Le ragioni della crescita di Leonardo

Finché c’è guerra c’è speranza, verrebbe da dire. Almeno per le aziende della Difesa che in tutto il mondo brindano agli enormi guadagni borsistici. L’incertezza globale ha infatti spinto i governi a investire in armamenti e, parlando dell’industria italiana di settore, ai primissimi posti della classifica c’è Leonardo. La società di Piazzale Montegrappa, infatti, nei giorni dell’invasione russa dell’Ucraina ha iniziato un vero e proprio rally borsistico. Il 18 febbraio 2022, una manciata di giorni prima dell’attacco di Mosca, le azioni di Leonardo valevano 6,6 euro. Oggi siamo a 14,28: +116 per cento. Il gruppo guidato dall’ex ministro Stefano Cingolani, nella classifica dei “rally” borsistici della Difesa, è secondo dopo la tedesca Rheinmetall (+179 per cento) e supera colossi come la britannica BAE (+60 per cento) e la francese Thales (+44 per cento). L’ex Finmeccanica è diventata sempre più appetibile per gli investitori soprattutto perché inserita in un contesto militare-industriale europeo che ha ripreso a spendere in armamenti. La tendenza non riguarda solo il Vecchio Continente. Nel 2022, secondo i dati del centro studi di Mediobanca, la spesa militare mondiale ha toccato il record di 2.113 miliardi di dollari. Cifra che tutti i report stimano sarà superata nell’anno in corso. Si tratta di un aumento del 2,3 per cento rispetto al 2021 e del 6,2 per cento rispetto al 2020. L’Europa invece ha registrato un +3,3 per cento, con un totale di 297 miliardi di dollari.

La spinta del Global Combat Air Program per la realizzazione di caccia di sesta generazione

Tornando a Leonardo, il gruppo sta portando a profitto contratti firmati negli anni passati e commesse in via di completamento: dalla vendita di elicotteri a Paesi come Polonia ed Egitto alla partecipazione nella produzione degli F-35 della Lockheed Martin. Il prossimo 9 novembre presenterà i conti del terzo trimestre e, stando alle previsioni degli analisti di Banca Akros, i ricavi saranno superiori a 3,6 miliardi di euro nel trimestre, +7,7 per cento rispetto ai 3,35 miliardi dell’analogo periodo del 2022. L’ebita salirà invece del 17,5 per cento, da 201 a 236 milioni. Una crescita dovuta principalmente alla spinta con cui i governi di Italia, Regno Unito e Giappone, a cui è prossima ad aggiungersi la Svezia, stanno promuovendo il Global Combat Air Program (Gcap), un progetto di caccia di sesta generazione stealth ad altissima tecnologia in cui Leonardo sarà protagonista assieme a BAE e alla sua partecipata Mbda. Il caccia Tempeste che sarà prodotto dal Gcap garantirà investimenti per decine di miliardi di dollari nei prossimi decenni. Inoltre, Leonardo è stata inserita da Rheinmetall nel programma Mgcs per la fabbricazione di un carro armato “europeo”, mentre il sistema antiaereo Samp-T sviluppato da Mbda assieme a Thales è stato inviato in Ucraina per essere provato in combattimento. Tutto questo dà al gruppo una prospettiva operativa di ampio respiro. In altre parole, i ricavi di oggi derivano dagli appalti degli scorsi anni, mentre il boom in Borsa prefigura quelli di domani.

Le ragioni della crescita di Leonardo
Eurofighter Typhoon (dal sito di Leonardo).

La possibilità per Leonardo di accedere all’European Defense Fund

Leonardo poi potrà potenzialmente accedere all’European Defense Fund: il gruppo a luglio ha partecipato a cordate che si sono accaparrate 614 milioni di euro di finanziamenti per la ricerca in Difesa, il 74 per cento degli 832 stanziati da Bruxelles per nuove ricerche, start-up e innovazione. Non solo. Parteciperà a una serie di nuove ricerche per sviluppare il sistema di allerta missilistica spaziale europea e un centro di comando ad alta tecnologia per le forze di intervento rapido Eu External Action Service. L’effetto-acceleratore dato dai nuovi programmi è ancora più evidente se si confronta Leonardo con l’altro big italiano della Difesa, Fincantieri, che si muove su commesse di lungo periodo già consolidate con la Marina Militare (non solo italiana) ma che da inizio anno ha visto le sue azioni calare del 12,5 per cento. Un rallentamento dovuto sia agli andanìmenti del settore cantieristico – i lunghi tempi delle commesse, l’inflazione e le incertezze sui prezzi delle materie prime – ma anche e soprattutto  alla maggiore richiesta di mezzi di terra e aria.

Le ragioni della crescita di Leonardo
L’ad di Leonardo, Roberto Cingolani (Imagoeconomica).

Le sfide della controllata americana Drs

Sul piano industriale poi il fatto che l’Italia abbia scelto di rifornire Kyiv svuotando i magazzini senza impostare linee di produzione ad hoc ha fatto sì che gruppi come Leonardo non stravolgessero le catene di approvvigionamento. Lo stesso non si può dire, come sottolineato dal Financial Times, dei colossi Usa la cui strategia industriale è stata rivoluzionata dalla produzione massiccia di M142 Himars, Gmlrs e missili anticarro Javelin destinati all’Ucraina. Northop Grumann, Lockheed-Martin, Rayethon e altri big del settore hanno dovuto accelerare queste produzioni a scapito di programmi consolidati come quello interno per l’F-35, che chiaramente garantiscono un più alto ritorno anche per le prospettive industriali in termini di servizio e manutenzione post-operativa. Le aziende della Difesa Usa erano più o meno tornate ai livelli di capitalizzazione pre-invasione russa, quando il 7 ottobre scorso è stata lanciata da Hamas l’operazione Diluvio di Al-Aqsa. Un nuovo fronte per gli Stati Uniti e dunque possibili opportunità di consolidamento delle sue capacità di deterrenza. A cui non è detto che, en passant, non possa partecipare ancora Leonardo attraverso la sua controllata americana Drs.

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