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Riforma costituzionale, il governo Meloni punta all’elezione diretta del premier
Berlusconi e Renzi ci provarono senza successo e ora tocca a Meloni il tentativo di introdurre la tanto discussa riforma costituzionale in Italia. «Abbiamo sulle nostre spalle una responsabilità storica: consolidare la democrazia dell’alternanza e accompagnare finalmente l’Italia, con la riforma costituzionale che questo Governo intende portare avanti, nella Terza Repubblica», ha detto la presidente del Consiglio domenica 29 ottobre alla convention della Democrazia cristiana a Saint Vincent.
Il governo cambia rotta sul presidenzialismo promesso in campagna elettorale
Il disegno di legge, a firma della ministra per le Riforme istituzionali Maria Elisabetta Casellati, è previsto che arrivi sul tavolo del Cdm venerdì 6 novembre. Il testo può ancora cambiare, perché Meloni e i suoi avrebbero ancora dubbi su alcuni passaggi decisivi. Nelle scorse settimane sono circolate diverse bozze del ddl e il governo sembra aver messo da parte il presidenzialismo e l’elezione diretta del presidente della Repubblica, tanto decantati in campagna elettorale dal centrodestra, per puntare invece al premierato elettivo. L’obiettivo della riforma, sostiene la maggioranza, è quello di assicurare stabilità ai governi e valorizzare il voto degli elettori, così che si crei un legame il più diretto possibile tra il voto espresso e la nascita dell’esecutivo.
Cosa prevede il premierato elettivo
Dalle bozze è emerso che l’esecutivo è pronto a introdurre in Italia l’elezione diretta del presidente del Consiglio, con una legge elettorale maggioritaria che garantirebbe il 55 per cento dei seggi al partito o alla coalizione vincente. Tra le opposizioni l’unica favorevole all’elezione diretta è Italia Viva, mentre Azione, M5s e Partito democratico si sono dichiarati contrari a una riforma che sostengono contenere il rischio di avere una «persona sola al comando». La critica delle opposizioni è la rigidità che l’investitura popolare diretta introdurrebbe, rispetto al caso in cui un presidente del Consiglio perda la fiducia della propria maggioranza. Secondo le anticipazioni, il Parlamento non acquisirà il potere di sfiducia costruttiva del presidente del Consiglio, ovvero la sua sfiducia con la contestuale indicazione del suo successore. Il governo dovrà quindi sciogliere il nodo di cosa è previsto che accada in caso di crisi di governo.
Giorgia Meloni oggi ha detto che con la sua riforma costituzionale porterà l’Italia nella Terza Repubblica.
Non so voi, ma noi crediamo che il disegno complessivo di modifica della Costituzione che questa destra vuole realizzare sia spaventoso oltre che sconclusionato.
Questo…
— Riccardo Magi (@riccardomagi) October 29, 2023
Il meccanismo “antiribaltone” in caso di crisi di governo
Nelle bozze circolate, il meccanismo “antiribaltone” delineato dalla ministra Casellati prevede che in caso di crisi di governo il Quirinale debba incaricare un sostituto indicato dalla maggioranza senza l’obbligo di andare a nuove elezioni. Su questa novità il confronto è ancora aperto, in quanto è fortemente voluta dalla Lega e da Forza Italia ma non convince Giorgia Meloni perché toglierebbe al capo del governo il potere di «minacciare» il ritorno alle urne con il voto di fiducia. «Se viene meno la fiducia nel premier si va a votare», è il leitmotiv di Meloni.

I poteri del presidente della Repubblica
Ma se il presidenzialismo è stato messo da parte, restano le incertezze sulle nuove funzioni che la massima istituzione avrà. La riforma verterà principalmente sugli articoli 88, 92 e 94 della Costituzione, due dei quali delineano i principali poteri nelle mani del presidente della Reppublica, ovvero la possibilità di sciogliere le Camere e la nomina del premier e dei ministri. Nel primo caso, il nodo da sciogliere è quello sull’antiribaltone o sul ritorno alle urne. Sul potere di nomina, invece, la ministra Casellati ha fatto sapere che il capo dello Stato manterà il potere di conferire l’incarico al premier eletto e il potere di nominare i ministri su indicazione del capo del governo, il quale non può revocarli.