento (e che che ha chiuso il primo semestre 2023 con più 12 per cento di ricavi e più 37 per cento di utile netto).

Se Urso promette un «cronoprogramma preciso», i sindacati ne invocano uno «verificabile»

Nel Bel Paese Stellantis è oggi al di sotto dei 500 mila automobili, 470 mila per la precisione, cui si aggiungono 300 mila mezzi commerciali, benché le stime sul 2023 parlino di una crescita produttiva intorno al 15 per cento, corroborata dalle buone notizie intorno ad Alfa Romeo (immatricolazioni con un +57 per cento nel semestre rispetto all’anno scorso). Urso promette ora un «cronoprogramma preciso», ma intanto i sindacati invocano un «cronoprogramma verificabile» rispetto al traguardo di 1 milione di veicoli annui. Il ministro ha già incontrato le sigle dei lavoratori e queste ultime, Cgil in testa, hanno chiesto di non giocare su tavoli separati con il gruppo automotive e di potersi guardare tutti in faccia per delineare una strategia chiara sui destini della produzione, dei modelli, dei livelli occupazionali, sull’indotto e sulle diverse mission dei singoli stabilimenti italiani. Il sospetto, in alcuni ambienti sindacali, è infatti che Urso voglia mantenere gli interlocutori lontani tra loro per condurre in solitaria la partita con Stellantis e poi mettere il cappello politico sugli eventuali risultati.

Stellantis e le incognite del Patto per l'auto per aumentare la produzione in Italia
Adolfo Urso al tavolo con i sindacati su Stellantis (Imagoeconomica).

Il nodo della Transizione 5.0 e del Pnrr

L’inquilino di Via Veneto in realtà dichiara di voler tenere assieme l’azienda, le filiere, le rappresentanze dei lavoratori e anche le Regioni che ospitano i siti produttivi. Non a caso, mercoledì incontra i governatori. E l’esecutivo sa che l’obiettivo di 1 milione di auto prodotte in quella che fu la patria della Fiat non si raggiunge se non sostenendo l’offerta e foraggiando la domanda nella fase delicata della transizione ecologica che stiamo vivendo. Invertire la tendenza è il chiodo fisso e il ministro meloniano attende in tal senso anche le determinazioni del suo collega di governo e di partito, Raffaele Fitto, che ha in mano il Pnrr e RepowerEu, strumenti potenzialmente utili, attraverso il capitolo Transizione 5.0, per rimpolpare il Fondo dedicato all’automotive. Oggi quel serbatoio ha oltre 5 miliardi di euro ancora non spesi per la rivoluzione green delle quattro ruote, ma la sensazione è che comunque non basteranno e infatti tutti i sindacati hanno fatto presente a Urso che servono più soldi. All’orizzonte c’è il dossier Ue da tutti criticato del passaggio all’euro 7, definito «folle» da Urso. E soprattutto lo spauracchio (per il governo e la maggioranza di centrodestra) della conversione totale all’elettrico nel 2035; dunque bisogna gestire il comparto e accompagnare il cambiamento evitando che si trasformi in un bagno di sangue per le imprese della filiera e l’occupazione. In attesa poi di capire se l’esecutivo Meloni riuscirà a far includere i biocarburanti nell’intesa sulla transizione dell’automotive.

Stellantis e le incognite del Patto per l'auto per aumentare la produzione in Italia
Raffaele Fitto (Imagoeconomica).

Urso punta a chiudere l’accordo di sistema con Stellantis e gli stakeholder entro la pausa di Ferragosto

Gli strumenti per il rilancio comunque non mancano: contratti di sviluppo, accordi di innovazione e soprattutto gli incentivi, che nelle intenzioni del governo andranno utilizzati diversamente dal passato, cercando di favorire in modo mirato la produzione nazionale di vetture. L’obiettivo è quello di svecchiare il parco auto rottamando 11 milioni di veicoli ancora circolanti che vanno da euro 0 a euro 3. Fitto ha sulla testa la scadenza ultima del 31 agosto per la revisione generale del Pnrr, mentre Urso vorrebbe chiudere l’accordo di sistema con Stellantis e tutti gli stakeholder entro la pausa di Ferragosto. Ce la farà? Sul fronte dei lavoratori, Cisl e Uil hanno un atteggiamento più aperto. La Cgil, come al solito, è invece guardinga. «Il sindacato», ha detto il segretario generale Maurizio Landini, «chiede di salvaguardare l’occupazione e che gli incentivi siano condizionati a occupazione e investimenti. Noi a oggi risposte non ne abbiamo avute». Insomma, il timore è che nella trattativa il governo possa risultare la parte debole rispetto all’azienda e allargare i cordoni della borsa, come spesso accaduto in passato, senza le necessarie garanzie sulle contropartite in termini di piano industriale, investimenti, occupazione, ricerca e innovazione.

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Maurizio Landini (Imagoeconomica).

I dubbi sulla gigafactory per batterie di Termoli e sulla destinazione di Mirafiori

In effetti c’è molta ansia, per esempio, sulle sorti della gigafactory per la produzione di batterie che dovrebbe nascere a Termoli, in Molise. Automotive cells company (Acc), la partnership industriale di Stellantis con Mercedes-Benz e TotalEnergies/Saft è avviata, l’accordo con il Mise risale al marzo 2022, lo Stato ci mette 370 milioni di euro su 2,3 miliardi complessivi. Tuttavia, sottolineano i sindacati, la costruzione dell’impianto, pur confermata, non è stata ancora fissata e invece va «accelerata», dice la Fim Cisl. A qualcuno ha fatto saltare la mosca al naso, nel frattempo, l’annuncio dell’intesa con Samsung per una seconda gigafactory che nascerà negli Usa, entro il 2027, nel quadro della joint venture StarPlus Energy. D’altronde Stellantis ha l’obiettivo dichiarato di raggiungere entro il 2030 il 100 per cento delle vendite con veicoli elettrici a batteria (Bev) in Europa e il 50 per cento con vetture e veicoli commerciali leggeri Bev negli States. Incognite e timori pesano poi sulla destinazione dello stabilimento di Mirafiori e sull’ipotesi di creare lì un hub dell’economia circolare man mano che la transizione energetica assume consistenza. Bene per adesso la 500 elettrica che piace molto in Usa, ma servirebbe almeno un altro modello in loco. In generale, poi, le organizzazioni sindacali e gli osservatori esterni paventano la perdita di competenze del distretto piemontese dell’automotive sul fronte della ricerca, della creazione e dell’innovazione. Da Nord a Sud, invece, non mancano dubbi sulla produzione Panda a Pomigliano, su Melfi e sulla nebulosità dei quattro o forse cinque nuovi modelli attesi. Ok il ritorno della Topolino e della Seicento, ma malissimo se dovessero finire in Marocco e in Polonia. E se sta rientrando l’emergenza legata alla carenza globale di semiconduttori, martedì 25 luglio la mancanza di componenti ha causato la sospensione dell’attività per ben otto ore all’Unità di verniciatura, montaggio e plastica di Melfi. Insomma, il possibile “Patto per l’auto” è carico di incognite e dovrà fare i conti con la realtà.

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