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Ma quante Meloni ci sono?
Ma quante Giorgia Meloni ci sono? Finora ne conoscevamo due, quella di lotta e quella di governo: la prima campionessa di sovranismo, la seconda fervente atlantista ed europeista, che fa quasi coppia fissa con Ursula Von der Leyen ed è tutta sorrisi e abbracci con quello che era stato uno dei suoi bersagli di sempre, il dimissionario primo ministro olandese Mark Rutte.
La Meloni del piano Mattei e Giorgia dell’intesa con Tirana
Insediatasi stabilmente a Palazzo Chigi, ora si scopre che il bisogno di sdoppiarsi della premier è una prerogativa costante. Ecco dunque la Meloni del piano Mattei, dello stringiamo accordi con i Paesi africani per frenare la diaspora dei migranti verso le coste italiane. E l’altra Meloni, quella dell’intesa con l’Albania per trasferirli in leasing in centri di temporanea accoglienza. Insomma, passare da Roma a Rama è stato un attimo. Se il primo sdoppiamento ha generato le feroci critici dei militanti duri e puri della fiamma che la riempivano di insulti e accuse di tradimento nelle loro chat, il secondo ha portato sconcerto tra i suoi alleati, che sull’iniziativa albanese così come su molte altre (per esempio, tanto per andare sul recente, quella poi svaporata della tassa sugli extraprofitti delle banche) non sapevano nulla. Eppure su questo doppio e contraddittorio registro della premier, ora che è più di un anno che la destra ha conquistato i palazzi del potere, dovrebbero averci fatto il callo. Invece niente, ogni volta Meloni li prende in contropiede costringendoli affannosamente ad abbozzare. Nonostante appaia sempre più evidente che la leader di Fratelli d’Italia abbia improntato la sua azione di governo alla filosofia del marchese del Grillo: io so’ io, etc.
La propaganda non può essere lasciata in esclusiva alla premier, Salvini è avvisato
Nemmeno lo scherzo telefonico dei comici russi, che ha svelato quanto sia tiepido e pieno di dubbi quel sostegno all’Ucraina che pubblicamente definisce granitico, ha aperto gli occhi ai suoi malmostosi alleati, che evidentemente di Meloni continuano a vederne una sola. Il problema è che andando verso le elezioni europee, dove ognuno va per conto suo e quindi i sodali del centrodestra diventano avversari, dovranno ricredersi. Specie uno, Matteo Salvini, il camaleonte per eccellenza, con tanto di licenza a cambiare idea quando il vento del consenso cambia direzione. Si chiama propaganda, ed è un’attitudine della politica che in un Paese praticamente in campagna elettorale continua non può essere lasciata in esclusiva a uno solo. Il capo della Lega è avvisato.