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Myanmar, giornalista condannato a 20 anni di carcere per le foto sul ciclone
Un tribunale del Myanmar ha condannato a 20 anni di reclusione con lavori forzati un fotoreporter per aver parlato del ciclone Mocha, che a maggio uccise 148 persone e danneggiò quasi 200 mila abitazioni. Sai Zaw Thaike, reporter del giornale indipendente Myanmar Now, con le sue foto avrebbe istigato la popolazione contro le autorità diffondendo fake news sull’evento e scatenando il panico generale. È inoltre accusato di diffamazione online e violazione di una legge sulla gestione dei disastri naturali. Il processo si è svolto nella prigione Insein di Yangon, la più grande città della nazione, dove il giornalista si trovava dal suo arresto del 23 maggio scorso. Secondo i media locali, gli è stata negata la rappresentanza legale e non sono permesse visite dei familiari. È solo l’ultimo attacco alla libertà di stampa dal colpo di Stato del 2021, che ha portato dietro le sbarre quasi 160 giornalisti.

Myanmar, le parole del caporedattore: «Ecco il prezzo che dobbiamo pagare»
Sai Zaw Thaike aveva raccontato con diversi scatti le conseguenze del ciclone Mocha, la tempesta più forte dell’ultimo decennio. Con i suoi reportage aveva posto l’attenzione sulla situazione difficile della minoranza musulmana Rohingya, che vive in campi per sfollati nel tentativo di sfuggire alla persecuzione del regime militare. Dopo il passaggio del ciclone, in tanti hanno perso la vita per le inondazioni che hanno lasciato le abitazioni senza corrente elettrica per giorni. «Questo è il prezzo che dobbiamo pagare per preservare il nostro lavoro professionale», ha raccontato al Guardian il caporedattore di Myanmar Now, Swe Win. «La sua condanna indica come la libertà di stampa sia stata completamente annullata in tutto il Paese». Come ha sottolineato Reporter Senza Frontiere, il Myanmar è secondo solo alla Cina per numero di giornalisti arrestati.
Detained in Rakhine State while covering the aftermath of Cyclone Mocha, Sai Zaw Thaike was denied legal representation and family visits in the three months between his arrest and sentencing#Myanmar https://t.co/kaLpRXv69D
— Myanmar Now (@Myanmar_Now_Eng) September 6, 2023
Già prima di Sai Zaw Thaike, un altro reporter di Myanmar Now era stato arrestato dalla giunta militare. Il reporter Kay Zon Nway infatti venne fermato mentre seguiva e filmava una protesta a Yangon verso la fine di febbraio 2021. In quello stesso anno, l’esercito fece irruzione nella redazione del giornale, imponendo la chiusura e perquisendo le case di tutti i dipendenti. Nonostante il divieto, questi ultimi hanno continuato a lavorare in clandestinità, mettendo a repentaglio la propria vita. «Non vacilleremo mai nel nostro impegno in favore del popolo», ha raccontato Nway, oggi all’estero, al Guardian. «Nonostante le immense sfide che stiamo affrontando, promuoveremo sempre notizie e informazioni complete e giuste».
Dal colpo di Stato del 2021 uccisi quattro giornalisti, altri 156 agli arresti
Un recente sondaggio del Detention Journalist Information, riportato anche dal Guardian, sottolinea come in meno di due anni 156 giornalisti siano stati arrestati, tra cui anche circa 25 donne. Quasi la metà di loro è ancora dietro le sbarre dopo un processo sommario oppure in attesa della condanna. Altri quattro sono stati uccisi, a decine torturati. Dietro le sbarre ci sono, per esempio, il direttore editoriale di Kamaruyt Media Han Thar Nyein, il corrispondente per il Bago Weekly Journal Neyin Chan Wai e il redattore di Mizzima News Than Htkine Aung. Agli arresti anche il direttore editoriale di Mandalay Free Press Aung Zaw Zaw e il freelance Naung Yoe. Tutti sono stati accusati di diffamazione e ostruzione all’esercito e condannati a pene detentive che vanno da 18 mesi a 11 anni.
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