Non solo il bacio: tutte le ombre su Rubiales, tra affari sospetti e patti con l’Arabia

Un uomo solo al comando di se stesso. Quando la vicenda di Luis Manuel Rubiales Béjar passerà dalla dimensione della cronaca a quella della storia, potrebbe diventare un caso di studio sulle traiettorie di (auto)distruzione di una leadership, ma anche sul pervicace attaccamento al potere anche quando di potere, come si direbbe in Toscana, “un ce n’è rimasto punto”. Rimane soltanto lui, il presidente della Real Federación de Fútbol (Rfef), sospeso per 90 giorni dalla Fifa e rimpiazzato nelle funzioni da un sostituto ad interim, ma ancora formalmente non estromesso.

Violazione ritenuta dal tribunale «grave» ma non «molto grave»

A mantenerlo ancora connesso con la carica di capo del calcio spagnolo è la machiavellica decisione del Tribunal Administrativo del Deporte, che dovendo decidere sul caso del bacio “inflitto” da Rubiales alla calciatrice Jenni Hermoso ha etichettato il gesto come violazione «grave» ma non «molto grave». E questa differenza quantitativa ha portato alla mancata destituzione immediata del presidente sfiduciato dall’universo mondo. Certo, chiunque altro avrebbe preso atto che non fosse il caso di proseguire e sarebbe uscito dalla stanza presidenziale sulle proprie gambe. Ma è ormai chiaro che non è questo il caso di Rubiales. Lui starà lì fino a che non arriveranno i caschi blu dell’Onu a rimuoverlo fisicamente. Del resto, già in precedenza aveva dato mostra di gestire in modo cinico il potere da presidente federale. Dunque non c’era da aspettarsi alcunché di diverso.

Il capo del calcio spagnolo, scaricato da tutti, non si dimette. Ma la vicenda con la giocatrice Hermoso è solo l'ultimo episodio di una carriera poco limpida. La guerra col sindacato dei calciatori, i rapporti economici con Piqué e gli accordi torbidi con Riad per spostare la Supercoppa in terra saudita. Storia di una (auto)distruzione.
Un mural dell’artista italiano TvBoy sul bacio di Rubiales a Barcellona (Getty).

Besame mucho: le barricate e le accuse al «falso femminismo»

Non avrebbe dovuto stupirsi nemmeno il coro dei media spagnoli, che alla vigilia dell’assemblea straordinaria Rfef convocata in gran fretta per lunedì 25 agosto davano per scontato si dovesse assistere alle dimissioni di Rubiales. C’era persino chi guardava avanti e descriveva il percorso procedurale che avrebbe dovuto portare all’elezione del nuovo capo del calcio spagnolo. Sicché sono cascati tutti quanti dal pero quando il presidente resistente ha urlato loro in faccia, per ben cinque volte, «No voy a demitir!». Partendo poi con una filippica contro «il falso femminismo» e arrivando a dichiarare che il bacio dato a Jenni Hermoso, sul palco della premiazione per la vittoria del Mondiale di calcio femminile in Australia e Nuova Zelanda, fosse «consensuale». Una fuga dalla realtà che è stato anche un preannuncio d’irriducibile resistenza. Da quel momento in poi la vicenda, già clamorosa, si è trasformata in un circo planetario. Rubiales non ha davvero più nessuno che sia disposto a difenderlo, a parte la mamma che ha organizzato un circo collaterale barricandosi in una chiesa di provincia e inscenando uno sciopero della fame per protesta contro il «trattamento disumano» riservato al figliolo.

La sua ascesa grazie allo scandalo corruzione su Ángel Maria Villar

Finisce così – perché prima o poi dovrà pur terminare – una carriera dirigenziale che era partita sotto i migliori auspici. Rubiales è arrivato infatti alla presidenza della federcalcio spagnola, nel 2018, da presidente dell’Associación de Fútbolistas de España (Afe), realizzando l’auspicio che da più parti e in ogni Paese viene portato avanti: vedere i calciatori al potere, con la speranza che inaugurino uno stile completamente diverso di governo del sistema. Tanto più che il nuovo presidente arrivava a prendere il posto dell’ex dinosauro Ángel Maria Villar, disarcionato da uno scandalo per corruzione. Ma presto le grandi attese sono state mortificate.

Il capo del calcio spagnolo, scaricato da tutti, non si dimette. Ma la vicenda con la giocatrice Hermoso è solo l'ultimo episodio di una carriera poco limpida. La guerra col sindacato dei calciatori, i rapporti economici con Piqué e gli accordi torbidi con Riad per spostare la Supercoppa in terra saudita. Storia di una (auto)distruzione.
Luis Rubiales contro un giovane Dani Alves ai tempi in cui il presidente della Federcalcio era un giocatore (Getty).

La guerra col sostituto all’Associación de Fútbolistas de España

Il primo fronte sul quale si è osservato lo stile cinico di Rubiales nella gestione del potere è stato proprio quello della sua ex associazione, l’Afe. Che per sostituirlo ha eletto David Aganzo Méndez, ex calciatore di Real Madrid, Espanyol e Valladolid. Una scelta per niente gradita al nuovo presidente federale, che evidentemente pretendeva di trattare l’Afe come se fosse ancora una sua pertinenza data in comodato d’uso. La guerra fra i due è stata immediata e abbondante di colpi bassi. Fra questi c’è stato un presunto caso di spionaggio che sarebbe stato commissionato da Rubiales nei confronti di Aganzo, come denunciato dal portale investigativo spagnolo El Confidencial.

