Si sblocca la terza rata del Pnrr ma l’Italia vede slittare mezzo miliardo

Un gioco di equilibri. Raffaele Fitto, il ministro che si deve occupare della travagliata attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), porta a casa un accordo con Bruxelles che è di quelli da bilancino, politica vecchio stampo, fatta di mediazioni a oltranza e risultati strascicati. Il governo infatti, su proposta dello stesso Fitto, ha rinunciato a 519 milioni di euro della terza rata del Pnrr, almeno per il momento, visto che c’è l’intesa per recuperarli all’interno della quarta rata. Ma ha incassato una cosa ben più preziosa nelle logiche dell’esecutivo: il tempo. Sì, perché per mettere le mani sui quattrini dell’Europa ci sono vincoli da rispettare. Emblematica è la storia della ristrutturazione dello stadio Artemio Franchi di Firenze (che tanto aveva visto battibeccare Matteo Renzi e il sindaco della città toscana Dario Nardella), depennata dalla Commissione dalle spese imputabili al Piano.

La terza rata da 54 obiettivi per 18,5 miliardi, nella quarta 28 obiettivi per 16,5 miliardi

Cosa cambia dunque a livello di cifre? I finanziamenti non sono persi, ma dilazionati: la somma totale dei fondi ex Next Generation da destinare all’Italia per il 2023 resta di circa 35 miliardi: 18,5 dalla terza rata e 16,5 dalla quarta. Palazzo Chigi in una nota ha provato a fare chiarezza: «In accordo con la Commissione, le modifiche proposte non avranno alcun impatto sull’importo complessivo dei pagamenti che l’Italia riceverà nel 2023 con la terza e la quarta rata (per un importo totale di 35 miliardi di euro). La terza rata prevedrà 54 obiettivi per 18,5 miliardi di euro, mentre la quarta 28 obiettivi per 16,5 miliardi. Il totale di 35 miliardi di euro previsto dal Pnrr nel 2023 sarà incassato per intero».

Risolto il caos dei posti letto negli alloggi studenteschi

Tra i paletti imposti dall’Europa c’è la risoluzione del caos alloggi studenteschi, oggi troppo pochi e dunque troppo cari (ancora viva nella mente degli italiani, a tal proposito, la serie di proteste davanti alle Università). Ma mettere a regime i nuovi posti letto chiesti dagli studentati di cui tanto si è discusso in questi ultimi mesi, non è cosa che può essere sbrigata nell’arco di poco. Anche perché Bruxelles chiede che questi alloggi siano realizzati all’interno di edifici nuovi e non, come invece inizialmente aveva pensato il governo, in strutture riconvertite.

Un’intesa democristiana
Studenti protestano contro il caro alloggi davanti a La Sapienza a Roma.

Alla fine la quadra è stata trovata: i 7.500 posti letto non saranno tirati su nell’immediato, bensì assieme a tutti gli altri che erano previsti (per un totale di 60 mila posti) per l’estate del 2026. O meglio, entro quella data dovranno essere state espletate tutte le procedure burocratiche propedeutiche per l’avvio dei lavori. E i soldi? Il mezzo miliardo di euro e oltre cui l’Italia per adesso rinuncia sarà corrisposto da Bruxelles con la quarta rata prevista dal Piano.

L’Ue: «Con Roma scambi costruttivi, valuteremo le modifiche»

Dal lato di Bruxelles, un portavoce della Commissione Ue ha commentato così: «La collaborazione tra la Commissione e le autorità italiane è stata molto costruttiva. Poiché il lavoro tecnico è ancora in corso, non possiamo fornire ulteriori dettagli in questa fase. La Commissione valuterà formalmente l’emendamento proposto nel contesto del quadro normativo relativo alle revisioni dei piani di risanamento e di resilienza. Non prevediamo modifiche all’importo complessivo dei pagamenti che l’Italia dovrebbe ricevere nel 2023, tenendo conto della terza e della quarta richiesta di pagamento».

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