Meloni e Sanchez, la strana convergenza che fa comodo alla premier

Giorgia Meloni come Pedro Sanchez? Può sembrare un’eresia guardando la politica con le semplici lenti dell’ideologia. Ma la leader conservatrice italiana e il premier socialista spagnolo che spera nella riconferma dopo le elezioni del 23 luglio 2023 hanno una serie di convergenze politiche in atto che difficilmente sarebbero garantite qualora Alberto Nunez Feijoo, leader del Partito popolare spagnolo, divenisse capo del governo iberico.

Il prelievo dalle banche per incassare prezioso gettito

La tassa sugli extraprofitti bancari promossa da Roma con il benestare di Meloni è solo l’ultimo esempio di questa inusuale comunanza di vedute, mai sbandierata ma applicata di fatto. A dicembre 2022 la coalizione formata dal Partito socialista spagnolo di Sanchez e dalla sinistra di Sumar (già Unidas Podemos) ha promosso la prima importante tassa di questo tipo in un’economia di punta dell’Unione europea. La quale ha permesso di incassare già 1,45 miliardi di euro su un gettito complessivo che Madrid spera essere di circa 2,5 miliardi, in linea con la previsione italiana. Le banche dovranno pagare per gli esercizi 2022 e 2023 una tassa del 4,8 per cento sulle entrate da margini d’interesse e commissioni per le attività condotte in Spagna.

Meloni e Sanchez, la strana convergenza che fa comodo alla premier
Pedro Sanchez e Giorgia Meloni durante l’incontro a Roma (Imagoeconomica).

Gestazione per altri, due chiusure per motivi opposti

E non finisce qui. Anche su un tema etico fortemente sentito dalla destra italiana, quello della gestazione per altri (gpa) e della messa in mora della pratica con mezzi legali, Italia e Spagna non potrebbero essere più vicine. In Italia la destra conservatrice e vicina al cattolicesimo identitario bandisce il cosiddetto “utero in affitto” e censura qualsiasi iniziativa politica volta a dare spazio alla gpa. In Spagna invece il movente della chiusura del governo è il femminismo radicale dell’ex Podemos a cui Sanchez e, soprattutto, la componente femminile del vertice socialista hanno dato apertamente sponda. Difendendo la messa al bando della gpa decisa da José Luis Zapatero nel 2006 dalle proposte dei Popolari di mirare a regolamentare la pratica in forma meno restrittiva.

L’asse su Patto di stabilità e redistribuzione dei migranti

Si può poi continuare. Nei toni e nei fatti Meloni e Sanchez hanno un’aperta convergenza in campo europeo su almeno due punti fondamentali. In primo luogo, la spinta a superare le pulsioni austeritarie e a mettere in campo un nuovo Patto di stabilità europeo che sia virtuoso e orientato alla crescita. In secondo luogo, la ricerca di un accordo-quadro europeo sull’immigrazione che superi le tensioni attuali tra Paesi di primo arrivo e Paesi di redistribuzione dei migranti. In tal senso è stata notevole la sinergia creatasi tra Meloni e Sanchez in occasione della visita romana del premier spagnolo ad aprile. Sanchez in quell’occasione ricordò che i Paesi Ue sull’immigrazione «devono parlare di meno della dimensione interna e parlare di più della dimensione esterna, della collaborazione con Paesi di origine di transito. Italia e Spagna sono responsabili delle frontiere ma serve aggiungere il concetto della solidarietà», mentre Meloni ha dato l’appoggio al piano della presidenza spagnola dell’Ue di accelerare entro fine anno la riforma del mercato elettrico per proteggerlo da eventuali picchi e speculazioni future.

Gli equilibri di potere dentro i Conservatori e riformisti europei

E in quest’ottica tali forme di convergenze non gridate possono fare il gioco tanto di Sanchez quanto di Meloni, nella sua versione moderata e pragmatica da trasferta che sulla scena internazionale mira a incidere. Nel grande gioco politico che porterà alle Europee 2024 e alla nuova Commissione, in un contesto in cui Meloni spera che i suoi Conservatori e riformisti europei (Ecr) giochino un ruolo, possiamo anche supporre che la riconferma di Sanchez a Madrid possa far gioco alla leader di destra italiana. Questa per una triplice serie di motivi.

Meloni e Sanchez, la strana convergenza che fa comodo alla premier
Tra Pedro Sanchez e Giorgia Meloni uno strano asse politico (Imagoeconomica).

Il primo motivo è di stretto ordine politico e ha a che fare con il rapporto di forza tra i Conservatori e riformisti europei della Meloni e il Partito popolare europeo che stanno da tempo mettendo in chiaro gli intenti di una più stretta collaborazione con vista al 2024. Ecr, il gruppo di cui Meloni è presidente, ha attualmente tre leader nel Consiglio europeo, la massima autorità politica dell’Ue, ma pesa più del Ppe al suo interno. I popolari, invece, nonostante siano il partito che esprime i vertici di Commissione e Parlamento europeo, pur avendo otto leader in virtù del meccanismo di voto ponderato pesano per il 14,67 per cento contro il 24,49 di Ecr. Con Feijoo premier il Ppe otterrebbe il 10,49 per cento dei voti nel Consiglio europeo, sorpassando Ecr. E rendendo di fatto meno decisivo l’appoggio conservatore al Ppe a Bruxelles e Strasburgo, diluendo il vantaggio politico su cui Meloni punta. La riconferma di Sanchez e l’assenza di grandi voti decisivi per cambiare gli equilibri nel prossimo anno giocherebbero a favore di questa prospettiva.

Vox indebolito? Paradossalmente è meglio per il governo italiano

In secondo luogo, nonostante l’indebolimento di Vox, partito alleato in Europa di Fratelli d’Italia, un suo appoggio esterno a un governo Feijoo potrebbe paradossalmente ridurre le prospettive di ulteriori opportunità comuni italo-spagnole di sviluppo di agende mediterranee fondate su energia e gestione dell’immigrazione. Il modello del rapporto italiano con Polonia e Ungheria, che proprio in virtù della comunanza ideologica hanno rifiutato ogni solidarietà sui migranti a Meloni, deve essere da monito. Non solo un avvicinamento di Vox alle stanze dei bottoni sarebbe quotidiana fonte di imbarazzi e rischi per la premier, ma paradossalmente si allontanerebbe la via di quotidiana collaborazione costruita da Roma e Madrid.

Occhio alla vicinanza del Partito popolare spagnolo con Berlino

Infine, va sottolineato che il Partito popolare spagnolo è una formazione organicamente vicina alla Cdu-Csu tedesca e dunque apertamente condizionata da diverse sue prospettive politiche in campo comunitario. Lo si è visto ai tempi di Mariano Rajoy, premier che aveva di fatto reso Madrid un “protettorato” di Berlino sugli affari europei, arrivando a promuovere un’autolesionistica austerità di matrice teutonica nel Paese iberico. Cosa vorrebbe dire per l’Italia una Spagna guidata dal partito più amico degli alfieri per eccellenza del rigore nei mesi in cui Madrid avrà le leve negoziali per accelerare, con la sua presidenza Ue, le riforme dei trattati e del Patto di stabilità, che a Berlino vogliono stringere apertamente, è facile da intuire. Ragion per cui è logico supporre che a Palazzo Chigi, in fin dei conti, l’usato sicuro e la continuità a Madrid non siano poi così sgradite.

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