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Pro e contro del salario minimo: i 9 euro l’ora e la proposta al centro dell’incontro a Palazzo Chigi
L’incontro sul salario minimo in programma a Palazzo Chigi non è nemmeno cominciato, ma è iniziato con il piede sbagliato. Giorgia Meloni ha accettato di parlare con le opposizioni, pur ribadendo la sua contrarietà. Elly Schlein, che della retribuzione minima garantita ha fatto un suo cavallo di battaglia, ha detto di essere pronta al confronto, «a patto che non sia una sceneggiata agostana fatta sulla pelle dei lavoratori». Mentre Giuseppe Conte ha dichiarato che la premier ha usato «argomentazioni infondate e risibili per giustificare la sua pervicacia». Ci sono tutti i presupposti per un buco nell’acqua: in attesa di capire cosa salterà fuori, ecco un piccolo vademecum sulla misura di cui tanto si sta parlando. Funzionerebbe? Davvero c’è qualcuno che ci può rimettere? Quali sono le argomentazioni dei contrari?

In Italia per la retribuzione minima ci si affida ai Ccnl, stipulati tra i sindacati e datori di lavoro
Prima di tutto le basi: il salario minimo è la retribuzione minima oraria che viene corrisposta per legge ai dipendenti e sotto la quale i datori di lavoro non possono scendere. In sé, la soglia della paga minima può essere stabilita per legge (tramite l’introduzione appunto del salario minimo legale) oppure attraverso la contrattazione collettiva nazionale. È questo il caso dell’Italia, che al pari di Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia e Cipro – per rimanere all’Unione europea – non ha un salario minimo imposto per legge. Nel nostro Paese ci si affida ai Ccnl, i contratti collettivi nazionali del lavoro stipulati tra i sindacati dei lavoratori dipendenti e i datori di lavoro.
Solo in sei Paesi Ue il salario minimo stabilito per legge è superiore a 9 euro all’ora
La proposta unitaria delle opposizioni prevede l’introduzione di una soglia minima inderogabile di 9 euro all’ora. Solo sei Paesi Ue hanno un salario minimo maggiore: Lussemburgo, Olanda, Francia, Irlanda, Belgio e Germania. Gli altri 15 hanno salari minimi fissati dalla legge inferiori ai 7 euro orari. Le cifre in sé non dicono molto: le varie soglie fissate dipendono infatti dal costo della vita nei singoli Paesi. Gli 11,52 euro orari lordi che dal primo maggio 2023 vengono garantiti ai lavoratori in Francia, per esempio, dovrebbero garantire di poter vivere allo stesso modo dei 3,83 della Grecia.
Salario minimo al centro del dibattito: ma per l’Italia non è obbligatorio
Secondo quanto previsto dalla direttiva Ue del 2020, gli Stati che (come l’Italia) registrano un tasso di copertura della contrattazione collettiva maggiore dell’80 per cento non sono obbligati a intraprendere alcun intervento. A riaccendere il dibattito politico è stata, a ottobre 2022, l’approvazione della nuova direttiva europea che ha dato il via libera definitivo all’introduzione di un minimo salariale adeguato nei Paesi Ue, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e rafforzare i Ccnl.

Il grande pro: aumenterebbe gli stipendi di chi guadagna meno della soglia stabilita per legge
Chiaramente il salario minimo ha il grande vantaggio di innalzare gli stipendi di chi guadagna meno della sua soglia. In Italia aiuterebbe 4,6 milioni di persone: un gruppo molto vario di dipendenti, appartenenti alle categorie meno tutelate. Dagli assistenti domestici agli operai agricoli, fino ai rider, ai lavoratori delle imprese di pulizia, agli operatori turistici. Senza dimenticare la “maglia nera” del settore della vigilanza, che ad aprile ha rinnovato il Ccnl a più di 5 euro l’ora. Il salario minimo potrebbe inoltre aiutare i dipendenti che non sono coperti dalla contrattazione collettiva, così come gli autonomi, che non hanno contratti di lavoro subordinato. Secondo i suoi fautori, il salario minimo sarebbe in grado insomma di ridurre povertà e disuguaglianze sociali.
Per il fronte del no incentiva il lavoro nero e scoraggia le nuove assunzioni
Per il fronte dei no, il salario minimo legale sarebbe controproducente. Aumentando il costo del lavoro, andrebbe infatti a incentivare il nero, così come a scoraggiare nuove assunzioni. Insomma, aumenterebbe povertà e disoccupazione, in particolare tra i lavoratori non qualificati o senza esperienza. Inoltre, sottolineano i detrattori, che bisogno c’è del salario minimo quando la maggior parte dei contratti di lavoro nazionali prevedono già una paga oraria pari o superiore a 9 euro? Meglio spingere casomai sul taglio del cuneo fiscale. C’è poi chi pensa che una legge in merito andrebbe a diminuire il potere della contrattazione collettiva, svuotandola di una delle sue principali competenze.
Le opposizioni (tranne Italia viva) sono a favore del salario minimo garantito
La proposta di legge depositata alla Camera è stata avanzata da Partito democratico, Movimento 5 stelle, Azione, +Europa ed Europa Verde: in pratica tutta l’opposizione tranne Italia viva. Il 3 agosto in Aula è stata approvata una sospensiva che ha rimandato la discussione del testo a fine settembre. Intanto, ecco l’incontro dei rappresentanti della minoranza con Meloni. La quale, forse, non ha proprio ben capito il funzionamento del salario minimo. O, forse, l’ha capito benissimo.
Meloni ferma sul no: ma forse non ha capito come funziona. Oppure sì?
Nella sua rubrica social “Gli appunti di Giorgia”, la premier ha infatti detto: «Se io decidessi di stabilire per legge una cifra minima oraria per tutti, che inevitabilmente dovrà stare nel mezzo, mi ritroverei con un salario minimo legale che in molti casi potrebbe essere ragionevolmente più basso del minimo contrattuale previsto per diversi di questi contratti nazionali». Ma il salario minimo alzerebbe solo le soglie inferiori già stabilite dai Ccnl, senza abbassare – ci mancherebbe altro – quelle che invece sono già superiori. Gli operai metalmeccanici, che hanno per esempio un trattamento economico complessivo superiore ai 14 euro, non scenderebbero a 9 euro, che invece sarebbe una soglia particolarmente gradita alle guardie giurate. Dietro al no di Meloni, il cui governo dice di non voler fare la guerra ai poveri (pur avendo però già tolto il reddito di cittadinanza), c’è anche una questione di principio: «Perché, se il salario minimo legale è la soluzione, i partiti che adesso lo chiedono a gran voce non lo hanno introdotto negli anni in cui erano al governo?».