L’Argentina della sovranità energetica e quel controverso asse col Brasile

Una nuova indipendenza. In Argentina è stato inaugurato il primo tratto di un gasdotto concepito per essere non soltanto una gigantesca infrastruttura, «l’opera di ingegneria più importante degli ultimi 50 anni», come da facile e immediata propaganda. Ancor più elevato è infatti il valore simbolico, certificato dalla data scelta per l’inaugurazione. Il 9 luglio, che per gli argentini non è un giorno qualsiasi ma il punto d’intersezione fra il calendario gregoriano e la mistica nazionale. Il 9 luglio del 1816 il Congresso di Tucuman votava infatti la dichiarazione d’indipendenza dal potere coloniale spagnolo. Cioè l’atto che è il punto di partenza per l’autodeterminazione e la sovranità argentina, e che per effetto-domino innesca il complessivo processo di decolonizzazione del continente sudamericano. E il 9 luglio di due secoli dopo l’Argentina, con l’inaugurazione del gasdotto, comunica al mondo di avere raggiunto la seconda indipendenza: quella energetica. Un obiettivo che per il gigante perennemente malato del Sud America segnerebbe uno scatto verso la ripresa economica, ma soprattutto verso la rigenerazione dell’orgoglio nazionale. E tutto quanto avviene nel quadro di un’operazione il cui sigillo politico non è stato nemmeno nascosto, dato che l’opera è stata battezzata Gasoduto Presidente Néstor Kirchner (Gpnk).

L'Argentina della sovranita? energetica e quel controverso asse col Brasile
L’inaugurazione del gasdotto argentino.

L’opera è costata 2,5 miliardi di dollari, ma se ne risparmiano molti di più

Che l’opera progettata sia imponente è innegabile. In questa prima parte si snoda lungo 573 chilometri che coprono la distanza fra le località di Tratayen, nella provincia Neuquén, e Salliquelò, estrema provincia orientale di Buenos Aires. Altre due sono le province attraversate (Río Negro e La Pampa), per un’opera che è stata realizzata con una tempistica accelerata: 9 mesi. Il costo dichiarato è di 2,5 miliardi di dollari e i posti di lavoro generati (sia diretti che indiretti) sono circa 48.800. Ma ancor più significativi sono i numeri del risparmio stimato dopo la sua entrata in funzione, per via della mancata importazione di gas: 2 miliardi di dollari nel 2023, che diventano 4,2 miliardi di dollari nel 2024. Si tratterebbe di una clamorosa inversione di tendenza se si pensa che, stando ai dati forniti dallo stesso governo argentino, nel 2022 la bilancia energetica del Paese ha fatto registrare un modesto passivo di 6,6 milioni di dollari per via delle importazioni di gas e petrolio.

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Un manifesto che raffigura l’ex presidente argentino Néstor Kirchner (Getty).

Altri 467 chilometri finanziati coi soldi pubblici del Brasile

Quanto alla nuova tranche del Gpnk, è progettata per coprire altri 467 chilometri e approssimarsi alla frontiera col Brasile. E proprio dall’altro colosso del Sud America potrebbero arrivare i finanziamenti per l’estensione del gasdotto. Un vertice fra i presidenti Luíz Inácio Lula da Silva e Alberto Fernández, tenuto a febbraio, ha avuto fra gli effetti un impegno assunto dal capo di Stato brasiliano verso l’omologo argentino per coprire la seconda parte dell’opera con risorse provenienti dal Banco Nacional de Desenvolvimento Econômico e Social (Bndes), una società pubblica sottoposta al controllo del ministero delle Finanze brasiliano. La mossa di Lula ha provocato vaste polemiche in patria, all’interno del suo stesso governo. Per prima ha preso voce Marina Silva, l’attivista contro il mutamento climatico cui il presidente brasiliano ha affidato il ministero dell’Ambiente. E anche il ministro dell’Industria, Fernando Haddad, ha fatto trapelare disappunto per non essere nemmeno stato avvertito.

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Il presidente brasiliano Lula col suo omologo Fernández (Getty).

Ambientalisti contro Lula, accusato di essere come Bolsonaro

Ma sono state soprattutto le associazioni ambientaliste ad animare la protesta, rinfacciando a Lula di essersi già rimangiato le promesse di una politica più attenta all’ambiente dopo la vasta attività di eco-distruzione attuata dal predecessore Jair Bolsonaro. Al di là delle argomentazioni ufficiali, sarebbe da capire quanto il mai sopito antagonismo fra brasiliani e argentini possa esercitare un peso nella controversia. Che i brasiliani finanzino con denaro pubblico una grande opera in Argentina, generando per di più l’effetto di potenziare la posizione economica e la competitività internazionale dello storico rivale regionale, è tema che non può essere sottovalutato. Ma per altro verso si può vedere un patto di prospettiva che disegni una nuova alleanza sudamericana, forte abbastanza da conferire un diverso protagonismo nelle sfide della globalizzazione.

In Argentina sfida interna con vista sulle Presidenziali

Vista dal versante argentino, la questione rimane tutta da declinare sul piano interno. Non soltanto nel campo di una competizione politica per le elezioni presidenziali in programma il 20 ottobre 2023, ma anche all’interno del campo peronista. Che esprime il presidente uscente e non più ricandidabile, Alberto Fernández, e il candidato più forte alla successione: il ministro dell’Economia, Sergio Massa. Il quadretto descritto dalle cronache del nuovo 9 luglio argentino è da “Cinquanta sfumature di peronismo”. C’era il presidente uscente, che è stato peronista sia di destra (consulente dell’ex presidente Carlos Menem) sia di sinistra (ministro sotto la presidenza di Nestor Kirchner, salvo andarsene via in dissenso e riavvicinarsi al kirchnerismo in una fase successiva), e che nel nuovo 9 luglio argentino è stato impegnato a elogiare se stesso, provocando il disappunto delle altre due figure di spicco presenti al suo fianco.

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Cristina Fernández de Kirchner (Getty).

Presente in prima linea anche Cristina Fernández de Kirchner

Uno era il candidato Massa, messo in ombra dall’eloquenza presidenziale. L’altra era Cristina Fernández de Kirchner, presente in prima linea per via delle molteplici identità da associarle: in quanto vicepresidente dello stesso Alberto Fernández; in quanto ex presidente della repubblica argentina per due mandati, dal 2007 al 2015; e soprattutto in quanto vedova dell’ex presidente Néstor Kirchner, colui a cui il gasdotto è stato intitolato. L’orgoglio nazionale per la declamata sovranità energetica ha fatto da sfondo per l’esibizione del Peronismo XXI Secolo, con tutte le sue complessità e contraddizioni. Nel bene e nel male, questo strano animale politico continuerà a segnare la storia argentina per lungo tempo.

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