Il capo del calcio spagnolo, scaricato da tutti, non si dimette. Ma la vicenda con la giocatrice Hermoso è solo l'ultimo episodio di una carriera poco limpida. La guerra col sindacato dei calciatori, i rapporti economici con Piqué e gli accordi torbidi con Riad per spostare la Supercoppa in terra saudita. Storia di una (auto)distruzione.
Il presidente della Federcalcio spagnola Luis Rubiales (Getty).

L’esportazione del calcio spagnolo, tra Miami e Arabia

Un altro nemico giurato di Rubiales è il presidente della Liga, l’avvocato Javier Tebas Medrano, franchista mai pentito che gestisce l’organizzazione con polso da caudillo. Non si ricorda una sola parola di consenso fra i due, che hanno passato gli ultimi cinque anni a tirarsi bordate, affamati entrambi di potere come sono. Fra i temi di conflitto vi è stato quello dell’esportazione del calcio spagnolo. Tebas pretendeva di far giocare a Miami una gara della Liga (Girona-Barcellona) a gennaio 2019 e fra i più duri oppositori di quel progetto vi fu proprio Rubiales. Che però poi ha concordato col governo di Riad l’esportazione della Supercoppa (manifestazione di pertinenza federale) in Arabia Saudita, accettando pure il mutamento di format dalla finale secca alla final four. E quanto alle polemiche generate sia dal cambio di formula sia dal legame con un regime che ha un atteggiamento molto sui generis in materia di diritti umani, Rubiales non ha fatto una piega. Decisione presa, discussione chiusa.

Non solo il bacio: tutte le ombre su Rubiales, tra affari sospetti e patti con l'Arabia
Protesta femminista contro Rubiales (Getty).

I rapporti economici promiscui con Piqué e quei bonus sauditi…

Invero la questione della Supercoppa in Arabia Saudita ha provocato a Rubiales ben altri imbarazzi. E a denunciarli è stato ancora un lavoro d’inchiesta di El Confidencial, testata che nei confronti del presidente resistente ha tenuto un atteggiamento sempre molto duro. Dal portale di giornalismo investigativo, nella primavera del 2022 è stata inaugurata una serie di articoli che ha raccontato retroscena affaristici intorno alla celebrazione della Supercoppa di Spagna in terra saudita. In particolare, l’attenzione si è concentrata sui rapporti fra Rubiales e l’ex difensore del Barcellona e della nazionale spagnola, Gerard Piqué. Quest’ultimo, quando ancora era in carriera, è diventato dirigente sportivo e uomo d’affari. Ha rilevato il FC Andorra (che nel frattempo è approdato nella Serie B spagnola) e ha fondato la società Kosmos Global Capital, che ha inventato il nuovo format della Coppa Davis di tennis. Dai documenti pubblicati emerge che alla Kosmos veniva promessa una commissione da 24 milioni di euro per avere intermediato un accordo fra la Rfef e i sauditi. Emergeva anche che per Rubiales fossero previsti dei bonus sul salario da presidente, dipendenti dai risultati economici ottenuti con lo spostamento della Supercoppa in terra saudita. Dopo che questi dettagli sono stati resi pubblici, Rubiales ha rinunciato a percepire i bonus.

Il capo del calcio spagnolo, scaricato da tutti, non si dimette. Ma la vicenda con la giocatrice Hermoso è solo l'ultimo episodio di una carriera poco limpida. La guerra col sindacato dei calciatori, i rapporti economici con Piqué e gli accordi torbidi con Riad per spostare la Supercoppa in terra saudita. Storia di una (auto)distruzione.
Gerard Piqué (Getty).

Il viaggio di piacere a New York con la morosa a spese della Rfef

Ma le rivelazioni del Confidencial sono andate oltre e hanno chiamato in causa anche l’uso a scopi personali dei fondi federali. Un esempio su tutti: un viaggio di piacere a New York che Rubiales, spacciandolo per missione istituzionale, ha compiuto con una sua compagna dell’epoca, l’artista messicana Roberta Lobeira. Il presidente federale ha negato tutte le accuse e si è aggrappato a un aspetto formale. È successo infatti che El Confidencial abbia pubblicato molti messaggi e vocali Whatsapp partiti dal telefono di Rubiales. E poiché si trattava di materiali non captati da autorità investigativa, ecco che è emersa forte l’ipotesi di un’operazione di spionaggio privato (cioè lo stesso metodo che Rubiales è stato accusato di avere usato contro Aganzo). Una guerra sporchissima della quale, legittimamente, il presidente della Rfef si è lamentato. Rimane il fatto che, al di là della forma utilizzata per raccoglierli, i contenuti fossero estremamente imbarazzanti. In quell’occasione come in altre Rubiales ha deciso di andare avanti. Figurarsi se potesse prendere in considerazione l’ipotesi di dimettersi a causa di un bacio. Piuttosto si farebbe murare vivo in casa sua come il conte Ugolino nella stanza presidenziale.

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