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Rai, Mannoni: «Il servizio pubblico non si riconosce più»
Maurizio Mannoni, 66 anni, 40 dei quali passati in Rai, e volto storico di Linea Notte ora in ferie forzate in attesa della pensione, sulla tv di Stato meloniana non ha dubbi: «Posso dire che fatico a riconoscere il servizio pubblico. E come me tanti di quelli che incrocio e mi chiedono: “Ma che cosa sta succedendo?”». E, in un’intervista a Repubblica, aggiunge: «Persino nella Rai berlusconiana, pur fra mille difficoltà, era stato conservato uno spazio per un pensiero diverso da quello della maggioranza di governo. Ora noto un appiattimento che, anche a giudicare dai primi dati sugli ascolti, non fa bene al servizio pubblico».

La nuova Rai? «Ci vuole tempo, però la disaffezione già si sente»
A essere evidente è la tangibile disaffezione del pubblico. Un processo che non è cominciato adesso, precisa Mannoni, «ma che i vertici attuali mi pare abbiano aggravato. La fidelizzazione è un’operazione lunga e complessa: troncare di netto con conduttori e programmi che avevano una loro identità, un seguito, un certo appeal può sembrare facile — togli un po’ di roba che c’era prima e ne metti un’altra, badando solo alla fedeltà politica — ma rischi moltissimo». Il riferimento è ai tanti volti storici Rai che hanno lasciato: da Fabio Fazio a Bianca Berlinguer e Lucia Annunziata. Il risultato è un appiattimento dell’offerta, è il ragionamento del giornalista. Certo, la lottizzazione è nel dna della tv pubblica ma «non si era mai vista una tale quantità di scelte identitarie, a senso unico. Prima nel bene e nel male alcuni spazi venivano preservati: Rai3, anche nell’epoca berlusconiana, ha continuato a esistere pur fra mille difficoltà. Ora invece cosa resta? Sì, c’è il Tg3 che continua ad avere una linea e autonomia, ma poi poco altro». Ma le alternative quali sono? Mannoni non ha dubbi: «Mentana, Floris, o anche Porro. In Rai, tranne Vespa, accade raramente di vedere qualcosa di non omologato, conduttori di grande personalità». Non stupisce dunque il calo degli ascolti dei Tg di Viale Mazzini. «Cancellare la parte giudicata politicamente non affine ha delle ripercussioni», spiega. «C’è un appiattimento che gli ascoltatori colgono e perciò cambiano canale. Ormai sono così tante le fonti di informazione che fai presto a perdere il tuo pubblico».