Monica Leofreddi: «Investita da un van, insultata e umiliata a Roma»

Monica Leofreddi ha raccontato che mercoledì 22 novembre, al rientro da Milano a Roma, è stata gettata a terra da un van che l’ha colpita in retromarcia mentre attendeva un taxi alla stazione Termini. La conduttrice ha condiviso l’esperienza in un dettagliato post su Instagram, allegando anche le immagini del volto tumefatto.

La conduttrice affida la sua storia ai social 

«Voglio raccontarvi la mia debolezza ed il mio sconforto. Stasera di ritorno da Milano ero in attesa del taxi per tornare a casa, lo attendevo poco lontano dalla stazione. Il taxi stava per arrivare, scendo dal marciapiede e lo attendo dietro ad un Van parcheggiato in seconda fila. Ero di spalle con lo sguardo fisso verso la strada .Non mi accorgo che il Van aziona la retromarcia. Mi travolge e mi scaraventa a faccia avanti sull’asfalto». Inizia così il racconto della Leofreddi su Instagram. «Rotolo verso il centro della strada per evitare che il van mi schiacci. Scende l’autista che invece di soccorrermi, comincia ad urlare accusandomi di fingere, urla che non mi aveva investita ma che mi ero buttata! Un altro imbecille urla “È vero! Non ti ha toccata”. Mi sono lentamente rialzata, ero umiliata, ferita non solo fisicamente ma soprattutto psicologicamente. Ho tentato di far valere le mie ragioni ma lui continuava a negare», ha continuato.

«Io sempre così forte, sono scoppiata a piangere»

La conduttrice non ha potuto fare altro che alzarsi, attendere il suo taxi e andare via: «Io che ogni giorno pontifico su come ci si deve comportare in ogni situazione, in un momento di difficoltà, sono stata solo capace di scoppiare a piangere, non ho preso la targa, ho solo detto “Sei un delinquente vergognati”. Il mio taxi è arrivato. L’ho preso lasciandomi alle spalle il van ed il suo autista irresponsabile. Mi sono sentita fragile, sola, spaventata da tanta inciviltà. Volevo solo tornare a casa. Piangendo ho chiamato mio marito, gli ho confidato la mia frustrazione, la mia resa. Io sempre così forte, a tratti aggressiva mi ritrovavo a piangere in un taxi senza aver saputo proteggere il mio diritto di denunciare l’incidente, la mia dignità. Il tassista mi porge una tavoletta di ghiaccio che aveva nel suo zaino con la cena. È il primo che mi soccorre, mi confida che neanche lui si riconosce più in questo mondo».

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