Le inondazioni in Libia fra crisi climatica e fallimenti della politica

Metti insieme la crisi climatica e uno Stato fallito e ottieni esattamente il disastro di Derna. È quanto ritiene l’analista del Guardian Patrick Wintour, che ha analizzato le possibili ragioni alle spalle della tragedia che si è consumata in Libia dopo il passaggio del ciclone Daniel e le successive inondazioni. Mentre il bilancio delle vittime continua a salire, tanto che si temono 20 mila morti, nel resto del mondo si cerca di capire come si è potuti giungere a questa situazione. La tempesta aveva infatti già mostrato con il suo passaggio in Grecia le potenzialità distruttive, ulteriormente aumentate durante l’attraversamento del Mediterraneo. Perché la nazione non ha preso le contromisure necessarie per provare ad arginare la furia del clima? Per tentare di dare una risposta, occorre risalire agli Anni 70, quando al governo c’era Muhammad Gheddafi.

Da Gheddafi ad Haftar, così la politica ha fallito in Libia

Nel corso della sua dittatura, Gheddafi smantellò il settore privato della Libia, ricca di petrolio, attraverso una serie di società statali, mandando così in frantumi la base di potere indipendente delle classi superiori. «Tali imprese sono divenute clientelari», ha spiegato Wolfram Lacher, coeditore della serie di saggi Violence and Social Transformation in Libya. Dopo la sua caduta nel 2011, il Paese è governato principalmente da due amministrazioni rivali, l’una a Tripoli e l’altra a Tobruk, ciascuna delle quali ha potuto contare su vari attori esterni tra cui anche il Gruppo Wagner della Russia. A ovest, le milizie hanno nominato i ministri del governo di unità nazionale, con sede nella capitale. A est invece, tutto è sotto il controllo del generale Khalifa Haftar, “l’uomo forte della Cirenaica”, e della sua famiglia.

La divisione politica, gli investimenti bloccati e il boicottaggio delle elezioni a Derna. Le ragioni dietro al disastro di Derna in Libia.
I danni provocati dalle inondazioni nella città di Derna (Getty Images).

Secondo l’analista del Guardian, il conflitto continuo tra le due parti, seppur spesso a bassa intensità, ha però creato il clima peggiore per effettuare investimenti strutturali. Come nel caso di Derna, dove le due dighe crollate erano già finite al centro di uno studio sui livelli di rischio nel 2022. Costruite negli Anni 70 da una ditta jugoslava, si trovavano in uno stato di degrado tale che, con la minima pressione ulteriore dell’acqua, hanno ceduto. Sebbene le autorità abbiano racimolato abbastanza denaro per il loro rifacimento, come ha testimoniato un audio finito online gran parte non è mai stato speso. A peggiorare la situazione, all’arrivo della tempesta Daniel nessuno ha messo la popolazione in guardia dalle possibili inondazioni. Invece di ordinare la fuga e fornire informazioni utili, è stato imposto il coprifuoco, la risposta standard delle milizie in simili situazioni di crisi.

Le elezioni comunali a Derna saltate per le brigate fedeli ad Haftar

Nel mese di settembre, a Derna si sarebbero dovute tenere le elezioni del nuovo consiglio comunale. Poco prima di andare alle urne, però, le brigate Awliya al-Dam, fedelissime di Haftar, hanno bruciato i manifesti elettorali e minacciato di rapimento e omicidio i candidati, chiedendo l’insediamento di un governatore militare nella città. Lo stesso capo della commissione elettorale ha riferito di aver subito intimidazioni. Aguila Saleh, presidente della Camera dei Rappresentanti del parlamento orientale, ha invece proposto di formare un consiglio di gestione temporaneo, in modo da rinviare lo scrutinio. «È ancora da vedere se i politici che hanno lasciato Derna così esposta alla natura verranno spazzati via come gli edifici», ha concluso Wintour. «Negli ultimi anni, da est a ovest, hanno dimostrato una sorprendente capacità di sopravvivere».

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