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Mimmo Lucano torna a parlare: «Posso aver commesso errori ma per aiutare i deboli»
L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, condannato in primo grado nell’ambito del processo Xenia a 13 anni e due mesi di reclusione dal tribunale di Locri con diverse accuse, tra cui favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, è tornato a parlare. L’ex primo cittadino ha fatto consegnare dai propri legali ai giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria una lettera. Al suo interno, Lucano si è difeso: «Come tutti gli esseri umani posso aver commesso degli errori ma ho sempre agito con l’obiettivo e la volontà di aiutare i più deboli e di contribuire all’accoglienza e all’integrazione di bambini, donne e uomini che fuggivano dalla fame, dalla guerra, dalle torture».

Lucano ha «piena fiducia nei miei avvocati»
Nella lettera Lucano ha ripercorso la vicenda con una lunga premessa. Ha scritto: «Egregi Giudici, sono passati cinque anni da quando sono stato arrestato con l’accusa infamante di svolgere la mia attività di accoglienza e integrazione dei migranti per finalità di carriera politica e di lucro. Sono passati due anni da quando mi è stata inflitta la condanna in primo grado a una smisurata pena detentiva quale non tocca spesso ai peggiori criminali».
E ha proseguito: «È passato un anno da quando la Procura generale ha nuovamente richiesto la mia pesante condanna che descrive il sottoscritto come responsabile di gravi reati e addirittura di essere stato il capo di un’associazione a delinquere. Ebbene, nel confermare piena fiducia agli avvocati difensori che si occupano della mia sorte, condividendone le argomentazioni difensive, una sola cosa sento il bisogno di dichiarare a voi, rispettosamente, prima che vi riuniate in camera di consiglio».

L’ex sindaco: «La mia una missione di vita»
Poi Lucano ha scritto: «Ho vissuto anni di grande amarezza e di sfiducia nella giustizia, non solo e non tanto per la limitazione della libertà personale, quanto per l’ingiusta campagna di denigrazione che si è abbattuta sull’esperienza di ripopolamento del borgo vecchio di Riace aperto all’accoglienza dei migranti. Non appena è stato possibile, durante questi anni di iter processuale, ho continuato a dedicarmi a tempo pieno, da privato cittadino, alla riapertura e alla gestione del Villaggio globale di Riace che ha ospitato e continua ad ospitare bambini e persone con fragilità. Non si è interrotta, dunque, quella che considero la missione della mia vita, a prescindere da incarichi pubblici e finanziamenti statali. Altro che associazione a delinquere. Al termine di questo processo vi invito a visitare il Villaggio Globale di Riace, sarete i benvenuti».