Nahel Merzouk, in Francia si accende il dibattito su polizia e armi

L’uccisione di Nahel Merzouk, 17enne di origini franco-algerine, da parte di un agente a Nanterre, alle porte di Parigi, oltre ad aver scatenato rivolte in tutta la Francia ha riacceso Oltralpe il dibattito sull’uso della forza e delle armi da parte della polizia. Dibattito cominciato durante l’ondata dei gilet gialli, continuato con le proteste contro l’innalzamento dell’età pensionabile e affrontato durante l’ultima campagna presidenziale dal leader insoumis Jean-Luc Mélenchon che aveva proposto una riforma completa delle forze dell’ordine. «Prima di tutto l’esecutivo dovrebbe ammettere che la violenza illegittima della polizia è sistemica», spiega a Libération Emilie Schmidt di Acat, ong cristiana per l’abolizione della tortura. «Questa mancanza di volontà politica è uno dei primi ostacoli alla riforma». Tra i temi più accesi l’eccessiva militarizzazione della polizia, l’abrogazione – proposta dalla Nupes – dell’articolo 435-1 della legge Cazeneuve (dal nome del ministro dell’Interno che la varò) del 2017 che rende più facile alle forze dell’ordine il ricorso alle armi da fuoco, allineando le regole a quelle già in vigore per i gendarmi (incaricati del mantenimento dell’ordine nelle zone rurali ed extraurbane e del controllo delle frontiere, mentre la police nationale opera prevalentemente nelle aree urbane) ,e i tipi di armi in dotazione agli agenti. Senza dimenticare ovviamente il razzismo e i presunti pregiudizi che serpeggiano tra le divise. Secondo l’istituto indipendente Défenseur des droits, infatti, a essere fermati e a essere vittime di un uso sproporzionato della forza sono soprattutto immigrati e cittadini di religione musulmana.

Nahel Merzouk, in Francia si accende il dibattito su polizia e armi
Controlli di polizia nelle vicinanze degli Champs- Élysées (Getty Images).

Nel mirino la legge Cazeneuve sull’uso di armi

La polizia francese da tempo ha adottato mentalità e strategie di intervento di tipo militare, con armi, mezzi ed equipaggiamenti sempre più simili a quelli dell’esercito. Questa militarizzazione affonda le sue radici nella Francia degli Anni 70 e si sarebbe sviluppata in risposta alla minaccia terroristica e dopo l’esplosione delle rivolte nelle banlieue del 2005. A questa tendenza, si è aggiunta nel 2017 la legge Cazaneuve nata per rispondere alle pressioni dei sindacati di polizia dopo che nel 2016 due agenti rimasero feriti da una molotov. Oltre ad aumentare gli stanziamenti per l’acquisto di equipaggiamento anti-sommossa (caschi, gilet antiproiettile, scudi e fucili d’assalto HK G36), il testo modificò anche la definizione di legittima difesa. Da quel momento l’uso delle armi è consentito in presenza di individui armati, per difendere un’area in situazioni di rischio e nel caso in cui un soggetto alla guida di un veicolo non si fermi ai controlli (il “refus d’obtempérer“). Per capire l’impatto della legge basta confrontare i periodi 2012-2016 e 2017-2021: l’uso di armi da parte della polizia è aumentato del 26 per cento, del 39 per cento se si considerano gli ‘interventi’ contro auto e veicoli. Non solo: tra il 2017 e il 2022 sono stati esplosi contro veicoli in movimento 967 colpi d’arma da fuoco (una media di 161 all’anno) contro i 596 del periodo compreso tra il 2012 e il 2016 (119 all’anno). Secondo i dati pubblicati dal giornale Basta!, dal 2017 a oggi il numero delle persone uccise a colpi d’arma da fuoco da un poliziotto, durante o in seguito a un refus d’obtempérer, è aumentato in modo sensibile. Dal 2017 al 2023 le vittime sono state almeno 26, contro le 17 nel periodo tra il 2002 e il 2017.  Secondo le statistiche, inoltre, la maggior parte delle persone  ferite o uccise dalla polizia durante i controlli stradali sono di colore o di religione musulmana.

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Agenti schierati a Lille (Getty Images).

Proiettili di gomma e granate: le armi in dotazione alle forze antisommossa

Sul banco degli imputati anche il tipo di armi usate durante cortei e manifestazioni soprattutto dalla Compagnie républicaines de sécurité e dalla Gendarmerie mobile. I reparti antisommossa hanno in dotazione armi definite non letali, ma considerate da guerra dal diritto internazionale. Tra queste i lanceurs de balle de défense (LBD), fucili che sparano proiettili di gomma (flash-ball) che in più casi hanno portato a ferite irreversibili come la perdita di un occhio. Gli LBD vennero sperimentati nella metà degli Anni 90 dalle unità speciali di polizia e dal 2007 sono in dotazione alle varie forze dell’ordine. Nel 2019 il Consiglio d’Europa ha chiesto alla Francia, in nome della loro pericolosità, la sospensione del loro uso. La polizia è poi dotata di vari tipi di granate. Le GLI-F4, che al momento della detonazione rilasciano gas lacrimogeno e grazie all’effetto sonoro e al lampo prodotto con l’esplosione sono utilizzate per allontanare e disperdere i manifestanti, dal 2020 sono state sostituite dalle GLI-F4 meno pericolose, almeno sulla carta, per i manifestanti. La detonazione più potente (circa 155 decibel, la stessa di un aereo al decollo) è invece prodotta dalla Grenades de désencerclement (stordenti) che al momento dell’esplosione scagliano, in un raggio di 30 metri, 18 piccoli pezzi di gomma a una velocità di 126 km/h.

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Un poliziotto su un blindato a Lille (Getty Images).

Le tensioni sociali sono un assist per l’estrema destra xenofoba

Davanti all’evidenza dei numeri e alla crescente rabbia sociale, per ora il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha deciso di tenere il punto. Anzi, contestando le critiche della sinistra, continua a ripetere che gli interventi armati da parte della polizia sono addirittura diminuiti. Il rischio però è che a crescere sia la violenza nelle strade, con le ronde neofasciste che attraversano le città al grido di «blu, bianco, rosso, la Francia ai francesi». E che questa tensione sia un assist per l’estrema destra xenofoba di Le Pen e Zemmour.

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