Maltrattamenti alla moglie, il pm chiede l’assoluzione: «Un fatto culturale»

Una donna di 27 anni, originaria del Bangladesh, ha denunciato nel 2019 l’ormai ex marito, connazionale, per maltrattamenti fisici e psicologici. Adesso, a distanza di quattro anni, il pm di Brescia chiede l’assoluzione per l’uomo perché il reato sarebbe «un fatto culturale». A raccontarlo è stato il Giornale di Brescia, che ha ripercorso la vicenda. Già nel 2019 la Procura ha chiesto l’archiviazione del procedimento, ricevendo la risposta negativa del Gip. Quest’ultimo ha ordinato l’imputazione coatta del bangladese. Il giudice ha affermato, all’epoca: «Sussistono senz’altro elementi idonei a sostenere efficacemente l’accusa in giudizio nei confronti dell’ex marito».

Il pm: «Frutto dell’impianto culturale»

Il pm, quattro anni dopo, ha chiesto l’assoluzione. Ha spiegato che «i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’odierno imputato sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine». Per questo si tratterebbe di un reato culturalmente orientato.

Maltrattamenti alla moglie, il pm chiede l'assoluzione «Un fatto culturale»
Auto dei carabinieri (Imagoeconomica).

L’accusa dell’ex moglie: «Trattata da schiava»

La 27enne, che ha denunciato l’ex marito, ha affermato: «La cultura di origine non può essere una scusa. Sono stata trattata da schiava». Ad andare contro la richiesta del pm ci sarebbe anche una recente sentenza del tribunale di Brescia. L’imputato, un padre islamico violento nei confronti delle figlie femmine, è stato condannato. Il giudice ha scritto: «I soggetti provenienti da uno Stato estero devono verificare la liceità dei propri comportamenti e la compatibilità con la legge che regola l’ordinamento italiano. L’unitarietà di quest’ultimo non consente, pur all’interno di una società multietnica quale quella attuale, la parcellizzazione in singole nicchie, impermeabili tra loro e tali da dar vita ad enclavi di impunità».

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