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Lo smart working cresce in Italia, da remoto in 3,6 milioni
Lo smart working in Italia torna a crescere: dopo i picchi della pandemia e una graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 i lavoratori da remoto si assestano a 3585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3570 milioni del 2022, ma ben il 541 per cento in più rispetto al pre-Covid. Nel 2024 si stima che aumenteranno a quota 3,65 milioni. È quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio smart working della School of management del Politecnico di Milano, presentata lunedì 6 novembre durante il convegno “Rimettere a fuoco lo smart working: necessità, convenzione o scelta consapevole?”.
Il lavoro da remoto evita l’emissione di 480 chilogrammi di Co2 all’anno
Lo studio rivela che nel corso del 2023 i lavoratori da remoto sono cresciuti in particolare nelle grandi imprese, sono oltre un lavoratore su due, pari a 1,88 milioni di persone; sono aumentati lievemente anche nelle Pmi, con 570 mila lavoratori, il 10 per cento della platea potenziale; sono invece ancora calati nelle microimprese (620 mila lavoratori, il 9 per cento del totale) e nelle Pubbliche amministrazioni (515 mila addetti, il 16 per cento). Lo smart working, poi, aiuta l’ambiente: due giorni a settimana di lavoro da remoto evitano l’emissione di 480 chilogrammi di Co2 all’anno a persona grazie alla diminuzione degli spostamenti e il minor uso degli uffici. Quanto agli effetti sul mercato immobiliare e sulle città, la ricerca evidenzia che il 14 per cento di chi lavora da remoto (una persona su sette) ha cambiato casa o ha deciso di farlo, scegliendo nella maggior parte dei casi zone periferiche o piccole città alla ricerca di un diverso stile di vita, con un effetto di rilancio per diverse aree del paese.