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Michela Murgia, il matrimonio queer tra abiti Dior e anelli con rane
Un trionfo di bianco firmato Dior. E una festa in famiglia, nel giardino di casa. Sono le istantanee delle nozze queer della scrittrice Michela Murgia celebrate domenica 23 luglio nella sua casa romana. Un manifesto politico sulla famiglia che si sceglie, e insieme una sfilata di moda visto che tutta la famiglia indossava abiti disegnati dall’amica stilista Maria Grazia Chiuri che sull’abito della sposa ha voluto la scritta “God save the queer”, ricamata con perline rosse. Nella nuova casa romana dove vive con tutta la sua famiglia, Murgia intende passare il tempo che le resta. Insieme con i quattro figli, c’erano le scrittrici Chiara Valerio e Chiara Tagliaferri, il cantante lirico Francesco Leone, Roberto Saviano, Nicola Lagioia, Paolo Repetti, Teresa Ciabatti.
Bianco e anelli con le rane, il ‘simbolo’ della famiglia queer di Murgia
A metà luglio, con rito civile e per ragioni puramente legali-economiche, come da lei stessa aveva sottolineato, aveva sposato articulo mortis l’attore Lorenzo Terenzi, per «garantirci diritti a vicenda». «Io e Lorenzo abbiamo firmato un contratto con lo Stato per avere diritti che non c’era altro modo per ottenere così rapidamente», aveva scritto Murgia. Ora la festa di non matrimonio insieme con la sua famiglia. «Quando Maria Grazia Chiuri mi ha detto “voglio disegnarti l’abito da sposa” ho provato imbarazzo: non mi considero una sposa. Il fatto che tutt3 continuino a romanticizzare la questione e farci le congratulazioni non cambia la realtà…. Tre giorni dopo mi ha mandato i bozzetti di una intera mini-collezione familiare che interpreta alla perfezione lo spirito queer del nostro stare insieme», ha raccontato sui social Murgia. La scelta del colore bianco per tutti de-sacralizza il colore nuziale: «Il bianco è inclusivo, sintesi additiva di tutti i colori dello spettro. Nella collezione di cui ci ha fatto dono, realizzata ad hoc, ci sono solo pezzi intercambiabili, no gender, tra i quali ciascun? ha scelto la combinazione che meglio esprimeva la sua identità». Poi gli anelli: non due fedi, anche queste simboli di appartenenza, ma anelli chevalier in resina con rane, «esseri che mutano forma e ambiente più volte nella vita e che possono essere considerati l’emblema del cambiamento stesso. E che tutta la famiglia indossa».