Perché il granchio blu è emergenza vera e non un cooking show

C’è poco da scherzare o da fare spettacolo sul granchio blu. «Trattare questa criticità alla stregua di un cooking show non è la soluzione corretta. L’unico obiettivo che siamo tenuti a perseguire è la redazione, per quanto possibile, di un programma di contenimento del granchio blu nelle nostre acque. Il Veneto è chiamato a diventare un faro pure per le altre regioni afflitte dal medesimo problema». Così Gianmichele Passarini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani Veneto che aggiunge: «Di certo non si può ridurre un’emergenza di tale portata, che sta mettendo in crisi migliaia di attività, con pesantissime ricadute negative in termini economici, a un “ricettario” nel quale esaltare la bontà del granchio blu. È una mera illusione sperare di eradicare totalmente questa specie nel breve-medio periodo». Un messaggio in particolare alla Coldiretti e a Giorgia Meloni?

La proliferazione del granchio legata al cambiamento climatico

Passarini puntualizza inoltre che i cambiamenti climatici rappresentano una delle cause della proliferazione incontrollata del granchio blu: «Per la riproduzione, la specie ha bisogno almeno di circa 25 parti per milione di salinità; con la progressiva marinizzazione delle aree lagunari, delle foci e degli estuari dei fiumi l’habitat ad essa congeniale è diventato molto più ampio rispetto al passato. Questo fenomeno va affrontato dagli enti competenti, e subìto. Altrimenti centinaia di aziende saranno destinate a soccombere, con danni ingentissimi anche al tessuto sociale». «Oggi è l’intero comparto veneto della pesca ad essere a rischio», sottolinea in una nota Pescagri Cia Veneto, l’associazione dei pescatori per la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione della pesca e dell’acquacoltura. «Non solo la “Cozza di Scardovari Dop” e le vongole. Il granchio blu si ciba di quasi tutti i tipi di pesce attualmente presenti nell’area dell’Alto Mar Adriatico».

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